Ruba le chiavi alla madre e affida il quadriciclo a un’amica che fa un incidente: figlia non responsabile

Riflettori puntati sul risarcimento da versare all’uomo alla guida della vettura centrata dal motociclo. Evidenti le responsabilità dell’amica che stava utilizzando il veicolo e della madre, che non ha adottato le cautele necessarie per impedire la sottrazione delle chiavi.

Prima ruba le chiavi alla madre e poi le affida a un’amica, che prende la ‘minicar’, carica due passeggeri – ignorando ogni regola – e si rende protagonista di un incidente con una vera macchina. A essere chiamate in causa sono proprio madre e figlia, a fronte della richiesta di risarcimento avanzata dall’uomo alla guida della vettura centrata dalla ‘minicar’. La responsabilità della ragazza per il comportamento dell’amica, però, non può essere considerata scontata, osservano i Giudici del ‘Palazzaccio’ Cassazione, ordinanza n. 23450/2018, Sezione Terza Civile, depositata il 28 settembre 2018 . Circolazione. Chiara per i Giudici d’Appello la lettura della vicenda la ragazzina allora minorenne ha sottratto furtivamente le chiavi del quadriciclo di proprietà della madre, successivamente consegnandole a un’amica anch’essa minorenne, all’epoca e così si è resa responsabile del sinistro stradale che l’amica ha causato, scontrandosi con un’autovettura. Allo stesso tempo, viene evidenziato che la madre, in qualità di proprietaria del quadriciclo protagonista dell’incidente, è anche lei colpevole per il comportamento della figlia, non avendo offerto prova adeguata della cosiddetta ‘circolazione prohibente domino ’ del proprio veicolo. Consequenziale è la decisione con cui madre e figlia vengono obbligate a tenere indenne la compagnia assicurativa da tutti gli effetti della condanna pronunciata per il risarcimento dei danni in favore dell’uomo alla guida della vettura centrata dalla ‘minicar’. Condotta. A mettere in discussione la responsabilità della figlia - oggi maggiorenne - è la Cassazione. Innanzitutto viene evidenziato che in Appello sono stati prospettabili i profili di rimproverabilità colposa del comportamento addebitato alla figlia rispetto al danno – con particolare riguardo all’affidamento del veicolo a soggetto inidoneo alla guida – , e così si è esaurito il tema della valenza causale del comportamento in esame con la mera allegazione della relativa natura di antecedente indispensabile alla circolazione dannosa, concettualmente articolato come antecedente causale indispensabile della responsabilità derivante dall’impossessamento del veicolo attraverso la furtiva sottrazione delle chiavi alla madre e della relativa circolazione affidata a soggetto inidoneo . In sostanza è mancata la disamina del valore causale determinante in via esclusiva della condotta dell’affidataria del veicolo . Ovviare a tale lacuna sarà compito dei Giudici della Corte d’Appello, i quali dovranno tenere conto però del principio fissato dalla Cassazione, principio secondo cui il comportamento stradale tenuto dal conducente di un veicolo senza guida di rotaie cui detto veicolo sia stato affidato da un soggetto non tenuto per legge a rispondere solidalmente col conducente dei danni prodotti dalla circolazione , il quale di sua esclusiva iniziativa disponga il trasporto, rigorosamente interdetto dalla legge, di un terzo sul veicolo affidatogli, e conduca detto veicolo su strada, in tale assetto, senza rispettare le regole della circolazione stradale positivamente imposte dalla legge, sì da determinare, proprio in ragione di tale condotta gravemente imprudente, la verificazione del sinistro dedotto in giudizio, deve ritenersi tale da costituire causa sopravvenuta al comportamento del soggetto affidante il veicolo di per sé sola idonea a determinare l’evento di danno, sì da escludere il ricorso di alcun rapporto di causalità tra l’evento di danno e la condotta del soggetto affidante non tenuto per legge a rispondere solidalmente col conducente dei danni prodotti dalla circolazione . Confermate, invece, le responsabilità della madre. Quest’ultima ha evidenziato che le chiavi del quadriciclo erano state chiuse a chiave in un cassetto con successivo nascondimento della chiave , con la conseguente chiara attestazione della proibizione alla figlia sul possibile utilizzo del veicolo. Tale obiezione non convince i Giudici della Cassazione, i quali ricordano che al fine di integrare la prova liberatoria dalla presunzione di colpa stabilita non è sufficiente la dimostrazione che la circolazione del veicolo sia avvenuta senza il consenso del proprietario, ma è al contrario necessario che detta circolazione sia avvenuta contro la sua volontà, la quale deve estrinsecarsi in un concreto e idoneo comportamento ostativo, specificamente inteso a vietare e impedire la circolazione del veicolo mediante l’adozione di cautele tali che la volontà del proprietario non possa risultare superata . E in questo caso è stato appurato che la chiave del cassetto, all’interno del quale erano state collocate le chiavi del veicolo poi sottratte dalla figlia , era stata riposta in un nascondimento noto persino ad alcuni testimoni.