Due eredi su tre propongono appello per la decisione sulla morte del parente: cosa deve fare il terzo?

Quando gli eredi agiscono per la morte di un parente, sussiste un caso di obbligazione solidale dal lato attivo, per la quale ciascun creditore è legittimato a pretendere l’intero. L’obbligazione solidale non comporta l’inscindibilità delle cause e non dà luogo a litisconsorzio necessario, per cui in appello si fa applicazione dell’art. 332 c.p.c. notificazione dell’impugnazione relativa a cause scindibili e non dell’art. 331 c.p.c. integrazione del contraddittorio in cause inscindibili .

Lo afferma la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 4658, depositata il 9 marzo 2015. Il caso. Un dipendente comunale dava fuoco ad alcuni materiali causando, in maniera colposa, la morte di un uomo. I tre eredi di quest’ultimo convenivano in giudizio il dipendente comunale ed il Comune chiedendo il risarcimento dei danni. Il tribunale di Torre Annunziata accoglieva la domanda, condannando i convenuti in solido al pagamento di 50.000 euro in favore di ciascun attore. Due dei tre eredi proponevano appello e la Corte d’appello di Napoli, nel 2006, decideva sul gravame. Successivamente, il terzo erede proponeva un separato atto di appello contro la stessa pronuncia del tribunale, dichiarato, però, inammissibile per tardività dalla stessa Corte d’appello di Napoli nel 2012. Quest’ultimo ricorreva in Cassazione, lamentando la violazione della normativa processuale. Obbligazione solidale. La Corte di Cassazione sottolinea che, avendo gli attori agito per il risarcimento dei danni conseguenti alla morte del parente, sussisteva un caso di obbligazione solidale dal lato attivo un’ipotesi per la quale ciascun creditore è legittimato a pretendere l’intero. L’obbligazione solidale non comporta l’inscindibilità delle cause e non dà luogo a litisconsorzio necessario, per cui in appello si fa applicazione dell’art. 332 c.p.c. notificazione dell’impugnazione relativa a cause scindibili e non dell’art. 331 c.p.c. integrazione del contraddittorio in cause inscindibili . Atto di appello nel termine. Il ricorrente, perciò, avrebbe potuto e dovuto proporre, piuttosto, un autonomo atto di appello, ma nel rispetto del termine lungo per impugnare. In ogni caso, sottolineano gli Ermellini, ove mai si fosse trattato di un litisconsorzio necessario, il litisconsorte ingiustamente pretermesso nel giudizio di appello avrebbe potuto proporre opposizione di terzo contro la sentenza del 2006, non un appello tardivo, oltre il termine previsto dall’art. 327 c.p.c Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 15 gennaio – 9 marzo 2015, n. 4658 Presidente Finocchiaro – Relatore Cirillo Svolgimento del processo È stata depositata la seguente relazione 1. I.D. , I.M. e S.A. , in qualità di eredi del defunto I.E. , convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Torre Annunziata, il Comune di quella città e L.P. , chiedendo che fossero condannati in solido al risarcimento dei danni conseguenti al comportamento colposo del L. , dipendente comunale, il quale aveva dato fuoco ad alcuni materiali determinando la morte di I.E. . Si costituì il Comune convenuto, chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale accolse la domanda, condannando i convenuti in solido al pagamento della somma di Euro 50.000 in favore di ciascuno degli attori. 2. La sentenza è stata appellata da I.D. e S.A. , e la Corte d'appello di Napoli ha deciso quel gravame con sentenza dell'8 marzo 2006. 3. Successivamente, I.M. ha proposto un separato atto di appello avverso la medesima pronuncia del Tribunale, dichiarato inammissibile dalla Corte d'appello di Napoli per tardività, con sentenza del 6 novembre 2012. 4. Contro quest'ultima sentenza d'appello ricorre I.M. con atto affidato a due motivi. Resiste il Comune di Torre Annunziata con controricorso. 5. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380-bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere rigettato. 6. I due motivi di ricorso, che denunciano genericamente errore in procedendo ed errore in indicando , sono entrambi infondati. Occorre rilevare, innanzitutto, che, agendo gli attori nella qualità di eredi per il risarcimento dei danni conseguenti alla morte del loro rispettivamente padre e marito, sussiste un caso tipico di obbligazione solidale dal lato attivo, per la quale ciascuno dei creditori è legittimato a pretendere l'intero. Trova quindi applicazione la giurisprudenza secondo la quale l'obbligazione solidale non comporta, sul piano processuale, l'inscindibilità delle cause e non da luogo a litisconsorzio necessario sentenza 21 novembre 2006, n. 24680 , sicché in appello si fa applicazione dell'art. 332 e non dell'art. 331 cod. proc. civ. sentenza 11 febbraio 2009, n. 3338 . L'odierna ricorrente, quindi, avrebbe potuto e dovuto proporre, semmai, un autonomo atto di appello, ma nel rispetto del termine lungo per impugnare. Ove mai, comunque, si fosse trattato di un litisconsorzio necessario, il litisconsorte ingiustamente pretermesso nel giudizio di appello avrebbe potuto proporre opposizione di terzo contro la sentenza emessa nel 2006, e non certo un appello tardivo, oltre il termine allora annuale dell'art. 327 del codice di rito. Si ritiene, pertanto, che il ricorso debba essere rigettato”. Motivi della decisione 1. Non sono state presentate memorie alla precedente relazione. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni. 2. Il ricorso, pertanto, è rigettato. A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in conformità al d.m. 10 marzo 2014, n. 55. Sussistono inoltre le condizioni di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.800, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.