Cade accidentalmente in ospedale, ma il personale medico non è responsabile

La caduta accidentale interrompere il collegamento causale tra cosa e danno ed esclude la responsabilità del personale medico per mancata vigilanza.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14056/13, depositata il 4 giugno scorso. Il caso. Un uomo, già ricoverato in ospedale per una patologia renale, cadeva accidentalmente presso la stessa struttura, riportando una frattura alla gamba destra. Pertanto, chiedeva il risarcimento dei danni subiti sia a titolo di responsabilità extracontrattuale che per pretesa omissione di controllo e vigilanza del personale, nonché per mancata tempestiva diagnosi della riportata frattura da parte dei medici. Risarcimento che, però, non viene riconosciuto in nessuno dei due gradi del giudizio di merito e, per questo, il danneggiato si rivolge ai giudici di Cassazione. Il pavimento era bagnato? Ma i Supremi Giudici ritengono privo di fondamento ogni motivo di ricorso. In particolare, è stata correttamente esclusa – secondo la S.C. - ogni colpa professionale, ogni concorso di responsabilità degli operatori, riconoscendo l’accidentalità della caduta, come causa del danno riportato, ossia – precisano ulteriormente gli Ermellini - ritenendo la caduta come fatto idoneo ad interrompere il collegamento causale tra cosa e danno, in quanto la colpa funge da limite all’oggettiva affermazione della responsabilità, una volta accettata la relazione causale tra la condotta e l’evento .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 9 aprile – 4 giugno 2013, n. 14056 Presidente Petti – Relatore Uccella Svolgimento del processo In data 31 maggio 2004 il Tribunale di Latina rigettava la domanda di risarcimento danni proposta da F.L. nei confronti della Azienda USL di , in seguito alla caduta accidentale riportata presso l’Ospedale omissis , ove era ricoverato per una patologia renale danni da lui asseritamene subiti sia a titolo di responsabilità extracontrattuale che per pretesa omissione di controllo e vigilanza del personale del nosocomio nonché per la mancata tempestiva diagnosi della riportata frattura della gamba destra da parte dei medici dell'Ospedale stesso. Su gravame del F. , la Corte di appello di Roma in data 6 novembre 2006 confermava la sentenza di prime cure. Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione il F. , affidandosi a tre motivi. Nessuna attività difensiva risulta svolta dalla intimata Azienda ASL di . Il ricorrente ha depositato memoria. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo violazione dell'articolo 360 n. 3 c.p.c. per violazione di legge e/o falsa applicazione di norme di diritto violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e degli artt. 2727, 2729, 2043 c.c. , in estrema sintesi, il ricorrente lamenta che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice dell'appello, risulterebbe dagli atti di causa che la caduta, avvenuta nei locali igienici del reparto ove egli era ricoverato il 1 giugno 1997, locali bagnati e scivolosi, era riconducibile alla omessa sorveglianza da parte dei medici. A causa di una errata e/o incompleta compilazione della prima cartella clinica, da cui si evidenziava uno stato di salute nefrite interstiziale e vascolare, ipertensione arteriosa e gotta in paziente affetto da diabete mellito pienamente compatibile con la possibilità di deambulazione e di autogestione del proprio corpo - ad eccezione di una ridotta mobilità articolare del bacino-, nonché di un omesso esame di tutti gli atti e di tutte le prove, v.p. 27 ricorso il giudice dell'appello avrebbe violato l'articolo 116 c.p.c. e non avrebbe rispettato neanche gli artt. 2727 e 2729 del codice civile nonché il parere espresso sul punto dal CTU, che in relazione alle condizioni del paziente si era espresso nel senso che le stesse imponevano l'assoluta degenza a letto p. 22 - 23 ricorso . Pertanto, i dipendenti del nosocomio non avrebbero adempiuto al loro dovere di vigilanza del paziente stesso p. 25 ricorso . Ad illustrazione del motivo viene formulato il seguente quesito di diritto Dica la Ecc.ma Corte di Cassazione se la mancata e/o incompleta compilazione della cartella clinica da parte della struttura ospedaliera e dei sanitari, relativamente a patologie da cui il paziente era già affetto, può essere ritenuta fonte di responsabilità dell'ente ospedaliero e dei propri dipendenti per omissione di culpa in vigilando laddove le condizioni generali del paziente, non analiticamente e dettagliatamente riportate nella predetta cartella clinica, erano tali da richiedere da parte della struttura sanitaria un obbligo e un costante dovere di sorveglianza del paziente, obbligo e dovere di sorveglianza invece non rispettati in occasione di un evento dannoso . Osserva il Collegio che la censura è infondata ed il quesito non coglie la ratio decidendi della impugnata sentenza. Di vero, il giudice dell'appello ha tenuto presente la cartella clinica redatta subito dopo la caduta, dalla quale si faceva esclusivo riferimento ad una caduta accidentale , per poi soffermarsi sulla cartella clinica relativa al primo ricovero dal 25 maggio al 6 giugno durante il quale si era verificata la caduta e dalla quale si evidenziava uno stato di salute pienamente compatibile con la deambulazione e l'autogestione del proprio corpo ad eccezione di ridotta mobilità del bacino . Quindi, non risponde al vero che quella cartella fosse incompleta. Peraltro, il ricorrente evidenzia la incompletezza della prima cartella clinica in riferimento ad un pregresso episodio di ictus che viene indicato soltanto nella terza cartella clinica e comunque non ha allegato nemmeno quelle circostanze che avrebbero potuto essere prese in considerazione come presunzioni logiche. In altri termini, a fronte d una accidentalità refertata il discorso si articola in astratto e non riguarda la dinamica del fatto concretamente accaduto. Di qui, la esclusione di ogni responsabilità del personale ospedaliere per omessa sorveglianza del paziente p. 5 sentenza impugnata . 2.- Con il secondo motivo violazione dell'articolo 360 n. 5 c.p.c. per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio il ricorrente lamenta che, pur avendo il CTU relazionato sulla necessità di una sua degenza assoluta a letto, il giudice dell'appello avrebbe manifestato il suo dissenso dall'ausiliario allorché ha argomentato che solo una patologia come una tetraparesi da probabile polinevrite e un pregresso ictus cerebrale vedesi diagnosi principale e diagnosi di ammissione riportate nella cartella clinica relativa al terzo ricovero sarebbero state in grado di imporre ai sanitari quel dovere di sorveglianza escluso per il primo ricovero p. 31 ricorso . Ad illustrazione della censura viene formulato il seguente quesito di diritto Dica la Ecc.ma Corte di Cassazione se si concretizza il vizio di motivazione della sentenza allorquando il Giudice, immotivatamente e senza giustificare il proprio dissenso in modo adeguato, si discosta e/ o svaluta e/o non considera le risultanze della CTU su un punto decisivo della controversia . In riferimento a questa doglianza osserva il Collegio che è sufficiente leggere quanto argomentato nella sentenza impugnata. Infatti, il giudice dell'appello non si è discostato né ha svalutato o non considerato le risultanze della CTU per il semplice motivo che ha escluso ogni colpa professionale, ogni concorso di responsabilità degli operatori, rinvenendo e riconoscendo la accidentalità della caduta, come causa del danno riportato, ossia ritenendo la caratteristica della caduta come fatto idoneo di per sé ad interrompere il collegamento causale tra cosa e danno in quanto la colpa funge da limite all'oggettiva affermazione della responsabilità, una volta accettata la relazione causale tra la condotta e l'evento , a nulla rilevando la mera omissione materiale ed escludendo qualsiasi concatenazione probabilistica tra l’evento dannoso ed il comportamento antidoveroso dell'Azienda Ospedaliera. Non solo, ma riportandosi alle motivazioni del primo Giudice, che ha fatto proprie, ha posto in rilievo la tempestività degli esami ortopedici effettuati in modo mirato, ossia in base alla situazione di dolore evidenziata dal paziente il fatto che la limitazione funzionale dolorosa nel punto esatto della rottura si è manifestata solo qualche giorno dopo dall'evento dannoso tra il primo ed il terzo ricovero erano passati ben 15 giorni durante i quali il paziente era stato addirittura rimesso il CTU ha relazionato che l’evoluzione della frattura non è stata affatto compromessa dal preteso ritardo della diagnosi, stante la esistente degenza del paziente che ha reo superfluo l'apposizione del gesso, come accertato anche presso l'Ospedale OMISSIS il successivo giugno XXXX. Di qui il rigetto della censura. 3. - Con il - terzo motivo violazione dell'articolo 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. per violazione di legge e/o falsa applicazione di norme di diritto violazione del dovere di custodia e dell'articolo 2051 c.c. nonché del principio dell'onere della prova violazione dell'articolo 360 n. 5 per insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione circa un punto controverso e decisivo per il giudizio in estrema sintesi il ricorrente sottolinea che la circostanza della presenza dell'acqua in terra avrebbe introdotto un altro fattore di responsabilità a carico della Azienda Ospedaliera e il giudice dell'appello avrebbe errato nel porre a carico dell'attore e non dell'ASL convenuta il dovere di provare che il pavimento fosse bagnato, non facendo buon governo dei criteri ermeneutici elaborati in tema di responsabilità ex articolo 2051 c.c Ad illustrazione della censura viene formulato il seguente quesito di diritto Dica l'Ecc.ma Corte di Cassazione se in ipotesi di responsabilità ex articolo 2051 c.c. è sufficiente all'attore provare che il danno lamentato derivo dalla cosa da altri custodita senza la necessità di provare, altresì, la condotta commissiva od omissiva del custode produttrice del danno. Dica, altresì, se in tali ipotesi l'onere della prova del caso fortuito è posto a carico del custode, il quale può escluder la propria responsabilità solo fornendo la prova del caso fortuito, cioè di un fatto avente i caratteri della imprevedibilità e dell'inevitabilità, caratteri che, comunque, non devono ritenersi ricorrenti nell'evento che il custode può prevenire esercitando i poteri di vigilanza che gli competono . La censura va disattesa. Di vero, il giudice dell'appello, sulla base delle testimonianze di numerosi pazienti ed infermieri ha ritenuto che non fosse stata raggiunta la prova idonea a dimostrare la esistenza del bagnato, al punto di affermare che non vi è alcuna prova dell'esistenza del pavimento bagnato , senza per questo attribuire all'attuale ricorrente alcun onere della prova, ma prendendo atto di deposizione rese da persone presenti all'accaduto. Ed, inoltre, ha argomentato che, nella specie, avendo la cosa svolto un ruolo occasionale nella causazione dell'evento e rappresentato un mero tramite del danno, provocato da causa estranea si è in presenza del c.d. fortuito incidentale, idoneo ad interrompere il collegamento causale tra la cosa ed il danno, come da giurisprudenza di questa Corte che puntualmente richiama p. 6 sentenza impugnata e da cui non è il caso di discostarsi e che va ribadita Cass. n. 2430/04 . Pertanto, non si rinvengono i vizi denunciati e conclusivamente il ricorso va respinto, ma nulla va disposto per le spese. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla dispone per le spese.