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 11 giugno – 28 settembre 2018, n. 23450 Presidente Travaglino – Relatore Dell’Utri Fatto e diritto Rilevato che, con sentenza resa in data 3/3/2015, la Corte d'appello di Roma, tra le restanti statuizioni, per quel che ancora rileva in questa sede, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato Al. Fi. e De. Be. obbligate a tenere indenne la Vittoria Assicurazioni s.p.a. da tutti gli effetti della condanna contestualmente pronunciata nei confronti di quest'ultima, in favore di Ro. Pu., per il risarcimento dei danni da quest'ultimo subiti in conseguenza del sinistro stradale dallo stesso dedotto in giudizio che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come Al. Fi. allora minorenne , nel sottrarre furtivamente le chiavi del quadriciclo di proprietà della madre, De. Be., successivamente consegnandole a Gi. Pe. anch'essa all'epoca minorenne , si fosse resa responsabile del sinistro stradale che la Pe. aveva causato anche per colpa propria in concorso con Al. Ma., proprietario conducente del veicolo assicurato dalla Sara Assicurazioni s.p.a. , con la conseguente affermazione della responsabilità della Fi. nei confronti della Vittoria Assicurazioni s.p.a. in relazione all'azione di regresso da quest'ultima esercitata che, sotto altro profilo, la corte territoriale ha altresì evidenziato come De. Be., quale proprietaria del quadriciclo condotto dalla Pe. in occasione del sinistro, non avesse vinto la presunzione di responsabilità sulla stessa gravante ai sensi dell'art. 2054 c.c., non avendo offerto prova adeguata della circolazione prohibente domino del proprio veicolo essendosi viceversa realizzata unicamente una circolazione invito domino dello stesso , dovendo conseguentemente ritenersi responsabile per la rivalsa assicurativa in considerazione dei termini del contratto di assicurazione, e in ogni caso ai sensi dell'art. 2048 c.c., per il fatto della figlia Al. Fi. che avverso la sentenza d'appello, Al. Fi. e De. Be., con due distinti atti, hanno proposto ricorso per cassazione sulla base, rispettivamente, di quattro e di otto motivi d'impugnazione che la Vittoria Assicurazioni s.p.a. resiste con due distinti controricorsi che la Sara Assicurazioni s.p.a. resiste con controricorso che Om. Pe. e Sa. Gi., quali genitori di Gi. Pe., Gi. Pe., Al. Ma. e Ro. Pu., non hanno svolto difese in questa sede che Al. Fi., De. Be. e la Vittoria Assicurazioni s.p.a. hanno depositato memoria considerato che, con il primo motivo del proprio ricorso, Al. Fi. censura la sentenza d'appello per violazione e falsa applicazione dell'art. 2043 c.c. e degli artt. 40 e 41 c.p. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. , per avere la corte territoriale erroneamente affermato la responsabilità della Fi. nella causazione del danno rivendicato dal Pu., dovendo escludersi alcun nesso di causalità tra i fatti addebitati alla Fi. e l'evento dannoso denunciato che, con il secondo motivo la Fi. censura la sentenza impugnata per violazione dell'art. 164, co. 4, c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c. , per avere la corte territoriale erroneamente omesso di rilevare la nullità dell'atto di chiamata in causa con il quale la Vittoria Assicurazioni s.p.a. aveva agito nei relativi confronti, in considerazione dell'assoluta genericità, se non dell'integrale assenza, dell'esposizione della causa petendi posta a fondamento della pretesa spiegata che, con il terzo motivo, la Fi. censura la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c. , per avere la corte territoriale trascurato la considerazione di taluni fatti dedotti in giudizio con particolare riguardo al luogo dell'impatto relativo al sinistro e alle specifiche modalità della circolazione del Ma. il cui esame avrebbe certamente condotto a una differente decisione della controversia che, con il quarto motivo, la Fi. censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 91 e 92, co. 2, c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c , per avere la corte territoriale erroneamente individuato l'entità della condanna della ricorrente al rimborso delle spese del primo grado del giudizio in favore del Pu., e per aver erroneamente condannato