Il danno alla carrozzeria va rifuso integralmente, anche se superiore al valore di mercato del veicolo al momento del sinistro

Il modo corretto di determinare la quantificazione del danno in caso di riparazioni antieconomiche è quello di analizzare il caso concreto partendo dalle spese effettivamente sostenute per la riparazione del mezzo che possono essere proporzionalmente ridotto nel caso in cui l’importo possa produrre un vantaggio economico al danneggiato rispetto ai danni effettivamente subiti.

La fattispecie. Di sovente accade che un banale incidente possa essere oggetto di esame da parte dell’Autorità di giustizia. Nel caso in esame la compagnia solvente si è rifiutata di rifondere integralmente le spese sostenute per la riparazione del veicolo in quanto il valore di mercato del veicolo al momento del sinistro era sensibilmente inferiore rispetto ai danni patiti da questo. Tuttavia, il titolare del diritto al risarcimento, invece che accontentarsi dell’offerta formulata, ha investito del caso il Giudice di Pace di Milano che ha avuto modo di prendere posizione sul c.d. danno antieconomico. Diritto alla reintegrazione del patrimonio. Nei moderni Ordinamenti privatistici la responsabilità aquiliana è chiamata, più che a sanzionare la condotta antigiuridica, a offrire i mezzi per reagire e riparare la lesione di interessi protetti riallocando le risorse ingiustamente sottratte alla vittima. Ne consegue che il danneggiato ha diritto a ottenere la reintegrazione della perdita patrimoniale patita a seguito del fatto illecito con il limite che, da ciò, non può derivare una locupletazione. Il ristoro può avvenire per equivalente art. 2958 codice civile ovverosia mendiate la corresponsione di una somma di denaro pari alla diminuzione patrimoniale patita o, ove possibile, restituendo al bene danneggiato il medesimo valore che aveva precedentemente all’illecito. Il valore di mercato del veicolo al momento del sinistro non sempre costituisce un limite al risarcimento. Il Giudice adito ha asserito che le spese dovute per la riparazione debbono essere rifuse integralmente anche se superiori al valore di mercato quando, nonostante le citate riparazioni, il valore commerciale del veicolo o la vita media di questo non aumenta. Pertanto è necessario distinguere tra - interventi meccanici ove la sostituzione di alcune parti possono incrementare il valore del bene o, comunque, prolungarne l’utilizzo realizzando una locupletazione, e - interventi alla carrozzeria che, per la loro natura, non hanno alcuna influenza né sulla vita né sul valore del veicolo. Solo in quest’ultima fattispecie il soggetto leso ha diritto alla restituitio in integrum a prescindere dal prezzo di mercato indicato sui listini Eurotax.

