Furto d’auto nel parcheggio della metropolitana: il cartello «parcheggio incustodito» lascia a piedi l’automobilista

Area di sosta comunale munita di sbarre e dispositivi di sicurezza, ma basta apporre il cartello parcheggio incustodito e l’obbligo di custodia sparisce.

Questa è l’estrema sintesi della decisione contenuta nella sentenza n. 14067 della Corte di Cassazione, depositata il 4 giugno 2013. Il caso. Il proprietario di un’auto, oggetto di furto presso il parcheggio di una fermata della metropolitana milanese, chiedeva alla società di trasporti oltre 39mila euro di risarcimento danni. Il Tribunale respingeva la domanda attorea, precisando che oggetto del contratto fosse soltanto il godimento dello spazio di sosta e non già la custodia dell’autovettura. Irrilevanti le condizioni del contratto che escludono la custodia? Di tutt’altro avviso, invece, i giudici di secondo grado che avevano rilevato, nella specie, un contratto atipico di parcheggio, per il quale era da farsi riferimento alla disciplina del deposito, con conseguente individuazione dell’oggetto del contratto nella messa a disposizione di uno spazio per il parcheggio e la custodia del veicolo . Ma il cartello parcheggio incustodito c’è? E poi, precisano i giudici territoriali, il parcheggio risulta essere segnalato nelle vicinanze della fermata della metropolitana e sulla Tangenziale Est di Milano, ma in nessun cartello si fa cenno al fatto che si tratti di un parcheggio incustodito. A proporre ricorso per la cassazione della sentenza di secondo grado è la stessa azienda di trasporti. La presenza di sbarre e dispositivi di sicurezza non conta. La Cassazione ribadisce così un principio affermato dalle stesse Sezioni Unite Cass., SSUU, sent. n. 14319/2011 , secondo cui l’istituzione da parte dei Comuni, previa deliberazione della Giunta, di aree di sosta a pagamento art. 7, comma 1, lett. f , c.d.s. , non comporta l’assunzione dell’obbligo del gestore di custodire i veicoli su di esse parcheggiati se l’avviso parcheggio incustodito” è esposto in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto art. 1326, comma 1, e 1327 c.c. , perché l’esclusione attiene all’oggetto dell’offerta al pubblico ex art. 1336 c.c. senza che sia necessaria l’approvazione per iscritto della relativa clausola, ai sensi dell’art. 1341, comma 2, c.c., non potendo presumerne la vessatorietà , e – aggiunge la S.C. - l’univoca qualificazione contrattuale del servizio, reso per finalità di pubblico interesse, non consente, al fine di costituire l’obbligo di custodia, il ricorso al sussidiario criterio della buona fede o al principio dell’affidamento incolpevole sulle modalità di offerta del servizio stesso – come le recinzioni e i dispositivi di sicurezza - potendo queste ascriversi all’organizzazione della sosta. Nessun risarcimento. In conclusione, gli Ermellini annullano senza rinvio la sentenza impugnata, affermando che nelle situazioni come quelle affrontate con la sentenza in commento, il gestore concessionario del Comune di un parcheggio senza custodia non è responsabile del furto del veicolo in sosta nell’area all’uopo predisposta .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 maggio – 4 giugno 2013, n. 14067 Presidente Berruti – Relatore Vincenti Ritenuto in fatto 1. - G F. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Milano, l'Azienda Trasporti Milanese A.T.M. S.p.A. per sentirla condannare al risarcimento dei danni patiti nella misura di Euro 39.075,13 a titolo di omessa custodia dell'autovettura Audi A6 di sua proprietà, la quale, in data 12 aprile 2000, era stata oggetto di furto allorché sostava presso il parcheggio multipiano di omissis , gestito dall'A.T.M Nel contraddittorio delle parti, il Tribunale respingeva la domanda attrice, reputando che oggetto del contratto fosse soltanto il godimento dello spazio di sosta e non già la custodia dell'autovettura. 2. - Il gravame del F. avverso tale sentenza veniva accolto dalla Corte di appello di Milano con sentenza resa pubblica il 29 novembre 2007. 