Gli interessi compensativi devono ritenersi implicitamente inclusi nell’originario petitum della domanda risarcitoria da fatto illecito

Ai fini dell'integrale risarcimento del danno non patrimoniale, che è debito di valore, occorre riconoscere sia la rivalutazione monetaria, che attualizza al momento della liquidazione il danno subito, sia gli interessi compensativi, volti a compensare la mancata disponibilità di tale somma fino al giorno della liquidazione stessa.

Così la Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, con la sentenza n. 16815/18, depositata il 26 giugno. Le pronunce di primo e secondo grado. Il caso concreto oggetto della pronuncia è afferente ad un sinistro stradale in occasione del quale una vettura si era scontrata con un autocarro, in transito sulla carreggiata con opposto senso di marcia, ed in merito alla cui responsabilità il Tribunale in primo grado accertava la colpa paritaria dei due conducenti, quantificando il danno sofferto dai tre attori ed escludendo, però, la debenza degli interessi sulle somme risultate dovute a titolo di risarcimento. Era così che gli attori ricorrevano in appello lamentando, oltre al resto, il malgoverno delle prove acquisite da parte del primo giudice, la violazione dell'art. 2054, comma 2, c.c., censurando anche la riduzione del 50% della somma risarcitoria, in virtù della accertata corresponsabilità nella verificazione dell’incidente, e la disposta compensazione delle spese di giudizio. La Corte di Appello competente, in parziale accoglimento del gravame, accertava la responsabilità per il sinistro di cui si discorre nella misura del 80% a carico del conduttore dell'autocarro e del solo 20% a carico dell'appellante, condannando gli eredi del primo e l'assicurazione al pagamento delle somme integrative. A tale giudizio la Corte Territoriale perveniva, a seguito della ricostruzione dei fatti effettuata sulla base delle prove testimoniali rese dai carabinieri intervenuti sul luogo dell'incidente, valutando preponderante la responsabilità del conducente dell'autocarro per avere quest'ultimo invaso l'opposta corsia di marcia, non osservando una velocità adeguata alle circostanze di tempo e di luogo, e comunque ritenendo sussistente, sia pure in misura assai più contenuta, la responsabilità del conducente della vettura, per non aver tenuto strettamente la propria destra, tenuto conto della larghezza della corsia di marcia. Ma anche avverso tale decisione viene proposto ricorso in Cassazione dai richiedenti il risarcimento dei danni. Gli interessi sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno. Tra i motivi dell'impugnativa vi era quella afferente alla mancata decisione della Corte Territoriale sulla domanda di riconoscimento degli interessi legali sulla somma risarcitoria dalla data del sinistro, interessi negati in primo grado e nuovamente richiesti in sede di gravame. I ricorrenti, in particolare, ricordano il principio espresso più volte dalla Suprema Corte secondo cui, nei debiti di valore, gli interessi non costituiscono un autonomo diritto del creditore ma svolgono una funzione compensativa tendente a reintegrare il patrimonio del danneggiato, per cui la loro attribuzione costituisce una vera modalità o tecnica liquidatoria del danno, alla quale il giudice può provvedere anche d'ufficio ed in grado di appello, pur se non specificamente richiesto, atteso che tali interessi devono ritenersi compresi nell’originario petitum della domanda risarcitoria, ove non siano stati espressamente esclusi. In ordine a tale motivo, la Suprema Corte ribadisce che costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che gli interessi sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno da fatto illecito hanno fondamentalmente natura diversa da quelli moratori, perché sono rivolti a compensare il pregiudizio derivante al creditore dal ritardato conseguimento dell'equivalente pecuniario del danno subìto, di cui costituiscono una necessaria componente. Dunque, si deve ritenere, di conseguenza, che nella domanda di risarcimento del danno per fatto illecito è implicitamente inclusa la richiesta di riconoscimento degli interessi compensativi, che il giudice di merito, anche in grado di appello od in sede di giudizio di rinvio, deve attribuire anche d'ufficio, senza