La domanda di garanzia può essere fatta in autonomo giudizio solo se il garantito è già stato condannato

Se è vero che il codice di procedura civile consente, in deroga alla regola della necessaria attualità dell'interesse ad agire, la chiamata in garanzia del terzo, qualora tale domanda venga svolta in un autonomo giudizio, affinché sussista l'interesse ad agire occorre che l'assicurato sia stato condannato a risarcire il danno.

Così ha deciso il Tribunale di Palermo, Terza Sezione Civile, nella sentenza n. 1928/18 del 19 aprile 2018. Il caso. A seguito del rigetto, per tardività dell'istanza di differimento dell'udienza per la chiamata in giudizio di terzi nel procedimento avente ad oggetto il risarcimento richiesto dal conducente del motociclo uscito di strada a causa della presenza di detriti sulla carreggiata, la società convenuta in giudizio nel citato procedimento aveva promosso differente procedimento nei confronti della società che effettivamente aveva svolto i lavori nonché nei confronti della propria assicurazione. In codesto secondo procedimento veniva chiesta in rito la riunione al primo e, nel merito, la condanna della società appaltatrice a tenere indenne delle somme cui l'attrice dovesse essere tenuta a pagare a seguito della sentenza del primo procedimento. Identica domanda di manleva veniva svolta nei confronti della propria assicurazione. Entrambe le convenute eccepivano l'inammissibilità dell'azione di garanzia così proposta costituendo la stessa da un lato una riproposizione della chiamata in garanzia da cui l'attrice era caduta nel primo procedimento e dall'altra la nullità della citazione per indeterminatezza del petitum e della causa petendi . Inammissibile il tentativo di recuperare la domanda di garanzia preclusa nel primo procedimento. Il Tribunale ha accolto le ragioni delle convenute. Da un lato, infatti, ha dichiarato la nullità dell'atto introduttivo definito irrimediabilmente ed inevitabilmente carente della chiara indicazione del petitum , individuato soltanto nelle somme totali o parziali che la stessa attrice sarebbe stata chiamata a pagare al danneggiato dal quale era stata convenuta in separato giudizio . Oltretutto il tentativo di chiedere la riunione dei due procedimenti avrebbe violato i diritti di difesa delle controparti viste le preclusioni già maturate nel procedimento preventivamente in coatto. Inoltre il Tribunale ha evidenziato come vi sia un'altra ragione che osti all'accoglimento delle domande, di natura processuale. Costituisce infatti eccezione alla regola della necessaria attualità, al momento della domanda, dell'interesse ad agire in capo alla parte, la possibilità della chiamata in garanzia del terzo che deve essere effettuata, da parte del convenuto, con la comparsa di risposta nei termini e nei modi stabiliti, a pena di decadenza, dal combinato disposto degli artt. 166, 167, comma 3, e 269, comma 2, c.p.c Qualora la chiamata in garanzia venga effettuata in autonomo giudizio occorre invece che sussista già il concreto interesse ad agire, e tale interesse sorge soltanto nel momento in cui ci sia la condanna del garantito solo in questo momento, infatti, nasce e diventa esigibile l'eventuale diritto di manleva, cioè la pretesa sostanziale del soccombente di essere garantito dal terzo, e, di conseguenza, sorge in capo allo stesso soccombente l'interesse attuale ad agire in giudizio per far valere tale pretesa sostanziale di natura indennitaria . Stante l'insussistenza di un interesse ad agire attuale ne è conseguita la declaratoria di inammissibilità delle domande proposte. Da segnalare che la sentenza in commento ha fatto applicazione della recentissima sentenza della Corte Costituzionale n. 77/2018, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 92, comma 2, c.p.c. nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre gravi ed eccezionali ragioni.

