L’intervento di routine va male? Il medico deve provare l’imprevedibilità delle intervenute complicanze

In caso di prestazione professionale medico – chirurgica di routine, spetta al professionista superare la presunzione che le complicanze siano state determinate da omessa o insufficiente diligenza professionale o da imperizia, dimostrando che siano state invece prodotte da un evento imprevisto ed imprevedibile secondo la diligenza qualificata in base alle conoscenze tecnico – scientifiche del momento.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 12516 depositata il 17 giugno 2016. Il fatto. L’attrice conveniva in giudizio innanzi al Tribunale territorialmente competente la ASL locale chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti a causa dell’intervento chirurgico al quale era stata sottoposta. Deduceva che, lamentando dolore persistente alle dita della mano destra si era rivolta alla divisione di ortopedia dell’ASL locale ove veniva formulata la diagnosi IV dito a scatto mano sinistra successivamente veniva sottoposta ad intervento di tenolisi” in regime di Day Hospital perdurando dolore e rigidità del dito operato, dopo ulteriori esami ed accertamenti, l’attrice affrontava presso altra struttura un nuovo intervento di tenolisi del flessore” e di ricostruzione della puleggia”, intervento successivamente reiterato a causa della persistenza dei sintomi dopo un ulteriore intervento che non si rivelò risolutivo, la paziente veniva sottoposta ad amputazione modellante del IV raggio. Assumeva che l’infausto esito clinico era dovuto alla negligente ed imperita esecuzione del primo intervento nel corso del quale fu, in realtà, effettuato una trocleotomia” e furono poste in essere manovre scorrette che causarono la lesione dei nervi digitali del IV dito, cui non si potè più porre rimedio se non con l’amputazione del dito della mano sinistra. Si costituiva in giudizio la ASL contestando la domanda e chiedendone il rigetto. Espletata consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale respingeva con sentenza la domanda attorea. L’attrice proponeva appello che la Corte territoriale, dopo aver disposto supplemento di CTU, rigettava, compensando tra le parti le spese processuali. L’appellante, proponeva, infine ricorso per cassazione. Responsabilità medica. Gli Ermellini, hanno ritenuto tutti i quattro motivi di ricorso proposti fondati in quanto a fronte dell’intervento routinario cui venne sottoposta la paziente presso la ASL convenuta ed al peggioramento delle sue condizioni di salute, con esiti finali invalidanti, determinati da una evoluzione fibrocicatriziale più abbondante dell’usuale cagionata da un fatto costituzionale o indeterminabile , il giudice del merito ha omesso di valutare se, alla stregua delle risultanze istruttorie, la reazione fibrocicatriziale” sviluppata dall’attrice – o altri fattori naturali – fossero stati causa esclusiva dell’insuccesso dell’intervento solo il positivo accertamento di tale circostanza, difatti, escluderebbe la colpa del medico, restando altrimenti a suo carico gli effetti della mancanza di prova che gli esiti pregiudizievoli siano stati determinati da causa allo stesso non imputabile. La Corte territoriale, dal canto suo, non ha esaminato le risultanze istruttorie relative alla documentazione medica inerente il ricovero della paziente presso un istituto privato da cui emerge che all’intervento effettuato presso la ASL locale è stata riconosciuta natura del tutto diversa da quella indicata dall’ASL, e dove sono specificate le prestazioni terapeutiche effettuate sulla base della situazione clinica presentata dalla paziente. Concludendo. I Giudici di legittimità concludono dicendo che l’esame delle descritte e controverse emergenze istruttorie appare decisivo ai fini dell’esatta individuazione del trattamento sanitario sui venne sottoposta l’odierna ricorrente e del consequenziale accertamento delle cause dell’insuccesso. Pertanto, accoglieva il ricorso cassando la sentenza in relazione ai profili evidenziati da parte ricorrente, con rinvio per un nuovo esame alla Corte di appello territorialmente competente in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 febbraio – 17 giugno 2016, n. 12516 Presidente Vivaldi – Relatore Esposito Svolgimento del processo 1. R.P. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Casale Monferrato l’ASL di Casale Monferrato ora Azienda Sanitaria Locale di Alessandria chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti da essa attrice a causa dell’intervento chirurgico al quale era stata sottoposta il 28.3.2001. Deduceva che, lamentando dolore persistente alle dita della mano sinistra, si era rivolta alla divisione di ortopedia dell’ASL di Casale Monferrato, ove veniva formulata la diagnosi di IV dito a scatto mano sinistra successivamente, il 28.3.2001, veniva sottoposta ad intervento di tenolisi in regime di Day Hospital perdurando dolore e rigidità del dito operato, dopo ulteriori esami ed accertamenti, la R. affrontava presso altra struttura un nuovo intervento di tenolisi del flessore e di ricostruzione della puleggia , successivamente reiterato stante la persistenza dei sintomi dopo un ulteriore intervento che non si rilevò risolutivo, la paziente veniva sottoposta ad amputazione modellante del IV raggio . Assumeva che l’infausto esito clinico era dovuto alla negligente e imperita esecuzione dell’intervento effettuato il 28.3.2001 presso l’ASL di Casale Monferrato, nel corso del quale fu in realtà effettuato una trocleotomia e furono poste in essere manovre scorrette che causarono la lesione dei nervi digitali del IV dito, cui non si poté più porre rimedio se non con l’amputazione del dito della mano sinistra. Sussisteva, inoltre, secondo la prospettazione attorea, la responsabilità dei sanitari anche sotto il profilo dell’omesso consenso informato. Si costituiva in giudizio l’ASL di Casale Monferrato contestando la domanda e chiedendone il rigetto. 2. Espletata consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale, con sentenza del 22.5.2007, respingeva la domanda. 3. Proposto appello dalla R. , la Corte d’appello di Torino, disposto supplemento di C.T.U., con sentenza del 29.9.2012, rigettava il gravame e compensava tra le parti le spese processuali. Riteneva la Corte che non erano emersi, all’esito della complessiva indagine peritale, profili di colpa dei sanitari dell’ASL di Casale Monferrato, rientrando la reazione fibrocicatriziale che aveva portato all’amputazione del dito nelle possibile complicanze dell’intervento. La responsabilità dei sanitari non poteva, poi, trovare fondamento nella mancanza del consenso informato, non avendo la paziente provato che, ove adeguatamente informata, non si sarebbe sottoposta all’intervento. 4. Contro la suddetta sentenza propone ricorso per cassazione R.P. , affidato a quattro motivi. Resiste con controricorso l’Azienda Sanitaria Locale di Alessandria. Entrambe le parti hanno depositato memorie. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo R.P. denuncia violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., dei principi giuridici in tema di prova dell’evento liberatorio della responsabilità professionale medica in caso di esito peggiorativo ed invalidante di un intervento chirurgico routinario. Deduce che, nella specie, in assenza di prova della imputabilità dell’evento in via esclusiva ad una causa naturale, doveva ritenersi sussistente il nesso causale tra la condotta del sanitari e l’evento dannoso. Con il secondo motivo si deduce omesso esame di fatti decisivi per il giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c. in relazione ai postumi dell’intervento del 28.3.2001, consistito in trocleotomia , nonché alla necessità della successiva ricostruzione della puleggia danneggiata. Con il terzo motivo si denuncia omesso esame di un ulteriore fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c. in relazione alla prescrizione, dopo pochi giorni dall’intervento, da parte dei sanitari della ASL di Casale Monferrato di un farmaco indicato nelle lesioni neurologiche. Con il quarto motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 n. 3 c.p.c. delle regulae iuris in tema di responsabilità del sanitario per violazione del dovere di acquisizione del consenso informato. 2. I quattro motivi, in quanto connessi, possono essere esaminati congiuntamente. Essi sono fondati nei limiti di seguito indicati. Deduce la ricorrente che nella relazione della consulenza tecnica espletata in primo grado il c.t.u. aveva concluso nel senso che l’esito infausto dell’intervento a cui era stata sottoposta il 28.3.2001 presso l’ASL di Casale Monferrato era riconducibile ad una evoluzione fibrocicatriziale più abbondante dell’usuale, evento legato o a un fatto costituzionale o indeterminabile . Nella relazione integrativa svolta nel giudizio di appello, il consulente aveva precisato che la percentuale di insuccesso degli interventi di chirurgia della mano è pari al 5-10% e che la reazione fibrocicatriziale osservata nella paziente rientra nel novero delle possibili complicanze e pertanto in quel 5-10% segnalato in letteratura . Sulla base di tali risultanze, sostiene la ricorrente che l’alternativa, prospettata dallo stesso c.t.u., tra fattore costituzionale e fattore indeterminabile , quest’ultimo in quanto tale incerto, quale causa dell’abbondante evoluzione cicatriziale e, quindi, dell’insuccesso dell’intervento, non consentiva di ritenere raggiunta la prova liberatoria gravante sulla struttura sanitaria. La censura coglie nel segno. Per consolidata giurisprudenza, ove sia dedotta una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e/o del medico per l’inesatto adempimento della prestazione sanitaria, il danneggiato deve fornire la prova del contratto o del contatto , dell’aggravamento della situazione patologica o dell’insorgenza di nuove patologie e del relativo nesso di causalità con l’azione o l’omissione dei sanitari, restando a carico dell’obbligato la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile tuttavia, l’insuccesso o il parziale successo di un intervento di routine, o, comunque, con alte probabilità di esito favorevole, implicano di per sé la prova dell’anzidetto nesso di causalità, giacché tale nesso, in ambito civilistico, consiste anche nella relazione probabilistica concreta tra comportamento ed evento dannoso, secondo il criterio del più probabile che non ex multis, Cass. civ., sez. III, 16-01-2009, n. 975 . Inoltre, in caso di prestazione professionale medico-chirurgica di routine, spetta al professionista superare la presunzione che le complicanze siano state determinate da omessa o insufficiente diligenza professionale o da imperizia, dimostrando che siano state, invece, prodotte da un evento imprevisto ed imprevedibile secondo la diligenza qualificata in base alle conoscenze tecnico-scientifiche del momento Cass. ord., sez. VI, 29-07-2010, n. 17694 . Si è altresì precisato che laddove si prospetti una questione circa l’incidenza di una causa naturale nella determinazione dell’evento pregiudizievole, non possono che aversi due alternative o è certo che il fattore naturale sia tale da escludere del tutto il nesso di causa, oppure si deve ritenere che il danneggiante/debitore non abbia fornito la prova della causa non imputabile con conseguente riconducibilità, in termini di responsabilità tout court , della lesione della salute alla condotta colpevole Cass. civ., sez. III, 21-07-2011, n. 15991, in motivazione . Sulla base dei principi di diritto innanzi richiamati, a fronte dell’intervento routinario cui venne sottoposta R.P. il 28.3.2001 presso l’ASL XX di Casale Monferrato ed al peggioramento delle sue condizioni di salute, con esiti finali invalidanti, determinato da una evoluzione fibrocicatriziale più abbondante dell’usuale cagionata da un fatto costituzionale o indeterminabile , il giudice del merito ha omesso di valutare se, alla stregua delle risultanze istruttorie, la reazione fibrocicatriziale sviluppata dalla R. - o altri fattori naturali - fossero stati causa esclusiva dell’insuccesso dell’intervento solo il positivo accertamento di tale circostanza, difatti, escluderebbe la colpa del medico, restando altrimenti a suo carico gli effetti della mancanza di prova che gli esiti pregiudizievoli siano stati determinati da causa allo stesso non imputabile. La corte territoriale non ha poi esaminato le risultanze istruttorie relative alla documentazione medica inerente il ricovero della R. dal 15 maggio al 16 giugno 2001 presso l’Istituto , da cui emerge che all’intervento effettuato il 28.3.2001 presso l’ASL XX di Casale Monferrato è stata riconosciuta natura del tutto diversa trocleotomia e non tenolisi da quella indicata dall’ASL, e dove sono specificate le prestazioni terapeutiche effettuate sulla base della situazione clinica presentata dalla paziente. Risulta altresì omessa ogni valutazione circa la congruità della prescrizione del farmaco Neureben rispetto ad un intervento di tenolisi . L’esame delle descritte controverse emergenze istruttorie appare decisivo ai fini della esatta individuazione del trattamento sanitario cui venne sottoposta l’odierna ricorrente e del consequenziale accertamento delle cause dell’insuccesso. Quanto alla censura inerente la violazione del diritto all’autodeterminazione in relazione alla mancanza del consenso informato, la Corte condivide l’assunto della ricorrente secondo cui, per la risarcibilità di tale danno, non è necessaria la prova richiesta solo per il danno alla salute che il paziente, ove adeguatamente informato, avrebbe rifiutato l’intervento da ultimo, Cass., sez. III, 14-07-2015, n. 14642 . Nella specie, tuttavia, la ricorrente ha omesso di riprodurre direttamente o indirettamente il contenuto dell’atto di citazione in primo grado, non consentendo così a questa Corte di verificare se la domanda risarcitoria concernesse anche la violazione del diritto all’autodeterminazione del paziente, e non esclusivamente la lesione del diritto alla salute. 3. Conclusivamente, il ricorso va accolto per quanto di ragione. La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione ai profili accolti, con rinvio, per un nuovo esame, alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, che provvederà altresì alla regolamentazione delle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione cassa la sentenza impugnata in relazione ai profili accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione.