Notizia diffamatoria nell’archivio online del quotidiano: il risarcimento prescinde dalla data di pubblicazione

Pronunciandosi sulla richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale subito da un uomo per la permanenza online della notizia del suo arresto, la Corte d’Appello ha erroneamente diminuito la cifra liquidata in prime cure in ragione del solo fatto che la notizia risaliva ad oltre 10 anni prima.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16908/18, depositata il 27 giugno. Il fatto. Il Tribunale di Milano condannava il gestore del sito internet di un noto quotidiano al risarcimento del danno non patrimoniale subito dall’attore per la permanenza online della notizia del suo arresto al quale era poi seguita l’assoluzione. L’articolo giornalistico pubblicato era peraltro già stato riconosciuto come diffamatorio dalla Corte d’Appello di Milano. Provvedendo sul gravame, la Corte territoriale pur riconoscendo un non corretto trattamento dei dati personali in relazione all’art. 11 d.lgs. n. 196/2003 , ha però ridotto la cifra liquidata a favore dell’attore in relazione al più limitato periodo di tempo in cui la notizia rimase online. Questi ricorre dunque in Cassazione. Il fatto lesivo. Il ricorso è inammissibile laddove afferma che la pubblicazione della notizia nell’archivio andasse fatta risalire alla data di creazione dell’archivio stesso che coinciderebbe con quella della realizzazione del sito internet. La censura non coglie infatti la ratio decidendi adottata dalla sentenza impugnata sul punto, né deduce elementi probatori sufficienti. Tra le altre censure, il ricorrente lamenta che la Corte d’Appello non ha tenuto conto dell’oggetto della notizia. Il motivo è infondato poiché, afferma il Collegio, il fatto lesivo dedotto a fondamento dell’azione risarcitoria è unico, ancorchè articolato nelle due modalità dell’archiviazione della notizia dell’arresto e dell’articolo di stampa, e non può ritenersi che, svolgendo alcune deduzioni in ordine all’articolo, la [società convenuta] abbia voluto escludere dall’oggetto dell’impugnazione che riguardava l’unitaria pronuncia risarcitoria la valutazione della notizia dell’arresto . Liquidazione del danno. In riferimento invece alla riduzione della cifra liquidata in sede di prime cure, la Cassazione non condivide la motivazione addotta dalla sentenza d’appello che si fondava sul presupposto per cui l’articolo fosse consultabile integralmente solo dagli abbonati, mentre il titolo – che riportava il nome del ricorrente e la notizia dell’arresto – era invece accessibile a chiunque accedesse all’archivio online. La sentenza impugnata valorizza inoltre il fatto che la notizia risaliva a più di 10 anni prima e poteva comunque essere conosciuta solo con una ricerca mirata non essere immediatamente percepibile dall’utente. Così facendo la Corte territoriale ha però trascurato il fatto che tramite appunto una ricerca mirata, anche con il solo nome del ricorrente, la notizia poteva in qualunque momento tornare ad avere capacità offensiva. Ne consegue che l’elemento della risalenza nel tempo della notizia è privo di oggettività idonea a determinare una riduzione del risarcimento e che la decisione risulta priva, sul punto, di adeguata base logica . Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso limitatamente al profilo della liquidazione del danno e cassa con rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 20 aprile – 27 giungo 2018, n. 16908 Presidente / Relatore Sestini Fatti di causa Il Tribunale di Milano condannò la RCS Mediagroup s.p.a., quale gestore del sito internet del quotidiano omissis , a risarcire a S.F. il danno non patrimoniale dal medesimo subito per la permanenza sul predetto sito della notizia del suo arresto avvenuto nell’anno 1994 e di un articolo di stampa a firma P.M. del omissis il cui contenuto era stato ritenuto diffamatorio con sentenza confermata dalla Corte di Appello di Milano nell’anno 2003 , in relazione ai quali l’attore aveva lamentato l’omessa rimozione o, comunque, la mancanza di un aggiornamento che desse conto dell’avvenuta assoluzione il Tribunale ritenne dimostrato in via presuntiva che la permanenza sul sito della notizia e dell’articolo avesse provocato lesioni di diritti costituzionalmente garantiti all’immagine, alla reputazione personale e professionale, alla vita di relazione per le quali ritenne congruo un