Tribunale di Palermo, sez. III Civile, sentenza 19 aprile, n. 1928 Giudice Nozzetti Motivi della decisione Con l’atto introduttivo dell’odierno procedimento, SIELTE spa convenne in giudizio SIET di Mo. Ni. & amp C s.a.s e la Società Reale Mutua Assicurazioni spa esponendo di essere stata convenuta in giudizio, dinanzi al medesimo Tribunale, da tale Ga. Gu. per il risarcimento dei danni da costui subiti in occasione dell’incidente avvenuto in Palermo, in via dei Benedettini, il 6 giugno 2010, allorquando il Gu., percorrendo la strada alla guida del proprio motociclo Hyonsung targato omissis , in direzione Corso Tukory, a causa della presenza di brecciolino misto a terriccio sulla carreggiata, aveva perso il controllo del mezzo, andando ad impattare contro una transenna che delimitava il cantiere per la posa delle telecomunicazioni. Soggiunse di essersi costituita nel giudizio n. 15140/15 R.G. e di aver ivi sostenuto che i lavori erano stati commessi in appalto alla SIET sas giusta contratto di appalto del 23.1.2009, e di essere quindi estranea ai fatti lamentati dall’attore, non avendo eseguito alcuna opera sui luoghi teatro dell’incidente, e di essere quindi carente di legittimazione passiva di aver in ogni caso dedotto di essere coperta, all’epoca del sinistro, da polizza per la responsabilità civile stipulata con la Reale Mutua spa e di aver chiesto al Giudice il differimento della prima udienza al fine di chiamare in giudizio le indicate società. Dopo aver premesso che il giudice della causa aveva rigettato l’istanza di differimento dell’udienza per la chiamata in giudizio dei terzi, reputandola tardiva, chiese ordinarsi la riunione al procedimento n. 15140/15 e, nel merito, in non temuta ipotesi di condanna, nel giudizio incardinato dal sig. Gu. Ga. stante la carenza di legittimazione passiva, di essere manlevata e tenuta indenne dalla sub appaltatrice SIET di Mo. Ni. & amp C. s.a.s. per le somme totali e/o parziali alle quali che SIELTE spa venisse condannata a pagare al sig. Gu. Ga., nonché, di essere tenuta indenne e manlevata dalla compagnia assicuratrice convenuta Reale Mutua Assicurazioni per capitale, interessi e spese tutte, per le somme totali e/o parziali, alla quali che venisse condannata a liquidare al sig. Gu. Ga SIET, costituendosi in giudizio, eccepì innanzitutto la decadenza di SIELTE dall’azione di garanzia nei propri confronti e dalla chiamata in garanzia, non avendo ricevuto alcuna comunicazione relativa al sinistro asseritamente verificatosi il 6.6.2010 eccepì al contempo la prescrizione delle pretese risarcitorie della controparte e l’inammissibilità delle stesse, per carenza di interesse dell’attrice, in quanto proposte in via autonoma anteriormente alla soccombenza nel giudizio promosso dal danneggiato, restando del tutto ipotetica la condanna al risarcimento di quel danno che essa intenderebbe traslare sui garanti. Si oppose comunque alla chiesta riunione dei giudizi, essendole ormai preclusa – per colpa della controparte - la possibilità di contrastare le pretese del danneggiato. Chiese comunque di chiamare in causa Fata Assicurazioni Danni spa, che la garantiva per l’evento e il rischio dedotto nel presente giudizio con la polizza n. omissis , stipulata in Palermo il 10 marzo 2010 , al fine di essere garantita, manlevata e tenuta indenne da tutte le richieste risarcitorie nella non temuta ipotesi di soccombenza anche parziale nel presente giudizio La Società Reale Mutua di Assicurazioni eccepì, da un canto, l’inammissibilità dell’avversa azione di garanzia, costituente la surrettizia riproposizione della chiamata in garanzia dalla quale l’attrice era irrimediabilmente decaduta, dall’altra la nullità della citazione introduttiva per indeterminatezza del petitum e della causa petendi, desumibili per relationem solo dagli atti di altro giudizio, a lei ignoti perché ad esso estranea, e si oppose alla sollecitata riunione, stante l’ormai avanzato stadio processuale del giudizio preventivamente proposto. Contestò comunque la responsabilità della propria assicurata in relazione al sinistro occorso al Gu. e il diritto di quest’ultima di essere indennizzata delle spese sostenute nel giudizio principale” e in quello odierno, stante il chiaro tenore dell’art. 9 della condizioni generali di assicurazione. Ritualmente evocata si costituì anche Fata Assicurazioni spa, eccependo l’insussistenza della condizione di