perciò solo incorrere nel vizio di ultra-petizione. Ne deriva che la impugnazione della decisione di primo grado, soprattutto nel caso di specie dove c'era stata esplicita domanda in tal senso, deve considerarsi estesa anche al computo degli interessi e consente, quindi, al giudice dell'appello o del rinvio di procedere alla loro liquidazione, anche in difetto di un puntuale rilievo sulle modalità di liquidazione prescelte dal giudice precedente, ogni qualvolta sia stato impugnato il capo della sentenza contenente la liquidazione del danno, rispetto alla quale la liquidazione degli interessi costituisce una mera tecnica liquidatoria. La decisione. Per questi motivi, in conclusione, gli Ermellini riconoscono ai ricorrenti anche il risarcimento del mancato guadagno provocato dal ritardato pagamento della somma dovuta a titolo di risarcimento, la cui sussistenza può essere riconosciuta dal giudice mediante criteri presuntivi e di equità, quale l'attribuzione degli interessi ad un tasso stabilito valutando tutte le circostanze oggettive e soggettive che, nel caso di specie, in difetto di elementi sintomatici di un più esteso danno da ritardato pagamento, deve essere individuato nel tasso legale. Infine - soggiunge la Suprema Corte - come da consolidata giurisprudenza, si deve ricordare che tali interessi non devono essere calcolati dalla data dell’illecito sulla somma liquidata per il capitale definitivamente rivalutato, ma vanno determinati con riferimento ai singoli momenti, da stabilirsi in concreto, secondo le circostanze del caso, con riguardo ai quali la ‘somma equivalente al bene perduto’ si incrementa nominalmente, in base ai prescelti indici di rivalutazione monetaria, ovvero in base ad un indice medio. Nella specie, pertanto, viene stabilito che gli interessi compensativi sulla somma dovuta ai ricorrenti, come liquidata dal giudice di merito, dovranno essere calcolati al tasso legale dalla data del sinistro, sulla somma devalutata e, quindi, via via rivalutata anno per anno, considerando -altresì- le eventuali somme già versate.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 26 marzo – 26 giugno 2018, n. 16815 Presidente Travagliano – Relatore D’Ovidio Fatti di causa Con sentenza n. 46 del 19/3/2010 il Tribunale di Bari, sezione distaccata di Bitonto, accoglieva parzialmente la domanda risarcitoria proposta da C.L. , N.G. e N.A. nei confronti degli odierni intimati per sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti a causa del sinistro stradale avvenuto il 16/10/1999, allorché la vettura condotta dalla C. si scontrava con l’autocarro, in transito sulla carreggiata con opposto senso di marcia, condotto da Se.Fi. e di proprietà di S.F. , assicurato con la Piemontese assicurazioni s.p.a In particolare, il Tribunale accertava la responsabilità paritaria dei due conducenti e, quantificato il danno sofferto dagli attori, lo liquidava escludendo però la debenza degli interessi sulle somme risultate dovute a titolo di risarcimento. Avverso tale sentenza proponeva appello solo L. C. , con atto notificato nel luglio 2010, lamentando il malgoverno delle prove acquisite da parte del primo giudice e la violazione dell’art. 2054, comma 2, c.c. inoltre, pur aderendo alla quantificazione del danno subito in Euro 483.621,31, riteneva ingiusta la riduzione al 50% di tale somma, chiedendone l’integrale attribuzione e, infine, censurava la disposta compensazione delle spese di primo grado. Con sentenza n. 790/2015, pubblicata il 21 maggio 2015, la Corte di appello di Bari, in parziale accoglimento del gravame, accertava la responsabilità per il sinistro del 16/10/1999 a carico dell’appellante C. nella misura del 20% e di Se.Fi. nella misura dell’80%, condannando gli eredi di quest’ultimo, nonché S.F. anche in proprio e la società Italiana Assicurazioni s.p.a. già La Piemontese Assicurazioni s.p.a. al pagamento delle somme indicate in motivazione nella percentuale così accertata. Condannava i medesimi appellati al pagamento in solido dei due terzi delle spese dei due gradi di giudizio. Confermava nel resto l’impugnata sentenza. A tale giudizio la Corte territoriale perveniva, a seguito della ricostruzione dei fatti effettuata sulla base delle prove testimoniali rese dai carabinieri intervenuti sul luogo del sinistro, valutando preponderante la responsabilità del conducente dell’autocarro, per aver quest’ultimo invaso l’opposta corsia non osservando una velocità di marcia adeguata alle circostanze di tempo e di luogo, e ritenendo comunque sussistente, sia pure in misura assai più contenuta, la responsabilità della C. , per non avere ella tenuto strettamente la propria destra, tenuto conto della larghezza della corsia di marcia. Avverso tale decisione propone ricorso la C. sulla base di quattro motivi. Gli intimati non hanno depositato controricorso. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso è prospettata la violazione dell’art. 112 per omesso esame della richiesta di riconoscimento degli interessi sulle somme liquidate in relaione all’art. 360 n. 3 c.p.c.”. Lamenta la ricorrente che la Corte territoriale, nel riformare la sentenza di primo grado modificando la percentuale di responsabilità rispettivamente ascrivibile alle parti stabilita nella misura dell’80% a carico di Se.Fi. e nella misura del 20% a carico della C. , aveva riconosciuto all’appellante la sorte capitale come quantificata dal primo giudice e non contestata, senza però esprimersi sulla domanda di riconoscimento degli interessi su tale somma dalla data del sinistro, interessi negati in primo grado e nuovamente richiesti in sede di gravame. Ciò, si legge nell’illustrazione del motivo, in violazione del principio espresso dalla Suprema Corte secondo il quale, nei debiti di valore, gli interessi non costituiscono un autonomo diritto del creditore, ma svolgono una funzione compensativa tendente a reintegrare il patrimonio del danneggiato, sicché la loro attribuzione costituisce una mera modalità o tecnica liquidatoria del danno, alla quale il giudice può provvedere anche d’ufficio ed in grado d’appello, pur se non specificamente richiesta, atteso che tali interessi devono ritenersi compresi nell’originario petitum della domanda risarcitoria, ove non siano stati espressamente esclusi in proposito la ricorrente richiama Cass., sez. 3, 26/5/2014 n. 111687 e Cass., sez. 2, 30/3/2012, n. 5144 . 1.2. Il motivo è fondato. Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che gli interessi sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno da fatto illecito hanno fondamento e natura diversi da quelli moratori, in quanto sono rivolti a compensare il pregiudizio derivante al creditore dal ritardato conseguimento dell’equivalente pecuniario del danno subito, di cui costituiscono, quindi, una necessaria componente, e che, conseguentemente, nella domanda di risarcimento del danno per fatto illecito è implicitamente inclusa la richiesta di riconoscimento degli interessi compensativi, che il giudice di merito, anche in grado di appello o in sede di giudizio di rinvio, deve attribuire anche d’ufficio, senza per ciò solo incorrere nel vizio di ultrapetizione Cass. 14/06/2016, n. 12140, Rv. 640243 - 01 Cass., sez. 1, 17/09/2015, n. 18243, Rv. 636751 - 01 . Ne deriva che l’impugnazione della decisione di primo grado deve considerarsi estesa anche al computo degli interessi e consente, quindi, al giudice dell’appello o del rinvio di procedere alla loro liquidazione, anche in difetto di un puntuale rilievo sulla modalità di liquidazione prescelta dal giudice precedente, ogni qualvolta sia stato impugnato il capo della sentenza contenente la liquidazione del danno, rispetto alla quale la liquidazione degli interessi costituisce una mera tecnica liquidatoria Cass. sez. 3, 18/07/2011, n. 15709, Rv. 619503 - 01 Cass. Se. U, 05/04/2007, n. 8520, Rv. 596803 01 . Nel caso in esame, non solo la C. ha impugnato la sentenza di primo grado in relazione alla graduazione delle responsabilità riconosciuta dal primo giudice in misura paritaria tra i conducenti , alla conseguente riduzione al 50% del danno liquidato in suo favore ed alla disposta compensazione delle spese in primo grado, ma ha anche esplicitamente riproposto la domanda di condanna al risarcimento del danno chiedendo, nelle conclusioni formulate in appello riportate a p. 6 del ricorso , che sulla sorte capitale, siccome quantificata dal primo giudice, fossero calcolati, oltre ai danni da svalutazione monetaria, anche gli interessi compensativi sulle somme devalutate e rivalutate annualmente dal dì del sinistro sino alla liquida ione ed interessi leali sino al soddisfo . La Corte territoriale, tuttavia, ha omesso qualsiasi statuizione sul punto, così violando l’art. 112 c.p.c 2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione degli arti. 2043, 2056,1223 e 1219, II comma n. 1, c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. . Deduce la ricorrente che la Corte d’appello, dopo aver rivisitato la percentuale di responsabilità dei due conducenti coinvolti nel sinistro ed aver conseguentemente adeguato a tale percentuale le somme dovute all’appellante, ha così disposto conferma nel resto l’impugnata sentenza . Tale ultima statuizione, ove si dovesse ritenere come un implicito rigetto della richiesta degli interessi, sarebbe ingiusta per violazione di legge e contraria ai principi espressi dalla Suprema Corte in tema di liquidazione degli interessi nelle obbligazioni di valore, qual è quella relativa al risarcimento del danno derivante da fatto illecito sul punto la ricorrente richiama copiosa giurisprudenza di legittimità, tra cui Cass. 17/2/1995 n. 1712 Cass. 12/6/1998 n. 5908 Cass. 17/9/2003 n. 13666 Cass. sez. 3, 19/3/2014 n. 6347 Cass., sez. 1, 25/2/2015 n. 3802 . Infatti, il giudice di prime cure avrebbe violato tali principi laddove ha negato il riconoscimento degli interessi affermando che all’uopo occorre che il danneggiato alleghi e provi che - se avesse ricevuto subito le somme a titolo di risarcimento - ne avrebbe fatto un uso avente una rimuneratività maggiore del tasso di rivalutazione, che in sostanza se avesse disposto subito della somma avrebbe - al momento della sentenza - una somma maggiore di quella rivalutata riconosciutagli in sentenza. Nel caso in esame alcuna prova in tal senso è stata fornita dagli attori, la richiesta di liquidazione degli interessi va perciò rigettata . 2.1. Le questioni poste da tale motivo restano assorbite dall’accoglimento del primo. 3. Con il terzo motivo di ricorso è prospettata la violazione dell’art. 2054, comma 1, c.c., laddove nella sentenza non si riconosca che la ricorrente aveva fornito la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno e, comunque, di aver dimostrato che la sua condotta di guida era del tutto indifferente nella causazione del sinistro, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. . Nell’illustrazione del motivo si sostiene che la C. avrebbe fornito piena prova in ordine alla propria estraneità all’evento sul piano causale e che ciò si evincerebbe dagli atti di causa, dei quali la ricorrente offre una lettura diversa da quella ricostruita nella sentenza, all’uopo richiamando il rapporto dei carabinieri, le prove testimoniali ed il verbale dei rilevamenti tecnici. 3.1 Il motivo è inammissibile. Invero, nessuna violazione dell’art. 2054, comma 1, c.c. è stata prospettata nel motivo, il quale si risolve in una diversa ricostruzione del sinistro, alla quale la ricorrente perviene attraverso una propria valutazione delle risultanze processuali, per inferirne, infine, la sussumibilità dei fatti così ricostruiti nell’ipotesi di esclusione della responsabilità prevista dalla norma citata. La ricorrente, dunque, pur deducendo apparentemente una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, sostanzialmente tentando di realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito Cass. 4/4/2017, n. 8758, Rv. 643690 - 01 . Con il ricorso per cassazione, infatti, la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità Cass., sez. 6-5, 7/12/2017, n. 229404, Rv. 646976 - 01 . 4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. laddove nella sentenza viene omesso l’esame di tutto il rapporto redatto dai carabinieri e della successiva prova per testi degli stessi verbalizzanti, in relazione all’art. 360, n. 5 . Secondo la prospettazione della ricorrente, la Corte territoriale la sentenza impugnata sarebbe viziata in quanto non è stato valutato l’esito delle prove orali ed il rapporto dei carabinieri realizzato nell’immediate del sinistro . Il motivo prosegue esaminando tali prove e traendone la conclusione che la signora C. avrebbe anche fornito la prova liberatoria prevista dall’art. 2054 c.c., risultando pertanto totalmente estranea all’evento sul piano causale. 4.1 Anche il quarto motivo è inammissibile. In primo luogo, è opportuno ricordare che la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., relativi alla valutazione delle prove, è apprezzabile in sede di ricorso per cassazione nei limiti del vizio di motivazione consentiti dall’art. 360, comma 1, numero 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità Cass., sez. 2, 30/11/2016, n. 24434, Rv. 642202 - 01 . Deve altresì evidenziarsi che il citato art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella sua nuova formulazione, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia . Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c., il ricorrente deve indicare il fatto storico , il cui esame sia stato omesso, il dato , testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività cfr. S.U. 7/4/2014, n. 8053, Rv. 629831 - 01 . Nella specie la ricorrente si è limitata ad una generica ricostruzione della dinamica del sinistro diversa da quella operata nella sentenza impugnata, senza indicare specificamente il fatto storico che non sarebbe stato considerato, né il dato dal quale esso risulterebbe esistente, e neppure il come ed il quando lo stesso sarebbe stato oggetto di discussione tra le parti. In ogni caso, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie Cass. S.U. 7/4/2014, n. 8053, citata . Ne discende l’inammissibilità del motivo anche alla luce della motivazione della sentenza impugnata, la quale ha analiticamente preso in esame il fatto della condotta della C. e, precisamente il non avere ella tenuto strettamente la propria destra, tenuto conto della larghezza della corsia di marcia , all’uopo ripercorrendo le testimonianze rese dai carabinieri A. e P. , testualmente riportate nella stessa motivazione. Quanto al rapporto, quest’ultimo risulta comunque esaminato attraverso le deposizioni dei verbalizzanti, i quali, peraltro, lo hanno confermato rettificando però un mero errore grafico in esso presente e provvedendo ad emendarlo nel corso della stessa udienza di assunzione della testimonianza, mediante apposizione della relativa indicazione direttamente sulla copia della rappresentazione grafica dei rilievi a suo tempo eseguiti. Deve pertanto concludersi che tutte le risultanze istruttorie sono state oggetto di valutazione da parte del giudice di appello, ivi compreso, sia pure indirettamente tramite i suoi verbalizzanti, il rapporto redatto in occasione del sinistro. Peraltro, sotto ulteriore profilo va rilevato che il mancato esame di tale documento avrebbe potuto essere denunciato in questa sede solo se avesse determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, se avesse potuto offrire la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, in modo da privare di fondamento la ratio decidendi della sentenza impugnata. Ne consegue che la denuncia di tale omissione avrebbe dovuto contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa Cass., sez. 6-5, 28/9/2016, n. 19150, Rv. 641115 - 01 tale indicazione non è stata in alcun modo fornita dalla ricorrente, la quale non ha precisato come il rapporto di cui si discorre avrebbe potuto certamente consentire al giudice di superare la valutazione cui è pervenuto in base alle deposizioni testimoniali rese dai carabinieri. 6. In conclusione, devono essere dichiarati inammissibili il terzo e quarto motivo di ricorso ed accolto il primo, restando assorbito il secondo. 6.1 In relazione all’accoglimento del primo motivo non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, sicché la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma 2, c. p. c., in quanto ciò è consentito non soltanto nel caso di violazione o falsa applicazione di norme sostanziali, ma anche nel caso in cui il suddetto vizio attenga, come nella specie, a norme processuali Cass. 20/10/2017, n. 24866, Rv. 645974 - 01 Cass. 29/03/2006, n. 7144, Rv. 590899 - 01 . Invero, nella specie la liquidazione del danno non patrimoniale effettuata dal giudice di primo grado non comprendeva gli interessi compensativi correlati ex Cass. S.U., 17 febbraio 1995 n. 1712, Rv. 490480 - 01 alla compensazione del pregiudizio subito dal danneggiato per la mancata tempestiva disponibilità della somma dovuta dal momento in cui questa doveva essergli messa a disposizione in poi la relativa richiesta è, stata, infatti, espressamente rigettata dalla sentenza