Muore a seguito di incidente stradale: escluso il danno biologico e morale ai congiunti se la vittima non ha più ripreso coscienza

In tema di morte a seguito di lesioni da incidente stradale, se il deceduto, finito in coma, non ha più ripreso coscienza, gli stretti congiunti non hanno diritto al risarcimento del danno morale il deceduto, infatti, non ha percepito alcuna sofferenza psico-fisica e, pertanto, non si è costituito, in capo al medesimo deceduto, alcun danno ulteriore che, quindi, risulta intrasmissibile in via derivata.

Il caso. Un soggetto, a seguito di incidente stradale, finiva in coma e, circa un’ora e mezza dopo, senza riprendere conoscenza e coscienza, decedeva. La richiesta dei danni sofferti dai congiunti veniva accolta in primo grado e riformata in appello. Il caso, già esaminato dal Tribunale di Venezia e dalla Corte di Appello di Venezia, verte in tema di danno non patrimoniale iure hereditatis per morte di congiunto a seguito di incidente automobilistico. Nella fattispecie, bisogna stabilire se, alla luce dell’ordinamento civilistico, sia configurabile, quale conseguenza del fatto illecito subìto dalla vittima deceduta dell’incidente stradale, un nocumento di natura non patrimoniale, nella specie del danno morale soggettivo e del danno biologico iure proprio in favore degli stretti congiunti del deceduto, quali vittime secondarie dell’illecito altrui, e se sia risarcibile. Nel caso in esame, è da notare che il decesso si è verificato a breve distanza dall’evento lesivo. Pertanto, è necessario focalizzare sul concetto di danno non patrimoniale e sulle possibili sue articolazioni giuridico-economiche e, quindi, considerare tutte le possibili ripercussioni dell’illecito sulla persona deceduta onde stabilire l’esistenza, o meno, di un diritto in capo ai congiunti, in tal caso in qualità di eredi. Il danno non patrimoniale definizione, articolazioni e configurabilità. In primis , va precisato che, nella liquidazione del danno, non è consentito effettuare duplicazioni del medesimo pregiudizio, sia pure sotto diverse voci. Segnatamente, il danno morale si configura come la lesione di interessi non economicamente rilevanti ed inerenti la persona e costituisce una categoria ampia ed omnicomprensiva che non consente, stante l’unica ed unitaria rubricazione all’art. 2059 c.c., ulteriori sottodistinzioni le quali, se effettuate, possiedono, perciò, valore meramente descrittivo sostanzialmente, cioè, il danno morale, come quello biologico, è un danno non patrimoniale. La sofferenza morale, come la perdita del rapporto parentale, non è, così, un pregiudizio a sè stante o differente dagli altri pregiudizi in quanto transitorio bensì uno dei molteplici aspetti, in termini di quantificazione economica, dell’unico profilo del danno non patrimoniale. In particolare, sussiste il danno morale, e questo va liquidato, esclusivamente se è provata la sofferenza psichica della vittima deceduta e, precisamente, se quest’ultima rimane lucida durante l’agonia ovvero consapevole e volitiva per un tempo apprezzabile in mancanza di tali presupposti fattuali, la sofferenza psichica non è ravvisabile, rilevante, non degenera e non dà luogo a danno biologico. Secondo altro orientamento, invece, il danno morale comprenderebbe anche le sofferenze fisiche e morali sopportate dalla vittima in stato di incoscienza non vi sarebbe, cioè, la necessità che il soggetto soffra per il reato e quanto soffra in quanto la risarcibilità del danno sarebbe, in realtà, legata alla verificazione del reato, dovendo quindi il giudice indagare sullo stato soggettivo dell’agente-danneggiante più che sullo stato soggettivo della vittima artt. 2059 c.c. e 185 c.p. . Il risarcimento di entrambe le voci di danno, comunque, può essere negato ove il tempo di sopravvivenza non sia considerato apprezzabile la sopravvivenza per ventiquattr’ore è in astratto idonea a configurare un tal tipo di danno e, comunque, il giudice è tenuto a valutare se il periodo di tempo sia sufficiente ad integrare l'oggettiva configurabilità, in capo al danneggiato, delle menomazioni in cui si concretizza il danno invocato. Escluso il risarcimento del danno morale soggettivo agli stretti congiunti della vittima, deceduta senza riprendere coscienza. La vittima del sinistro stradale, entrando subito in coma e non manifestando alcun segno di ripresa di coscienza nel limitato intervallo di tempo tra le lesioni e la morte, non diviene titolare di alcun danno morale ergo , non si può verificare alcuna trasmissibilità iure successionis agli eredi del danno, non essendo infatti quest’ultimo venuto ad esistenza giuridica per il de cuius .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 20 gennaio – 22 febbraio 2012, n. 2564 Presidente Finocchiaro – Relatore Uccella Svolgimento del processo Il 15 marzo 2004 il Tribunale di Venezia accoglieva la domanda proposta da D.M. , G.D. , G.F. , eredi di Ga.Da. , per il mancato riconoscimento dei danni sofferti a seguito del decesso del congiunto Ga.Da. , a causa di sinistro stradale e proposta nei confronti delle Assicurazioni Generali s.p.a. in qualità di impresa designata del FGVS e liquidava gli stessi con importi variamente attribuiti agli attori. Su gravame delle Assicurazioni Generali il 20 ottobre 2009 la Corte di appello di Venezia riformava parzialmente la sentenza di primo grado e, accogliendo il secondo motivo dell'appello, rigettava la domanda di risarcimento del danno jure hereditatis liquidato in quella sentenza. Avverso siffatta decisione propongono ricorso per cassazione D.M. , G.D. e G.F. affidandosi a due motivi. Resistono con controricorso le Assicurazioni Generali s.p.a. nella qualità. Motivi della decisione 1. - In punto di fatto va posto in rilievo che G.G. rimase vittima di un incidente stradale e decedette circa un' ora e mezzo dopo il sinistro senza riprendere conoscenza e coscienza. I ricorrenti con il primo motivo error in procedendo in relazione alla erronea applicazione dei presupposti e della ratio sottesa a pronuncia giurisdizionale, prudentemente devoluta all'interpretazione ermeneutica dei principi sulla valutazione del danno da lesioni ali 'integrità fisica con esito letale , in estrema sintesi, sostengono che il giudice dell'appello avrebbe operato una impostazione paritaria dei due concetti di incertezza sulla totale irreparabilità con quello di certezza sul dovere di riparazione che sarà sempre parziale. A parte i casi di evidente infondatezza della domanda risarcitoria, solo la dimostrazione della dinamica del sinistro sarebbe idonea a negare una corresponsabilità della vittima. A parte la difficoltà di comprendere ad una prima lettura il contenuto della doglianza, ad un più attento esame ritiene il Collegio che, in buona sostanza, i ricorrenti lamentino che il giudice dell'appello, contrariamente a quanto invece statuito dal Tribunale, in modo erroneo avrebbe negato il danno biologico jure hereditatis ed il danno morale soggettivo allorché, come in questo caso, l'esito letale era intervenuto a breve distanza dall'evento lesivo. 2.-Il motivo va disatteso. Di vero, ed è pacifico tra le parti, il G.G. decedette un'ora e mezzo dopo l’incidente stradale senza coscienza e consapevolezza. A fronte di questa circostanza incontestata il giudice dell'appello ha correttamente applicato quell'orientamento giurisprudenziale che disconosce il danno in esame ai fini della sua liquidazione Cass. n. 12253/07 . Peraltro, questo orientamento ha ricevuto anche l'avallo delle Sezioni Unite di questa Corte, che ha riconsiderato funditus tutta la problematica del danno morale sotto ogni profilo, sia di concetto unitario che di risarcibilità integrale di esso. Infatti, premesso che Risarcimento integrale vuoi dire che il giudice avrà l'obbligo di scandagliare - ovviamente iuxta alligata et probata - tutte le ripercussioni che l'illecito ha avuto sulla persona lesa, nessuna esclusa, nella liquidazione dovranno tuttavia evitarsi le duplicazioni, e cioè liquidare due volte il medesimo pregiudizio sotto differenti etichette, atteso che nel caso di morte di un familiare sia il danno morale, sia quello da perdita del rapporto parentale gli uni e gli altri, costituiscono infatti pregiudizi del medesimo tipo 4.9 p.48 ss. della sentenza . Pertanto il Giudice potrà correttamente riconoscere e liquidare il solo danno morale, a ristoro della sofferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisiche alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l'agonia in consapevole attesa della fine 4.9., p.50 della sentenza . In altri termini, solo se il soggetto sia rimasto lucido, ossia consapevole e volitivo per un tempo apprezzabile, si realizza una sofferenza psichica, di massima intensità, anche se di durata contenuta, non essendo suscettibile, in ragione del limitato intervallo di tempo tra lesioni e morte, di degenerare e dare luogo a danno biologico, che rientra tra i tipi descrittivi del danno morale nella sua più nuova accezione, ossia come la lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica 2.3 p.12 della sentenza . Infatti, il danno morale è una categoria ampia ed omnicomprensiva, all'interno della quale non sono possibili ulteriori sottodistinzioni, se non con valore meramente descrittivo 2.13, p. 19-20 della sentenza . Di conseguenza, la sofferenza morale non è che uno dei molteplici aspetti di cui il giudice deve tenere conto nella liquidazione dell'unico ed unitario danno non patrimoniale, e non un pregiudizio a sé stante 2.10, p. 17 della sentenza . Né ha senso definire il danno morale come un pregiudizio non patrimoniale diverso dagli altri perché transeunte, giacché la natura transitoria del pregiudizio può incidere eventualmente sulla liquidazione del danno, ma non sulla sua natura o risarcibilità 2.10 cit. . Allo stesso modo, anche il danno definito biologico non è che un danno non patrimoniale di cui all'art. 2059 c.c 3 . -Applicando questo principio, che risulta seguito da Cass. n. 24432/09 Cass. n. 15706/10 Cass. n. 6754/11, al caso di specie, ove, ripetesi, è incontestato che il G. dal momento del sinistro entrò in coma per un'ora e mezzo e non manifestò nessun segno di ripresa di coscienza, consegue che egli non divenne titolare di alcun danno morale per la sofferenza psichica conseguita alle lesioni riportate e, quindi, non trasmissibile agli eredi per la sua liquidazione, in quanto la vittima non rimase lucida durante l'agonia né rivelò consapevole attesa della fine della sua vita. 4. - Assolutamente infondato è il secondo motivo sulle spese, che, peraltro, appare generico nella sua formulazione. Di vero, il giudice dell'appello ha ritenuto la prevalente soccombenza dell'appellante,. Compensando per un terzo le spese a suo carico, in perfetta coerenza con il contenuto della sua decisione. Conclusivamente il ricorso va respinto e le spese, che seguono alla soccombenza, vanno liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro2.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.