procedibilità della domanda nei propri confronti stante il mancato esperimento del procedimento di mediazione, la nullità dell’atto di citazione per indeterminatezza dell’oggetto della domanda e l’inoperatività della polizza professionale per violazione dell’art. 6 delle condizioni di assicurazione si associò nel merito alle difese ed eccezioni di SIET. Le domande spiegate da SIELTE spa vanno dichiarate inammissibili per un duplice ordine di ragioni. Non può innanzitutto dubitarsi della nullità dell’atto di citazione, irrimediabilmente ed inevitabilmente carente della chiara indicazione del petitum, individuato soltanto nelle somme totali o parziali che la stessa attrice sarebbe stata chiamata a pagare al danneggiato dal quale era stata convenuta in separato giudizio. A tale nullità SIET non è stata in grado di rimediare neppure successivamente all’adozione del provvedimento del 9.5.2017, con cui era stata invitata ad integrare la domanda nel termine perentorio del 12.6.2017, e ciò in quanto l’oggetto della domanda era, sin dall’inizio, destinato a rimanere incerto fino all’esito del procedimento principale”, al quale le convenute sono rimaste estranee a causa della tardiva costituzione di SIELTE spa e dell’intervenuta decadenza dalla facoltà di chiamare terzi in causa. L’attrice aveva inteso rimediare alla preclusione ormai maturata nei propri riguardi attraverso l’espediente dell’autonoma proposizione delle domande di garanzia e manleva nei riguardi della subappaltrice dei lavori a causa dei quali il sinistro si era verificato e della compagnia assicuratrice per la responsabilità civile e la successiva riunione dei due giudizi. Un tale modus procedendi, tuttavia, oltre che evidentemente elusivo delle rigorose preclusioni introdotte a presidio del diritto di difesa della controparte e in funzione della realizzazione del principio costituzionale di ragionevole durata dei procedimenti, vulnera le prerogative difensive dei chiamati in garanzia” sia nel caso in cui la riunione venga poi disposta, essendo ormai impedito ai chiamati” – in ragione della perdurante autonomia delle cause riunite - il compimento di attività incompatibili con lo stato del procedimento preventivamente incoato, sia – e a fortiori – nel caso in cui la riunione non venga disposta, rimanendo la sorte dell’azione di garanzia condizionata dall’esito imprevedibile ed indeterminato di un separato giudizio, al quale i chiamati” sono estranei. Non può al riguardo non rimarcarsi che, allorchè – alla prima udienza del 14.12.2016, venne chiesta da SIELTE la riunione al procedimento n. 15140/15 promosso dal Gu., in quest’ultimo giudizio erano già stati ammessi con provvedimento del 22.9.2016 , i mezzi istruttori rispettivamente richiesti e la causa era stata rinviata ad un’udienza del mese di aprile 2017 per il relativo espletamento. Ma ad impedire la riunione, oltre alle già lumeggiate criticità e all’esigenza – che trova tutela nelle disposizioni codicistiche che presidiano con la decadenza l’inosservanza di termini perentori per il compimento di attività processuali - di non favorire l’abuso dello strumento processuale, v’era anche un’ulteriore persuasiva ragione. SIELTE ha al contempo proposto una domanda di garanzia propria nei confronti dell’assicuratrice Reale Mutua Assicurazioni e una domanda di garanzia impropria nei riguardi di SIET, in questi termini dovendo qualificarsi la domanda con la quale si chiede che un terzo sia condannato a rispondere di quanto l’autore della domanda sarà tenuto eventualmente a corrispondere al danneggiato ogni qual volta tale pretesa non ha un referente per così dire preliminare ed astratto in una norma che prevede il collegamento fra il rapporto garantito e quello di garanzia, ma emerge perché un fatto storico, insorto nell’ambito di un rapporto giuridico fra due soggetti e sfavorevole ad uno di essi, integra, come accadimento della vita, e quindi in via del tutto occasionale, il presupposto per cui, in un diverso rapporto che lega quel soggetto ad un altro, è previsto per lo più in via negoziale che una certa tipologia di fatti, cui quel fatto risulta ex post riconducibile, dia luogo all’insorgenza a favore del soggetto dell’altro rapporto ad un dovere di garanzia, cioè di farsi carico delle conseguenze negative del fatto sfavorevole Cass. S.U. 24707/15 . In entrambi i casi l’interesse ad agire in garanzia sorge non già al momento della proposizione