la Fi. al rimborso delle spese del giudizio d'appello in favore dello stesso Pu., essendo quest'ultimo rimasto contumace nel giudizio di secondo grado che il primo motivo è fondato e suscettibile di assorbire la rilevanza delle restanti censure che, al riguardo, varrà considerare come il giudice d'appello abbia riconosciuto la responsabilità della Fi. sul presupposto che la relativa condotta avrebbe costituito un antecedente causale indispensabile non solo per l'assunzione della responsabilità derivante dall'impossessamento del veicolo ovvero per la stessa circolazione del veicolo, ma, più specificamente, per l'affidamento a soggetto inidoneo alla guida , atteso che, come il proprietario è il responsabile ex art. 2054 c.c. della circolazione, parimenti responsabile, ex art. 2043 c.c., è colui che ponga in essere una condotta che costituisca un antecedente indispensabile del danno, sia nell'ipotesi che faccia perdere al proprietario la legittimazione passiva, assumendola su di sé nell'ipotesi di circolazione prohibente domino, sia nell'ipotesi che il veicolo circoli semplicemente invito domino, nel qual caso si affianca a quella del proprietario , atteso che la circostanza che il veicolo possa essere materialmente guidato da altro soggetto non esclude la responsabilità del primo cfr. pag. 2 della sentenza impugnata che, sul punto, osserva preliminarmente il Collegio come, al caso di specie, non possa in alcun modo trovare applicazione - né in via diretta, né in via di interpretazione analogica a ciò ostando la relativa natura di eccezione alle regole generali sulla responsabilità civile cfr. art. 14 prel. c.c. - la disciplina di cui all'art. 2054, co. 3, c.c., ai sensi del quale il proprietario del veicolo, o, in sua vece, l'usufruttuario o l'acquirente con patto di riservato dominio, è responsabile in solido col conducente, se non prova che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà che tale assunto interpretativo deve ritenersi confermato dalla circostanza dell'avvenuta estensione al locatario, per via legislativa cfr. l'art. 91, co. 2, del codice della strada, ai sensi del quale a/ fini del risarcimento dei danni prodotti a persone o cose dalla circolazione dei veicoli, il locatario è responsabile in solido con il conducente ai sensi dell'art. 2054, comma terzo, del codice civile , della medesima responsabilità sancita, dall'art. 2054, co. 3, c.c., a carico del proprietario, dell'usufruttuario o dell'acquirente con patto di riservato dominio che, infatti, la disposizione di cui all'art. 91, co. 2, c.d.s., nel ritenere indispensabile l'estensione in via espressa della disciplina dell'art. 2054, co. 3, c.c., al locatario, implicitamente conferma in coerenza al tradizionale canone interpretativo ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit l'impossibilità di riconoscere, in capo all'art. 2054, co. 3, c.c., la consistenza di un principio di carattere generale che avrebbe reso priva di senso l'approvazione espressa della regola dell'art. 91, co. 2 incline a riconoscere un'eventuale responsabilità per i danni derivanti dalla circolazione in solido con il conducente e salva la prova liberatoria della circolazione contro la propria volontà in capo a 'chiunque' disponga materialmente del potere di consentire la circolazione di un veicolo su strada che, dunque, fuori dai casi tassativamente determinati dalla legge come accade per il proprietario, l'usufruttuario, l'acquirente con patto di riservato dominio o il locatario di veicoli , il regime della responsabilità del soggetto non conducente per i danni provocati dalla circolazione dei veicoli senza guida di rotaia dallo stesso resa possibile, deve farsi risalire ai comuni principi ricavabili dall'interpretazione dell'art. 2043 c.c., ai sensi del quale qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno che, pertanto, allo scopo di attestare la responsabilità per i danni derivati dalla circolazione del soggetto diverso dal proprietario, dall'usufruttuario, dall'acquirente con patto di riservato dominio o dal locatario del veicolo cui materialmente deve farsi risalire l'iniziativa diretta o indiretta della circolazione stradale, occorre che, rispetto allo specifico evento di danno accertato, sia possibile ricostruire, in capo a detto soggetto, tanto i profili di rimproverabilità colposa del comportamento funzionale alla circolazione dannosa, quanto i termini di un diretto nesso di derivazione causale tra l'evento di danno e il comportamento commissivo od omissivo specificamente dedotto in giudizio che, nel caso di specie, il giudice a quo, dopo aver specificato i prospettabili profili di rimproverabilità colposa del comportamento addebitato alla Fi. rispetto al danno - con particolare riguardo al dedotto affidamento del veicolo a soggetto inidoneo alla guida -, si è limitato ad esaurire il tema della valenza causale del comportamento in esame con la mera allegazione della relativa natura di antecedente indispensabile alla circolazione dannosa - concettualmente articolato come antecedente causale indispensabile della responsabilità derivante dall'impossessamento del veicolo attraverso la furtiva sottrazione delle chiavi alla proprietaria e della relativa circolazione affidata a soggetto inidoneo -, trascurando integralmente di procedere all'esame della casualità in concreto della condotta, rispetto all'evento di danno, attraverso lo scrutinio del ruolo assunto, sul piano dello sviluppo causale della vicenda, dalla condotta del l'affidata ria del veicolo, e dell'autonoma serie causale dalla stessa attivata, al fine di escluderne o, viceversa, di ammetterne l'idoneità esclusiva alla determinazione dell'evento di danno, alla stregua del disposto di cui all'art. 41 c.p., ai sensi del quale /e cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento che, in particolare, il valore causale determinante in via esclusiva del comportamento nella specie osservato dall'affidataria del veicolo risulta ictu oculi rinvenibile dal riscontro delle gravissime imprudenze cui detta affidataria ebbe a rendersi autrice una volta ottenuto l'accesso al veicolo, avendo la stessa disposto, di sua esclusiva iniziativa, il trasporto, rigorosamente interdetto nella specie, di una terza persona sul quadriciclo affidatole, e avendo altresì condotto il veicolo su strada, in tale assetto, senza rispettare le regole della circolazione positivamente imposte dalla legge nella specie, il dovere di osservare il diritto di precedenza , si da determinare, proprio in ragione di tali condotte gravemente imprudenti, la verificazione del sinistro dedotto in giudizio che la mancata disamina del valore causale determinante in via esclusiva della condotta dell'affidataria del veicolo, e la conseguente carente analisi argomentativa del fatto dedotto in giudizio, vale a tradursi, nel caso di specie - una volta rilevato il carattere incontestato delle modalità di verificazione delle vicende che rilevano in relazione alla posizione processuale della Fi. - nella conseguente falsa applicazione dell'art. 41 c.p., dovendo nella specie affermarsi il principio di diritto ai sensi del quale, il comportamento stradale tenuto dal conducente di un veicolo senza guida di rotaie cui detto veicolo sia stato affidato da un soggetto non tenuto per legge a rispondere solidalmente col conducente dei danni prodotti dalla circolazione , il quale di sua esclusiva iniziativa disponga il trasporto, rigorosamente interdetto dalla legge, di un terzo sul veicolo affidatogli, e conduca detto veicolo su strada, in tale assetto, senza rispettare le regole della circolazione stradale positivamente imposte dalla legge, si da determinare, proprio in ragione di tale condotta gravemente imprudente, la verificazione del sinistro dedotto in giudizio, deve ritenersi tale da costituire, ai sensi dell'art. 41 c.p., causa sopravvenuta al comportamento del soggetto affidante il veicolo di per sé sola idonea a determinare l'evento di danno, si da escludere il ricorso di alcun rapporto di causalità tra revento di danno e la condotta del soggetto affidante non tenuto per legge a rispondere solidalmente col conducente dei danni prodotti dalla circolazione che, l'accoglimento del primo motivo del ricorso proposto dalla Fi. impone, assorbite le restanti censure, la conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto che, ai sensi dell'art. 384, co. 2, c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ritiene il Collegio di poter decidere nel merito in ordine a tutte le domande proposte nei confronti di Al. Fi. nel corso del giudizio, disponendone il rigetto che l'obiettiva complessità delle questioni trattate vale a integrare i presupposti per l'integrale compensazione, tra Al. Fi. e tutte le relative controparti, delle spese di tutti i gradi del giudizio di merito e del presente giudizio di legittimità che, con il primo motivo del proprio ricorso, la Be. censura la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c. , per avere la corte territoriale trascurato la considerazione di taluni fatti dedotti in giudizio con particolare riguardo al luogo dell'impatto relativo al sinistro e alle specifiche modalità della circolazione del Ma. il cui esame avrebbe certamente condotto a una differente decisione della controversia che il motivo è inammissibile che, al riguardo, osserva il Collegio come al caso di specie relativo