Protagonista della vicenda un passeggero di un volo Berlino-Roma. Sufficiente, secondo i Giudici, la presentazione del titolo di viaggio, accompagnata dalla dichiarazione del disagio subito. Tocca alla compagnia aerea riuscire a dimostrare la propria correttezza e la propria non colpevolezza per il problema lamentato dal viaggiatore.
Sufficiente il biglietto, accompagnato da una dichiarazione con cui si lamenta il ritardato arrivo del volo, per consentire al passeggero di puntare a un adeguato risarcimento economico. Per evitare di aprire i cordoni della borsa, invece, la compagnia aerea dovrà dimostrare che il disagio è stato minimo e non è comunque dipeso da essa Cassazione, ordinanza numero 1584/18, sez. III Civile, depositata oggi . Ritardo. Casus belli è un collegamento Berlino-Roma. Secondo il passeggero, l’aereo è atterrato in Italia con 4 ore di ritardo e ciò gli ha impedito di prendere un secondo volo che dalla Capitale lo avrebbe portato a Palermo. Consequenziale la sua richiesta di risarcimento nei confronti della compagnia di volo. Quella pretesa viene però ritenuta risibile dal Giudice di Pace prima e dal Tribunale poi. In sostanza, i Giudici spiegano che «il passeggero deve dimostrare, e non semplicemente allegare, la circostanza che il volo ha subito un ritardo», cioè «deve dimostrare l’inadempimento» della società responsabile del volo. Tirando le somme, non è sufficiente il biglietto e la dichiarazione relativa al presunto ritardo. Prova. Di parere completamente diverso, però, sono i Giudici della Cassazione, che fanno tirare un sospiro di sollievo al passeggero del volo Berlino-Roma. Ribaltando completamente l’ottica adottata in Tribunale, i magistrati del Palazzaccio chiariscono che «il passeggero che agisca per il risarcimento del danno derivante dal negato imbarco o dalla cancellazione o dal ritardato arrivo dell’aeromobile rispetto all’orario previsto, deve fornire la prova della fonte negoziale del suo diritto e il relativo termine di scadenza, ossia deve produrre il titolo o il biglietto di viaggio, potendosi limitare alla mera allegazione dell’inadempimento del vettore». Di conseguenza, tocca alla compagnia aerea «dimostrare l’avvenuto adempimento, oppure che, in caso di ritardo, questo sia stato contenuto sotto le soglie di rilevanza» fissate a livello comunitario, cioè «due o più ore per tutte le tratte aeree pari o inferiori a 1.500 chilometri tre o più ore per tutte le tratte aeree intracomunitarie superiori a 1.500 chilometri e per tutte le altre tratte aeree comprese tra 1.500 e 3.500 chilometri quattro o più ore per tutte le altre tratte aeree». Necessario perciò un nuovo giudizio in Tribunale per decidere sulla richiesta di risarcimento presentata dal passeggero della Berlino-Roma, valutando le eventuali giustificazioni addotte dalla compagnia aerea, che dovrà provare a dimostrare di avere operato in modo corretto.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 6 dicembre 2017 – 23 gennaio 2018, numero 1584 Presidente Vivaldi – Relatore D’Arrigo Ritenuto Anumero So. conveniva in giudizio, innanzi al giudice di pace di Roma, il vettore aereo EasyJet Airline Company Ltd, chiedendone la condanna alla compensazione pecuniaria di Euro 400,00 prevista dall'articolo 7, comma 1, lett. b, del Regolamento CE numero 261/2004, nonché del risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, ai sensi degli articolo 19 e 22 della Convenzione di Montreal del 1999, a seguito dell'asserito ritardo di 4 ore subito dal volo omissis sulla tratta Berlino-Roma del 23 dicembre 2009 ritardo a causa del quale il So. aveva patito l'ulteriore danno di non potersi imbarcare su un secondo volo, da Roma a Palermo, e così raggiungere la propria residenza. Nella contumacia del vettore, la domanda veniva rigettata per difetto di prova. Il So. impugnava la decisione, la EasyJet si costituiva in giudizio e il Tribunale di Roma, in funzione di giudice di appello, respingeva il gravame, osservando che «è vero che [ ] la Convenzione di Montreal e le altre norme fanno gravare sul vettore aereo la prova liberatoria [ ]. La presunzione di colpa del vettore presuppone che sia stato però dimostrato il ritardo. In assenza di ritardo non si presume alcuna responsabilità- [ ] Invero la responsabilità presuppone un ritardo e te stesso articolo 19 della Convenzione di Montreal lo presuppone , altrimenti non avrebbe senso assegnare al vettore la prova liberatoria da cosa dovrebbe liberarsi, per l'appunto, se non vi fosse un ritardo? . [ ] E' dunque certo che il passeggero deve dimostrare e non semplicemente allegare la circostanza che il volo ha subito un ritardo. Ossia deve dimostrare l'inadempimento del vettore, la cui responsabilità poi si presume, nel senso che è quest'ultimo a dover fornire la prova liberatoria». Il So. ricorre per la cassazione di tale decisione per due motivi. La EasyJet resiste con controricorso. Considerato 1. Va premesso, in tema di rispetto dei requisiti formali del ricorso, che lo stesso non risulta sottoscritto dal difensore. Quest'ultimo, tuttavia, sottoscrivendo per autentica la procura in calce, ha in tal modo fatto proprio l'intero contenuto dell'atto. Infatti, la firma apposta dal difensore in calce o a margine del ricorso per cassazione ai fini dell'autenticazione della procura speciale vale anche quale sottoscrizione del ricorso, in quanto consente di attribuire al difensore che ha autenticato la sottoscrizione della procura speciale anche la paternità del ricorso Sez. 6 - 3, Ordinanza numero 7443 del 23/03/2017, Rv. 643817 . 2. Venendo all'esame delle censure prospettate dal ricorrente, con il primo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione degli articolo 1218 e 2697 cod. civ. e dell'articolo 19 della Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 in materia di trasporto aereo internazionale. Il So., anzitutto, censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che fosse onere dell'attore provare non soltanto l'esistenza del contratto di trasporto, ma anche l'inadempimento del vettore, ossia il ritardo del volo. In secondo luogo, contesta la decisione di subordinare l'applicabilità dell'articolo 19 della citata convenzione di Montreal alla prova, da parte del passeggero, dell'effettivo orario di atterraggio dell'aeromobile. Osserva, più in generale, che il vettore deve ritenersi responsabile del regolare adempimento del contratto di trasporto fintantoché non fornisca la prova liberatoria della corretta esecuzione della prestazione. Con il secondo motivo, si deduce l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, indicato nella copiosa giurisprudenza di merito che, in relazione al trasporto aereo, ha affermato che il passeggero che agisca per il risarcimento del danno da ritardo debba provare soltanto la fonte del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione delle circostanze dell'inadempimento della controparte, mentre spetta al debitore convenuto provare la regolare esecuzione della prestazione. Questo secondo motivo rappresenta, in realtà, una argomentazione di diritto a sostegno degli argomenti illustrati nel primo motivo, piuttosto che un'autonoma censura. Esso, pertanto, può essere esaminato congiuntamente al primo. 3. Il ricorso è fondato. 4. La questione di diritto sottoposta all'attenzione di questa Corte concerne l'ampiezza dell'onere probatorio gravante sul passeggero che intenda agire in giudizio nei confronti del vettore aereo chiedendo il risarcimento dei danni da ritardo. In particolare, le parti controvertono sulla circostanza se il passeggero possa limitarsi a provare l'esistenza del contratto di trasporto ossia l'avvenuto acquisto del biglietto aereo e ad allegare il ritardo del volo oppure se egli sia onerato di fornire la prova piena anche di questo secondo elemento, gravando sul vettore il solo onere della prova liberatoria. 