risarcimento di 30.000,00 Euro escluse, invece, che fosse risultato provato il lamentato danno biologico. Provvedendo sul gravame principale del S. e su quello incidentale della RCS, la Corte di Appello di Milano ha ritenuto che la società convenuta non avesse trattato correttamente i dati personali dell’attore in relazione alla previsione dell’artt. 11 D. Lgs. n. 196/2003, che impone che i dati siano completi, esatti e, se necessario, aggiornati , ma ha ritenuto che il risarcimento, da rapportare al solo periodo 2006/2008, dovesse essere ridotto all’importo di 6.000,00 Euro in moneta attuale . Ha proposto ricorso per cassazione il S. affidandosi a cinque motivi ancorché numerati fino al sesto, con omissione del terzo , illustrati da memoria ha resistito l’intimata con controricorso. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 167, 183, VI co., 132 n. 4, 345, co. 3, c.p.c. dell’art. 2697 c.c. è, in parte inammissibile e, per il resto, infondato. Inammissibile nella parte in cui mira a ribadire che la pubblicazione nell’archivio era stata anteriore all’anno 2006 e risaliva al 1998, identificando la data di creazione del sito con quella di attivazione dell’archivio, senza tuttavia contestare adeguatamente la ratio decidendi che è invece basata sul rilievo della non coincidenza fra realizzazione del sito internet e avvio dell’archivio on line. Infondato laddove deduce genericamente violazioni in iure sull’assunto di una non contestazione da parte della convenuta che è stata correttamente esclusa dalla Corte proprio in considerazione della scissione temporale fra la formazione del sito e quella dell’archivio e del fatto che difettavano elementi per ritenere che la non contestazione della convenuta riguardasse anche la data di inserimento della notizia e dell’articolo nell’archivio. Va escluso, inoltre, che la non contestazione possa essere desunta dal fatto che la convenuta non abbia svolto osservazioni in ordine al capitolo di prova testimoniale concernente la circostanza che già nell’anno 2003 tale prof. Po. avesse avuto accesso alla notizia consultando l’archivio della R.C.S. la non contestazione rilevante ai sensi dell’art. 115, 1 co. c.p.c. va infatti rapportata alle allegazioni assertive della controparte che, in quanto non contestate, restano escluse dal thema probandum e non invece al contenuto dei capitoli di una prova testimoniale che in tanto potranno assurgere a elemento di prova in quanto vengano ammessi e siano confermati dal teste , pervenendosi altrimenti al risultato inaccettabile di desumere elementi di prova da capitoli non ammessi o -come nel caso finanche rinunciati, con un ribaltamento dell’onere della prova non giustificato dalla previsione dell’art. 115 c.p.c Va escluso, infine, che sussista la indispensabilità del documento relativo alla creazione del sito internet, tale da consentirne l’acquisizione in grado di appello, non risultando che lo stesso contenesse elementi decisivi circa l’epoca di pubblicazione della notizia e dell’articolo nell’archivio. 2. Il secondo motivo violazione dell’art. 132 n. 4, 115 e 116, 2 co. c.p.c., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio deduce che la motivazione è apparente e prescinde dal contenuto della notizia liberamente consultabile nel sito che, seppure qualificata impropriamente come titolo , conteneva l’indicazione del nome del S. e la notizia del suo arresto e costituiva essa stessa una parte dell’articolo, trascritto in termini e con modalità tali da allettare il lettore e da spingerlo ad approfondire la ricerca sul sito. Il motivo è inammissibile, in quanto basato sull’assunto indimostrato che la Corte non abbia avuto presente l’effettivo contenuto della notizia, che – peraltro non era rilevante in sé, ma per il fatto che mancava di aggiornamento e completezza. 3. Col terzo motivo indicato come quarto , il S. denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. e assume che la Corte ha violato il principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato per avere tenuto conto dell’oggetto della notizia, anziché -secondo la prospettazione dell’appellante incidentale del fatto che la consultazione dell’articolo di stampa non fosse accessibile a chiunque. Il motivo è infondato, in quanto il fatto lesivo dedotto a fondamento dell’azione risarcitoria è unico, ancorché articolato nelle due modalità dell’archiviazione della notizia dell’arresto e dell’articolo di stampa, e non può ritenersi che, svolgendo deduzioni in ordine all’articolo, la R.C.S. abbia voluto escludere dall’oggetto dell’impugnazione che riguardava l’unitaria pronuncia risarcitoria la valutazione della notizia dell’arresto. 