2.1. - La Corte territoriale riteneva che, nella specie, rilevasse un contratto atipico di parcheggio, per il quale era da farsi riferimento alla disciplina del deposito, con conseguente individuazione dell'oggetto del contratto nella messa a disposizione di uno spazio per il parcheggio e la custodia del veicolo, risultando irrilevanti eventuali condizioni generali di contratto dell'impresa che gestisce il parcheggio, che escludono un obbligo di custodia poiché - per il modo rapidissimo con cui il contratto si conclude - è legittimo ritenere che tale conoscenza sfugga all'utente . 2.2. - A tal fine, il giudice di appello osservava che il parcheggio utilizzato dal F. , chiamato di corrispondenza in quanto posto nelle vicinanze della metropolitana milanese di omissis , risultava segnalato sia sulla tangenziale omissis , sia sulla via omissis , senza che in nessuno di detti cartelli si facesse cenno al fatto che fosse incustodito. Né, peraltro, risultava sufficientemente provato che all'entrata del parcheggio fossero affisse particolari condizioni generali di contratto tali da escludere l'obbligo di custodia . A tal riguardo, la Corte territoriale non reputava dirimente la deposizione del teste B. , che aveva ritenuto di intravedere i cartelli con la dicitura parcheggio non custodito ed il regolamento del parcheggio all'ingresso dello stesso, ma escluso che detta dicitura fosse presente sui cartelli posti sulla tangenziale. Peraltro, il giudice del gravame rilevava che l'area adibita a sosta aveva tutte le caratteristiche dell'autorimessa, trattandosi di un parcheggio multipiano fornito di sbarre sia all'entrata che all'uscita e dotato di telecamere interne . Il fatto poi che trattavasi, per l'appunto, di parcheggio multipiano meccanizzato e non già di zona cittadina strada adibita a parcheggio , escludeva che potesse ricorrere la fattispecie del parcheggio con controllo della durata della sosta a pagamento, ma senza custodia, di cui agli artt. 15 e 17 della legge 24 marzo 1989, n. 122. Di qui, pertanto, la necessità dell'approvazione per iscritto di eventuali clausole di esonero della responsabilità, come gli avvisi o il regolamento indicanti la mancanza di custodia sui veicoli parcheggiati sicché, in assenza di tale approvazione, la A.T.M. era responsabile, ai sensi dell'art. 1780 cod. civ., per i danni patiti dal F. a seguito del furto della sua autovettura avvenuto presso il parcheggio di omissis . 3. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre l'Azienda Trasporti Milanese A.T.M. S.p.A. sulla base di due motivi. Resiste con controricorso G F. . Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ Considerato in diritto 1. - Con il primo mezzo è denunciata la violazione e la falsa applicazione dell'art. 1766 e ss. cod. civ., dell'art. 1571 cod. civ., dell'art. 15 della legge n. 122 del 1989, dell'art. 7, comma 1, lett. f , del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 e dell'art. 1341, secondo comma, cod. civ. nonché vizio di motivazione su punti essenziali della controversia. La società ricorrente assume che l'area di sosta nella quale si è verificato il furto dell'autovettura del F. risponde alla tipologia di parcheggio che l'art. 15 della legge n. 122 del 1989, e successivamente l'art. 7, comma 1, lett. f , del d.lgs. n. 285 del 1992, per soddisfare esigenze di decongestionamento del traffico cittadino, ha consentito ai Comuni di predisporre in alcune zone cittadine, attrezzandoli di dispositivi di controllo della durata della sosta a pagamento, ma senza alcuna custodia da parte degli addetti comunali o del concessionario del servizio e, dunque, in deroga alla disciplina generale posta dagli artt. 1766 e ss. cod. civ., cosi da non potersi ascrivere l'assenza di custodia ad una clausola di esonero della responsabilità. Proprio in attuazione di tale disposto normativo, il Comune di Milano, con deliberazione di Giunta 24 novembre 1993, n. 1740, ha istituito nel territorio milanese talune aree di sosta, situate in posizioni strategica per incentivare l'uso dei mezzi pubblici e cioè soprattutto in prossimità dei capolinea delle linee metropolitane , utilizzando il modello della struttura multipiano del silos che consente