Mancano gli atti, ma se la parte li ha richiesti, il giudice non può fargliene una colpa

In tema di equa riparazione, qualora la parte si sia avvalsa della facoltà, ai sensi dell’art. 3, comma 5, l. n. 89/2001, di richiedere alla Corte d’appello di disporre l’acquisizione degli atti del processo presupposto, il giudice non può addebitare alla mancata produzione documentale, da parte dell’attore, di quegli atti la causa del mancato accertamento dell’addotta violazione della ragionevole durata del processo.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 25270, depositata il 28 novembre 2014. Il caso. La Corte d’appello di Campobasso rigettava il ricorso di un uomo presentato contro il Ministero della Giustizia per ottenere un’equa riparazione a causa del superamento del termine ragionevole di durata di un processo, che nello specifico riguardava un’opposizione contro la determinazione dell’indennità di esproprio. La Corte territoriale si era così espressa per la mancata allegazione dell’esistenza del danno e della sua natura. L’attore ricorreva in Cassazione e, premesso di aver fatto richiesta nelle fasi di merito di acquisizione del fascicolo relativo al giudizio presupposto, deduceva che nel giudizio per equa riparazione non può essere ascritta alla parte ogni carenza probatoria che sia superabile con l’esercizio da parte del giudice dei suoi poteri di iniziativa d’ufficio. Nessun addebito. La Corte di Cassazione ricorda che, in tema di equa riparazione, qualora la parte si sia avvalsa della facoltà, ai sensi dell’art. 3, comma 5, l. n. 89/2001, di richiedere alla Corte d’appello di disporre l’acquisizione degli atti del processo presupposto, il giudice non può addebitare alla mancata produzione documentale, da parte dell’attore, di quegli atti la causa del mancato accertamento dell’addotta violazione della ragionevole durata del processo. Poteri della parte e del giudice. La parte ha un onere di allegazione e dimostrazione, limitato, però, alla sua posizione nel processo, la data di inizio e di definizione, nonché gli eventuali gradi in cui si è articolato. Invece, spetta al giudice, basandosi su questi dati, oltre a quelli addotti dalla parte resistente e a quelli acquisiti dagli atti del processo presupposto, verificare in concreto se vi sia stata violazione del termine ragionevole di durata. Sussiste un potere di iniziativa del giudice, che gli impedisce di rigettare la domanda per eventuali carenze probatorie superabili con l’esercizio di questo potere. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione alla Corte d’appello di Campobasso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, sentenza 10 luglio – 28 novembre 2014, n. 25270 Presidente Petitti – Relatore Falaschi Svolgimento del processo Fernando R., in proprio e quale erede di N.R. e di G.R., ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo, avverso il decreto della Corte di appello di Campobasso, pubblicato in data 12 aprile 2013, in materia di equa riparazione L. n. 89 del 2001, ex art. 2, con il quale è stato rigettato il ricorso dal medesimo presentato nei confronti del Ministero della giustizia in conseguenza del superamento del termine ragionevole di durata di un giudizio introdotto davanti alla Corte di appello di L'Aquila nei confronti dell'Amministrazione provinciale di Teramo di opposizione avverso la determinazione dell'indennità di esproprio in data 12 ottobre 1989 dai suoi danti causa e definito con sentenza depositata il 17 ottobre 2011 per mancata allegazione dell'esistenza del danno, della sua natura e dei fattori della sua causazione efficiente. Il Ministero della giustizia ha resistito con controricorso. Parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione Il Collegio ha deliberato l'adozione della motivazione semplificata nella redazione della sentenza. Con l'unico motivo il ricorrente, premesso di avere nel caso di specie fatto richiesta di acquisizione del fascicolo relativo al giudizio presupposto, deduce che nel giudizio per equa riparazione non può essere ascritta alla parte qualsiasi carenza probatoria che sia superabile con l'esercizio da parte del giudice dei suoi poteri d'iniziativa d'ufficio. Il ricorso appare manifestamente fondato. In tema di equa riparazione, ove la parte si sia avvalsa della facoltà - prevista dalla legge 24 marzo 2001, n. 89, art 3, comma 5, - di richiedere alla corte d'appello di disporre l'acquisizione degli atti del processo presupposto, il giudice non può addebitare alla mancata produzione documentale, da parte dell'istante, di quegli atti la causa del mancato accertamento della addotta violazione della ragionevole durata del processo. Difatti la parte ha un onere di allegazione e di dimostrazione, che però riguarda la sua posizione nel processo, la data iniziale di questo, la data della sua definizione e gli eventuali gradi in cui si è articolato, mentre in coerenza con il modello procedimentale, di cui agli artt. 737 e ss. c.p.c., prescelto dal legislatore spetta al giudice - sulla base dei dati suddetti, di quelli eventualmente addotti dalla parte resistente e di quelli acquisiti dagli atti del processo presupposto - verificare in concreto e con riguardo alla singola fattispecie se vi sia stata violazione del termine ragionevole di durata Cass. n. 21093 del 2005 , tenuto anche conto che nel modello processuale della L. n. 89 del 2001 sussiste un potere d'iniziativa del giudice, che gli impedisce di rigettare la domanda per eventuali carenze probatorie superabili con l'esercizio di tale potere Cass. n. 18603 del 2005 . Nel caso di specie, la Corte di merito - affermando che il ricorrente non ha neanche assolto il dovere primario di allegazione dell'esistenza del danno - non si è uniformata all'orientamento sopra richiamato. Alla stregua delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento del decreto impugnato e con rinvio della causa alla Corte d'appello di Campobasso perché, in diversa composizione, proceda a nuovo esame della domanda di equa riparazione proposta dal ricorrente. Al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte, accoglie il ricorso cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, alla Corte di appello di Campobasso, in diversa composizione.