all'impugnazione di una sentenza pubblicata dopo la data del 11/9/12 trovi applicazione il nuovo testo dell'art. 360, n. 5, c.p.c. quale risultante dalla formulazione dell'art. 54, co. 1, lett. b , del D.L. n. 83/2012, conv., con modif., con la legge n. 134/2012 , ai sensi del quale la sentenza è impugnabile con ricorso per cassazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti che, secondo l'interpretazione consolidatasi nella giurisprudenza di legittimità, tale norma, se da un lato ha definitivamente limitato il sindacato del giudice di legittimità ai soli casi d'inesistenza della motivazione in sé ossia alla mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico, alla motivazione apparente, al contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili o alla motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile , dall'altro chiama la Corte di cassazione a verificare l'eventuale omesso esame, da parte del giudice a quo, di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza rilevanza del dato testuale o dagli atti processuali rilevanza anche del dato extratestuale , che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo cioè che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia , rimanendo escluso che l'omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, integri la fattispecie prevista dalla norma, là dove il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti cfr. Cass. Sez. Un., 22/9/2014, n. 19881 Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 che, dovendo dunque ritenersi definitivamente confermato il principio, già del tutto consolidato, secondo cui non è consentito richiamare la corte di legittimità al riesame del merito della causa, l'odierna doglianza della ricorrente deve ritenersi inammissibile, siccome diretta a censurare, non già l'omissione rilevante ai fini dell'art. 360 n. 5 cit, bensì la congruità del complessivo risultato della valutazione operata nella sentenza impugnata con riguardo all'intero materiale probatorio, trascurando altresì di circostanziare gli aspetti dell'asserita decisività della mancata considerazione, da parte della corte territoriale, delle occorrenze di fatto asseritamente dalla stessa trascurate, e che avrebbero al contrario in ipotesi condotto a una sicura diversa risoluzione dell'odierna controversia che, viceversa, il giudice a quo risulta aver elaborato il complesso del materiale probatorio acquisito in modo completo ed esauriente, sulla scorta di un discorso giustificativo dotato di adeguata coerenza logica e linearità argomentativa, senza incorrere in alcuno dei gravi vizi d'indole logico-giuridica unicamente rilevanti in questa sede che, con il secondo motivo, la Be. censura la sentenza impugnata per violazione dell'art. 2054 c.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. , avendo la corte territoriale erroneamente invocato il disposto dell'art. 2054 c.c. e l'irrilevanza, ai fini della responsabilità della Be., dell'avvenuta circolazione invito domino del relativo veicolo in relazione al rapporto assicurativo tra la ricorrente e la Vittoria Assicurazioni s.p.a., eventualmente trattandosi, nella specie, della sussistenza, e degli eventuali limiti, dell'azione di rivalsa esercitabile dall'assicuratore nei confronti dell'assicurato in relazione ai contenuti del contratto di assicurazione che il motivo è inammissibile che, infatti - ferma l'indiscutibilità della circostanza per cui l'esame dei presupposti di applicabilità dell'art. 2054 c.c. e le connesse questioni concernenti il ricorso, nella specie, di un'ipotesi di circolazione invito domino e non già prohibente domino non rilevano direttamente ai fini dei rapporti tra assicurato e assicuratore - il discorso condotto dal giudice a quo, con immediato riferimento al disposto dell'art. 2054 c.c. nel quadro argomentativo concernente i rapporti tra la stessa Vittoria s.p.a. e la Be., risulta riferito, dalla corte d'appello anche solo implicitamente alla necessità di attestare, in ogni caso, il ricorso dei presupposti per il riconoscimento della responsabilità della Be. ai sensi dell'art. 2054 c.c., allo scopo di rendere ragione della fondatezza dell'azione di rivalsa esercitata dalla Vittoria s.p.a., avuto riguardo alla dedotta inoperatività della copertura assicurativa per l'avvenuta circolazione del veicolo della Be. senza il rispetto delle condizioni di polizza con particolare riguardo alle circostanze concernenti la dedotta violazione della regola che fa divieto del trasporto di terzi su veicoli a motore di 50 c.c. o, se di cilindrata superiore, ove condotti da minore che, conseguentemente, del tutto priva di rilievo deve ritenersi la censura in esame, non avendo la ricorrente còlto in modo appropriato le specifiche ragioni di carattere argomentativo dei diversi passaggi della sentenza impugnata posti a oggetto del motivo d'impugnazione proposto che, con il terzo motivo, la Be. censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 183 e 189 c.p.c. richiamati dagli artt. 282-bis e quinquies c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c. , per avere la corte territoriale erroneamente omesso di rilevare, in contrasto con l'espresso motivo di appello incidentale proposto dalla stessa Be., come la domanda della Vittoria Assicurazioni s.p.a. diretta all'affermazione della responsabilità della Be. ex art. 2048 c.c. in qualità di genitrice della minorenne Al. Fi. , fosse stata tardivamente proposta per la prima volta dalla compagnia assicurativa nella comparsa conclusionale depositata nel giudizio di primo grado che il motivo è inammissibile per carenza d'interesse che, infatti, di là dall'eventuale tardività o della positiva rilevanza della domanda proposta dalla Vittoria Assicurazioni s.p.a. ai fini dell'affermazione della responsabilità della Be. ai sensi dell'art. 2048 c.c. in qualità di genitrice della minorenne Al. Fi. , varrà considerare il persistente rilievo della domanda di manleva proposta dalla Vittoria s.p.a. in ragione dei limiti della copertura assicurativa dalla stessa prestata in favore della Be. quale responsabile civile ai sensi dell'art. 2054 c.c. in quanto proprietaria del mezzo investitore , valendo sul punto le successive argomentazioni dettate in relazione alla decisione sui motivi d'impugnazione di seguito esaminati che, con il quarto motivo, la Be. censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 163 e 164 c.p.c, nonché degli artt. 183 e 189 c.p.c. richiamati dagli artt. 281-bis e quinquies c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c , per avere la corte territoriale erroneamente omesso di rilevare la tardività della domanda di restituzione delle somme avanzata della Vittoria Assicurazioni s.p.a. ai sensi dell'art. 2054 c.c., siccome avanzata per la prima volta con il deposito della comparsa conclusionale nel giudizio di primo grado, altresì in assenza di alcuna specificazione della relativa causa petendi in violazione degli artt. 163 e 164 c.p.c che, con il quinto motivo, la Be. censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 183 e 189 c.p.c. richiamati dagli artt. 281-bis e quinquies c.p.c , nonché dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c. , per avere la corte territoriale trascurato di rilevare come la domanda di rivalsa proposta dalla Vittoria Assicurazioni s.p.a. nei relativi confronti in ragione dell'avvenuto circolazione del veicolo della Be. senza il rispetto delle condizioni di polizza con particolare riguardo alla circostanza relativa alla violazione della regola che fa divieto del trasporto di terzi su veicoli a motore di 50 c.c. o, se di cilindrata superiore, ove condotti da minore non era mai stata formulata dalla Vittoria Assicurazioni s.p.a., con la conseguente violazione dell'art. 112 c.p.c. per ultrapetizione o, in ogni caso, per modificazione del titolo della responsabilità restitutoria della Be., illegittimamente trasformata, da aquiliana, in contrattuale che, con il sesto motivo, la Be. censura la sentenza impugnata per violazione degli articolo 115 e 184 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c , per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto superfluo il deposito delle condizioni generali del contratto di assicurazione tra la Vittoria Assicurazioni s.p.a. e la ricorrente, sulla base di un'errata applicazione del principio di non contestazione, tenuto conto della mancata formulazione, da parte della Vittoria Assicurazioni s.p.a., di alcuna azione di rivalsa fondata sul ridetto contratto di assicurazione, con la conseguente mancata insorgenza di alcun obbligo della Be. di assumere una qualche specifica posizione sul punto che tutti e tre i motivi - congiuntamente esaminabili in ragione dell'intima connessione delle questioni dedotte - sono infondati, quando non inammissibili che, al riguardo, osserva il Collegio come - ferma la desumibilità della tempestiva proposizione della domanda di rivalsa proposta dalla Vittoria Assicurazioni s.p.a. nei confronti della Be. in ragione dell'avvenuta circolazione del relativo veicolo senza il rispetto delle condizioni di polizza dalle stesse deduzioni contenute nel ricorso proposto in questa sede cfr. pagg. 23 e segg. del ricorso della Be. - la corte territoriale, nel considerare l'estensione e la tempestività delle domande proposte dalla Vittoria s.p.a. nei confronti della Be., risulti essersi