l'allocazione di un maggior numero di vetture e del sistema a sbarra che elimina la necessità di installare un parchimetro ogni singolo posto auto . La Corte territoriale avrebbe, dunque, ignorato il dato normativo di riferimento e siffatte circostanze di fatto, errando altresì nel ritenere non dirimente la deposizione del teste B. , che aveva invece riferito sulla presenza del regolamento del parcheggio e dell'avviso parcheggio non custodito all'ingresso del parcheggio stesso, così dando riscontro positivo a quanto documentato dalle fotografie prodotte dallo stesso attore . In tal modo, il giudice di appello non avrebbe tenuto conto del concreto regolamento negoziale cui le parti erano tenute, posto che il contenuto del contratto in questione risultava dal regolamento del parcheggio, debitamente affisso e portato a conoscenza degli utenti , il quale assume valore di proposta contrattuale che l'utente stesso accetta nel momento in cui lascia in sosta l'auto attenendosi alle disposizioni del gestore . In conclusione viene formulato il seguente quesito ex art. 366 bis cod. proc. civ. Se il rapporto giuridico che si instaura tra colui che immette un autoveicolo in una area di interscambio disciplinata dall'art. 7, comma 1, lett. f del d.lgs. 285/1992 e concretizzata nella delibera n. 1740/93 del 24.11.1993 della Giunta Comunale di Milano, nonostante l'avviso ben visibile che nell'area è escluso ogni obbligo di custodia, debba essere considerato comunque un contratto di deposito con obbligo di custodia da parte del depositario, ovvero debba essere ricondotto nel contratto atipico di parcheggio incustodito, definibile come locazione di area, per essere normativamente prevista dal citato art. 7 d.lgs. n. 285/92 l'ipotesi di parcheggio senza custodia del veicolo . 1.1. - Il motivo, nella parte in cui è ammissibile, è fondato. È, infatti, da ritenersi ammissibile la sola denuncia del vizio di violazione e falsa applicazione di legge, giacché assistita da congruo quesito di diritto, mentre è inammissibile la denuncia del vizio di motivazione, privo del quesito c.d. di fatto o di sintesi imposto dall'art. 366 bis cod. pro. civ., applicabile ratione temporis in quanto la sentenza impugnata è stata resa pubblica il 29 novembre 2007, nella vigenza della anzidetta norma processuale . Ciò in forza di quanto affermato da Cass., sez. un., 9 marzo 2009, n. 5624 In caso di proposizione di motivi di ricorso per cassazione formalmente unici, ma in effetti articolati in profili autonomi e differenziati di violazioni di legge diverse, sostanziandosi tale prospettazione nella proposizione cumulativa di più motivi, affinché non risulti elusa la ratio dell'art. 366 bis cod. proc. civ., deve ritenersi che tali motivi cumulativi debbano concludersi con la formulazione di tanti quesiti per quanti sono i profili fra loro autonomi e differenziati in realtà avanzati, con la conseguenza che, ove il quesito o i quesiti formulati rispecchino solo parzialmente le censure proposte, devono qualificarsi come ammissibili solo quelle che abbiano trovato idoneo riscontro nel quesito o nei quesiti prospettati, dovendo la decisione della Corte di cassazione essere limitata all'oggetto del quesito o dei quesiti idoneamente formulati, rispetto ai quali il motivo costituisce l'illustrazione . 1.2. - Come detto, è fondata la censura di violazione di legge. Nella specie deve, infatti, trovare applicazione il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 14319 del 28 giugno 2011 - resa a composizione di un contrasto di giurisprudenza insorto nella materia ed in una controversia nella quale veniva in rilievo proprio il parcheggio milanese di omissis - in forza del quale l'istituzione da parte dei Comuni, previa deliberazione della Giunta, di aree di sosta a pagamento ai sensi dell'art. 7, comma 1, lettera f , del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 codice della strada , non comporta l'assunzione dell'obbligo del gestore di custodire i veicoli su di esse parcheggiaci se l'avviso parcheggio incustodito è esposto in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto artt. 1326, primo