La casa è danneggiata, ma agibile: ridotto il lucro cessante

Se le lesioni accertate non rendono la casa totalmente inagibile e nonostante questo il proprietario si astiene da ogni intervento emendativo, è corretto ridurre l’entità del lucro cessante.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 19614/12, depositata il 12 novembre. Il caso. Il proprietario di un appartamento cita in giudizio i vicini di casa e la società da essi incaricata di eseguire alcuni lavori di ristrutturazione, al seguito dei quali sono sorte crepe e fessurazioni nella sua proprietà. Vengono poi chiamati in causa il progettista dei lavori e la sua compagnia di assicurazione e la causa viene riunita al giudizio promosso dall’assicuratrice dei committenti, che aveva già dovuto risarcire altri inquilini dello stabile, parimenti danneggiati dai lavori. Il Tribunale dichiara allora la responsabilità esclusiva della società, condannandola al rimborso in favore di detta assicurazione la pronuncia viene parzialmente modificata in secondo grado, con una riduzione della somma dovuta al ricorrente, che decide allora di sottoporre il caso alla S.C. Il danneggiato doveva attivarsi? Il proprietario lamenta anzitutto una presunta violazione del giudicato interno relativamente all’atto di appello presentato dalla società incaricata dei lavori tale censura, che non identifica neppure quale fosse l’oggetto del giudicato, viene dichiarata senza dubbio inammissibile dagli Ermellini. Il ricorrente contesta poi, con due motivi connessi, il fatto che i giudici di appello abbiano rinvenuto nella sua condotta gli estremi di un parziale aggravamento del danno subito il danneggiato, infatti, nel non aggravare i pregiudizi subiti, dovrebbe limitarsi all’esplicazione di attività personali agevoli e non comportanti notevoli sacrifici. Egli pertanto non sarebbe stato tenuto a intraprendere opere di ripristino per poter nuovamente abitare nell’appartamento e l’articolo 1227 c.c., disciplinante il concorso di colpa del creditore, avrebbe dovuto essere applicato con moderazione . Inoltre la motivazione sarebbe contraddittoria laddove da un lato aumenta il risarcimento per le riparazioni dei danni e dall’altro diminuisce l’entità del lucro cessante, affermando che il danneggiato avrebbe comunque potuto abitare nella casa lesionata. La casa poteva essere abitata. La Cassazione non rileva tuttavia carenze logiche nel percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale è stata dedotta una sostanziale sproporzione tra le lesioni accertate - che non rendevano la casa assolutamente inagibile - e l’astensione da ogni lavoro emendativo per ben quattro anni la minor incidenza del danno ha pertanto correttamente portato i giudici di merito a ridurre il periodo di non fruibilità in termini economici dell’appartamento da quattro a un solo anno. Per questi motivi la S.C. rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 11 ottobre – 12 novembre 2012, n. 19614 Presidente Rovelli – Relatore Bianchini Svolgimento del processo M P. citò innanzi al Tribunale di Trento i coniugi L M. e B G. , proprietari di un appartamento sito al piano sottostante il proprio, nonché la srl CI & amp PI, che era stata dagli stessi commissionata di effettuare lavori di ristrutturazione in detti locali e che, per colpa consistita nel non puntellare le pareti, aveva determinato l'insorgenza di crepe e fessurazioni nella proprietà degli esponenti chiesero pertanto che i convenuti fossero condannati a risarcir loro i danni da ciò derivati. La società CI & amp PI chiese il rigetto delle domande e chiamò in causa il progettista dei lavori ing. A S. e la propria compagnia di assicurazioni Toro, affinché il primo fosse dichiarato quanto meno corresponsabile dei danni e la seconda per garanzia anche i committenti M. /G. si costituirono, chiedendo il rigetto delle domande dell'attore e svolgendo richiesta subordinata di manleva nei confronti della CI & amp PI del pari l’ing. S. contrastò la domanda l'assicurazione TORO, dal canto proprio, negò la copertura assicurativa. A detta causa venne riunita altra, iniziata dalla spa ITAS Assicurazioni, assicuratrice dei M. /G. , che in tal modo aveva inteso ripetere da coloro che fossero risultati responsabili quanto versato stragiudizialmente ad altri inquilini dello stesso stabile, parimenti danneggiati dai succitati lavori. L’adito Tribunale accertò la responsabilità esclusiva della società CI & amp PI e la condannò al rimborso in favore dell'assicuratrice ITAS sia dell'importo di Euro 6.837,89 oltre accessori, erogata per indennizzo dei danni sofferti da terzi danneggiati, sia della somma di L. 29.473,43 corrisposta al P. condannò infine la spa TORO a manlevare, nei limiti di polizza, l'assicurata CI & amp PI di quanto corrisposto in favore di ITAS e P. , respingendo le altre domande e regolando di conseguenza le spese. Detta sentenza venne appellata in via principale dalla CI & amp PI ed in via incidentale dai M. /G. , dal P. e dalla TORO Assicurazioni per quello che ancora conserva interesse in sede di legittimità, il P. fece valere a il mancato accertamento di ogni profilo di responsabilità in capo ai committenti per aver scelto un'appaltatrice palesemente inadeguata e per non aver nominato un direttore dei lavori b — la ridotta liquidazione, ed in via equitativa, del danno c — la mancata quantificazione delle spese sostenute per la consulenza tecnica di ufficio e di parte e per l'accertamento tecnico preventivo. La Corte di Appello di Trento, con decisione n. 59/2006, depositata il 10 febbraio 2006,, in parziale riforma della precedente sentenza, ridusse la condanna in favore del P. ad Euro 14.973,43 oltre accessori, e condannò la società CI & amp PI a pagare le spese di accertamento tecnico preventivo e di consulenza tecnica, respingendo ogni altro motivo. Contro tale decisione è insorto il P. chiedendone la cassazione sulla base di tre motivi le altre parti non hanno svolto difese. Motivi della decisione Va premesso che, ratione temporis, il ricorso non è soggetto all'obbligo della formulazione dei quesiti di diritto ex art. 366 bis cpc, ancora non vigente all'epoca della pubblicazione della sentenza di primo grado ne deriva che si prescinderà dall'esame degli stessi, pur se formulati nel ricorso. 1 — Con il primo motivo viene fatta valere la violazione del giudicato interno deducendo la sussistenza del vizio di cui all'art. 360, 1 comma, n. 4 cpc, in relazione al disposto dell'art. 2909 cod. civ. sostenendo che l'atto di appello della CT& amp P1 in relazione al lamentato lucro cessante che avrebbe sofferto esso ricorrente, riconosciuto dalla sentenza del Tribunale di Trento, avrebbe fatto valere la mancanza della prova dell'assoluta inagibilità dell'immobile, stante la presenza di modeste fessurazioni, tali dunque da non impedire l'abitabilità dell'immobile deduce parte ricorrente che tale impugnazione presupponeva che la sentenza di primo grado avesse riconosciuto il danno emergente sulla base della riferita — in appello — inagibilità mentre in contrario la stessa aveva fatto riferimento alla constatazione dell'assoluta inerzia dei responsabili nell’offrire ed erogare il risarcimento del danno ed alla non applicabilità del principio dell'art. 1227 cod. civ., non essendo esso attore tenuto ad anticipare le somme necessario per riparare i danni. 1.a — Il mezzo deve dirsi inammissibile in quanto, sotto il profilo della violazione del giudicato — che neppure identifica quale oggetto avesse fa invece valere un vizio di ultrapetizione del resto sarebbe stato anche inammissibile, se si fosse voluto dar rilievo più che all'intestazione del motivo, al suo svolgimento argomentativo, anche sotto questo secondo aspetto, in quanto I la sentenza di primo grado riconobbe il lucro cessante con riferimento alla inagibilità dell'immobile per quattro anni v. fol. 24 della sentenza di appello, in sede di esame sul punto degli appelli incidentali della CI & amp PI e della TORO Assicurazioni 2 la statuizione che parte ricorrente ritiene confliggente con precedente giudicato riguardava il titolo di responsabilità dei convenuti. 1.b Ne deriva che la doglianza sul punto sollevata in appello era idonea, in termini di specificità e di inerenza, a devolvere alla Corte territoriale una nuova valutazione sulla materia controversa. 2 Con il secondo motivo viene denunziata la violazione o falsa applicazione dell'art. 1227 cod. civ., per aver rinvenuto, la Corte territoriale, nella condotta di esso ricorrente gli estremi di un parziale aggravamento del danno subito, omettendo così di considerare che per consolidata interpretazione di legittimità la diligenza che il danneggiato deve dimostrare nel non aggravare i pregiudizi subiti per l'altrui condotta deve limitarsi all'esplicazione di attività personali agevoli e quindi non comportanti notevoli sacrifici da ciò il ricorrente fa derivare a che non sarebbe stato tenuto ad intraprendere opere di ripristino necessarie per poter nuovamente abitare l'appartamento danneggiato b che l'art. 1227 cod. civ. avrebbe dovuto esser applicato con moderazione . 3 Con il connesso terzo motivo si denunzia un vizio di motivazione, dedotta come contraddittoria ed insufficiente, laddove, da un lato, si sarebbe accolto il gravame diretto a far valere un tipo di riparazioni più completo e più costoso, e dall'altro si sarebbe preteso che medio tempore il danneggiato abitasse nella casa lesionata. 4 I motivi sopra illustrati sono infondati. 4.a Il secondo mezzo non può essere accolto in quanto, facendo valere un vizio della norma regolatrice della fattispecie di cui non si disconoscono i confini applicativi dati dal giudice dell'appello né la corretta sussunzione della fattispecie concreta in quella recata dalla norma in realtà si critica — in modo oltretutto generico, senza cioè scendere all'analisi dell'argomentazione giudiziale l'approdo interpretativo cui è pervenuta la Corte di Appello la quale ha dedotto una sostanziale sproporzione tra le lesioni accertate, che non rendevano la casa assolutamente inagibile, e l'astensione di ogni lavoro emendativo per ben quattro anni non essendo stata intaccata questa specifica ratio decidendi ne risulta irrimediabilmente compromessa la complessiva tenuta logica dell'argomentazione a sostegno del mezzo in esame. 4.b — Il terzo motivo è del tutto generico e comunque tralascia di considerare il complessivo percorso logico seguito dal giudice dell'appello nell'aumentare da un lato il risarcimento per le emende dirette dei danni e per diminuire dall'altro l'entità del lucro cessante, non valutando cioè che le argomentazioni stabilite per il danno emergente non possono dirsi in contrasto logico con le motivazioni addotte per ridurre da quattro ad un solo anno il periodo di ragionevole inutilizzabilità rectius di non fruibilità in termini economici dell'appartamento, fondate sulla ragionevolezza di una minor incidenza del danno da liquidarsi in via pur sempre equitativa. 6 Il ricorso va respinto, senza onere di spese, non avendo svolto difese le altre parti. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.