Fermata lunga, sosta oltre la banchina: conducente azzardato, ma non vi è collegamento con la caduta del passeggero

Episodio legato alla manovra ‘fuori ordinanza’ della persona alla guida del tram, ma il passo falso compiuto dal passeggero è fondato soprattutto su un avvallamento del terreno, collocato nei pressi della banchina. Ma le ispezioni in loco permettono di calcolare meglio le distanze troppo lontano l’ostacolo per considerare acclarato il nesso di causalità.

Manovra azzardata del conducente del tram, che arriva ‘lungo’ alla fermata. Stop, quindi, ben oltre la banchina d’ordinanza. Ma questo non può bastare per addebitare la caduta del passeggero all’azienda municipalizzata che gestisce il trasporto pubblico e al Comune Cassazione, sentenza n. 13949, Terza sezione Civile, depositata oggi . Discesa pericolosa. Casus belli è la caduta subita da un uomo all’atto di scendere da un tram urbano, o, meglio, i danni che sono seguiti al ‘fattaccio’. Secondo il passeggero del tram, difatti, a pagare debbono essere l’azienda di trasporti e il Comune. Secondo i giudici, ovvero Tribunale e Corte d’Appello, la richiesta non è legittima. Nessun risarcimento, quindi, alla luce dei fatti, delle circostanze e anche dello scenario dell’episodio ‘incriminato’. Distanza fatale. E proprio gli elementi probatori presi in esame dai giudici vengono richiamati, dall’uomo, nel ricorso proposto in Cassazione, e finalizzato a contestare la decisione di rifiutargli il risarcimento dei danni. In questa ottica, sono diversi gli elementi richiamati, come la fermata del tram al di là dell’apposita banchina , la presenza di diverse irregolarità del suolo , la caduta dell’uomo non appena sceso dal tram chiara la prospettiva, ossia che il passo falso fosse stato dovuto a fattori esterni al comportamento del passeggero, fattori addebitabili all’azienda e al Comune. Eppure, nonostante le osservazioni proposte dall’uomo, anche in terzo grado vengono condivise le valutazioni compiute dai giudici in Appello, valutazioni che si sostanziano nella considerazione della mancanza del nesso di causalità , che avrebbe dovuto fornire la persona danneggiata. Più precisamente, l’uomo aveva imputato la caduta a un avvallamento del terreno posto al di sotto del gradino, essendosi il tram fermato oltre la banchina , ma le ispezioni compiute hanno permesso di collocare tale avvallamento a una distanza molto maggiore rispetto alla rotaia destra del tram. Ecco perché manca il famigerato nesso di causalità , nonostante il comportamento tenuto dal conducente del tram, ed ecco perché – concludono i giudici, rigettando il ricorso e confermando la pronuncia di secondo grado – è assolutamente non fondata la richiesta di risarcimento dei danni avanzata contro azienda di trasporti e Comune.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 25 giugno – 3 agosto 2012, n. 13949 Presidente Uccella – Relatore D’Alessandro Svolgimento del processo M.M. propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano che ha rigettato il suo gravame contro la sentenza di primo grado del Tribunale di Milano, che aveva respinto la domanda risarcitoria proposta nei confronti del Comune di Milano e dell’Azienda Trasporti Milanese ATM in relazione ai danni subiti in conseguenza di una caduta occorsagli in Milano il 21/6/2000 all’atto di scendere dal tram urbano della linea 9, alla fermata di Viale Premuda/Piazza 5 Giornate. Resistono con controricorsi il Comune di Milano e l’ATM S.p.A. Tutte le parti hanno depositato memorie. Motivi della decisione 1. Il giudice di appello ha ritenuto il difetto di prova dei fatti allegati, adeguandosi alla motivazione del giudice di primo grado, tenuto conto del fatto che l’avallamento del terreno, cui il M. imputava la caduta, distava 160 cm. dalla rotaia destra. Con il primo motivo, sotto il profilo del vizio di motivazione, il ricorrente assume di aver dedotto altri fatti significativi, come la fermata del tram al di là della apposita banchina, la presenza di diverse irregolarità del suolo e la circostanza, confermata dai testi assunti in primo grado, che egli fosse caduto non appena sceso dal tram. Riferisce inoltre che la distanza dell’avvallamento dal gradino del tram in estensione era di soli 90 cm. 1.1. Il primo motivo è infondato. La prospettazione dell’attore - come risulta dalla sintesi dell’atto di citazione in parte qua - è infatti nel senso che la caduta è stata causata da un avvallamento o sconnessione posto al di sotto del gradino, essendosi il tram fermato oltre la banchina. Il giudice di primo grado, con ispezione dei luoghi, ha accentato che viceversa l’avvallamento fotografato dall’attore distava 160 cm. dalla rotaia destra ed ha pertanto ritenuto che l’attore stesso non avesse fornito la prova, su di lui gravante, della sussistenza del nesso di causalità con il trasporto. La circostanza, non risultante dalla sentenza, che l’avvallamento distasse 90 cm. dal gradino in estensione appare d’altro canto irrilevante, essendo comunque pacifico che l’avvallamento non era sotto il gradino, come sostenuto dall’attore pag. 5 della sentenza . 2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza in quanto esclude il nesso di causalità esclusivamente in base ad una apparente contraddizione desumibile dalle dichiarazioni rese dalla parte in sede di interrogatorio libero, senza prendere in adeguata considerazione tutti i mezzi di prova acquisiti. 2.1. Il mezzo - a prescindere dalla correttezza del richiamo all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ. - è in parte inammissibile ed in parte infondato. È inammissibile per difetto di autosufficienza, non essendo riportato il contenuto testuale dell’atto di citazione al fine di verificare la congruità delle ulteriori risultanze istruttorie citate deposizioni testimoniali e relazione di polizia municipale in relazione alla prospettazione in concreto seguita dall’attore. È infondato in quanto il giudicante muove evidentemente da presupposto che la domanda sia fondata sull’ipotesi che vi fosse un avvallamento al di sotto del gradino e, correttamente, si basa, per escluderne la fondatezza, sulle dichiarazioni dello stesso attore, incompatibili con lo stato dei luoghi come accertato in sede di ispezione. 3. Con il terzo motivo il ricorrente - sempre in riferimento alla domanda svolta nei confronti dell’ATM - censura la sentenza impugnata, sotto i profili dell’art. 360, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., quanto ai principi applicati in tema di nesso di causalità, assumendo mancare l’individuazione di una causa sopravvenuta sufficiente da sola a determinare l’evento, una volta assodato l’inadempimento del conducente del tram. 3.1. Il mezzo è infondato. La sentenza impugnata esclude che l’attore abbia fornito la prova, su di lui gravante, del nesso di causalità e pertanto non era compito del giudicante indagare quali fossero le cause della caduta. È d’altro canto inammissibile, per le medesime ragioni esposte sub 2.1., il riferimento a prospettazioni difensive rispetto alle quali il ricorso non è autosufficiente. 4. Con il quarto motivo, sotto il profilo della violazione di legge, il ricorrente lamenta la violazione delle regole circa l’onere della prova, assumendo gravare sull’ATM l’onere di provare la sussistenza di altre cause certe dell’evento dannoso, tali da interrompere il nesso causale. 4.1. Il quarto motivo è inammissibile, muovendo il giudicante dall’assunto, evidentemente non condiviso dal ricorrente, che l’attore non abbia fornito la prova, su di cui gravante, della sussistenza del nesso di causalità. 5. Con il quinto motivo, sotto il profilo della violazione di legge, il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’Appello abbia escluso la responsabilità del Comune per le condizioni del manto stradale sia ex art. 2051. cod. civ., per la impossibilità di controllo da parte del Comune sui beni in custodia, sia ex art. 2043 cod. civ., avendo ristretto la responsabilità dell’Ente alla sola ipotesi della insidia, di cui ha ritenuto non sussistere gli estremi. 5.1. Il mezzo è inammissibile, avendo la Corte di Appello escluso che il danneggiato abbia fornito prova dell’effettivo svolgimento del fatto e restando perciò irrilevante ogni questione relativa alla colpa dell’ente pubblico. 6. Il ricorso va quindi rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese, liquidate, per ciascuno dei controricorrenti, in € 10.200, di cui € 10,000 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate, per ciascun controricorrente, in € 10.200, di cui € 10.000 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.