Cade dall’altalena a scuola: risarcimento per i genitori

Vittima dell’episodio, verificatosi in un asilo in Campania, è una bambina. Sotto accusa la scuola e l’insegnante. A essere sanzionato, però, è il Ministero della Pubblica Istruzione, obbligato a versare oltre 7mila euro ai genitori.

Momenti di paura per una allieva, caduta mentre giocava su un’altalena nel giardino della scuola. Le lesioni riportate non sono serie, per fortuna. Ciò nonostante, il Ministero della Pubblica Istruzione viene condannato a versare un adeguato risarcimento alla bambina e ai suoi genitori Cassazione, sentenza n. 18746/16, sezione Terza Civile, depositata il 23 settembre . Gioco. Ricostruito l’episodio verificatosi in un asilo campano nell’ottobre del 1998 la bambina è rimasta vittima di un infortunio durante l’orario scolastico mentre giocava su un’altalena . La rabbia di mamma e papà è rivolta contro la scuola, e in particolare contro l’ insegnante . E per i giudici, in effetti, appare evidente la responsabilità del maestro. Logica conseguenza è la condanna del Ministero, sia in Tribunale che in appello, a pagare ai genitori la somma di 7.213 euro come risarcimento. Incidente. E la conferma della responsabilità dell’istituzione scolastica arriva ora dai Giudici della Cassazione. A loro avviso non si può parlare di caso fortuito o di evento imprevedibile . Ciò perché manca la prova liberatoria , cioè sufficiente per affermare che l’incidente è stato determinato da un fatto non imputabile alla scuola . Sacrosanto quindi il diritto dei genitori, e della bambina oramai cresciuta, ad un adeguato risarcimento . E su questo fronte viene confermata la cifra stabilita in appello, cioè 7.213 euro, comprensiva legittimamente, concludono i Magistrati, del danno morale .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 5 maggio – 23 settembre 2016, n. 18746 Presidente Chiarini – Relatore Pellecchia Svolgimento del processo 1. E.D. A.M., in proprio e in qualità di genitori esercenti la potestà sulla minore V., convennero in giudizio il ministero della pubblica istruzione nonché il provveditorato agli studi di Napoli e la Direzione didattica della scuola materna di Caivano chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti dalla minore in conseguenza dell'infortunio occorsole il 2 ottobre 1998, durante l'orario scolastico, mentre giocava su un'altalena. Si costituì il convenuto Ministero chiedendo il rigetto della domanda e assumendo che non poteva essere addebitata alcuna responsabilità all'insegnante attesa l'imprevedibilità del gesto compiuto dalla minore. Il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Afragola, accolse la domanda nei confronti del solo ministero che condannò al pagamento in favore degli attori della complessiva somma di curo 7213 oltre interessi legali dalla data della sentenza e alle spese processuali. 2. La decisione è stata confermata dalla Corte d'Appello di Napoli, con sentenza n. 2530 del 6 luglio 2012. 3. Avverso tale decisione, propone ricorso in Cassazione il ministero dell'istruzione, dell'Università e della ricerca sulla base di 2 motivi. 3.1 Resiste con controricorso V. D Motivi della decisione 4.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli art. 1218 c.c. e 2048 c.c. in relazione all'art. 360, comma, n. 3, c.p.c. . Lamenta il ministero che la sentenza è errata laddove non tiene conto dell'esimente del caso fortuito e della causa non imputabile. Sostiene, infatti, che la corte territoriale inquadrando la fattispecie nel regime della responsabilità contrattuale avrebbe dovuto applicare il regime probatorio che presiede tale responsabilità ed il cui limite è rappresentato dalla inesigibilità della prestazione. Conseguentemente, il giudice del merito non ha fatto corretta applicazione del regime probatorio applicabile al caso di specie, secondo cui sul convenuto incombe l'onere di dimostrare che l'evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile secondo la giurisprudenza costante in tema di danno da auto-lesione. Il motivo è infondato. Il giudice del merito non è incorso in nessuna delle violazioni addebitategli. Infatti il ricorrente non coglie la ratio decidendi della sentenza che con logica e congrua motivazione ha sostenuto che pag. 3-4 sentenza ' q e le risultanze probatorie acquisite al processo non hanno consentito di ritenere raggiunta la prova liberatoria e cioè che l'evento è stato determinato da un fatto non imputabile all'amministrazione scolastica' ed aggiunge `atteso che neppure l'appellante ha fatto menzione di una specifica prova liberatoria che il primo giudice avrebbe omesso di valutare [ .].I, E ciò in linea con i principi che si sono delineati in materia Cass. n. 20475/2015 . 4.2. Con il secondo motivo, denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2059 c.c. . Il ricorrente censura la sentenza della Corte d'Appello per ciò che concerne l'an ed il quantum del danno ed in particolare perché ha erroneamente liquidato il danno morale non considerando che tale voce di danno rientra nella categoria generale del danno biologico non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. Anche tale motivo è infondato. La natura unitaria del danno non patrimoniale, espressamente predicata dalle sezioni unite di questa Corte, deve essere intesa secondo tale insegnamento, come unitarietà rispetto alla lesione di qualsiasi interesse costituzionalmente rilevante non suscettibile di valutazione economica Cass. S.U. n. 26.972/2008 . Natura unitaria sta a significare che non v'è alcuna diversità nell'accertamento e nella liquidazione del danno causato dalla lesione di un diritto costituzionalmente protetto, sia esso costituito dalla lesione alla reputazione, alla libertà religiosa o sessuale, piuttosto che a quella al rapporto parentale. Natura onnicomprensiva sta invece a significare che nella liquidazione di qualsiasi pregiudizio non patrimoniale, il giudice di merito deve tener conto di tutte le conseguenze che sono derivate dall'evento di danno, nessuna esclusa, con il concorrente limite di evitare duplicazioni risarcitoci attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici, e di non oltrepassare una soglia minima di apprezzabilità, onde evitare risarcimenti cosiddetti bagattellari Cass. n. 776 Cass. 4379/2016 . Nel caso di specie il giudice del merito ha valutato il quantum del risarcimento in modo congruo ed in linea con i principi di questa Corte. 5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 1.800,00 di cui 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.