comma, e 1327 cod. civ. , perché l'esclusione attiene all'oggetto dell'offerta al pubblico ex art. 1336 cod. civ. senza che sia necessaria l'approvazione per iscritto della relativa clausola, ai sensi dell'art. 1341, secondo comma, cod. civ., non potendo presumersene la vessatorietà , e l'univoca qualificazione contrattuale del servizio, reso per finalità di pubblico interesse, normativamente disciplinate, non consente, al fine di costituire l'obbligo di custodia, il ricorso al sussidiario criterio della buona fede ovvero al principio della tutela dell'affidamento incolpevole sulle modalità di offerta del servizio stesso quali, ad esempio, l'adozione di recinzioni, di speciali modalità di accesso ed uscita, di dispositivi o di personale di controllo , potendo queste ascriversi all'organizzazione della sosta. Ne consegue che il gestore concessionario del Comune di un parcheggio senza custodia non è responsabile del furto del veicolo in sosta nell'area all'uopo predisposta”. La decisione assunta dalla Corte territoriale si discosta dal richiamato principio di diritto, rispetto al quale appare all'evidenza distonico l'apprezzamento del complesso delle circostanze fattuali da cui si è fatto scaturire l'inquadramento della fattispecie controversa nel contratto atipico di parcheggio con obbligo di custodia, cosi da escludere la sussistenza di un area di sosta a pagamento ai sensi dell'art. 7, comma 1, lett. f , del d.lgs. n. 285 del 1992. In tale prospettiva si pone, anzitutto, l'erroneo rilievo ascritto alle caratteristiche del parcheggio in questione - sito in prossimità della linea della metropolitana milanese OMISSIS e per ciò stesso, come affermato dallo stesso giudice di appello, denominato parcheggio di corrispondenza - ritenute consone di un'autorimessa, in quanto strutturato come multipiano e fornito di sbarre all'entrata e all'uscita, nonché dotato di telecamere interne. E proprio in ragione di siffatta struttura multipiano, con caratteristiche di parcheggio meccanizzato , che il giudice del gravame ha modulato il proprio fallace convincimento sulla qualificazione del contratto come messa a disposizione di uno spazio insieme alla custodia del veicolo , cosi da escludere che, nella specie, si potesse invece ravvisare una zona cittadina adibita a parcheggio , cui sarebbe stato possibile ricondurre la tipologia contrattuale discendente dal citato art. 7 del d.lgs. n. 285 del 1992. Peraltro, la Corte milanese ha corroborato il ragionamento decisorio in forza della circostanza, non decisiva, della assenza di cartelli con la dicitura di parcheggio incustodito sulle strade tangenziale omissis di avvicinamento al parcheggio e in prossimità della fermata della metropolitana omissis presso cui il parcheggio stesso era situato. Là dove, invece, in ordine al fatto, rilevante, della presenza di avvisi escludenti l'obbligo di custodia cosi come del regolamento dell'area di sosta all'ingresso del medesimo parcheggio, il giudice di appello lo ha ritenuto non sufficientemente provato , correlando, tuttavia, un siffatto apprezzamento anche alla predetta mancanza di cartelli sulla sede autostradale e cosi reputando non dirimente la deposizione del teste escusso in istruttoria, il quale, però, - come riportato per esteso nella stessa sentenza impugnata - ha, invero, significativamente riferito che il regolamento, il cui testo mi viene mostrato è esposto sia all'ingresso, sia in ogni piano, sia nel piano Cassa” e, dopo aver visionato le fotografie prodotte dall'attore , che gli sembrava di poter dire che il regolamento e l'avviso parcheggio non custodito sono quelli che si intravedono in due delle foto, posizionati proprio al di sopra dell'immagine indicante il posto dei disabili, situato all'ingresso del parcheggio”. Risulta, quindi, evidente come il giudizio di sussunzione, operato dalla Corte territoriale, non sia rispondente alle anzidette coordinate di diritto, tracciate, per l'appunto, dalla citata pronuncia delle Sezioni Unite. 