dell’azione risarcitoria principale da parte del danneggiato bensì nel caso in cui, accolta la domanda principale, si sia effettivamente verificato il prospettato sito negativo del primo processo e si sia in tal modo perfezionato e concretizzato l’obbligo indennitario di manleva a carico del terzo, e ciò anche in considerazione della necessità che il credito del danneggiato divenga liquido affinchè l’assicurato possa poi, a sua volta, esercitare il proprio diritto all’indennizzo verso l’assicuratore vds. Cass. 3899/16 . Dal punto di vista processuale, è ben vero che l’azione di garanzia o di rivalsa o manleva può essere proposta nella causa principale ossia, in un momento anteriore a quello in cui sorge l’interesse del garantito ad agire , allo scopo di consentire che l’eventuale condanna del garante avvenga contestualmente a quella del garantito e di consentire a quest’ultimo di munirsi di un titolo giudiziale nei confronti del garante nell’immediatezza della pronuncia di condanna nei propri confronti. Come sostenuto dalla difesa di SIET attraverso il richiamo al precedente di merito condiviso da questo Tribunale, il mezzo con cui il codice di rito consente ciò in deroga alla regola della necessaria attualità, al momento della domanda, dell'interesse ad agire è costituito dalla chiamata in garanzia del terzo, da effettuarsi, da parte del convenuto, con la comparsa di risposta, nei termini e nei modi stabiliti, a pena di decadenza, dal combinato disposto degli articoli 166, 167, comma 3, e 269, comma 2, c.p.c. Pertanto, è ammissibile la chiamata in garanzia e sussiste l'interesse ad agire nel caso in cui il terzo sia chiamato nell'ambito del giudizio principale nei termini e nei modi di cui al codice di procedura civile. Quando invece la chiamata in garanzia è fatta in un autonomo giudizio, l'assicurato deve essere stato condannato a risarcire il danno affinchè sussista l'interesse ad agire. Infatti, l'azione di garanzia impropria può essere proposta anche in un giudizio distinto da quello nel quale sia stata formulata la domanda principale dal cui eventuale accoglimento può derivare la nascita del diritto del soccombente alla manleva , purchè al momento dell'autonoma proposizione, in altra sede processuale, della stessa domanda di garanzia diversamente dall'ipotesi in cui essa sia stata tempestivamente articolata nel giudizio principale , sussista, in capo all'attore, l'interesse ad agire, che sorge solo nel caso di condanna del garantito. Solo in questo momento, infatti, nasce e diventa esigibile l'eventuale diritto di manleva, cioè la pretesa sostanziale del soccombente di essere garantito dal terzo, e, di conseguenza, sorge in capo allo stesso soccombente l'interesse attuale ad agire in giudizio per far valere tale pretesa sostanziale di natura indennitaria. Soltanto in tal modo, una volta divenuto liquido e determinato il debito del garantito e, conseguentemente, la pretesa indennitaria o risarcitoria di costui nei riguardi del garante”, quest’ultimo sarà posto in condizioni di dispiegare pienamente la propria attività difensiva, sia rispetto alle vicende proprie del rapporto di garanzia propria o impropria , sia riguardo agli aspetti relativi al rapporto garantito e terzo. Deve allora concludersi per l’insussistenza, in capo a SIELTE spa, di un interesse attuale ad agire nei riguardi delle odierne convenute e per la conseguente inammissibilità delle domande proposte. In tali statuizioni risulta assorbito l’esame delle domande rivolte da SIET alla propria assicuratrice. In considerazione della natura in rito” della decisione e della peculiarità delle questioni decisorie affrontate, sulle quali non si registrano indirizzi giurisprudenziali consolidati, sussistono nondimeno apprezzabili ragioni per la compensazione integrale delle spese di lite tra tutte le parti. Va al riguardo dato atto che con la sentenza n. 77/2018, pubblicata in data odierna, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 92 co. 2 c.p.c., nel testo modificato dall’art. 13 co. 1 D.L. 132/14, nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre gravi ed eccezionali ragioni, con ciò restituendo al Giudice della causa un margine di discrezionalità della regolazione delle spese processuali, nella ricorrenza di ragioni specifiche di cui occorre dar conto in motivazione che giustifichino la deroga alla rigida applicazione del principio della soccombenza.