Il mancato utilizzo del giardino a causa della caduta di pigne da un albero comporta la responsabilità oggettiva del custode

Accolta la richiesta di risarcimento dei danni per via del mancato libero godimento del proprio giardino a causa della pericolosità inerente alla caduta delle pigne dall’albero situato nel condominio vicino.

Il Tribunale di Roma ha così deciso con la sentenza n. 4914/19, depositata il 28 febbraio. Il caso. Il Tribunale di Roma accoglie la domanda dell’attrice volta ad ottenere la condanna al risarcimento dei danni derivanti dall’ostacolato utilizzo del proprio giardino causato dalla caduta di pigne da un albero di grandi dimensioni situato negli spazi del condominio vicino e convenuto in giudizio. Il giudice, infatti, rigetta le eccezioni fornite dal condominio, concernenti l’intervenuta prescrizione e l’avvenuto pagamento, poiché giudica la prima tardiva e la seconda infondata. Le somme precedentemente pagate dal convenuto, infatti, non erano state versate a titolo di ristoro dei danni lamentati dall’attrice nel giudizio in oggetto, bensì a seguito dei danni fisici e materiali a lei cagionati per via della caduta delle pigne dallo stesso albero, avvenuta nell’anno 2007. La responsabilità oggettiva del custode. La parte attrice fonda la sua domanda sull’esistenza di una responsabilità oggettiva in capo al condominio nel cui spazio si trova l’albero, ritenuta esistente per via dell’art. 2051 c.c., configurandosi una situazione in cui grava sul custode una responsabilità oggettiva in merito ad eventi collegati alla struttura o alle pertinenze della cosa oggetto di custodia. Secondo un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, infatti, si afferma la responsabilità del custode della res per i danni da questa causati in base ad un criterio di imputazione che prescinde dalla colpa, riflettendosi sul piano oggettivo dell’accertamento del nesso causale tra la cosa e l’evento dannoso e della presenza del caso fortuito come elemento idoneo a superare detto rapporto causale Cass. Civ., n. 2477/18 . Chiarito ciò, passa all’attrice l’onere della prova riguardante la sussistenza del danno e del nesso di causalità tra l’evento dannoso e la cosa in custodia, onere pienamente soddisfatto grazie alla documentazione allegata in giudizio, e al condominio convenuto l’onere della prova liberatoria, in base alla quale egli avrebbe dovuto dimostrare l’incidenza di un caso fortuito nello sviluppo causale che ha condotto all’evento dannoso. In merito a ciò, il condominio non fornisce alcuna prova idonea ad escludere la propria responsabilità, ma al contrario, non solo il pericolo di caduta delle pigne costituiva una circostanza già a lui ben nota, così come l’ostacolata possibilità di utilizzo del giardino da parte dell’attrice proprio per questo motivo, ma la documentazione allegata lasciava emergere una condotta negligente, poiché il convenuto era venuto meno agli obblighi di vigilanza e manutenzione costante sulla res in custodia desumibile dall’art. 2051 c.c Dunque, il Tribunale di Roma accoglie la domanda dell’attrice, condannando il convenuto al risarcimento dei danni cagionati alla stessa dall’albero condominiale, in qualità di cosa oggetto di custodia ex art. 2051 c.c., consistenti nel mancato libero godimento del proprio giardino, oltre agli interessi per il ritardato pagamento, agli interessi legali sulle somme complessivamente dovute e alle spese di giustizia.

Tribunale di Roma, sentenza 28 febbraio 2019, n. 4914 Fatto e diritto Con atto di citazione ritualmente notificato la signora G., in proprio e nella qualità idi erede del coniuge R.A., conveniva in giudizio il Condominio di Via R.P. chiedendone la condanna al risarcimento di tutti i danni asseritamente causati da un albero di grandi dimensioni presente negli spazi del condominio convenuto, che impediva all'attrice l'utilizzo del proprio giardino. Si costituiva il Condominio convenuto contestando il fondamento della domanda e divedendone il rigetto in subordine, eccepiva la intervenuta prescrizione. L'istruttoria si esauriva nell'acquisizione dei documenti prodotti. All'esito, la causa veniva trattenuta in decisione all'udienza del 5 luglio 2018. Devono preliminarmente rigettarsi le eccezioni di prescrizione e avvenuto pagamento sollevate da parte convenuta. L'eccezione di prescrizione e. infatti, tardiva ai sensi del combinato disposto del 168 e 171 c.p.c. trattandosi di eccezione non rilevabile d'ufficio dal giudice e sollevata dal convenuto costituitosi successivamente al termine ex art. 166 c.p.c. Quanto all' eccezione di intervenuto pagamento, si rileva - come del resto lo stesso convenuto espone in narrativa - che le somme dal medesimo corrisposte nel novembre 2011 cfr. doc. nn. 10 e 11 fasc. parte convenuta sono state erogate in favore dell'attrice a ristoro dei danni, fisici e materiali, da quest'ultima subiti in occasione dell'episodio di caduta delle pigne del settembre 2007. Diversamente, nel presente giudizio l'attrice lamenta il danno derivante dal mancato utilizzo del proprio giardino a causa del pericolo di caduta delle pigne. Venendo al merito. La domanda è fondata e pertanto deve essere accolta nei termini che seguono. Parte attrice ha invocato la responsabilità del condominio convenuto ex art. 2051 c.c Al fine di procedere ad un corretto inquadramento giuridico della fattispecie in esame, deve considerarsi che la disposizione di cui all'invocato art. 2051 c.c. configura in G. al custode un'ipotesi di responsabilità oggettiva in relazione alle situazioni immanentemente connesse alla struttura o alle pertinenze della res in custodia cfr. ex multis, Cass. civ. n. 8157/2009 . Particolarmente, secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità l'art. 2051 c.c., nell'affermare la responsabilità del custode della cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione che prescinde da qualunque connotato di colpa operando sul piano oggettivo dell'accertamento del rapporto causale tra la cosa e l'evento dannoso e della ricorrenza del caso tornino, quale elemento idoneo ad elidere tale rapporto causale Cass. civ., n. 2477/2018, cit. . Dunque, la connotazione della fattispecie prevista dall'art. 2051 c.c. in termini di responsabilità oggettiva determina un meccanismo probatorio tale per cui grava in G. al danneggiato l'onere della prova, oltreché dell'esistenza di un danno, del nesso di causalità intercorrente l'evento dannoso e la res in custodia. Per contro, il custode e ammesso a fornire prova liberatoria tramite la dimostrazione del caso fortuito, da intendersi quale interruzione del nesso di causalità determinato da elementi esterni o dal fatto estraneo alla sfera di custodia . o comunque - in applicazione del principio di cd. vicinanza della prova - espletamento, con diligenza adeguata alla natura e alla funzione della cosa, in considerazione delle circostanze del caso concreto, di tutte le attività di controllo vigilanza e manutenzione su di esso gravanti in base a specifiche disposizioni normative e non già del principio generale del nemimen laedere, di modo che, pertanto, il sinistro appaia verificato per un fatto non ascrivibile a sua colpa Cass. n. 2308/2007 . Tanto premesso in punto di diritto, atteso che presupposto dell'imputazione della responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c. e l'esistenza di una relazione di causalità tra cosa custodita e clarino, e che nel presente giudizio viene lamentato il danno cagionato all'attrice da un albero sito nella proprietà condominiale, non residuano dubbi sull'astratta riferibilità dell'invocata disposizione alla situazione di fatto allegata da parte attrice. Venendo, quindi, all'adempimento del rispettivo onere probatorio, non c'è dubbio che parte attrice ha fornito piena prova che l'albero condominiale, a causa del rischio della caduta di pigne di grandi dimensioni, impediva il sicuro utilizzo del giardino di sua proprietà. Le allegazioni parte attrice in merito all'asserita pericolosità dell'albero condominiale trovano conferma dell'espletata istruttoria documentale. Segnatamente, la circostanza emerge dalla fattura relativa ai lavori condominiali di risanamento della frattura del muro di cinta condominiale in data 11 maggio 2006 cfr. doc. n. 2, fasc. parte convenuta , dalla richiesta di autorizzazione all'abbattimento e al relativo sollecito, inoltrate dal Condominio in data 12 e 19 settembre 2007 alla Direzione Servizi Giardini del Comune di Roma, e motivate dalla pericolosità dell'albero e dall'urgenza dell'intervento cfr. doc. n. 4 e 6 fasc. parte convenuta , dalla copia del testo del telegramma in data 20 settembre 2007 cfr. doc n. 7 fasc. parte convenuta con cui il condominio comunica all'attrice l'avvenuta potatura del fusto al dichiarato fine di cessare ogni pericolo nonché dal verbale di assemblea condominiale in data 24 novembre 2014 cfr. doc. A fasc. parte convenuta che indica al punto primo dell'ordine del giorno Delibera assembleare nomina Legale e conferimento incarico, in merito alla pericolosità della pianta Araucaria presente nel giardino condominiale, a seguito di quanto pervenuto dalla sig.ra G.R. . L'esaminata documentazione dimostra che il pericolo di caduta delle pigne fosse già a far data dal 2007 una circostanza pacifica, ben nota al custode. E' un elemento altrettanto pacifico che la comprovata pericolosità dell'albero condominiale abbia impedito all'attrice il libero godimento degli spazi del proprio giardino. La circostanza viene allegata dall'attrice e non contestata dal convenuto costituito e deve pertanto considerarsi provala ai termini dell'art. 115, comma primo, c.p.c. Quanto, invece, al condominio convenuto, custode del luogo dell'infortunio, lo stesso non ha fornito alcun elemento idoneo ad integrare la prova liberatoria, vale a dire che l'evento dannoso sia stato determinalo dal caso fortuito inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno Cass. civ. n. 30775/2017, cit. . In sostanza, a fini liberatori, il condominio avrebbe dovuto dimostrare l'incidenza, nello sviluppo causale che ha condotto all'evento dannoso, di un fattore eccezionale ed imprevedibile tale da escludere la materiale riconducibilità del sinistro all'agire umano. Al contrario, la documentazione in atti lascia emergere una condotta negligente da parte del convenuto il quale - dopo la richiesta di autorizzazione all'abbattimento dell'alberò e al suo sollecito, rispettivamente, in data 12 e 19 settembre 2007, doc. cit. - rimaneva inerente sino al 2011, quando in occasione dell'assemblea condominiale del 21 marzo veniva deliberato un intervento di potatura dell'albero cfr. doc. n. 13 fase, parte convenuta , che veniva eseguito il successivo 27 maggio cfr. doc. n. 14 fasc. parte convenuta . Diversamente, il corretto espletamento dell'obbligo custodiale ex art. 2051 c.c. avrebbe richiesto al Condominio, anche alla luce del pacifico stato di pericolosità dell'albero, un'attività di vigilanza e manutenzione costante sulla res in custodia. La domanda deve pertanto essere accolta con condanna del Condominio convenuto al risarcimento dei danni cagionati all'attrice dall'albero condominiale quale cosa in custodia ex art. 2051 c.c. e consistenti nel mancato libero godimento del proprio giardino. Tali danni vengono liquidati in via meramente equitativa nella somma di Euro 500,00 da corrispondere per ogni anno di mancato godimento, fino alla data della presente sentenza febbraio 2019 , a partire dal 11 maggio 2006 data che può assumersi quale momento iniziale a partire dal quale iniziava a prodursi la situazione dannosa. In tale data, infatti, risulta emessa la fattura di risanamento del muro di cinta condominiale cfr. doc. n. I fasc. parte convenuta che, tra quelli in atti, costituisce documento cronologicamente più risalente comprovante l'esistenza della turbativa nel godimento del giardino. In applicazione di tali criteri, ed in via necessariamente equitativa, spetta all'attrice la somma di Euro 6.375,00 al valore attuale Euro 500,00 per ogni danno di mancato godimento dall'11 maggio 2006 al febbraio 2019 . Oltre alla rivalutazione del credito, già determinalo nel suo complessivo ammoniate ai valori attuali, devono riconoscersi agli attori gli interessi per ritardato pagamento, i quali vengono di seguito liquidati in conformità all'orientamento della giurisprudenza di legittimità consolidatosi a seguito della sentenza n. 1712/95. Detto arresto ha riconosciuto che qualora la liquidazione del danno da tatto illecito extracontrattuale sia effettuata per equivalente , con riferimento, cioè, al valore del bene perduto dal danneggiato all'epoca del fatto illecito, e tale valore venga poi espresso in termini monetari che tengano conto della svalutazione intervenuta fino alla data della decisione definitiva, è dovuto al danneggiato anche il risarcimento del mancato guadagno, che questi provi essergli stato provocato dal ritardato pagamento della suddetta somma. Tale prova può essere offerta dalla parte e riconosciuta dal giudice mediante criteri presuntivi ed equitativi, quale l'attribuzione degli interessi, ad un tasso stabilito valutando tutte le circostanze obiettive e soggettive del caso. Particolarmente, quanto alla misura di tali interessi, la Suprema Corte, da un lato, ha chiarito come la stessa non debba necessariamente determinarsi ad un tasso coincidente con quello legale dall'altro, ha escluso che possa assumersi a base del calcolo la somma liquidata per il capitale, come definitivamente rivalutata al momento della pronuncia cfr. Cass. n. 1712/95 . In applicazione di tali criteri, ed in via necessariamente equitativa ai sensi dell'art. 2056, comma secondo, c.c., questo giudicante ritiene di determinare l'ulteriore somma dovuta a titolo di lucro cessante facendo riferimento - in assenza di elementi che consentano di individuare un investimento maggiormente remunerativo della somma - al tasso medio di redditività degli investimenti mobiliari a basso rischio titoli di Stato, BOT, CCT, etc. nel periodo in questione, ed applicando così un ulteriore 2.5% annuo, calcolato dalla data dell'evento dannoso 11 maggio 2006 e sino alla data della presente sentenza 28 febbraio 2019 , provvedendo ad adeguare il valore del capitale utilizzando il coefficiente ISTAT relativo al periodo in questione. Spese secondo soccombenza liquidate come indicato in dispositivo in conformità ai criteri di cui al D.M. n. 55/2014. P.Q.M. Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta in epigrafe, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così decide - accoglie la domanda - condanna il Condominio di Via R.P., in persona dell'S. p.t., appagamento in favore di C.M. della somma di Euro 6.375.00 oltre agli interessi per ritardato pagamento determinati come indicato in motivazione ed oltre agli interessi legali sulle somme complessivamente dovute dalla data della presente sentenza al saldo - condanna il Condominio di Via R.P. a rifondere all'attrice le spese del presente giudizio che liquida in Euro 518,00 di spese vive e in Euro 4.835,00 per compensi oltre accessori di legge.