n. 46/2010 del Tribunale di Bari, sul rilievo che per il riconoscimento degli interessi occorre che il danneggiato alleghi e provi che - se avesse ricevuto subito la somma a titolo di risarcimento - ne avrebbe fatto un uso avente una remuneratività maggiore del tasso di rivalutazione . . Tale statuizione non è conforme all’orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio, a mente del quale, ai fini dell’integrale risarcimento del danno non patrimoniale, che costituisce debito di valore, occorre riconoscere al danneggiato sia la rivalutazione monetaria che attualizza al momento della liquidazione il danno subito, sia gli interessi compensativi, volti a compensare la mancata disponibilità di tale somma fino al giorno della liquidazione del danno Cass. 10 giugno 2016, n. 11899, Rv. 640204 - 01 . Non sussiste, quindi, alcuna incompatibilità fra valutazione all’attualità del danno non patrimoniale e il riconoscimento degli interessi compensativi, che sono volti a ristorare il diverso pregiudizio che l’avente diritto abbia subito per la ritardata percezione del suo credito. Tali interessi potrebbero essere anche essere assorbiti nella liquidazione del danno non patrimoniale effettuata dal giudice di merito alla stregua dei valori monetari al tempo della decisione, ma occorre che tale inclusione sia frutto di valutazione e che di tale valutazione il giudice di merito faccia una chiara ed in equivoca esplicitazione v. Cass. 23 luglio 2002 n. 10251, Rv. 556117 - 01 . Nella specie, non solo tale inclusione non è stata esplicitata, ma è stata espressamente esclusa dalla statuizione di primo grado, sulla quale il giudice di appello ha a sua volta omesso di pronunciarsi. Deve pertanto riconoscersi alla ricorrente anche il risarcimento del mancato guadagno provocato dal ritardato pagamento della somma dovutale a titolo di risarcimento, la cui sussistenza può essere riconosciuta dal giudice mediante criteri presuntivi ed equitativi, quale l’attribuzione degli interessi, ad un tasso stabilito valutando tutte le circostanze obiettive e soggettive del caso che, nella specie, in difetto di elementi sintomatici di un più esteso danno da ritardato pagamento, deve essere individuato nel tasso legale. Come da consolidata giurisprudenza di questa Corte, tali interessi non devono essere calcolati dalla data dell’illecito sulla somma liquidata per il capitale definitivamente rivalutata, ma vanno determinati con riferimento ai singoli momenti da stabilirsi in concreto, secondo le circostanze del caso con riguardo ai quali la somma equivalente al bene perduto si incrementa nominalmente, in base ai prescelti indici di rivalutazione monetaria, ovvero in base ad un indice medio Cass. S.U., 17 febbraio 1995 n. 1712, cit. . Nella specie, pertanto, gli interessi compensativi sulla somma dovuta alla ricorrente, come liquidata dal giudice di merito, dovranno essere calcolati, al tasso legale, dalla data del sinistro, sulla somma prima devalutata e, quindi, via via rivalutata anno per anno, considerando altresì le eventuali somme già versate ex multis, Cass. 3 marzo 2009, n. 5054, Rv. Rv. 606995 - 01 Cass. 3 agosto 2010, n. 18028, Rv. 614475 - 01 Cass. 10 aprile 2018 n. 8766 con specifico riferimento ai criteri di calcolo nell’ipotesi in cui siano stati versati degli acconti, Cass. 31 ottobre 2017, Rv. 646459 - 03 . La sentenza impugnata va quindi cassata in relazione al motivo accolto e decisa nel merito nel senso indicato, ferme le altre statuizioni. 7. Nulla deve essere disposto in ordine alle spese del presente grado, che l’accoglimento solo parziale del ricorso e le incertezze giurisprudenziali relative alla questione accolta renderebbero equo compensare, non avendo le parti intimate resistito con controricorso. P.Q.M. La Corte, dichiara inammissibile il terzo ed il quarto motivo di ricorso. Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna i soccombenti indicati nella sentenza impugnata, in solido tra loro, al pagamento degli interessi compensativi, da calcolarsi al tasso legale, sulle somme come liquidate dalla sentenza n. 790/2015 della Corte di appello di Bari, previa devalutazione e rivalutazione annuale dal dì del sinistro al pagamento effettivo, tenendo conto degli eventuali acconti corrisposti, come indicato in motivazione.