Quietanza firmata, ma solo per liberare il conducente dell’altro veicolo, non anche tutte le persone coinvolte

L’atto di quietanza costituisce un mero riconoscimento, da parte del creditore, dell’avvenuto pagamento e, quindi, si tratta di una dichiarazione di scienza priva di alcuna efficacia negoziale.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 13189, depositata il 28 maggio 2013. Il caso. I genitori di un minorenne - trasportato sullo scooter di un amico e rimasto vittima di un incidente stradale – convenivano in giudizio l’altro ragazzo e i suoi genitori per sentirli condannare al risarcimento danni. L’atto di quietanza costituisce un mero riconoscimento, da parte del creditore, dell’avvenuto pagamento I convenuti, dal canto loro, avevano rilevato che gli attori avevano percepito dall’assicurazione dell’autocarro coinvolto nel sinistro la somma di 32 milioni di lire, sottoscrivendo un atto di quietanza con valore transattivo e con effetti estintivi dell’obbligazione risarcitoria . E questa doglianza viene riproposta davanti alla Corte di Cassazione, che, tuttavia, non si discosta dalla decisione presa dai giudici di merito e rigetta il ricorso. in pratica si tratta di una dichiarazione di scienza priva di alcuna efficacia negoziale. Più precisamente, gli Ermellini affermano che, nel caso di specie, l’atto d quietanza predisposto su un modulo standard non contiene alcun elemento dal quale si possa desumere una volontà di rinuncia alle proprie pretese nei confronti degli altri responsabili del sinistro , ma dimostra soltanto la volontà dei genitori della vittima di liberare il conducente dell’autocarro e la sua compagnia assicuratrice.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 27 marzo – 28 maggio 2013, n. 13189 Presidente Berruti – Relatore D’Amico Svolgimento del processo A M. e R F. , in proprio e quali genitori della minore C M. , convennero in giudizio dinanzi al Tribunale di Bergamo, V R. , R.G. e M A. per sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti in conseguenza della morte del proprio figlio M.P. , trasportato sullo scooter di proprietà di R.V. e condotto da G R. , all'epoca minorenne. Quest'ultimo, mentre si immetteva sulla ss. . non aveva concesso la precedenza all'autocarro condotto da M.P. , con il quale veniva in collisione. V R. , G R. e M A. si costituirono eccependo la carenza di legittimazione attiva di M.C. , nata dopo la morte del fratello, e la carenza di legittimazione passiva di M A. . Nel merito rilevarono che gli attori avevano percepito dall'assicurazione dell'autocarro la somma di L. 32.000.000 sottoscrivendo un atto di quietanza con valore transattivo e con effetti estintivi dell'obbligazione risarcitoria. Chiesero quindi l'autorizzazione alla chiamata in causa della propria società assicuratrice Gan Assicurazioni per esserne manlevati. Quest'ultima eccepì in rito la carenza di legittimazione attiva di G R. e M A. in ordine alla chiamata e, nel merito, l'esclusione della garanzia assicurativa nei confronti dei terzi trasportati, stante la violazione delle condizioni prescritte al riguardo nella carta di circolazione. Il Tribunale adito, ai fini che qui interessano, ritenne infondata la tesi della natura di transazione liberatoria della quietanza rilasciata all'assicurazione dell'autocarro coinvolto nel sinistro, mancando la chiara consapevolezza in capo ai dichiaranti della titolarità specifica dei diritti ai quali intendevano rinunciare ritenne fondata l'eccezione di carenza di legittimazione attiva dei chiamanti G R. e M A. , relativamente alla domanda di manleva proposta nei confronti della Gan Italia spa ritenne di non poter decidere sull'eccezione di prescrizione dei diritti assicurativi sollevata dalla stessa Gan Italia. Hanno proposto appello V R. , G R. e M A. , mentre A M. e R F. in proprio e quali genitori della minore C M. hanno resistito in giudizio chiedendo il rigetto dell'appello. La Gan Italia si è costituita proponendo appello incidentale. La Corte d'appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza non definitiva n. 2043/2006 del Tribunale di Bergamo, ha dichiarato cessata la materia del contendere in ordine alla domanda formulata da C M. nei confronti di M A. , R.V. e G R. ha dichiarato la carenza di legittimazione passiva di M A. rispetto alla domanda di risarcimento danni formulata nei suoi confronti da M.A. e R F. , ferma la carenza di legittimazione attiva di A.M. e G R. rispetto alla domanda di manleva da loro formulata nei confronti della Gan Italia spa ha dichiarato inammissibile l'appello incidentale proposto dalla terza chiamata ha confermato la tesi del Tribunale circa la natura di quietanza dell'atto rilasciato dai coniugi M. - F. all'assicurazione dell'autocarro coinvolto nel sinistro. Propongono ricorso per cassazione, assistito da memoria ex art. 378 c.p.c., V R. , M A. e R.G. , con tre motivi. Resistono con distinti controricorsi M.A. e F.M.R. Groupama Assicurazioni spa, già Nuova Tirrena spa, società incorporante della Groupama Assicurazioni spa già Gan Italia spa . Motivi della decisione Con il primo mezzo d'impugnazione i ricorrenti denunciano 1 Violazione e falsa applicazione degli articoli 1304, 1362, 1965, 2054 e 2055 c.c. ex art. 360 n. 3 c.p.c.”