attenuta a canoni interpretativi della domanda non palesemente illogici o incongrui che, al riguardo, varrà richiamare il principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, alla stregua del quale l'interpretazione operata dal giudice di appello, riguardo al contenuto e all'ampiezza della domanda giudiziale, è assoggettabile al controllo di legittimità limitatamente alla valutazione della logicità e congruità della motivazione e, a tal riguardo, il sindacato della Corte di cassazione comporta l'identificazione della volontà della parte in relazione alle finalità dalla medesima perseguite, in un ambito in cui, in vista del predetto controllo, tale volontà si ricostruisce in base a criteri ermeneutici assimilabili a quelli propri del negozio, diversamente dall'interpretazione riferibile ad atti processuali provenienti dal giudice, ove la volontà dell'autore è irrilevante e l'unico criterio esegetico applicabile è quello della funzione obiettivamente assunta dall'atto giudiziale Sez. L, Sentenza n. 17947 del 08/08/2006, Rv. 591719 - 01 Sez. L, Sentenza n. 2467 del 06/02/2006, Rv. 586752 - 01 che, peraltro, il giudice del merito, nell'indagine diretta all'individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto a uniformarsi al tenore letterale degli atti nei quali esse sono contenute, ma deve, per converso, avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante Sez. 3, Sentenza n. 21087 del 19/10/2015, Rv. 637476 -01 , che, nella specie, la ricorrente, lungi dallo specificare i modi o le forme dell'eventuale scostamento del giudice a quo dai canoni ermeneutici legali che ne orientano il percorso interpretativo anche della domanda giudiziale, risulta essersi limitata ad argomentare unicamente il proprio dissenso dall'interpretazione fornita dal giudice d'appello, così risolvendo le censure proposte ad una questione di fatto non proponibile in sede di legittimità che, proprio in forza di tali deduzioni, deve ritenersi non adeguatamente censurata, tanto la ritenuta effettività e tempestività della proposizione della domanda della Vittoria Assicurazioni s.p.a. nei confronti della Be. in ragione dell'avvenuta circolazione del relativo veicolo senza il rispetto delle condizioni di polizza , quanto il ritenuto difetto di contestazione rilevato dal giudice a quo, trattandosi di censure fondate sull'inesistenza di presupposti ritenuti, viceversa, esistenti dal giudice a quo sulla base di argomentazioni giuridicamente corrette e logicamente immuni da vizi che, con il settimo motivo, la Be. censura la sentenza impugnata per illogicità della motivazione e conseguente violazione degli artt. 111 Cost. e 132 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c. , per avere la corte territoriale affermato, in modo manifestamente illogico, l'insussistenza di una specifica proibizione della Be. all'uso del proprio veicolo da parte della figlia Al., nonostante l'avvenuta acquisizione della prova che le chiavi di tale veicolo erano state chiuse a chiave in un cassetto con successivo nascondimento della chiave , con la conseguente chiara attestazione del ricorso di detta proibizione che il motivo è infondato, quando non inammissibile che, al riguardo, osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, al fine di integrare la prova liberatoria dalla presunzione di colpa stabilita dall'art. 2054, co. 3, cod. civ., non è sufficiente la dimostrazione che la circolazione del veicolo sia avvenuta senza il consenso del proprietario, ma è al contrario necessario che detta circolazione sia avvenuta contro la sua volontà, la quale deve estrinsecarsi in un concreto e idoneo comportamento ostativo, specificamente inteso a vietare e impedire la circolazione del veicolo mediante l'adozione di cautele tali che la volontà del proprietario non possa risultare superata cfr., ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 15478 del 14/07/2011, Rv. 619233 - 01 che, nel caso di specie, la corte d'appello, nell'affermare che la chiave del cassetto, all'interno del quale erano state collocate le chiavi del veicolo poi sottratte dalla figlia , era stata riposta in un nascondimento noto persino ai testimoni escussi , ha espresso una valutazione di merito, in ordine all'intrinseca inidoneità della cautela adottata, non legittimamente censurabile in questa sede di legittimità che, conseguentemente, l'indicato sviluppo argomentativo deve ritenersi tale da integrare una motivazione piena ed effettiva della decisione impugnata, non avendo il giudice a quo fatto ricorso a elementi argomentativi privi, ictu oculi, di quella minima capacità giustificativa dell'apprezzamento posto a fondamento del ragionamento seguito in