Giudice di Pace di Milano, sez. IV Civile, sentenza 10 maggio – 22 giugno 2012, n. 109273 Dott.ssa Larisa Marchioretto Ragioni di fatto e di diritto della decisione La C.S.G. s.r.l., con atto di citazione regolarmente notificato, conveniva in giudizio la compagnia assicurativa S.p.A., per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni subiti dalla autovettura VW Sharan targata , conseguenti al sinistro avvenuto in data 2 gennaio 2011, danni che quantificava in euro 1.846,91 residui per il danno materiale. Assumeva, l'attrice che, in data 2 gennaio 2011, nel comune di Carena, frazione di Forlì, mentre il sig. G.P.B., alla guida della propria autovettura VW Sharan targata , percorreva il piazzale antistante il cimitero, veniva urtato, sulla intera fiancata destra, dal veicolo Opel Insigna, targato , di proprietà della ditta T.R., condotto, nell'occasione, dal sig. O.S. e assicurato A.A. che, a seguito dell'impatto il veicolo VW subiva dei danni quantificati in euro 5.346,91 Iva compresa come da fattura n. 194 emessa dalla odierna attrice che, in data 17 gennaio 2011 il sig. B. cedeva, ai sensi dell'art. 1260 e ss del Codice Civile, il proprio credito a favore dell'odierna istante, incaricata di eseguire le riparazioni del veicolo incidentato che, dopo aver comunicato tale cessione del credito, riceveva l'importo di euro 3.500,00, oltre onorari, trattenuto quale acconto sul maggior dovuto. Alla prima udienza si costituiva la , contestando il quantum debeatur, ritenendo esaustiva la somma già versata ante causam, stante il valore commerciale del mezzo ante sinistro, pari a circa il 3.000,00. La causa, ritenuta matura per la decisione, stante la natura documentale della stessa, veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni. Alla successiva udienza del 19 aprile 2012, la causa veniva trattenuta in decisione dal giudice. Ritiene questo Giudice che la domanda dell'attrice, in quanto fondata, sia meritevole di accoglimento. La responsabilità, in via esclusiva, del conducente del veicolo targato nella causazione del sinistro de quo risulta pacifica, oltre che non contestata. Viene oggi in discussione il quantum debeatur, posto che il valore ante sinistro del mezzo danneggiato era inferiore, secondo i listini Eurotax, a quanto effettivamente speso per ripararlo. Prima di tutto, si deve rilevare che il principio fondamentale dal quale si deve partire per determinare il quantum del risarcimento spettante al danneggiato è quello di porre il patrimonio di quest'ultimo nello stesso stato in cui si sarebbe trovato in assenza dell'avvenuto fatto dannoso con il limite, ovviamente, dell'effettiva perdita subita. Tutto questo può avvenire, ai sensi dell'art. 2058 c.c., o mediante il pagamento di una somma pari alla diminuzione di valore subita dal bene leso risarcimento per equivalente o, quando sia possibile, restituendo al bene stesso il medesimo valore che esso aveva precedentemente alla lesione risarcimento in forma specifica . Corollario al predetto principio è che il risarcimento non possa comunque creare a favore del danneggiato una situazione migliore rispetto a quella in cui si sarebbe trovato in assenza del sinistro, immettendo nel suo patrimonio un valore economico maggiore della differenza patrimoniale negativa indotta dallo stesso. Ciò per via della regola della compensano lucri cum damno, per la quale dalla pretesa quantitativa del danno vanno detratti gli eventuali vantaggi che il fatto dannoso abbia procurato al danneggiato come conseguenza diretta ed immediata. Perciò, se da un lato, il danneggiato non deve realizzare una locupletazione per effetto del danno subito, dall'altro, la liquidazione del danno non deve essere necessariamente contenuta nei limiti di valore del bene danneggiato, ma deve avere per oggetto l'intero pregiudizio subito dal soggetto leso poiché, appunto, il risarcimento è diretto alla completa restituito in integrum del patrimonio del danneggiato. Non bisogna però dimenticare che, sebbene sia molto difficile che a seguito delle riparazioni, rese necessarie dal fatto dannoso, un automezzo acquisti un valore commerciale più elevato rispetto a quello anteriore al sinistro, l'avvenuta sostituzione di pezzi, probabilmente già usurati, ne potrebbe garantire una più elevata funzionalità nonché una corrispondente rivalutazione economica. Perciò, da un lato, è ovvio che un veicolo coinvolto in un incidente di una certa gravità, anche se riparato a regola d'arte, non è commercialmente equiparabile ad un altro mai incidentato, dall'altro, la sostituzione dei vecchi pezzi con degli altri nuovi produce sicuramente un aumento della vita , o durata che si voglia dire, del mezzo. Nella determinazione del danno, quindi, rivestiranno importanza il valore ante sinistro dell'auto, la sua vetustà, il deprezzamento subito a seguito dell'incidente, la natura e l'entità delle riparazioni effettuate nonché la maggior funzionalità che esse potrebbero garantire al mezzo. Per finire, UVA deve essere riconosciuta come parte integrante del risarcimento del danno da circolazione stradale solo, però, nel caso di effettivo avvenuto esborso, documentato attraverso l'esibizione di fattura in originale e non sulla base delle presentazione di un semplice preventivo di spesa. Quindi, per trarre le conclusioni di quanto si è venuto dicendo fino ad ora, il modo corretto di determinare la quantificazione del danno in caso di riparazioni antieconomiche è quello di analizzare il caso concreto partendo dalle spese effettivamente poste in essere per la riparazione del mezzo e, tenuti in considerazione tutti i parametri enunciati fino ad ora, riducendo proporzionalmente l'intero importo laddove tale somma possa produrre un vantaggio economico al danneggiato rispetto ai danni effettivamente subiti. Questo Giudice ritiene, basandosi su una fondamentale idea di giustizia e su dati di fatto, di seguito meglio specificati, che il riconoscimento in forma specifica rappresenti senza dubbio un accertato molto più valido ed ampio, tenuto conto dell'utilità del mezzo infatti, .la somma di euro 3.500,00 non rappresenta, certo, un importo sufficiente per acquistare un mezzo con le medesime caratteristiche ante sinistro di quello incidentato e che fornisca al suo proprietario, danneggiato incolpevole, le medesime qualità meccaniche, posto che le riparazioni effettuate, nel caso specifico, vertevano tutte sulla carrozzeria e non su pezzi meccanici. L'età di una vettura non è data soltanto dal conteggio tra la data di immatricolazione e la data del sinistro ma anche dalla cura, dall'utilizzo, dal chilometraggio e da altri elementi personali del conducente abituale. Pertanto, il fatto che la vettura abbia undici anni non significa che, a livello di pezzi meccanici, sia usurata, in quanto controlli e tagliandi abituali allungano la vita dell'autovettura stessa. Inoltre, la riparazione oggi in parola, non coinvolge la parte meccanica, per così dire, del motore, ma soltanto la carrozzeria danneggiata nello scontro. In conclusione deve essere condannata a pagare la residua somma di euro 1.846,91 all'attrice C.G.S., con gli interessi al tasso legale dalla domanda sino al saldo effettivo. Le spese del giudizio seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Giudice di Pace, definitivamente pronunziando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede accoglie la domanda attorea e, per l'effetto condanna la convenuta S.p.A, a pagare all'attrice, a titolo di residuo risarcimento del danno, la complessiva somma di euro 1.846,91, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo condanna altresì, la convenuta alla rifusione delle spese sostenute dall'attrice, liquidate in complessivi euro 1.100,00, di cui euro 100,00 per spese, euro 550,00 per diritti ed euro 450,00 per onorari, oltre Iva, c.p.a e 12,50% su diritti e onorari, da distrarsi a favore dell'avv.to Bernardo Scavo che si dichiara anticipatane dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva ai sensi di legge.