Sinistro stradale entro 15 giorni dalla scadenza del premio: paga sempre l’assicurazione

Allo spirare del quindicesimo giorno successivo alla scadenza del termine di pagamento del premio assicurativo, il veicolo deve ritenersi sprovvisto di assicurazione e, ai sensi dell’art. 19, comma 1, legge n. 990/1969 – ratione temporis applicabile – il risarcimento dei danni da circolazione stradale, deve essere posto a carico del Fondo di garanzia per le vittime della strada.

Con la sentenza n. 4353 del 21 febbraio 2013, la Terza sezione Civile della Suprema Corte si è pronunciata in tema di responsabilità da sinistri stradali e ripartizione dell’onere risarcitorio, nel caso in cui sia sospesa, ovvero manchi del tutto, la copertura assicurativa. La dinamica del sinistro. A seguito di un tamponamento avvenuto il 20 agosto 1995, un ciclista costituiva in mora la compagnia di assicurazione del motoveicolo che lo aveva scaraventato a terra la Società, negava il ristoro dei danni, sostenendo che la moto era priva di garanzia assicurativa, non avendo pagato il relativo premio. Venivano, dunque, citati in giudizio i corresponsabili dell’incidente conducente e proprietario ed il Fondo di garanzia per le vittime della strada FGVS ed all’esito del processo, il Tribunale civile di Roma, dichiarando la corresponsabilità presunta dei conducenti antagonisti, condannava il conducente ed il proprietario del motoveicolo a rifondere, in favore del ciclista, l’importo di euro 15.102,00. Veniva, al contrario, rigettata la domanda proposta nei confronti del FGVT. Quest’ultimo impugnava la pronuncia del giudice di prime cure innanzi alla Corte di appello capitolina che, da un lato, confermava il difetto di legittimazione passiva del FGVT ma, in parziale accoglimento del gravame, riconosceva un ulteriore importo di euro 10.000,00 in favore del ciclista. Anche la sentenza di secondo grado è stata impugnata dal danneggiato, con ricorso affidato ad un unico motivo, nell’ambito del quale sono stati evidenziati, talvolta con sottotitoli, più profili. Ha resistito il solo FGVT. Da indicare il quesito di diritto. Preliminarmente, trattandosi di ricorso avverso sentenza pubblicata il 19 settembre 2006, la Corte ha chiarito che trovava applicazione il dettato dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal d.lgs. n. 40/2006 conseguentemente, il ricorrente era tenuto ad indicare i c.d. quesiti di diritto, in una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimità. Essi svolgono punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale e, in caso di denuncia di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, una parte deve essere specificamente dedicata alla chiara indicazione del fatto controverso. Infine, secondo il prevalente orientamento delle sezioni unite, l’adita Corte ha chiarito che può essere ritenuto ammissibile il ricorso che denunzia, con un unico motivo, vizi di violazione di legge e di motivazione, purchè si concluda con la formulazione di tanti quesiti corrispondenti alle censure proposte. Tornando, dunque, all’esame del caso concreto, pur ribadendo la bontà della sussunzione in unico motivo di una pluralità di doglianze, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità delle censure svolte dal ciclista, in quanto i relativi quesiti di diritto sono risultati inadeguati, difettando di specificità e concretezza. Risarcimento a carico dell’assicurazione se il premio non è stato ancora pagato. Per gli altri casi di morosità interviene il Fondo vittime. E’ stata, invece, accolta la doglianza relativa all’erronea dichiarazione del difetto di legittimazione passiva dell’Assitalia, quale impresa designata dal Fondo di garanzia, tenuto conto che il motoveicolo investitore era privo di garanzia, non essendo stato pagato il premio alla scadenza del 12 luglio 1995, successiva alla stipula del contratto avente scadenza del 12 luglio 1996, ed essendosi verificato il sinistro de quo il 20 agosto 1995, ben oltre, dunque, i 15 giorni di sospensione della copertura assicurativa. La Corte, verificato che anche la c.d. proroga assicurativa era scaduta il 27 luglio 1995, ha ritenuto che l’assicuratore non poteva essere tenuto a risarcire il terzo danneggiato poiché tale obbligo sorge, a prescindere dal mancato pagamento del premio, solo nel caso di sinistri avvenuti nei 15 giorni successivi alla scadenza del periodo indicato in contrassegno Cass. 15801/2009 Cass. 6026/2001 . In tal caso, infatti, la sospensione che si produce tra le parti ai sensi dell’art. 1901 c.c., non è opponibile al terzo danneggiato. Al contrario, trattandosi di motoveicolo da considerare sprovvisto di garanzia assicurativa, in applicazione dell’art. 19, legge n. 990/1969 – ratione temporis applicabile – il risarcimento dei danni da circolazione stradale causati da detto veicolo, non poteva non esser posto a carico del FGVT. In conseguenza, la sentenza è stata cassata, in relazione alle censure accolte, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 18 dicembre 2012 - 21 febbraio 2013, n. 4353 Presidente Finocchiaro – Relatore Scrima Svolgimento del processo M.M. , in data omissis , mentre era alla guida della sua bicicletta in , veniva tamponato dalla moto Yamaha Virago tg. omissis , condotta da S.G. , di proprietà di B.A. ed assicurata dalla Toro s.p.a Avendo riportato lesioni personali in tale sinistro, il M. inviava atto di costituzione in mora alla detta società assicuratrice che dava riscontro a tale atto assumendo che la moto indicata era scoperta di garanzia assicurativa r.c. auto, in quanto l'assicurata non aveva pagato il rateo del premio della polizza. Il M. conveniva quindi, in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, l'Assitalia - Le Assicurazioni d'Italia s.p.a., quale impresa designata dal FGVS, per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del ricordato incidente. Venivano evocati in giudizio anche S.G. , B.A. e C.E. , che, alla data del sinistro, risultava dal certificato del PRA intestatario del veicolo investitore, il quale, nel costituirsi, dichiarava di aver venduto il motoveicolo prima dell'incidente alla B. , che, costituitasi a sua volta, confermava tale circostanza. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 6 giugno 2002, dichiarava la corresponsabilità presunta dei conducenti antagonisti, condannava la B. e la S. al risarcimento dei danni in favore del M. , liquidati in Euro 15.102,00, rigettava la domanda proposta nei confronti della Assitalia — Le Assicurazioni d'Italia s.p.a., nella qualità, e nei confronti del C. . Avverso tale decisione proponeva gravame il M. . Si costituiva la sola società assicuratrice che chiedeva il rigetto dell'impugnazione. La Corte d'Appello di Roma, con sentenza del 19 settembre 2006, per quanto ancora rileva in questa sede, rigettava la censura mossa dal M. in relazione al difetto di legittimazione passiva della Assitalia - Le Assicurazioni d'Italia s.p.a. e, in parziale accoglimento del gravame proposto, condannava la S. e la B. , in solido, a pagare al M. l'ulteriore importo di Euro 10.000,00, oltre interessi. Avverso la sentenza della Corte di merito M.M. ha proposto ricorso per cassazione basato su un unico motivo, nell'ambito del quale ha evidenziato, talvolta con sottotitoli, più profili. Ha resistito con controricorso l'Ina Assitalia s.p.a., nella qualità di impresa designata per il Fondo Garanzia Vittime della Strada, in virtù di atto di fusione per incorporazione delle società Ina Vita s.p.a. ed Assitalia - Le Assicurazioni d'Italia s.p.a., quest'ultima quale impresa designata ex art. 286 d.lgs. n. 209 del 2005 già ex art. 20 legge n. 990 del 1969 . All'udienza del 6 luglio 2011 questa Corte disponeva l'integrazione del contraddittorio nei confronti di B.A. . In data 29 luglio 2011 la parte ricorrente ha depositato l'atto di integrazione del contraddittorio nei confronti della predetta. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede. Motivi della decisione 1. Va anzitutto evidenziato che, trattandosi di ricorso avverso sentenza pubblicata in data 19 settembre 2006, deve essere applicato, ratione temporis, l'art. 366 bis c.p.c., introdotto dal d.lgs. n. 40 del 2006. Questa Corte ha in più occasioni chiarito che nei casi previsti dall'art. 360, primo comma, nn. 1, 2, 3 e 4, c.p.c. i quesiti di diritto imposti dall'art. 366 bis c.p.c. - introdotto dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, comma 1, secondo una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimità - rispondono all'esigenza di soddisfare non solo l'interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo stesso e con più ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto applicabile alla fattispecie, collaborando alla funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, il cui rafforzamento è alla base della nuova normativa secondo [l]'esplicito intento evidenziato dal legislatore all'art. 1 della Legge Delega 14.5.2005, n. 80 i quesiti costituiscono, pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l'enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti, inadeguata e, quindi, non ammissibile l'investitura stessa del giudice di legittimità v. Cass., sez. un., 6 febbraio 2009, n. 2863 Cass., 9 maggio 2008, n. 11535 Cass., sez. un., 14 febbraio 2008, n. 3519 Cass., sez. un., 29 ottobre 2007, n. 22640 Cass., sez. un., 21 giugno 2007, n. 14385 . Pertanto, affermano le Sezioni Unite di questa Corte, travalicando la funzione nomofilattica demandata al giudice di legittimità la risoluzione della singola controversia, il legislatore ha inteso porre a carico del ricorrente l'onere imprescindibile di collaborare ad essa mediante l'individuazione del detto punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l'enunciazione del più generale principio giuridico, alla quale il quesito è funzionale, diversamente risultando carente in uno dei suoi elementi costitutivi la stessa devoluzione della controversia ad un giudice di legittimità donde la comminata inammissibilità del motivo di ricorso che non si concluda con il quesito di diritto o che questo formuli in difformità dai criteri informatori della norma. Incontroverso che il quesito di diritto non possa essere desunto per implicito dalle argomentazioni a sostegno della censura, ma debba essere esplicitamente formulato, nell'elaborazione dei canoni di redazione di esso la giurisprudenza di questa Suprema Corte è, pertanto, ormai chiaramente orientata nel ritenere che ognuno dei quesiti formulati per ciascun motivo di ricorso debba consentire l'individuazione tanto del principio di diritto che è alla base del provvedimento impugnato, quanto, correlativamente, del principio di diritto, diverso dal precedente, la cui auspicata applicazione ad opera della Corte medesima possa condurre ad una decisione di segno inverso rispetto a quella impugnata id est che il giudice di legittimità debba poter comprendere, dalla lettura del solo quesito inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l'errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la diversa regola da applicare. Ove tale articolazione logico-giuridica manchi, il quesito si risolverebbe in un'astratta petizione di principio che, se pure corretta in diritto, risulterebbe, ciò nonostante, inidonea sia ad evidenziare il nesso tra la fattispecie concreta, l'errore di diritto imputato al giudice a quo ed il difforme criterio giuridico di soluzione del punto controverso che si chiede venga affermato, sia ad agevolare la successiva enunciazione del principio cui la Corte deve pervenire nell'esercizio della funzione nomofilattica. Il quesito non può, pertanto, consistere in una mera richiesta d'accoglimento del motivo o nell'interpello della Corte in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata nello svolgimento dello stesso, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la Corte medesima in condizione di rispondere ad esso con l'enunciazione d'una regula iuris che sia, in quanto tale, suscettibile, al contempo, di risolvere il caso in esame e di ricevere applicazione generale, in casi analoghi a quello deciso v., in motivazione, Cass., sez. un., 6 febbraio 2009, n. 2863 v. Cass., ord., 24 luglio 2008, n. 20409 . Nella giurisprudenza di questa Corte é stato, inoltre, precisato che, secondo Part. 366 bis c.p.c., anche nel caso previsto dall'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assuma omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, e che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi omologo del quesito di diritto che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603 . In particolare, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assuma omessa, insufficiente o contraddittoria, deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenere rispettato il requisito concernente il motivo di cui al n. 5 del primo comma dell'art. 360 c.p.c. allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all'esito di un'attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all'osservanza del requisito dell'art. 366 bis c.p.c., che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea a sorreggere la decisione Cass., sez. un., 18 luglio 2007, n. 16002 Cass., 27 ottobre 2011, n. 22453 . É stato pure affermato da questa Corte che é inammissibile, ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., per le cause - come quella all'esame - ancora ad esso soggette, il motivo di ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, qualora non sia stato formulato il c.d. quesito di fatto, mancando la conclusione a mezzo di apposito momento di sintesi, anche quando l'indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata censura, attesa la ratio che sottende la disposizione indicata, associata alle esigenze deflattive del filtro di accesso alla suprema Corte, la quale deve essere posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l'errore commesso dal giudice di merito v. Cass., 18 novembre 2011, n. 24255 . Secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di questa Corte, inoltre, è ammissibile il ricorso per cassazione che denunzi con unico motivo vizi di violazione di legge e di motivazione, qualora si concluda con la formulazione di tanti quesiti corrispondenti alle censure proposte, poiché nessuna prescrizione, che ostacoli tale duplice denunzia, è rinvenibile nelle norme processuali, a nulla rilevando l'art. 366 bis c.p.c., il quale esige che, nel caso previsto dal n. 3 dell'art. 360 c.p.c. civ., il motivo sia illustrato con un quesito di diritto e, nel caso previsto dal n. 5, che l'illustrazione contenga la chiara indicazione del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume che sia omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza la renda inidonea a giustificare la decisione ma non richiede anche che il quesito di diritto e gli elementi necessari alla illustrazione del vizio di motivazione siano prospettati in motivi distinti Cass. 18 gennaio 2008, n. 976 Cass. 26 marzo 2009, n. 7621 . 2. Con l'unico articolato motivo, il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione di norme nonché vizi motivazionali, ha - come già posto in rilievo -, talvolta con l'indicazione di sottotitoli, evidenziato più profili e ha formulato al riguardo quattro quesiti. 3. Il M. lamenta anzitutto illogicità della motivazione in ordine alla ricostruzione del fatto assume il ricorrente che il Giudice del merito, ritenuti attendibili i testi Sa. e D.N. , avrebbe trascurato gli ulteriori elementi emersi dall'istruttoria e in particolare dalle risultanze documentali ed avrebbe erroneamente non solo attribuito al M. la violazione dell'art. 144 del codice della strada ma anche applicato nel caso all'esame il secondo comma dell'art. 2054 c.c., invece del primo comma della medesima norma. 3.1. Le censure in esame sono inammissibili, in quanto i relativi quesiti di diritto riportati ai nn. 1 e 2 di p. 31 del ricorso , così come formulati, sono inadeguati, difettando di specificità e concretezza ed invero essi fanno riferimento agli atti del processo in modo del tutto generico, sicché non sono idonei ad assolvere la propria funzione che, come già evidenziato, è quella di far comprendere a questa Corte, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, quale sia l'errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale la regola da applicare inoltre, i quesiti in parola si risolvono, inammissibilmente, nell'interpello della Corte in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata. I quesiti all'esame, in particolare, sono generici ed astratti, privi di qualunque indicazione sul tipo della controversia, sugli argomenti addotti dal giudice a quo e sulle ragioni per le quali non dovrebbero essere condivisi e peraltro il quesito n. 2 neppure coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata. 3.2. Inoltre, pur lamentando vizi motivazionali di cui all'art. 360 c.p.c., n. 5, non si rinviene in ricorso una specifica parte destinata alla chiara indicazione del fatto controverso lamentato ed all'illustrazione delle ragioni che rendono inidonea la motivazione a giustificare la decisione cfr. Cass. S.U. 16.11.2007, n. 23730 , con conseguente inammissibilità delle censure anche sotto tale profilo. 4. Il ricorrente lamenta poi che la Corte di merito abbia erroneamente ritenuto liquidato il danno estetico nell'ambito del danno biologico ad opera del primo giudice assume che l'operata liquidazione del danno equivarrebbe ad un mancato riconoscimento del danno estetico del tutto ingiustificato, immotivato e privo di riferimento al grave pregiudizio psico-fisico da lui sofferto. 4.1. Il motivo è, in relazione al profilo all'esame - che, alla luce della sua illustrazione, deve ritenersi relativo a soli vizi motivazionali, non indicandosi alcuna norma che si assuma violata -, inammissibile, in quanto privo del relativo momento di sintesi c.d. quesito di fatto . 5. Il ricorrente censura, infine, l'erronea dichiarazione del difetto di legittimazione passiva dell'Assitalia - Le Assicurazioni d'Italia s.p.a. operata dal Giudice di merito, sia per vizi motivazionali sia per violazione di legge ed in particolare degli artt. 22 e 19 della legge n. 990/69, tenuto conto che nel caso all'esame il motoveicolo investitore era privo della copertura assicurativa, non essendo stato pagato il premio alla scadenza del 12 luglio 1995, successiva alla stipula del contratto avente scadenza alle ore 24 del 12 luglio 1996, ed essendosi verificato il sinistro de quo in data 20 agosto 1995, ben oltre, quindi, i quindici giorni di sospensione della copertura assicurativa. Lamenta in particolare il ricorrente che la Corte di merito, nel rigettare il motivo di gravame al riguardo da lui proposto, abbia ritenuto sussistente detta carenza di legittimazione senza motivare e/o comunque motivando in modo illogico e contraddittorio tale decisione, pur rilevando che dalla documentazione prodotta risultava effettivamente che al momento del sinistro la moto non era coperta da assicurazione per la r.c.a., essendo decorso il termine, di cui all'art. 1901, secondo comma, c.c., con conseguente esclusione dell'obbligo dell'assicuratore nei confronti del terzo danneggiato, ed affermando subito dopo che pertanto, la sospensione - non la mancanza - dell'assicurazione rettamente é stata opposta dall'assicuratore all'appellante terzo danneggiato, non rientrando, peraltro, detta ipotesi nella previsione dell'art. 18/2 della legge n. 990/1969, come sostituito dall'articolo 1 del D.L. n. 857/1976, convertito in legge n. 39/1977, il quale presuppone che il contratto sia operante, a seguito di pagamento del premio, non rilevando in contrario, con riferimento al sinistro, accaduto nel periodo in cui la garanzia assicurativa era sospesa, l'eventuale pagamento del premio successivamente effettuato, atteso che la mancanza della copertura assicurativa al momento del verificarsi del sinistro ha irrevocabilmente prodotto l’irrisarcibilità dello stesso da parte dell'assicuratore . Assume il ricorrente che l'obbligo del FGVS sorge allorquando siano state accertate l'autenticità del sinistro, l'imputabilità del fatto ad un automobilista e la mancanza della copertura assicurativa pertanto, dovendo ritenersi, in base alle risultanze in atti, che alla data del 20 agosto 1995, in cui si é verificato il sinistro de quo, il motoveicolo in questione era sprovvisto di copertura assicurativa, dei danni subiti dal M. deve rispondere l’Assitalia, quale impresa designata dal FGVS, ai sensi dell'art. 19 lett. b della legge n. 990 del 1969. 5.1. Il ricorrente, pur lamentando anche vizi motivazionali in relazione alle censure riportate nel paragrafo che precede, non ha rispettato il dettato di cui all'art. 366 bis c.p.c., sicché, sotto tale profilo, le stesse sono inammissibili, in difetto del relativo momento di sintesi c.d. quesito di fatto . 5.2.1 quesiti proposti con riferimento alle censure in esame sollevate in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. possono ritenersi ammissibili, così come formulati. 5.3. Dette censure sono fondate. Lo stesso Giudice di merito ha accertato v. sentenza p. 13 che la Toro Assicurazioni s.p.a. aveva rilasciato alla B. per la moto in questione il prodotto contrassegno valido sino al omissis e il certificato di assicurazione decorrente dalle ore 15 del omissis e con validità sino al omissis , in cui era specificato che il contratto aveva termine alle ore 24 del omissis ed ha altresì accertato che al momento del sinistro la polizza non era operante, atteso che la B. non aveva pagato il premio assicurativo, la cui proroga era scaduta il 27 luglio 1995. Come affermato di recente da questa Corte, sia pure in tema di sanzioni amministrative, nei contratti di assicurazione della r.c.a. con rateizzazione del premio, una volta scaduto il termine di pagamento della seconda rata di premio, l'efficacia del contratto resta sospesa a partire dal quindicesimo giorno successivo alla scadenza, e tale sospensione è opponibile anche ai terzi danneggiati, ai sensi dell'art. 1901 c.c., con la conseguenza che, una volta spirato il suddetto termine, il veicolo deve ritenersi sprovvisto di assicurazione Cass., ord., 30 novembre 2012, n. 21571 . Pertanto, in tema di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli, l'assicuratore è tenuto a risarcire il terzo danneggiato quando il sinistro si sia verificato entro il quindicesimo giorno dalla scadenza del periodo indicato sul contrassegno, sebbene non sia stato pagato il premio per il periodo successivo Cass. 6 luglio 2009, n. 15801 Cass. 24 aprile 2001, n. 6026 . Qualora, invece, come nel caso all'esame, il sinistro sia avvenuto oltre il suddetto termine, il veicolo deve ritenersi sprovvisto di assicurazione e, in applicazione dell'art. 19, primo comma, della legge n. 990 del 1969, ratione temporis applicabile, il risarcimento dei danni da circolazione stradale causato da detto veicolo é posto a carico del FGVS e, per esso, dell'impresa designata, a norma dell'art. 20 della legge citata, nei cui confronti, ai sensi del quarto comma dell'art. 19 già richiamato, deve essere esercitata l'azione per il risarcimento dei danni. Non risultano, quindi, conferenti le obiezioni sollevate dalla controricorrente che fa riferimento all'art. 283, primo comma, lett. b, del d.lgs. n. 209 del 2005, non applicabile al caso di specie ratione temporis, e che sostiene che la scopertura assicurativa non risulterebbe nel caso all'esame. Al riguardo si osserva ulteriormente che questa Corte ha già avuto modo di affermare che in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli, se l'assicurato non paga il premio pattuito in un'unica soluzione o la prima rata di esso, la sospensione della copertura assicurativa che si produce tra le parti del rapporto negoziale ai sensi del primo comma dell'art. 1901 c.c. non è opponibile al terzo danneggiato e la copertura assicurativa rimane operante per tutto il periodo di tempo indicato nel certificato o contrassegno assicurativo mentre nel caso in cui non sia pagata la seconda o non siano state corrisposte le rate successive di premio, così come previsto dall'art. 1901, comma secondo, c.c., la sospensione della copertura assicurativa è opponibile al terzo danneggiato come espressamente previsto dall'art. 7 legge n. 990 del 1969 Cass. 8 novembre 2007, n. 23313 . Nel caso di specie, tenuto conto di quanto accertato dal Giudice del merito e già sopra evidenziato, in relazione al contrassegno e al certificato di assicurazione in questione, neppure si pone un problema di tutela dell'affidamento del danneggiato. Il Giudice del merito non si é attenuto al predetto principio. 6. Il ricorso deve essere, pertanto, accolto nei limiti di cui in motivazione. La sentenza impugnata va cassata in relazione alle censure accolte. La causa va rinviata ad altra sezione della Corte di appello di Roma che si atterrà al principio di diritto sopra enunciato v. p. 5.3. e provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte di appello di Roma.