L’automobilista ha fatto tutto il possibile per evitare il danno? Bisogna dimostrarlo

In materia di responsabilità da sinistro stradale, l’accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti non libera l’altro dalla presunzione della concorrente responsabilità, che ha l’onere di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.

Il caso. Gli eredi di un automobilista deceduto in un sinistro stradale chiedevano il risarcimento del danno all’altro automobilista coinvolto nell’incidente. I giudici di merito, tuttavia, rigettavano la domanda, escludendo la responsabilità di quest’ultimo, vista la posizione della sua auto al momento dell’impatto e la sua velocità non elevata. Concorso di colpa nella determinazione dell’evento dannoso? Anche la Cassazione è chiamata a pronunciarsi sulla vicenda e, con l’ordinanza n. 4646/2013 depositata il 22 febbraio, afferma la corretta applicazione, da parte dei giudici di merito, del principio secondo cui in tema di responsabilità da sinistro stradale con scontro di veicoli, l’accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti non libera l’altro dalla presunzione della concorrente responsabilità art. 2054, comma 2, c.c. , nonché dall’onere di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno . D’altra parte, ribadisce la S.C., la prova liberatoria per il superamento di detta presunzione di colpa non deve necessariamente essere fornita in modo diretto – e cioè dimostrando di non aver arrecato apporto causale alla produzione dell’incidente – ma può anche indirettamente risultare tramite l’accertamento del collegamento eziologico esclusivo dell’evento dannoso con il comportamento dell’altro conducente Cass., n. 2550/2009 . Nessuna manovra avrebbe evitato l’impatto. E gli Ermellini, nel caso di specie, sottolineano che il conducente a cui è stato richiesto il risarcimento non avrebbe comunque potuto mettere in atto una manovra di emergenza astrattamente idonea ad evitare l’evento. Ricorso rigettato quindi e niente risarcimento per gli eredi ricorrenti.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 16 gennaio – 22 febbraio 2013, n. 4646 Presidente Finocchiaro – Relatore Carluccio Ritenuto che, prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui agli artt. 376 e 380-bis cod. proc. civ., è stata redatta relazione che la relazione ha il seguente contenuto 1. Gli eredi di C M. , deceduto in un sinistro stradale, e T M. , in proprio e quale amministratore della Autocarrozzeria Mancini Tommaso e Costantino snc, assumendo l'esclusiva responsabilità di D T. , che avrebbe invaso la corsia percorsa dal M. a seguito di manovra posta in essere da una autovettura rimasta sconosciuta, agivano per il risarcimento del danno nei confronti del T. e della propria assicurazione, nonché nei confronti della Ras ora Allianz , quale impresa designata. Il Tribunale di Ancona rigettava la domanda, ritenendo l'esclusiva responsabilità del defunto. La Corte di appello di Ancona rigettava l'impugnazione sentenza del 2 marzo 2011 . 3. Avverso la suddetta sentenza, gli eredi di M.C. e T M. ricorrono in cassazione con tre motivi. Tutte le parti intimate resistono con distinti controricorsi. È applicabile ratione temporis legge 18 giugno 2009, n. 69. Proposta di decisione 1. La Corte di merito ha ritenuto l'esclusiva responsabilità del deceduto, resosi responsabile dell'invasione della carreggiata di pertinenza dell'auto del T. , che proveniva da opposta direzione di marcia, mentre non ha ravvisato alcuna responsabilità in capo al T. . In particolare, ritenuta chiarita, sulla base del secondo, la disomogeneità concernente le tracce di frenata risultante dai due rapporti della Polizia, ha fatto discendere - dal rapporto definitivo e dalla relativa planimetria, attestante il punto d'urto alla fine delle tracce di frenata all'interno della semicarreggiata di pertinenza del T. - la responsabilità del M. . Ha escluso ogni incidenza della condotta del T. , sulla base della testimonianza Ca. , che riferiva l'invasione della carreggiata da parte del M. ritenendo irrilevante l'indicazione del diverso colore dell'auto, data l'ora notturna della planimetria e del punto d'urto, elementi da cui derivava il rispetto della destra da parte del T. dalla posizione dell'auto del T. , dalla quale derivava la velocità non elevata. Inoltre, condividendo la valutazione fatta dal giudice di prime cure, ha ritenuto che la dinamica, così ricostruita, non era inficiata dalle dichiarazioni rese dal T. il giorno successivo all'incidente, nella quali si faceva riferimento ad una autovettura, rimasta sconosciuta, che avrebbe interferito nella dinamica del sinistro. Sulla base di queste argomentazioni ha ritenuto provata la condotta colposa del M. e non attribuibile al T. alcun addebito, ritenendo irrilevanti le diverse conclusioni della consulente tecnico di parte. Infine, ha dichiarato inammissibile, perché ininfluenti, le richieste istruttorie, reiterate in appello, di interrogatorio formale del T. e di prove testimoniali. 2. I primi due motivi, strettamente connessi, denunciano la violazione di numerose norme in tema di nesso di causalità artt. 40, 41 cod. pen. , di responsabilità civile artt. 2043 e 2054 cod. civ. , di regole del codice della strada, unitamente a vizi motivazionali. In generale va detto che, anche quando si invoca violazione di legge, si prospetta una diversa valutazione delle risultanze istruttorie e si mettono in risalto le diverse valutazioni della dinamica del sinistro. 2.1. La Corte di merito ha fatto corretta applicazione del principio, secondo cui In tema di responsabilità da sinistro stradale con scontro di veicoli, l'accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti non libera l'altro dalla presunzione della concorrente responsabilità di cui all'art. 2054, secondo comma, cod. civ. nonché dall'onere di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno la prova liberatoria per il superamento di detta presunzione di colpa non deve necessariamente essere fornita in modo diretto -e cioè dimostrando di non aver arrecato apporto causale alla produzione dell'incidente ma può anche indirettamente risultare tramite l'accertamento del collegamento eziologico esclusivo dell'evento dannoso con il comportamento dell'altro conducente” Cass. 22 aprile 2009, n. 2550 . Né la Corte si è sottratta all'obbligo di verificare anche il comportamento dell'altro conducente al fine di stabilire se, in rapporto alla situazione di fatto accertata, sussisteva un concorso di colpa nella determinazione dell'evento dannoso, pervenendo alla conclusione, sulla base delle circostanze del caso concreto, che una qualche manovra astrattamente idonea di emergenza risultava impossibile Cass. 5 maggio 2000, n. 5671 . 2.2. A fronte di una motivazione che, argomentando come riportato al p.1, si è basata sui suddetti principi, i ricorrenti - sostengono che le risultanze istruttorie utilizzate non erano state il frutto di mezzi istruttori chiesti dal T. , con tesi in evidente contraddizione con il principio della acquisizione al processo delle risultanze istruttorie, comunque acquisite - prospettano valutazioni diverse della planimetria e dei contenuti del rapporto di Polizia - ipotizzano una diversa valenza della testimonianza del C. , peraltro facendo riferimenti a sommarie informazioni davanti alla Polizia e alla testimonianza processuale si lamentano della mancata considerazione della relazione del consulente di parte. In conclusione, i motivi devono ritenersi per certi aspetti infondati, per altri inammissibili, essendo principio consolidato che non si richiede al giudice del merito di dare conto di tutte le tesi prospettate, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla Cass. 9 marzo 2011, n. 5586 . 3. Il terzo motivo, con il quale si deducono vizi motivazionali in ordine alla valutazione di ininfluenza fatta dalla Corte di merito rispetto alla richiesta di ulteriori prove, reiterata in appello, è manifestamente infondato. Il giudice, infatti, avendo ritenuto completo il quadro delle risultanze probatorie per ricostruire la dinamica del sinistro, ha, conseguentemente, ritenuto superflue le ulteriori prove chieste. 4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato che la suddetta relazione è stata notificata agli avvocati delle parti costituite e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte. CONSIDERATO che il Collegio condivide le osservazioni in fatto e le argomentazioni e le conclusioni in diritto della relazione che i rilievi, mossi dai ricorrenti, con memoria, non sono idonei ad inficiare le argomentazioni della relazione, sostanziandosi in una richiesta di riesame della valutazione delle prove compiuta dalla Corte di merito che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato che le spese, liquidate sulla base dei parametri vigenti di cui al d.m. n. 140 del 2012, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento, in favore di ciascun controricorrente, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 10.400,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.