La nuova strada danneggia il fondo confinante: condannata l’ANAS

Dalla CTU risulta che senza i lavori effettuati dall’ANAS, che ha usato negligenza nel realizzare le cunette di convogliamento delle acque piovane, i danni al fondo non si sarebbero verificati.

Con la sentenza n. 5390, depositata il 5 marzo 2013, la Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito. Il nuovo tratto stradale causa l’erosione del fondo confinante. L’ANAS costruisce un nuovo tratto di strada in Calabria. Danneggia però in tal modo un fondo confinante con la strada, erodendolo più di quanto sarebbe avvenuto naturalmente, perché il nuovo tratto stradale convoglia maggiormente l’acqua piovana. Per questo viene condannata a risarcire i danni al proprietario del fondo. Il caso risale al 1990 ed è arrivato a conclusione solo nel 2013. La CTU delinea una mera possibilità di nesso causale? La società stradale ricorre davanti alla Corte di Cassazione, lamentandosi del fatto che la responsabilità a suo capo sarebbe stata riconosciuta solo sulla base di una CTU che parlava di mera possibilità che la nuova strada avesse causato i danni al fondo. La CTU parla chiaramente di un’accelerazione del processo erosivo. La Corte respinge il ricorso, poiché i giudici di merito hanno ben tenuto presente tutti i passi della CTU, che non parla di possibilità di un’esistenza del nesso causale, ma ha posto in evidenza che il processo erosivo del fosso era stato accelerato artificialmente dal surplus di acqua convogliata dalle cunette . La negligenza nella costruzione della strada. Tali cunette sarebbero state eseguite in maniera negligente, poiché il convogliamento delle acque piovane si sarebbe dovuto eseguire in modo da evitare il prevedibile danno da deflusso dei fondi sottostanti . L’erosione della massa d’acqua ci sarebbe stata comunque, ma la costruzione della strada ne ha accelerato il processo. Correttamente, quindi, i giudici di merito hanno ritenuto responsabile l’ANAS per una condotta colpevolmente omissiva.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 20 dicembre 2012 – 5 marzo 2013, numero 5390 Presidente/Relatore Uccella Svolgimento del processo Il 26 luglio 1990 il Pretore di Palmi condannava l’ANAS a risarcire i danni asseritamene subiti da C.C. al suo fondo in conseguenza della realizzazione di un tratto stradale confinante con il suo fondo. Su gravame dell'ANAS il Tribunale di Reggio Calabria il 19 giugno 2006 ha confermato la sentenza di prime cure. Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione l'ANAS, affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso C.E. e C.M. nella qualità di figli legittimi ed eredi di C.C. . Il Collegio ha raccomandato una motivazione semplificata. Motivi della decisione 1.-Va preliminarmente esaminata la eccezione da parte dei resistenti di inammissibilità del ricorso proposto dall’ANAS in quanto la stessa, pure resa edotta dal decesso di C.C. , non avrebbe notificato il ricorso personalmente alle parti costituite. L'eccezione va disattesa. In primis, la notifica, come pacificamente avvenuta non già personalmente agli eredi del C. , ma al difensore del C.C. in fase di appello, non è inesistente, ma nulla come da giurisprudenza consolidata di questa Corte. In secundis gli eredi si sono costituiti e si sono difesi nel merito, sanando ogni vizio. Ciò precisato, nel merito va osservato quanto segue. 2. Con il primo motivo omessa, insufficiente motivazione su fatto decisivo e controverso per il giudizio - articolo 360 numero 5 c.p.c. l’ANAS lamenta che a fronte di una CTU che parla di una possibilità, ossia che la quantità extra di acqua, raccolta dalla cunetta autostradale e convogliata dal tombino nel fosso abbia accelerato tale processo non si potrebbe affermare una sua responsabilità, come, invece, ritenuto dal giudice dell’appello, per cui vi sarebbe un concorso di cause processo di erosione naturale del fosso e accelerazione del fenomeno innescata dal surplus di acqua raccolta dalle cunette sull’autostrada e convogliata nel fosso attraverso il tombino relativo all’allargamento e all'approfondimento del fosso p. 3 e 4 ricorso . La censura va disattesa. Va sottolineato che i passi della CTU evidenziati dalla ricorrente sono stati ben tenuti presenti dal giudice a quo, il quale pone in risalto che la CTU, anche quella effettuata in fase di appello, non parla di possibilità di una esistenza del nesso causale, ma ha posto in evidenza che il processo erosivo del fosso era stato accelerato artificialmente dal surplus di acqua convogliata dalle cunette p. 3 sentenza impugnata , ritenuto già dal primo giudice come frutto della negligenza dell’ANAS nel realizzare le cunette di coinvolgimento delle acque piovane in modo da evitare il prevedibile danno da deflusso dei fondi sottostanti p. 2 sentenza impugnata . Ed, inoltre, il giudice dell’appello non ha affatto affermato che l’evento era possibile, ma sulla base della CTU che ha motivatamente condiviso, ha avuto modo di ritenere che la realizzazione del tratto stradale in prossimità del fondo del C. aveva determinato un'erosione accelerata della massa d'acqua che, in mancanza dell’opera dell’uomo, sarebbe sì defluita dall’alto verso il basso, ma disperdendo la sua forza erosiva su un' area più vasta p. 3 sentenza impugnata . In altri termini, senza i lavori effettuati dall’ANAS, che aveva usato negligenza nel realizzare le cunette di convogliamento delle acque piovane, i danni al fondo del C. non si sarebbero verificati. Ne consegue che nessun vizio di motivazione è riscontrabile. 3. - Il secondo motivo violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 2043 c.c. in comb. disp. con l’articolo 1 R.D. numero 1740/33 in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c. va dichiarato inammissibile, stante la formulazione del quesito, che è del seguente tenore Dica codesta Suprema Corte se la mera possibilità che un evento sia conseguenza di altro sia sufficiente a configurare il nesso di causalità necessario alla stregua dell’articolo 2043 c.c. dica altresì la Corte se alla stregua del combinato-disposto degli articolo 2043 c.c. e 1 R.D. 1740/1933, in caso danni ipoteticamente determinati dallo scolo di acque da una sede stradale possa essere accertata una responsabilità a fini risarcitori dell’ente gestore in assenza dell’accertamento della colpevolezza nella relativa condotta p.5 ricorso . Il quesito, per la sua connessione logica, come appare evidente, con il primo motivo non coglie la ratio decidendi. Infatti, il giudice dell’appello ha ritenuto esattamente inesistenti i connotati della condotta che l’ANAS. ritiene, invece, a suo favore, esistenti. In altri termini, il giudice a quo ha ritenuto responsabile l'ANAS per una sua condotta colpevolmente omissiva, per cui, se in linea puramente astratta il quesito potrebbe ritenersi valido e corretto non vi è chi non veda che non è riconoscibile alcuna responsabilità per difetto di colpevolezza , in concreto le cose stanno ben diversamente e di ciò ha dato conto la sentenza impugnata, condividendo la motivata relazione dell’ausiliario nominato in appello, che non ha affatto sovvertito le conclusioni di quello di primo grado, ma le ha sostanzialmente corroborate p. 3 sentenza impugnata . Ne consegue che, in riferimento al quesito, così come formulato, la censura va respinta. Conclusivamente, il ricorso va respinto e le spese, che seguono la soccombenza, vanno liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.200/00, di cui Euro 200 oltre accessori come per legge.