5. La Convenzione di Montreal sottoscritta dalla Comunità Europea il 9 dicembre 1999, approvata con decisione del Consiglio 5 aprile 2011, 2001/539/CE e ratificata e resa esecutiva in Italia con legge numero 12 del 2004 non detta una regola specifica in ordine alla prova dell'inadempimento. Però, ai sensi dell'articolo 19, «il vettore è responsabile del danno derivante da ritardo nel trasporto aereo di passeggeri, bagagli o merci. Tuttavia il vettore non è responsabile per i danni da ritardo se dimostri che egli stesso e i propri dipendenti e preposti hanno adottato tutte le misure che potevano essere ragionevolmente richieste per evitare il danno oppure che era loro impossibile adottarle». La Convenzione, pertanto, introduce una presunzione di responsabilità del vettore aereo, che costui può superare solamente offrendo la prova liberatoria dell'imprevedibilità del danno, tale che non era ragionevole ex ante adottare delle misure idonee ad evitarne l'avveramento, ovvero dell'oggettiva impossibilità di adottarle. In sostanza, l'esenzione del vettore aereo gioca sul piano del caso fortuito o della forza maggiore. Il successivo articolo 22 pone limitazioni quantitative alla responsabilità risarcitoria del vettore, nel trasporto di persone, merci e bagagli. Per quanto qui di interesse, in caso di danno da ritardo nel trasporto di persone, la responsabilità del vettore è limitata alla somma di «4150 diritti speciali di prelievo» per ciascun passeggero per la conversione dei diritti speciali di prelievo in unità monetarie, si veda l'articolo 23 della medesima Convenzione v. pure Sez. 3, Sentenza numero 14667 del 14/07/2015, Rv. 636276 . 6. Il Regolamento CE numero 261/2004 istituisce regole comuni in materia di compensazione e assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato. A seconda dei casi, al passeggero è riconosciuto il diritto al rimborso del costo del biglietto o all'imbarco su un volo alternativo, alla cd. assistenza pasti, alloggi e ulteriori servizi minori e ad una compensazione pecuniaria di importo crescente in proporzione alla gravità del ritardo. Con particolare riferimento a quest'ultima ipotesi, la normativa comunitaria identifica diverse ipotesi di gravità del ritardo, commisurate alla lunghezza della tratta. Quindi, dal punto vista oggettivo, il Regolamento introduce una tipizzazione legale della soglia oltre la quale l'inesatto adempimento ritardo del vettore diviene grave e genera obblighi risarcitori. Anche il Regolamento, al pari della Convenzione di Montreal, non contiene alcuna disposizione in ordine all'onere della prova circa la durata del ritardo. 7. La Corte di Giustizia ha ripetutamente affermato che i passeggeri di voli ritardati di un tempo pari o superiore a tre ore possono essere assimilati ai passeggeri di voli cancellati e, pertanto, anch'essi possono reclamare il diritto alla compensazione pecuniaria previsto dall'articolo 7 del Regolamento Corte di Giustizia 19 novembre 2009, C-402/07 Christopher Sturgeon, Gabriel Sturgeon e Alana Sturgeon contro Condor Flugdienst GmbH e C-432/07Stefan Bòck e Cornelia Lepuschitz contro Air France SA Corte di Giustizia, Grande Sezione, 26 febbraio 2013, C-11/11 Air France contro Heinz-Gerke Folkerts e Luz-Teresa Folkerts, con riferimento al volo con una o più coincidenze Corte di Giustizia 23 ottobre 2012, C-581/10, Nelson/Deutsche Lufthansa AG e C-629/10 British Airways EasyJet e International Air Transport Association / Civil Aviation Authority . In caso di cancellazione del volo, l'articolo 5, comma 3, del Regolamento prevede che il vettore non è tenuto al pagamento della compensazione pecuniaria se ha tempestivamente avvertito il passeggero della cancellazione ovvero se dimostra che la stessa è dovuta a circostanze eccezionali che non si sarebbero comunque potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso. Dunque, come già previsto dalla Convenzione di Montreal, la responsabilità del vettore è elisa solamente dal caso fortuito o dalla forza maggiore, cui si aggiunge però l'ipotesi del congruo preavviso che consenta al passeggero di organizzarsi diversamente, così minimizzando le conseguenze del disagio quanto al termine entro cui deve essere dato il preavviso, perché possa sortire effetti liberatori, si veda l'articolo 5, comma 1, lett. c . L'articolo 5, comma 4, aggiunge «l'onere della prova, per quanto riguarda se e quando il passeggero è stato avvertito della cancellazione del volo, incombe al vettore aereo operativo». 8. Il Regolamento CE numero 261/2004 e la Convenzione di Montreal contengono due discipline compatibili e congiuntamente applicabili, senza antinomie. La Corte di Giustizia ha, infatti, specificato che le normative non si escludono l'un l'altra Corte di Giustizia, Grande Sezione, 10 gennaio 2006, C-344/04 International Air Transport Association, European Low Fares Airline Association / Department for Transport . La Convenzione di Montreal detta le condizioni per l'esercizio di azioni giudiziarie per il risarcimento danni promosse dinanzi ad organi giurisdizionali. Ciò tuttavia non è d'ostacolo all'adozione di una concorrente disciplina comunitaria, anche migliorativa, per assicurare la tutela degli interessi dei passeggeri, al fine di garantire agli stessi adeguata assistenza nel momento in cui si verificano gli inconvenienti previsti e in modo da consentire adeguati indennizzi che possono essere richiesti e accordati senza l'esperimento di azioni giudiziarie. Nel complesso, entrambe le normative si basano sull'affermazione del principio di presunzione di responsabilità del vettore aereo. Dunque, una volta provato l'inadempimento - o, più esattamente, l'inesatto adempimento - l'imputabilità dello stesso al vettore aereo costituisce oggetto di una presunzione superabile, tanto che si faccia riferimento alla Convenzione di Montreal quanto che si applichi il Regolamento CE, solamente attraverso la prova liberatoria del caso fortuito o della forza maggiore. L'affermazione della presunzione di colpa del vettore in caso di ritardo o, comunque, inesatto adempimento di un contratto di trasporto aereo di persone era presente, del resto, anche nelle precedenti convenzioni internazionali Convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929, articolo 17,18 e 19, emendata dal protocollo de L'Aja del 28 settembre 1955 , di cui questa Corte ha già avuto occasione di occuparsi Sez. 3, Sentenza numero 20787 del 27/10/2004, Rv. 577848 . Si deve quindi ribadire che rimangono a carico del vettore i danni determinati da causa ignota, mentre il caso fortuito e la forza maggiore, quali fattori estranei all'organizzazione del trasporto, costituiscono causa non imputabile ex articolo 1218 cod.civ. e portano ad escludere la responsabilità del vettore se egli dimostri di non essere riuscito ad impedire l'evento nonostante l'adozione di ogni misura idonea a garantire la puntuale esecuzione del trasporto. Si sottrae alla presunzione di responsabilità solamente il caso della cancellazione cui può essere equiparato il ritardo pari o superiore a tre ore tempestivamente prevista e della quale sia stato dato avviso al passeggero nel rispetto dei termini di cui all'articolo 5, comma 1, lett. c, del Regolamento. 9. La presunzione di responsabilità del vettore opera, com'è ovvio, sul piano dell'imputabilità dell'inadempimento, ai sensi dell'articolo 1218 cod. civ., non su quello della prova oggettiva dello stesso. È quindi possibile dire che né la Convenzione di Montreal, né il Regolamento CE numero 261/2004 contengono alcuna regola specifica in tema di onere della prova dell'inadempimento negato imbarco o cancellazione del volo o dell'inesatto adempimento ritardato arrivo rispetto all'orario previsto . 10. L'assenza di una norma speciale, impone di far riferimento ai criteri ordinari di riparto dell'onere della prova, di cui all'articolo 2697 cod. civ., e alla giurisprudenza di questa Corte stratificatasi, con plurime pronunce, senza più incertezze dal noto arresto delle Sezioni unite del 2001. Costituisce, infatti, oramai vero e proprio ius receptum il principio di diritto secondo cui, in tema di prova dell'inadempimento di un'obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte negoziale o legale del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento. Anche nel caso in cui sia dedotto non l'inadempimento dell'obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell'inesattezza dell'adempimento per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell'obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni , gravando ancora una volta sul debitore l'onere di dimostrare l'avvenuto, esatto adempimento Sez. U, Sentenza numero 13533 del 30/10/2001, Rv. 549956 fra le più recenti, Sez. 3, Sentenza numero 826 del 20/01/2015, Rv. 634361 Sez. 1, Sentenza numero 15659 del 15/07/2011, Rv. 618664 . 11. Facendo applicazione di tali regole nel caso in esame, va affermato il seguente principio di diritto il passeggero che agisca per il risarcimento del danno derivante dal negato imbarco o dalla cancellazione inadempimento o dal ritardato arrivo dell'aeromobile rispetto all'orario previsto inesatto adempimento , deve fornire la prova della fonte negoziale del suo diritto e il relativo termine di scadenza, ossia deve produrre il titolo o il biglietto di viaggio o altra prova equipollente, potendosi poi limitare alla mera allegazione dell'inadempimento del vettore. Spetta a quest'ultimo, convenuto in giudizio, dimostrare l'avvenuto adempimento, oppure che, in caso di ritardo, questo sia stato contenuto sotto le soglie di rilevanza fissate dall'articolo 6, comma 1, del Regolamento CE numero 261/2004 . 12. All'affermazione di tale principio non è d'ostacolo il principio cd. di prossimità della prova , poiché, nei rapporti fra passeggero e vettore aereo è vero semmai il contrario. Mentre il passeggero di regola non ha disponibilità di una prova diretta del ritardo dell'aeromobile su cui viaggiava tranne, in ipotesi, la riproduzione fotografica dei tabelloni informativi dell'aeroporto , il vettore aereo - che opera in un regime di controllo e verifica, da parte delle autorità aeroportuali, del tracciato aereo di ogni volo - ha agevole facoltà di accesso alla prova ufficiale dell'orario esatto in cui il veicolo è atterrato. Non risulta indicativo, infine, neppure il tenore testuale del già citato articolo 5, comma 4, del Regolamento, a mente del quale «l'onere della prova, per quanto riguarda se e quando il passeggero è stato avvertito della cancellazione del volo, incombe al vettore aereo operativo». La norma, infatti, risulta perfettamente allineata a quanto disposto dall'articolo 2697 cod. civ., trattandosi di fatto estintivo dell'altrui pretesa, che va dunque provato da chi lo eccepisce. A contrario, si potrebbe osservare che, proprio perché altrimenti la norma sarebbe superflua, dovrebbe affermarsi indirettamente l'esistenza in subiecta materia di un principio opposto a quello generale, con conseguente collocamento dell'onere della prova dell'inadempimento in capo all'attore. Un simile ragionamento, tuttavia, sarebbe basato su un argomento non decisivo, né convincente, anche perché non terrebbe conto della circostanza che la disciplina comunitaria, volta ad assicurare l'omogeneo trattamento della posizione del passeggero in tutti gli Stati membri, è ben possibile che ponga talune regole coincidenti con quelle dell'ordinamento interno di uno Stato membro e divergenti da quelle di un altro. La sovrapponibilità del criterio contenuto nell'articolo 5, comma 4, del Regolamento ai principi generali in tema di onere della prova di cui l'articolo 2697 cod. civ., non è quindi indicativa della necessità di configurare una ricostruzione sistematica alternativa. 