4. Il quarto e il quinto motivo indicati come quinto e sesto denunciano -rispettivamente la violazione dell’art. 115 c.p.c. e la violazione errata interpretazione o mancata applicazione degli artt. 2043, 2059, 1226, 2056 c.c. . nonché violazione dell’art. 132 n. 4, per insussistente=apparente motivazione e dell’art. 115 c.p.c., per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio il ricorrente lamenta che la Corte, pur riconoscendo spazio all’utilizzo di elementi presuntivi effettuato dal primo giudice, abbia finito per disattenderli, col ridurre il quantum acriticamente alla miserrima somma di Euro 6.000,00 aggiunge -con l’ultimo motivo che, nella quantificazione del danno, la Corte si affida ad un’affermazione che, per essere apodittica e non consentire alcuna verifica e riscontro, non può costituire quella motivazione pure richiesta dal nostro sistema positivo . I due motivi -che possono essere esaminati congiuntamente in quanto attinenti entrambi alla misura del risarcimento risultano fondati nei termini che seguono. La Corte ha considerato -per un verso che, sebbene il testo dell’articolo fosse consultabile solo dagli abbonati, il titolo -che riportava il nome del S. e la notizia del suo arresto era accessibile a chiunque consultasse l’archivio on line del giornale, e per altro verso che la notizia, risalente a più di dieci anni prima, non era immediatamente percepibile ed accessibile da qualsiasi lettore, come accade invece per l’edizione cartacea, e poteva essere conosciuta solo a seguito di una ricerca mirata ciò premesso, valutata complessivamente la vicenda e tenuto conto del perimetro di illiceità della condotta e della diffusività del mezzo nonché dei criteri equitativi usualmente adottati dalla stessa Corte territoriale nelle ipotesi di diffamazione da seguire come linee guida , ha stimato congruo ridurre la liquidazione del danno a 6.000,00 Euro, in moneta attuale. La Corte ha dunque riconosciuto la lesività della notizia, ma ha ritenuto di attribuire valenza riduttiva del danno alla circostanza che la notizia fosse datata e non fosse percepibile da qualunque lettore come nel caso del giornale cartaceo , bensì soltanto da chi avesse fatto una ricerca mirata ha trascurato tuttavia di considerare che, effettuata l’interrogazione mirata dell’archivio on line sulla persona del S. , il sistema metteva a disposizione la notizia del suo arresto e che questa aveva capacità offensiva attuale, a prescindere dalla circostanza che si trattasse di notizia risalente a oltre dieci anni prima, tanto più che la ricerca non doveva necessariamente essere rivolta alla notizia ormai remota, ma al nominativo del S. dal che consegue che l’elemento della risalenza della notizia su cui poggia almeno in parte la disposta riduzione del risarcimento è priva di oggettiva idoneità a determinare un siffatto esito e che la decisione risulta priva, sul punto, di adeguata base logica. Sotto altro profilo, deve osservarsi che, per quanto la liquidazione equitativa del danno sia inevitabilmente sottratta -nella presente materia alla necessità di una giustificazione puntuale dei valori economici liquidati, la Corte di merito non avrebbe potuto limitarsi a sottolineare l’esigenza di una parità di trattamento e a richiamare genericamente i criteri equitativi usualmente utilizzati da questa Corte nelle ipotesi della diffamazione da adottare, seppure solo quali linee guida , senza precisare in quali termini l’importo liquidato fosse conforme agli anzidetti criteri e tale da assicurare la parità di trattamento anche alla luce della peculiarità del caso, non riconducibile propriamente ad un danno da diffamazione al riguardo la motivazione risulta pertanto apparente e, come tale, non idonea a palesare le ragioni che la sostengono. La sentenza va dunque cassata sul punto, con rinvio alla Corte territoriale per una nuova valutazione in ordine all’importo del danno da risarcire al S. . 5. La Corte di rinvio provvederà anche sulle spese di lite. P.Q.M. La Corte, rigettati i primi tre motivi, accoglie gli ultimi due, cassa in relazione e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione.