Omesse verifiche ipotecarie e catastali: quando sussiste la responsabilità professionale del notaio?

Rigettato il ricorso della parte che chiedeva il risarcimento dei danni al notaio per non aver compiuto le visure catastali e ipotecarie sui beni immobili acquistati, poiché l’esonero dall’onere di compiere dette visure era oggetto di apposita previsione del contratto di compravendita.

Così decide la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 14169/19, depositata il 24 maggio. Il fatto. Il Tribunale di Roma rigettava la domanda dell’attrice vertente sul risarcimento dei danni chiesto al notaio, per aver versato, a seguito della compravendita di porzioni immobiliari, una somma pari a 330mila euro al fine di liberare gli immobili dalla relativa ipoteca giudiziale, di cui ella non era a conoscenza. A seguito di impugnazione, la Corte d’Appello di Roma confermava le ragioni del Tribunale, il quale rilevava che le parti avevano esonerato il notaio dalle verifiche ipotecarie e catastali per mezzo di un’apposita previsione contenuta nel contratto di compravendita. A questo punto, l’attrice propone ricorso per cassazione, lamentando l’errata valutazione circa i presupposti legittimanti la responsabilità professionale del notaio, nonché l’illegittimità del suo esonero dall’onere di provare il corretto adempimento del suo mandato. La responsabilità professionale del notaio è esclusa. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, ritenendo il motivo della ricorrente privo di fondamento. Nell’affermare ciò, richiama una precedente sentenza, la n. 14865/2013, con cui ha stabilito che il notaio incorre in responsabilità professionale qualora non adempia correttamente la propria prestazione tale dovuta diligenza non si espleta solo nella redazione dell’atto richiesto dalle parti, ma comprende anche le c.d. attività preparatorie tra cui il compimento delle visure catastali e ipotecarie tale responsabilità è però da escludere qualora tutte le parti che procedono alla stipula lo abbiano espressamente esonerato da tali attività . Nel caso concerto, l’espresso esonero del notaio dall’onere di compiere le dovute visure ipotecarie e catastali risultava oggetto di apposito accertamento effettuato in sede di giudizio di merito, senza risultare, inoltre, dimostrato che il notaio fosse a conoscenza dell’esistenza di ipoteche sugli immobili acquistati. Dunque, la Suprema Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 10 gennaio – 24 maggio 2019, n. 14169 Presidente Frasca – Relatore Cirillo Fatti di causa 1. C.R. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, il notaio D.P.F. e - sulla premessa di aver acquistato, con scrittura privata autenticata dal convenuto, alcune porzioni immobiliari che erano risultate poi gravate da ipoteca giudiziale, sicché ella si era vista costretta a versare l’ulteriore somma di Euro 330.000 per liberare gli immobili - chiese che il professionista fosse condannato al risarcimento dei relativi danni. Si costituì in giudizio il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale rigettò la domanda e condannò l’attrice al pagamento delle spese di giudizio, rilevando che le parti avevano, con apposita previsione del contratto di compravendita, esonerato il notaio dalle verifiche ipotecarie e catastali. 2. La pronuncia è stata impugnata dall’attrice soccombente e la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 1 marzo 2017, ha rigettato il gravame ed ha condannato l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado, confermando le ragioni già evidenziate dal Tribunale. 3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre C.R. con atto affidato ad un solo motivo. Resiste il notaio D.P.F. con controricorso. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie. Ragioni della decisione 1. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 , violazione e falsa applicazione dell’art. 1176 c.c., comma 2, degli artt. 1175, 1375, 1218 e 2236 c.c., nonché degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. e della L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 47, lamentando errata valutazione dei presupposti legittimanti la responsabilità professionale del notaio e l’illegittimo esonero del professionista dall’onere di provare di avere diligentemente adempiuto al mandato professionale. 1.1. Il motivo, quando non inammissibile, è comunque privo di fondamento. Osserva il Collegio, innanzitutto, che il ricorso è strutturato senza i precisi e necessari riferimenti al contenuto della sentenza impugnata, che la ricorrente contesta in modo generico, elencando una serie di principi giurisprudenziali riguardanti la responsabilità professionale del notaio, ma senza un richiamo al caso concreto. Oltre a ciò, il ricorso è redatto con una tecnica non rispettosa dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 , posto che soltanto alla fine della censura si limita a richiamare alcuni atti e documenti di causa senza in alcun modo specificare se, come e dove essi siano stati messi a disposizione di questa Corte. Tanto premesso, il Collegio rileva che la Corte romana ha correttamente richiamato il precedente di cui alla sentenza 13 giugno 2013, n. 14865, il quale, inserendosi in un orientamento che può definirsi consolidato, ha stabilito che il notaio incorre in responsabilità professionale qualora non adempia correttamente la propria prestazione tale dovuta diligenza non si espleta solo nella redazione dell’atto richiesto dalle parti, ma comprende anche le c.d. attività preparatorie tra cui il compimento delle visure catastali e ipotecarie tale responsabilità è però da escludere qualora tutte le parti che procedono alla stipula lo abbiano espressamente esonerato da tali attività. Nella specie la Corte di merito, con un accertamento in fatto non più riesaminabile in questa sede, ha verificato che le parti avevano esplicitamente esonerato il notaio dall’onere di compiere le dovute visure ipotecarie e catastali, per ragioni improrogabili di urgenza e che non era stato dimostrato in alcun modo che il notaio fosse già a conoscenza dell’esistenza di formalità pregiudizievoli v., in tal senso, la sentenza 2 luglio 2010, n. 15726 , mentre l’attrice non aveva dimostrato che per le visure il notaio avesse ugualmente ricevuto un compenso. A fronte di tale motivazione le argomentazioni della ricorrente, generiche e comunque ripetitive di quelle già poste in sede di merito, ipotizzando anche che il notaio non abbia dimostrato la correttezza del suo comportamento, si rivelano non idonee a superare la ratio decidendi della sentenza impugnata e tendenti ad ottenere in questa sede un nuovo e non consentito esame del merito. 2. Il ricorso, pertanto, è rigettato. A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55. Sussistono inoltre le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.500, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.