. Sostiene parte ricorrente che il giudice d'appello ha violato le norme in tema di responsabilità solidale nonché i criteri dell'ermeneutica contrattuale in quanto non ha sussunto la fattispecie per cui è causa nella figura della transazione bensì in quella della mera quietanza. Secondo i ricorrenti alla fattispecie de qua si applicano l'art. 2054, 2 comma, c.c. l'art. 2055 e.e l'art. 1304, 1 comma, c.c È pacifico a loro avviso che i coniugi M. , genitori di Paolo, hanno sottoscritto un documento nel quale dichiaravano di accettare la somma di L. 32.000.000 a transazione e comunque a completo saldo e tacitazione di ogni danno presente e futuro nessuno escluso ed eccettuato e, comunque, di tutto quanto potesse competere in relazione al sinistro . non avendo più nulla a pretendere da chicchessia, rinunciando ad ogni eventuale azione sia civile, sia penale”. Con il secondo motivo si denuncia Violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e 1965 c.c., ex art. 360, n. 3, c.p.c.”. Secondo il ricorrente la Corte d'Appello ha errato nel non tener conto del comportamento successivo delle parti nel non attribuire alcun valore alla mancata costituzione di parte civile dei M. e F. nel processo penale a carico dell'autista del camion coinvolto nel sinistro nel non tener conto della sottoscrizione apposta dagli stessi coniugi M. alla comparsa di costituzione del 12 maggio 2000 in risposta al reclamo avverso l'ordinanza di sequestro cautelare ex art. 671 c.p.c. da cui risultava la volontà di aderire alla proposta di transazione formulata da Assitalia nel non tener conto del contenuto della lettera del 26 gennaio 1995 dove si affermava che l'Assitalia aveva risarcito i danni ai coniugi M. . Con il terzo motivo si denuncia Omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360, n. 5, c.p.c.”. Sostengono i ricorrenti che la Corte avrebbe errato, motivando in modo insufficiente sul valore da attribuire all'espressione non avendo più nulla a pretendere da chicchessia”. Tale espressione, secondo i ricorrenti, avrebbe dovuto essere riferita alla generalità dei soggetti interessati alla vicenda risarcitoria e non esclusivamente all'Assitalia e al proprio assicurato. I tre motivi, che per la loro connessione, devono essere congiuntamente esaminati, sono infondati. Ai fini della qualificazione di una dichiarazione liberatoria sottoscritta dalla parte come quietanza o piuttosto come transazione, occorre considerare che la quietanza liberatoria rilasciata a saldo di ogni pretesa costituisce, di regola, una semplice manifestazione del convincimento soggettivo dell'interessato di essere soddisfatto di tutti i suoi diritti e pertanto concreta una dichiarazione di scienza priva di alcuna efficacia negoziale, laddove nella dichiarazione liberatoria sono ravvisabili gli estremi di un negozio di rinunzia o transazione in senso stretto soltanto quando, per il concorso di particolari elementi di interpretazione contenuti nella stessa dichiarazione, o desumibili aliunde, risulti che la parte l'abbia resa con la chiara e piena consapevolezza di abdicare o transigere su propri diritti Cass., 31 gennaio 2011, n. 2146 . Nel caso in esame, questa Corte prende atto dell'interpretazione adottata dal Giudice di merito ed adeguatamente motivata. Tale interpretazione dell'atto predisposto dall'Assitalia, compagnia assicuratrice dell'autocarro, su un modulo standard intestato Atto di quietanza , non contiene alcun elemento dal quale si possa desumere una volontà di rinuncia alle proprie pretese nei confronti degli altri responsabili del sinistro, ma dimostra la volontà dei coniugi M. di liberare soltanto il conducente dell'autocarro e la sua compagnia assicuratrice. È del resto dubbio il coinvolgimento causale del Ma. , stante la palese violazione dell'altrui diritto di precedenza da parte di V R. . Ancora, l'esiguità del risarcimento del danno per la morte del proprio figlio, conferma che la quietanza veniva rilasciata in riferimento soltanto ai rapporti fra Assitalia e Ma. , da un lato e i coniugi M. dall'altro. Pertanto l'inciso dattiloscritto contenuto nella quietanza non avendo più nulla a pretendere da chicchessia si riferisce soltanto ai rapporti fra tali parti. L'interpretazione della Corte d'Appello non è scalfita dai motivi del ricorso, in considerazione del fatto che la natura dell'atto di quietanza di per sé non fa desumere un intento transattivo. Si deve altresì tener conto che la quietanza rilasciata dal creditore al debitore ha natura di atto unilaterale recettizio contenente il riconoscimento, da parte del creditore stesso, dell'avvenuto pagamento, con la conseguenza che, di regola, non è legittimo desumere, dal suo rilascio, l'esistenza di una volontà transattiva o di rinuncia ad altre pretese da parte del creditore, salvo che ciò non emerga da specifici elementi di fatto e dal complessivo contenuto del documento, secondo l'accertamento compiuto dal giudice di merito che, ove sorretto da adeguata e corretta motivazione, si sottrae al sindacato di legittimità Cass., 29 ottobre 2002, n. 15245 . In conclusione in ricorso deve essere rigettato con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano in Euro 5.000,00 di cui Euro 4.800,00 per compensi, oltre accessori di legge.