sentenza, e dunque logicamente non abnormi, dovendo pertanto escludersi la fondatezza della censura sul punto avanzata dal ricorrente che, con l'ottavo motivo, la Be. censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 91 e 92, comma secondo c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. , per avere la corte territoriale erroneamente individuato l'entità della condanna della ricorrente al rimborso delle spese del primo grado del giudizio in favore del Pu., e per aver erroneamente condannato la Be. al rimborso delle spese del giudizio d'appello in favore dello stesso Pu., essendo quest'ultimo rimasto contumace nel giudizio di secondo grado che il motivo è in parte inammissibile, e in parte fondato che, al riguardo, deve ritenersi inammissibile la censura avanzata con riguardo alla ripartizione delle spese del giudizio primo grado che, in particolare, nel pronunciare sul punto concernente la regolazione delle spese del giudizio di primo grado, la corte territoriale si è correttamente allineata al consolidato principio, affermato nella giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale, in tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse, e il suddetto criterio non può essere frazionato secondo l'esito delle varie fasi del giudizio, dovendo essere riferito unitariamente all'esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte, poi soccombente, abbia conseguito un esito a lei favorevole che, ciò posto, con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, tanto la valutazione dell'opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite e ciò sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell'ipotesi di concorso delle altre cause legittimanti , quanto quella relativa alla determinazione dell'entità delle spese regolate entro i limiti tariffari previsti dalla legge che, viceversa, deve ritenersi fondata la censura avanzata in relazione alla regolazione delle spese del giudizio di appello, avendo la corte territoriale condannato la Be. al rimborso delle spese del giudizio d'appello in favore del Pu., non ostante quest'ultimo fosse rimasto contumace nel giudizio di secondo grado che, sul punto, è appena il caso di richiamare l'insegnamento della giurisprudenza di questa Corte che il Collegio condivide e fa proprio, anche al fine di assicurarne continuità , ai sensi del quale la condanna alle spese processuali, a norma dell'art. 91 cod. proc. civ., ha il suo fondamento nell'esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un'attività processuale per ottenere il riconoscimento e l'attuazione di un suo diritto sicché essa non può essere pronunziata in favore del contumace vittorioso, poiché questi, non avendo espletato alcuna attività processuale, non ha sopportato spese al cui rimborso abbia diritto cfr. Sez. 2, Sentenza n. 17432 del 19/08/2011, Rv. 619035 - 01 Sez. 1, Sentenza n. 43 del 07/01/1999, Rv. 522018 - 01 Sez. 1, Sentenza n. 9419 del 25/09/1997, Rv. 508243 - 01 che, conclusivamente, sulla base delle considerazioni sin qui richiamate, rilevatane la parziale fondatezza, dev'essere accolto l'ottavo motivo del ricorso della Be. nei sensi e nei limiti indicati e, disattesi i restanti, dev'essere disposta la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto che, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ritiene il Collegio di poter decidere nel merito in conseguenza dell'accoglimento per quanto di ragione dell'ottavo motivo di ricorso della Be., disponendo non esservi luogo a provvedere sulla regolazione delle spese del giudizio di appello nei rapporti tra Ro. Pu. e De. Be. che la parziale fondatezza del ricorso e l'obiettiva complessità delle questioni trattate vale a integrare i presupposti per l'integrale compensazione, tra De. Be. e tutti i controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità P.Q.M. Accoglie il primo motivo del ricorso proposto da Al. Fi. dichiara assorbiti i restanti motivi del medesimo ricorso cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta tutte le domande proposte nei confronti di Al. Fi. nel corso del giudizio. Accoglie, nei limiti di cui in motivazione, l'ottavo motivo del ricorso proposto da De. Be. rigetta tutti i restanti motivi del medesimo ricorso cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara non esservi luogo a provvedere sulla regolazione delle spese del giudizio di appello tra Ro. Pu. e De. Be Dichiara integralmente compensate, tra Al. Fi. e tutte le relative controparti, le spese di tutti i gradi del giudizio di merito e del presente giudizio di legittimità. Dispone l'integrale compensazione, tra De. Be. e tutti i controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità.