Il fiume esonda: di chi è la responsabilità? La Cassazione non può mai rivalutare il merito della causa

Nell’ambito del giudizio di legittimità non è conferito il potere di riesaminare e rivalutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo della coerenza logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, restando a questo riservate l’individuazione delle fonti del proprio convincimento e, all’uopo, la valutazione delle prove, il controllo della relativa attendibilità e concludenza, nonché la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione.

La sentenza n. 13175 del 28 maggio2013, al di là della specifica vicenda, consente di rammentare che la Suprema Corte di Cassazione è giudice di legittimità a cui non è consentito riesaminare la causa in fatto. Come noto,compete al giudice del merito individuare la matrice del proprio convincimento, valutando, sotto il profilo della attendibilità e concludenza, le risultanze istruttorie raccolte. Il sindacato di legittimità, invece, è limitato al riscontro estrinseco della presenza di una motivazione congrua ed esauriente che permetta di individuare l’iter logico-argomentativo posto a base della decisione oggetto del ricorso per cassazione. Il caso . Due proprietari si lamentavano di aver subito ingenti danni dallo straripamento delle acque di un torrente. Convenivano dinanzi al Tribunale regionale delle acque pubbliche Provincia e Comune ritenendoli, per quanto di ragione, responsabili dell’evento dannoso a causa di una cattiva manutenzione del torrente in argomento. In primo grado la causa si risolvevapositivamente per leparti attrici, ritenendo il giudice di prime cure la causa del danno non ascrivibile ad un evento meteorologico eccezionale tale da interrompere il nesso eziologico, bensì alla mancata cura dell’alveo che aveva comportato un accumulo di rifiuti, detriti e vegetazione che avevano bloccato il torrente all’altezza del ponte . Peraltro, a dire del primo giudice, avevano concorso all’evento aggravandone le conseguenze , anche la presenza di un piccolo ponte di proprietà della Provincia, a causa della sua non ottimale conformazione, e la presenza di una condotta dell’acqua potabile, collocata ai piedi della sponda del ponte, di proprietà comunale. La decisione era impugnata dagli enti soccombenti dinanzi al competente Tribunale Superiore delle acque pubbliche che sovvertiva completamente quanto assunto in primo grado. A dire di questo giudice, il fatto verificatosi non era ingiusto e come tale era irrisarcibile. Mancava la prova del nesso di causalità tra il comportamento degli enti appellanti e l’evento dannoso, a cui non poteva essere rimproverato nulla neanche a titolo di colpa. Particolare attenzione veniva fornita alle risultanze della C.T.U. secondo cui non vi sarebbe stata prova che una diversa conformazione del ponte provinciale ed un diverso posizionamento della condotta comunale avrebbero impedito l’evento dannoso ovvero ne avrebbero ridotto le conseguenze. L’esondazione si sarebbe verificata ugualmente a causa della presenza di un’enorme quantità di detriti, materiale, vegetazione che si erano accumulati sul letto del fiume e la cui rimozione competeva però alla Regione e non agli enti appellanti. I proprietari soccombenti ritenevano così di ricorrere per cassazione. I motivi di ricorso tendono ad un nuovo esame nel merito . I ricorrenti, sotto un profilo prettamente definitorio, deducono il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della decisione impugnata. Ritengono che dalla documentazione probatoria in atti sia provato tanto il nesso di causalità tra fatto ed evento dannoso che la piena corresponsabilità sia del Comune che della Provincia. Si limitano a chiedereun riesame dell’istruttoria espletata in secondo grado, così da pervenire ad una diversa decisione più conforme a quella di prime cure. Una tale censura però è inammissibile. La Cassazione, come anticipato in premessa, è giudice di sola legittimità. Non è possibile domandare agli ermellini una diversa lettura delle risultanze probatorie acquisite nei giudizi presupposti, perché ciò si risolve in un’inammissibile sindacato di fatto. Quando l’apprezzamento del giudice del merito è basato su un’analitica disamina degli elementi di valutazione disponibili e la sua motivazione è immune da carenze logico-argomentative è impossibile per la Cassazione sovvertirne l’esito. Concludendo . La pronuncia della Corte di Cassazione che si commenta si pone in linea con i suoi precedenti giurisprudenziali sul tema cfr. ex multis Cass. n. 6288/2011 secondo cui la deduzione con ricorso per cassazione di un vizio motivazionale della pronuncia impugnata non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminarne il merito. Per meritare accoglimento i ricorsi devono indicare quali siano i vizi logici che rendono del tutto irrazionale il ragionamento decisorio del giudice del gravame, pena la loro inammissibilità. Dunque il ricorrente si dovrà peritare nell’individuare tracce di evidenti carenze su punti decisivi della controversia ovvero di antinomie logiche tali da non aver consentito di comprendere il procedimento logico-giuridico posto a base dal giudice del merito per adottare la propria pronuncia.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 23 aprile - 28 maggio 2013, n. 13175 Presidente Rovelli – Relatore Cappabianca Svolgimento del processo Con citazione del 24.1.1991, A A. in proprio e quale erede di P D. D.R. e Pa. , convennero davanti al Tribunale di Catanzaro, C.C. , A L. , la Provincia di Catanzaro ed il Comune di Montepaone, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti a causa dello straripamento delle acque del torrente omissis , avvenuto il omissis . Il tribunale adito, con sentenza 11.11.2003, rigettò le domande proposte nei confronti del C. e del L. , e dichiarò la propria incompetenza sulla domanda proposta nei confronti della Provincia e del Comune. Con ricorso in riassunzione notificato il 14.3.1998, gli attori convennero dinanzi al Tribunale regionale delle acque pubbliche di Napoli la Provincia di Catanzaro ed il Comune di Montepaone, rinnovando la domanda risarcitoria. Costituitisi, gli enti convenuti richiesero il rigetto della domanda, rilevando la ricorrenza del caso fortuito, poiché l'esondazione era stata determinata da un eccezionale evento meteorologico, e sostenendo che la responsabilità dei danni doveva, in ogni caso, ascriversi alla Regione, tenuta alla manutenzione del torrente. Con sentenza 9.6.2008, il Tribunale regionale - esclusa la presenza di un evento meteorologico eccezionale - identificò la causa dell'esondazione nella mancata manutenzione dell'alveo e degli argini che aveva comportato un accumulo di rifiuti, detriti e vegetazione che avevano bloccato il torrente all'altezza del ponte , cui era tenuta la Regione. Riscontrò, peraltro, che all'evento dannoso avevano concorso aggravandone le conseguenze , anche la presenza di un piccolo ponte di proprietà della Provincia, a causa della sua non ottimale conformazione, e la presenza di una condotta per l'acqua potabile di proprietà del Comune, collocata sotto la sponda del ponte. Dichiarò, quindi, gli enti convenuti solidalmente responsabili dell'evento dannoso, ai sensi dell'art. 2055 c.c. e li condannò al pagamento, in solido, della somma di Euro 548.065,62, oltre interessi e spese di giudizio. In esito alle impugnazioni del Comune e della Provincia, con la sentenza qui impugnata depositata il 21.3.2011 , il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche - esclusa la nullità del giudizio per mancata estensione del contraddittorio alla Regione Calabria, di cui negava il ruolo di litisconsorte necessario - assolse Comune e Provincia dalle pretese risarcitorie per mancanza di prova sia del nesso di causalità tra il loro comportamento e l'evento dannoso sia comunque della presenza di un profilo colposo nel comportamento stesso . Avverso la decisione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, i ricorrenti A A. , Pa Du. e G.N. quale esercente la potestà genitoriale su G.V. e Vi. , eredi di R D. , deceduta nelle more del giudizio] hanno proposto ricorso per cassazione in unico motivo. La Provincia di Catanzaro ed il Comune di Montepaone hanno resistito con controricorsi ed illustrato le proprie ragioni anche con memoria. Motivi delle decisione I - Nel ribaltare la decisione del Tribunale regionale in merito alla responsabilità di Provincia e Comune in merito alla verificazione dell'evento dannoso dedotto in controversia, l'impugnata decisione del Tribunale superiore delle Acque pubbliche riscontra in primo luogo - sulla base degli elementi acquisiti anche in rapporto a pregressi analoghi episodi, delle risultanze dell'esperita c.t.u. e delle cognizioni e valutazioni del proprio componente tecnico l'assoluta mancanza di prova circa l'eziologica riconducibilità dell'evento dannoso dedotto a fatti e situazioni ascrivibili alla Provincia di Catanzaro ed al Comune di Montepaone. In proposito osserva, in particolare . non vi è prova che una diversa conformazione del ponte o un diverse posizionamento della condotta avrebbero impedito l'evento dannoso ovvero ne avrebbero ridotto le conseguenze . l'esondazione si sarebbe verificata ugualmente e con pari estensione anche senza la presenza del ponte e della condotta, in quanto essa e stata determinata esclusivamente, da un lato, dalla enorme quantità di materiale, vegetazione detriti e rifiuti che si erano accumulati nel letto del fiume, provocandone l'innalzamento e la riduzione della capacità di portata e, da un altro lato, dal cedimento degli argini dovuto alla loro precaria condizione ed al mancato rivestimento. Sia l'innalzamento dell'alveo del torrente, sia l'enorme accumulo di rifiuti e di materiale, sia il cedimento degli argini furono dovuti all'assoluta mancanza, per lungo tempo, di manutenzione dell'alveo e degli argini, il cui obbligo ricadeva soltanto in capo alla Regione Calabria. Non vi è prova, invece, che il ponte o la condotta abbiano concorso, sia pure in parte, a causare l’innalzamento dell'alveo o il cedimento degli argini ovvero ad aggravare le conseguenze dell'allagamento . Ciò anche in considerazione del fatto che .dalla relazione del CTU pag. 8 emerge che sempre nel 1988 si erano verificati, senza conseguenze, diversi altri eventi almeno 17 con piogge e con portate maggiori di quelle del 21.9.1988, il che dimostra che la sezione libera di deflusso del ponte era sufficiente a fare passare la portata di 67,09 me/sec e che quindi sono state altre le cause che provocarono l'esondazione . La decisione impugnata rileva, poi, l'assoluta carenza di prova circa la riscontrabilità di un qualche profilo di colpa nel comportamento degli enti resistenti. In proposito osserva, in particolare . non è riscontrabile nessun difetto od errore nella progettazione ed esecuzione del ponte, che risulta realizzato in conformità alle norme tecniche vigenti all'epoca della costruzione . Del resto, sia la presenza di due campate anziché di una campata unica sia la pila centrale ed il basamento in cemento sia la direzione del ponte sono elementi tutti che non hanno alcuna influenza sul normale e regolare deflusso delle acque e che non possono essere stati fattori causali concorrenti dell'esondazione. D'altra parte, lo stesso c.t.u. ha accertato che le buone regole di tecnica costruttiva dell'epoca di costruzione del ponte non imponevano la costruzione di ponti a campata unica mentre risulta . che la previsione, sempre all'epoca di costruzione, di una campata unica sarebbe stata irrealizzabile perché avrebbe avuto costi proibitivi . . Rileva, inoltre, che - mentre le norme e le regole tecniche vigenti all'epoca di costruzione non contenevano precise indicazioni sulla dimensione del franco idraulico - tale dimensione, alla luce degli elementi acquisiti, si rivelava certamente adeguata alla data di costruzione del ponte, dovendo eventuali successive insufficienze piuttosto ascriversi all'innalzamento del letto del fiume causato dalla stratificazione negli anni di materiali e detriti per assenza di adeguata manutenzione e pulizia dell'alveo. La decisione puntualizza, inoltre, che le medesime considerazioni valgono anche a far ritenere mancante la prova di un comportamento colposo avente efficacia causale dell'evento da parte del Comune di Montepaone nella collocazione del tubo per l'acqua potabile sotto la sponda del ponte. Il Comune si e infatti limitato a far passare la condotta lungo il ponte, sicché, essendosi riconosciuto che l'altezza del ponte non ha avuto efficienza causale nella produzione dell'evento, la medesima conclusione deve valere per il tubo. D'altra parte, qualora fosse stata regolarmente fatta la manutenzione e non vi fosse state l'innalzamento del letto, la presenza della tubazione sarebbe stata del tutto irrilevante . . II - Tale essendo la motivazione della decisione impugnata, i ricorrenti deducono omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della decisione nonché erronea impostazione logica della sentenza in relazione alla negata corresponsabilità del Comune di Montepaone e dell'Amministrazione Provinciale di Catanzaro nella causazione dell'evento dannoso fondato sull’asserita mancanza di prova sia con riferimento al nesso di causalità fra il loro comportamento e l'evento dannoso, e sia con riferimento all'insussistenza di un profilo colposo nel comportamento stesso risultando, invece, le stesse provate dalla documentazione probatoria in atti e dalle risultanze della relazione tecnica d'ufficio con riferimento all'art. 360, n. 5, c.p.c. . La censura - che, evocando l'esito della decisione di primo grado e valorizzandone le argomentazioni, propugna una diversa lettura delle acquisite risultanze probatorie - va disattesa, giacché mentre appare carente sul piano della specifica analisi critica delle ragioni poste a base della sentenza impugnata si risolve nella richiesta, a questo giudice di legittimità, di un inammissibile sindacato in fatto. Invero - a fronte dell'articolata motivazione, in base alla quale il Tribunale superiore delle acque pubbliche ha dato conto del conseguito convincimento circa la mancanza di prova sia del nesso di causalità tra l'evento dannoso dedotto e fatti o atti ascrivibili a responsabilità della Provincia di Catanzaro o del Comune di Montepaone sia comunque della presenza di un profilo colposo nel comportamento di detti enti - con la proposta doglianza i ricorrenti, pur apparentemente prospettando vizi motivazionali, tendono, in realtà, a rimettere in discussione, contrapponendovene uno difforme, l'apprezzamento in fatto del giudice di merito apprezzamento che, in quanto basato sull'analitica disamina degli elementi di valutazione disponibili ed espresso con motivazione immune da lacune ed in sé coerente, si sottrae al giudizio di legittimità. Deve, infatti, considerarsi che, nell'ambito del giudizio di legittimità, non è conferito il potere di riesaminare e rivalutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo della coerenza logico-formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, restando a questo riservate l'individuazione delle fonti del proprio convincimento e, all'uopo, la valutazione delle prove, il controllo della relativa attendibilità e concludenza nonché la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione cfr. Cass. 6288/11, 4766/06, 22901/05, 15693/04, 11936/03 . III - Alla stregua delle considerazioni che precedono, s'impone il rigetto del ricorso. Per la soccombenza, i ricorrenti vanno condannati alla refusione, in favore di entrambi gli enti resistenti, delle spese del giudizio, liquidate, in dispositivo, in applicazione dei criteri stabiliti dal d.m. 140/2012. P.Q.M. la Corte, a sezioni unite, rigetta il ricorso condanna i ricorrenti alla refusione delle spese del giudizio, liquidate, in favore di ciascun resistente, in Euro 11.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.