2. - Con il secondo mezzo è dedotto vizio di motivazione sulla prova dell'accadimento materiale del fatto . La Corte territoriale non avrebbe sufficientemente motivato o, comunque, lo avrebbe fatto in modo inidoneo in relazione alla prova, che il F. avrebbe dovuto fornire, sulla effettiva verificazione del furto della sua auto in sosta presso il parcheggio di OMISSIS . 2.1. - Il motivo è inammissibile perché non assistito dal quesito c.d. di fatto o di sintesi imposto dall'art. 366-bis cod. proc. civ. e ciò alla stregua di quanto affermato dal diritto vivente di recente Cass., 18 novembre 2011, n. 24255 in precedenza anche Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603 , secondo il quale è inammissibile, ai sensi dell'art. 366 bis cod. proc. civ., per le cause ancora ad esso soggette, il motivo di ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione qualora non sia stato formulato il c.d. quesito di fatto, mancando la conclusione a mezzo di apposito momento di sintesi, anche quando l'indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata censura, attesa la ratio che sottende la disposizione indicata, associata alle esigenze deflattive del filtro di accesso alla S.C., la quale deve essere posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l'errore commesso dal giudice di merito . 3. - All'accoglimento del primo motivo segue la cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384, comma secondo, cod. proc. civ. Difatti, il thema probandum risulta esaurito con il giudizio di appello e nei termini dell'accertamento fattuale complessivo delineato nella sentenza della Corte territoriale, che le parti e tanto più il controricorrente non hanno messo in discussione, né contestato, come tale, in questa sede. Può trovare, dunque, applicazione l'anzidetto secondo comma dell'art. 384, giacché tale norma - come condivisibilmente affermato da Cass., 10 settembre 2010, n. 19301 - preclude alla Corte di cassazione di pervenire alla decisione nel merito allorché vi siano ulteriori fatti da accertare, ma non ne inibisce la valutazione quando i fatti siano stati già tutti accertati o non siano contestati e non ve ne siano altri, ancora da accertare, suscettibili di poter essere apprezzati o perché mancano o perché la facoltà di domandarne l'accertamento è impedita alle parti dalle preclusioni in cui siano incorse . Sicché, secondo quanto in precedenza rilevato, gli elementi fattuali accertati nel corso del giudizio di merito compreso quello della presenza delle indicazioni all'interno del parcheggio circa l'assenza di custodia dei veicoli ivi in sosta, come chiaramente riferito dal teste escusso convergono nel far ritenere, in sintonia con il principio enunciato dalle Sezioni Unite nel 2011, che il parcheggio di corrispondenza sito in prossimità della metropolitana milanese Cascina Gobba, allorquando ebbe a verificarsi il furto dell'autovettura di proprietà del F. , era un area di sosta a pagamento ai sensi dell'art. 7, comma 1, lettera f , del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 codice della strada , non comportante l'assunzione, da parte del gestore, dell'obbligo di custodire i veicoli su di esso parcheggiati di qui, l'assenza di responsabilità in capo al gestore medesimo per il furto del veicolo in sosta nell'area appositamente predisposta. La domanda proposta dal F. , per conseguire, nei confronti della A.T.M. S.p.A., il risarcimento del danno per il furto della propria autovettura in sosta presso il parcheggio di cascina Gobba, va, dunque, rigettata. 4. - Le oscillazioni della giurisprudenza sulla tematica giuridica fulcro della presente controversia, venute meno a seguito della richiamata sentenza delle Sezioni Unite del 2011, successiva alla proposizione del ricorso per cassazione qui scrutinato, consentono di disporre la totale compensazione, tra le parti in causa, delle spese processuali dei gradi di merito e del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il secondo motivo cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda risarcitoria proposta da G F. nei confronti della Azienda Trasporti Milanese A.T.M. S.p.A. dichiara interamente compensate tra le parti le spese processuali dei gradi di merito e del presente giudizio di legittimità.