13. Il vettore aereo sostiene che al caso di specie non potrebbe applicarsi l'articolo 2697 cod. civ., non versandosi in ipotesi di responsabilità contrattuale, bensì di una responsabilità sui generis, come si dovrebbe ricavare dalla circostanza che tale responsabilità può farsi valere anche nei confronti del vettore di fatto. La difesa si espone a molteplici critiche, ciascuna delle quali decisiva. Fra le varie, è assorbente la considerazione che, pure nel caso di vettore di fatto , che poi sarebbe un mero sub-vettore, la responsabilità nei confronti del passeggero è di natura contrattuale, basandosi o sul rapporto di subvezione quale contratto per conto a favore di terzi, o, in subordine, su un rapporto contrattuale di fatto. Il controricorrente sostiene, inoltre, che nella specie non vi sarebbe stato inadempimento, in quanto le Condizioni generali, approvate dal passeggero al momento dell'acquisto del biglietto, aereo prevedono che gli orari non sono garantiti e non costituiscono parte del contratto di trasporto. La questione è carente di autosufficienza. Infatti, non vi è alcuna evidenza dell'effettivo contenuto delle Condizioni generali, né che le stesse siano state mai acquisite agli atti del processo. Peraltro, trattandosi di una eccezione relativa all'oggetto del contratto, il vettore avrebbe dovuto dimostrare di averla tempestivamente formulata nel corso del giudizio di merito. In ogni caso, una simile clausola di esonero del vettore dalla responsabilità prevista dalle convenzioni internazionali sarebbe nulla, in quanto in contrasto con norme imperative, o quantomeno vessatoria, sicché occorrerebbe la dimostrazione della prova della specifica approvazione per iscritto. Né vale osservare che, in tal modo, si penalizzerebbe il convenuto che restasse contumace. Infatti, se è vero che la contumacia in sé non ha un significato diretto sul piano probatorio, è pur vero che, ove si faccia questione dell'inadempimento di un'obbligazione, il convenuto, che è tenuto a provare di aver regolarmente adempiuto al proprio debito, non può pretendere di sottrarsi all'onere che grava su di lui, adducendo a proprio discarico la scelta - per l'appunto, processualmente neutra - di restare contumace. La contumacia del convenuto, pertanto, non ha significato di prova diretta dell'inadempimento comporta, semmai, il difetto di prova rispetto a un fatto estintivo del diritto di controparte fatto che, ai sensi dell'articolo 2697 cod. civ., deve essere provato dal convenuto. 14. In base alle precedenti considerazioni, va cassata la decisione del Tribunale di Roma, secondo cui l'onere della prova del ritardo dell'aeromobile spettava al So Non è condivisibile, in particolare, l'argomento secondo cui a una simile conclusione dovrebbe pervenirsi considerando che, altrimenti, non si comprenderebbe il senso della prova liberatoria. Quest'ultima, come s'è già detto, opera sul piano della imputabilità soggettiva dell'inadempimento, ai sensi dell'articolo 1218 cod. civ., mentre il problema dell'onere della prova sta sul piano del fatto oggettivo costituito, a seconda dei casi, dal negato accesso, dalla cancellazione del volo o dal ritardato arrivo. Sono dunque erronee anche le conclusioni cui è pervenuto il giudice d'appello. Non e vero il passeggero deve dimostrare, e non semplicemente allegare, l'inadempimento del vettore, la cui responsabilità poi si presume, salva la prova liberatoria. Al contrario, il passeggero deve dimostrare solamente la fonte del proprio diritto e può limitarsi ad allegare l'inadempimento del vettore, il quale potrà difendersi su due piani differenti o dimostrando che l'inadempimento non vi è stato o che, se v'è stato, non ha superato in caso di ritardo le soglie di rilevanza fissate dal Regolamento CE oppure, dimostrando che l'inadempimento, pur essendosi obiettivamente consumato, è dipeso da forza maggiore o da caso fortuito, che rendono il fatto non imputabile al suo autore. 15. La sentenza impugnata deve essere quindi cassata con rinvio al Tribunale di Roma, in funzione di giudice di appello, affinché, attenendosi al principio di diritto sopra formulato in tema di onere della prova, valuti la fondatezza nel merito della domanda del So. e l'eventuale diritto risarcitorio dello stesso. Al giudice del rinvio va demandato anche il regolamento delle spese processuali del giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Roma, in persona di diverso magistrato, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.