Appalto di opere pubbliche: il comportamento del committente come concausa del danno

È ormai orientamento consolidato in giurisprudenza quello secondo cui l’appaltatore di opere pubbliche è solitamente unico responsabile dei danni cagionati a terzi nel corso dello svolgimento dei lavori. Assume però un ruolo fondamentale anche la responsabilità concorrente del committente.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 20942/18 depositata il 22 agosto. Il caso. La Corte d’Appello rigettava il gravame avverso la sentenza impugnata che aveva respinto la domanda di un’azienda USL di condanna dell’ANAS al risarcimento dei danni arrecati ad un edificio di proprietà dell’azienda stessa successivamente a lavori di realizzazione della variante di una strada statale, eseguiti proprio dall’ANAS tramite un’impresa appaltatrice. Avverso tale sentenza, l’azienda succitata propone ricorso per cassazione. La responsabilità nel contratto di appalto. Sul punto il Supremo Collegio ricorda che unico responsabile dei danni cagionati a terzi nel corso dei lavori è l’appaltatore di opere pubbliche, poiché i limiti della sua autonomia non fanno venir meno il suo dovere di assumere iniziative necessarie per la corretta attuazione del contrato anche a tutela dei diritti dei terzi e tuttavia la responsabilità concorrente e solidale dell’amministrazione committente non può essere esclusa quando il fatto dannoso sia stato posto in essere in esecuzione del progetto da essa approvato , mentre la responsabilità esclusiva di tale soggetto sussiste nel caso in cui questi abbia vincolato l’attività dell’appaltatore, così da neutralizzare completamente la sua libertà di decisione . Nel caso in esame non hanno trovato corretta applicazione tali principi in quanto si è escluso che il comportamento dell’ANAS per aver approvato un progetto esecutivo riconosciuto come inadeguato possa considerarsi concausa dell’evento dannoso, per il riconoscimento della sua concorrente responsabilità con l’appaltatore. Per queste ragioni la Suprema Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 8 maggio – 22 agosto 2018, n. 20942 Presidente Giancola – Relatore Lamorgese Fatti di causa La Corte d’appello de L’Aquila, con sentenza del 27 febbraio 2013, ha rigettato il gravame avverso l’impugnata sentenza che aveva rigettato la domanda dell’Azienda USL di di condanna dell’ANAS al risarcimento dei danni arrecati ad un edificio di proprietà della predetta Azienda, in , corso omissis , in conseguenza dei lavori di realizzazione della variante della SS eseguiti dall’ANAS tramite un’impresa appaltatrice. Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la medesima Azienda, affidato a sei motivi, illustrati da memoria, cui si è opposto l’ANAS. Ragioni della decisione Con il primo e secondo motivo l’Azienda ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2055 c.c., della legge n. 109 del 1994 e del dPR n. n. 554 del 1999, imputa ai giudici di merito di avere escluso la responsabilità dell’ANAS, in via esclusiva o concorrente con l’impresa appaltatrice, per avere redatto un progetto esecutivo inadeguato, le cui lacune non erano sanabili dall’appaltatrice con il progetto costruttivo né tramite proposte di varianti migliorative, e per avere sottovalutato la mancata vigilanza del direttore dei lavori sull’esecuzione dei lavori, come specificamente rilevato nell’atto di appello. I motivi in esame sono fondati. La Corte territoriale ha ritenuto che il comportamento dell’ANAS, che pure aveva approvato un progetto esecutivo dei lavori inadeguato sotto vari profili tecnici, non fosse stato causa o concausa del danno, essendo assorbente la responsabilità dell’appaltatore per non avere adottato gli accorgimenti necessari ad evitare danni ai terzi, per avere redatto un progetto costruttivo che non aveva sanato le carenze del progetto esecutivo e per non avere proposto l’adozione di varianti migliorative. La giurisprudenza di legittimità ha più volte ribadito il principio secondo cui l’appaltatore di opere pubbliche è di regola da considerarsi unico responsabile dei danni cagionati ai terzi nel corso dei lavori, poiché i limiti della sua autonomia derivanti dalla obbligatorietà della nomina del direttore dei lavori e dalla intensa e continua ingerenza dell’amministrazione appaltante non fanno venir meno il suo dovere di assumere le iniziative necessarie per la corretta attuazione del contratto anche a tutela dei diritti dei terzi e tuttavia, la responsabilità concorrente e solidale dell’amministrazione committente non può essere esclusa quando il fatto dannoso sia stato posto in essere in esecuzione del progetto da essa approvato, mentre una sua responsabilità esclusiva resta configurabile solo allorquando essa abbia rigidamente vincolato l’attività dell’appaltatore, così da neutralizzare completamente la sua libertà di decisione Cass. n. 11356/2002, n. 8802/1999 . Di questi principi la sentenza impugata non ha fatto corretta applicazione nel caso in esame, avendo escluso, in astratto, che il comportamento dell’ANS per avere approvato un progetto esecutivo riconosciuto come inadeguato, e per non avere adeguatamente vigilato sull’andamento dei lavori, possa considerarsi concausa dell’evento dannoso, ai fini del riconoscimento della sua responsabilità concorrente con l’appaltatore. In relazione ai suddetti motivi, la sentenza impugnata è quindi cassata, essendo gli altri motivi assorbiti, con rinvio alla Corte territoriale per un nuovo esame. P.Q.M. La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso e dichiara assorbiti gli altri cassa, in relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello de L’Aquila, in diversa composizione, anche per le spese.