Tumore e decesso provocati dalle sigarette: niente risarcimento

Respinta la richiesta presentata dalla moglie di un fumatore incallito. Esclusa la responsabilità dell’azienda produttrice di ‘bionde’. Decisiva la constatazione che l’uomo ha scelto liberamente di consumare anche due pacchetti di sigarette al giorno.

Niente risarcimento dall’azienda produttrice di sigarette per il tumore – rivelatosi poi letale – che ha colpito il fumatore. Respinta, in questo caso, la domanda presentata dalla moglie di un tabagista incallito. L’uomo è morto a causa della patologia connessa all’eccessivo consumo di ‘bionde’, ma proprio il suo comportamento autolesionistico esclude, secondo i Giudici, la responsabilità della società che ha prodotto e messo in commercio le sigarette Cassazione, ordinanza n. 25161/18, sez. III Civile, depositata oggi . Scelta. Scenario della triste vicenda è la Calabria. Ad un uomo viene diagnosticato nel 1991 un tumore alla laringe, causato dal fumo di sigarette . Otto anni dopo il tragico epilogo l’uomo muore a causa della evoluzione della patologia. E la moglie decide di citare in giudizio l’azienda che produce e commercia le sigarette, ritenendola responsabile per la morte del marito e chiedendo una adeguato risarcimento. Per i Giudici, però, la domanda avanzata dalla donna non ha fondamento. Ciò perché, viene spiegato sia in Tribunale che in Corte d’Appello, il danno , ossia la malattia e il decesso, è ascrivibile esclusivamente alla condotta negligente dell’uomo che sin dalla giovane età era solito fumare fino a due pacchetti di sigarette al giorno . In sostanza, la condotta del fumatore è valutata come gravemente negligente , poiché egli si è esposto volontariamente ai rischi dell’abuso di nicotina , e ciò, spiegano i Giudici, rompe il nesso tra il comportamento del produttore di sigarette e il danno da fumo . Questa ottica è condivisa ora dai giudici della Cassazione, che respingono definitivamente la richiesta di risarcimento presentata dalla donna, escludendo ogni ipotetica responsabilità dell’azienda. Inutili tutte le osservazioni proposte dal legale della moglie del tabagista è indiscutibile, secondo i giudici, che malattia e decesso del fumatore siano catalogabili come conseguenze di una sua libera e volontaria scelta , cioè quella di consumare anche due pacchetti di sigarette al giorno.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 22 giugno – 11 ottobre 2018, n. 25161 Presidente Sestini – Relatore Rossetti Fatti di causa 1. L'esposizione dei fatti processuali sarà limitata alle sole circostanze ancora rilevanti in questa sede. Nel 2008 Co. Zu. convenne dinanzi al Tribunale di Catanzaro la società British American Tobacco - BAT Italia s.p.a. d'ora innanzi, per brevità, la BAT , esponendo che - il proprio marito, Lo. Pa., era deceduto nel 1999 a causa di un tumore alla laringe - il tumore, diagnosticato nel 1991, era stato causato dal fumo di sigaretta, essendo la vittima un fumatore - della morte del proprio marito doveva rispondere la società convenuta, nella sua veste di successore dell'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, che all'epoca dei fatti produceva e commercializzata le sigarette consumate dal proprio coniuge. Concluse pertanto chiedendo la condanna della convenuta al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dei fatti suddetti. 2. La BAT si costituì negando la propria responsabilità. Con sentenza 8 febbraio 2011 n. 411 il Tribunale di Catanzaro rigettò la domanda, ritenendo che il danno fosse ascrivibile esclusivamente alla condotta negligente della vittima, la quale - come affermato dalla stessa attrice - sin da giovane età era solita fumare fino a due pacchetti di sigarette al giorno. 3. La sentenza venne appellata dalla soccombente. Con sentenza 25 giugno 2016 n. 1072 la Corte d'appello di Catanzaro rigettò il gravame. Per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte d'appello ritenne che la condotta del fumatore, gravemente negligente per essersi esposto volontariamente ai rischi dell'abuso di nicotina, costituiva un fattore di interruzione del nesso causale tra il comportamento del produttore delle sigarette del danno da fumo soggiunse poi, con autonoma ratio decidendi, che in ogni caso non era ravvisabile alcuna condotta colposa in capo alla società convenuta ed ai suoi danti causa. 4. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione da Co. Zu., con ricorso fondato su tre motivi ed illustrato da memoria. La BAT Italia ha resistito con controricorso illustrato da memoria e proposto ricorso incidentale condizionato. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso. 1.1. Col primo motivo la ricorrente lamenta che la Corte d'appello avrebbe erroneamente ritenuto che la malattia e la morte di Lo. Pa. fossero state il frutto di una sua libera e volontaria scelta. Sostiene che la libera determinazione dei consumatori di sigarette è influenzata e compressa dalla dipendenza psicofisica provocata dalla nicotina che in presenza di una dipendenza da fumo non si può parlare pertanto di libera scelta che in ogni caso la condotta della vittima poteva al massimo assurgere al rango di concausa, ma non di causa esclusiva della malattia e della morte che non era possibile sostenere che un minor uso di sigarette da parte della vittima avrebbe evitato la malattia che nel contesto socioculturale in cui la vittima visse la sua giovinezza, era considerato del tutto normale fumare fino a due pacchetti di sigarette al giorno. Per tali ragioni, conclude la ricorrente, la sentenza impugnata denota una motivazione omessa o insufficiente ed anche contraddittoria nell'avere considerato sussistenti i presupposti degli articoli 1227 c.c. e 41 codice penale secondo comma, escludendo totalmente il nesso di causa ed il concorso colposo della convenuta . 1.2. Il motivo è inammissibile. Per un verso, infatti, esso censura la contraddittorietà ed illogicità della motivazione, le quali a partire all'11.9.2012 non costituiscono più motivo di ricorso per cassazione, per effetto della riforma dell'art. 360, n. 5, c.p.c. salvo il caso, qui non ricorrente, di motivazione totalmente mancante sinanche come segno grafico, ovvero totalmente incomprensibile così Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 dall'altro lato il motivo censura un apprezzamento di fatto, qual è l'accertamento della sussistenza della sussistenza o della insussistenza del nesso di causa, come già ritenuto - in fattispecie analoga - da questa Corte con la sentenza pronunciata da Sez. 3, Sentenza n. 11272 del 10/05/2018. 2. Il secondo motivo di ricorso. 2.1. Col secondo motivo la ricorrente lamenta la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti decisivi . Nonostante tale intitolazione, l'illustrazione del motivo nella sostanza censura la sentenza di merito nella parte in cui ha ritenuto insussistente, ai sensi dell'art. 2043 c.c., il nesso di causa tra la condotta della società convenuta e dei suoi danti causa e la morte di Lo. Pa Lamenta, in particolare, l'erroneità della decisione di escludere il nesso di causa tra l'omessa informazione sui rischi del fumo, e la morte della vittima. Deduce che, se il consumatore di sigarette ha il dovere di astenersi, in ossequio al principio di autoresponsabilità, da un uso del tabacco smodato e nocivo per la propria salute, anche il produttore di sigarette ha il dovere di informare il consumatore sui rischi derivanti dall'abuso del fumo che erroneamente la Corte d'appello ha ritenuto che lo sviluppo di un tumore alla laringe costituisca di per sé indice di un uso smodato di sigarette che la storia familiare della vittima era negativa per malattie tumorali, il che di per sé dimostrava l'incidenza causale del fumo nello sviluppo del tumore alla laringe che, infine, era erronea la statuizione della Corte d'appello secondo cui, se il produttore di sigarette avesse informato il consumatore sui rischi del fumo, non era possibile affermare con quasi assoluta certezza che l'evento non si sarebbe verificato. 2.2. Il motivo è inammissibile, perché privo del requisito della decisività. La Corte d'appello ha infatti escluso la responsabilità ex articolo 2043 c.c. del produttore di sigarette sia per difetto del nesso di causa, sia per difetto di prova della colpa così la sentenza, p. 14, secondo capoverso . Il motivo censura soltanto la prima statuizione, e nulla osserva in merito alla seconda sicché l'accoglimento di esso non potrebbe mai condurre alla cassazione della sentenza, perché la seconda ratio decidendi sarebbe di per sé sufficiente a sorreggere la motivazione del provvedimento impugnato. Non sarà superfluo aggiungere, in ogni caso, che come già detto l'accertamento del nesso di causa costituisce oggetto di un apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito. 3. Il terzo motivo di ricorso. 3.1. Col terzo motivo la ricorrente lamenta l'erroneità della sentenza di merito nella parte in cui ha ritenuto incidentalmente che il termine di prescrizione applicabile al caso di specie dovesse essere quello quinquennale di cui all'articolo 2947 c.c Sostiene che nel caso di specie si sarebbe dovuto applicare il più lungo termine di prescrizione prevista per il reato. 3.2. Il motivo è manifestamente inammissibile, dal momento che la sentenza impugnata non si è affatto occupata della questione della prescrizione e del termine applicabile, perché ritenuta assorbita. 3.3. Il ricorso incidentale condizionato resta assorbito dal rigetto del ricorso principale. 4. Le spese. 4.1. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico della ricorrente, ai sensi dell'art. 385, comma 1, c.p.c. e sono liquidate nel dispositivo. 4.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228 . P.Q.M. la Corte di cassazione - rigetta il ricorso - condanna Co. Zu. alla rifusione in favore di British American Tobacco BAT Italia s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 4.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, D.M. 10.3.2014 n. 55 - dà atto che sussistono i presupposti previsti dall'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 30.5.2002 n. 115, per il versamento da parte di Co. Zu. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione.