Professionista rimane invalido dopo un incidente: per la determinazione del danno va conteggiato anche il compenso richiesto e non ancora incassato

Rimessa in discussione la pronuncia di secondo grado che aveva limitato il calcolo alla sola dichiarazione fiscale dei redditi. Nell’anno di riferimento era stata presentata una certificazione per ulteriori onorari non ancora percepiti che deve essere tenuta in conto.

Libero professionista ‘limitato’ da un serio incidente stradale. Gli effetti sono traumatici invalidità permanente riconosciuta al 22 per cento. E le conseguenze, da un punto di vista lavorativo, sono evidenti. Anche per questo, le operazioni di calcolo del risarcimento debbono tener conto non solo dei redditi dichiarati – così come prevede la norma – ma anche – chiarisce la Cassazione, con la sentenza numero 1354, Terza sezione Civile, depositata oggi – di ulteriori incrementi patrimoniali ‘acclarati’. Post incidente. Nessun dubbio sulla dinamica, nessun dubbio sulla responsabilità. Per il libero professionista – ragioniere commercialista, per la precisione – il problema principale è rappresentato dai postumi dell’incidente stradale di cui è rimasto vittima, e che lo ha ‘limitato’ con un elevato grado di invalidità permanente. Nessun dubbio, ovviamente, anche sull’accettazione della richiesta di risarcimento dei danni, avanzata dal commercialista esito positivo sia in primo che in secondo grado. Riconosciuti quasi 100milioni di lire. Ricalcolare? Eppure, è proprio il commercialista a presentare ricorso in Cassazione, chiedendo, in sostanza, di quantificare meglio il risarcimento, alla luce di quanto indicato dalla normativa in materia di assicurazione e di responsabilità civile legate alla circolazione dei veicoli a motore. Più precisamente, pomo della discordia è un elevato compenso – quasi 65milioni di lire – riconosciutogli da una società, ma ignorato dai giudici nel conteggio complessivo dei danni connessi alla potenziale perdita di reddito. Per i giudici bisognava tener conto soltanto della dichiarazione fiscale , non certo della dichiarazione della società relativa a un ulteriore compenso per le prestazioni professionali del commercialista, perché non si trattava di reddito percepito nell’anno di riferimento della dichiarazione fiscale. Tempus. Le valutazioni compiute in Appello, però, vengono rimesse in discussione in Cassazione, con relativo accoglimento del ricorso del libero professionista e con affidamento della questione alla Corte d’Appello. Per i giudici di piazza Cavour, difatti, gli incrementi patrimoniali detraibili, con ragionevole previsione del lavoro svolto, pur se non ancora introitati al tempo del sinistro o nei tempi precedenti, e come indicati, vanno considerati . I riferimenti temporali, a questo proposito, sono chiari la richiesta di compenso, da parte del professionista, era avvenuta alla fine dell’anno di riferimento della dichiarazione fiscale, qualche mese prima dell’incidente stradale. Ecco perché anche quella cifra va conteggiata. Resta invece confermata la decisione di liquidare il risarcimento in via equitativa, anche alla luce del lavoro del professionista, dell’ entità dei postumi permanenti e dell’ età al momento del sinistro alla luce di questi riferimenti, è condivisa la valutazione del giudice dell’Appello, laddove ha ritenuto che quel danno avesse incidenza negativa sul reddito futuro, ma non in modo tale da corrispondere al grado di invalidità come accertato .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 29 novembre 2011– 31 gennaio 2012, numero 1354 Presidente Petti – Relatore Uccella Svolgimento del processo Il 19 dicembre 2005 la Corte di appello di Firenze, su gravame principale di C. E. ed incidentale della Riunione Adriatica di Sicurtà s.p.a. confermava la sentenza dei Tribunale di Siena n3. 2 del 2001. Con tale sentenza il Tribunale di Siena, adito con citazione dal C., che aveva convenuto in giudizio G. N. e la R.A.S, esponendo che il 24 febbraio 1995, mentre viaggiava sulla propria autovettura, veniva investito in Poggibonsi da altra autovettura, assicurata per la r.c.a. con la RAS di proprietà e condotta dal G., dichiarava la responsabilità esclusiva nella causazione dell'incidente del G. che condannava in solido a risarcire al C. il danno liquidato, al netto della provvisionale già corrisposta, in lire 98.413.820, oltre spese di lite. Avverso la sentenza di appello propone ricorso per cassazione C. E., affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso la sola Riunione Adriatica di Sicurtà s.p.a Le parti costituite hanno depositato rispettive memorie. Motivi della decisione Preliminarmente va rilevato che il ricorso non necessita dei quesiti di diritto, trattandosi di impugnazione contro sentenza emessa anteriormente al 2 marzo 2006. 1. -Con il primo motivo violazione e falsa applicazione dell'articolo 4 del d.l. 23 dicembre 1976 numero 857 motivazione insufficiente e contraddittoria sul tema del reddito prodotto artt. 360 numero 3 e numero 5 c.p.c. il ricorrente si duole dell’errata applicazione dell’articolo 4 su indicato. Di vero, e premesso che la ratio della norma va individuata nella volontà del legislatore di determinare la perdita del reddito da parte del professionista a criteri possibilmente e agevolmente individuabili, ossia ai redditi dichiarati nei tre anni precedenti al sinistro e, quindi, percepiti e denunciati, il giudice dell'appello sulla base della dichiarazione fiscale relativa ai redditi 1994 e non già alla dichiarazione del commissario giudiziale della Errebi del 23 ottobre 1995, relativa alla somma di lire 64.016.000 richiesta dal C. per le sue prestazioni professionali, ha negato al professionista detta somma, affermando che non si trattava di reddito percepito nel 1994. Questo stralcio del reddito si pone in contrasto con l'orientamento giurisprudenziale richiamato dal ricorrente v. p.7 ricorso Cass. numero 1936/94 Cass. numero 15025/00 e che va ribadito, secondo il quale, gli incrementi patrimoniali detraibili con ragionevole previsione del lavoro svolto, pur se non ancora introitati al tempo del sinistro o nei tempi precedenti. e come indicati dall'interessato, vanno considerati. Nel caso di specie, la richiesta del C. era del 12 dicembre 1994 e, quindi, fatta prima che si verificasse l’incidente del 24 febbraio 1995. Pertanto, il motivo va accolto e la sentenza impugnata va cassata sul punto. 2.-Con il secondo motivo violazione e falsa applicazione dell'articolo 4 del d.l. 23 dicembre 1976 n . 857 motivazione insufficiente e contraddittoria sul tema del danno per invalidità permanente – artt. 360 numero 3 e numero 5 c.p.c. il ricorrente si duole che il risarcimento del danno dato il grado elevato della invalidità permanente 22% sia stato liquidato in via equitativa e non già con applicazione del coefficiente di capitalizzazione relativo all’età e con deduzione del 35% per scarto tra vita fisica e vita lavorativa, dovendosi considerare anche il danno fiscale. La censura va disattesa, in quanto, facendo corretta applicazione dei principi ermeneutici espressi da questa Corte e che richiama, Cass. numero 6291/03 Cass. numero 15823/05 Cass. numero 16896/10 nonché in considerazione del lavoro del C. ragioniere commercialista libero professionista e dell’entità dei postumi permanenti, dell'età del C. al momento del sinistro 56 anni il giudice dell'appello ha ritenuto che quel danno avesse incidenza negativa sul reddito futuro, ma non in modo tale da corrispondere al corrispondere al gradi di invalidità come accertato. Si tratta di giudizio in fatto documentalmente motivato. 3. Il terzo motivo motivazione erronea, insufficiente, contraddittoria sul tema della prova del danno odontoiatrico e conseguente richiesta risarcitoria--articolo 360 numero 5 c.p.c. va disatteso. Infatti, il giudice dell'appello ha ritenuto, contrariamente a quanto assume il ricorrente, che riporta certificazioni e stralci della CTU, che nel caso in esame mancava completamente la prova del nesso di causalità tra i danni odontoiatrici denunciati ed il sinistro. Si tratta di valutazione in fatto, esclusivamente riservata al giudice del merito, che affronta una questio facti , qual è l’esistenza o meno di un nesso eziologico di fronte al quale ha ritenuto semplicemente mancante la prova. Di vero, non solo il certificato del 10 maggio 1995 nulla dice circa tale nesso eziologico, perché si limita a riferire di forte dolore alla semiarcata mandibolare sinistra stante alle sue dichiarazioni” in seguito ad un incidente stradale, ma la stessa CTU si richiama agli accertamenti eseguiti da specialista odontoiatra di fiducia dell’attore, il cui certificato del 6 marzo 1997 allegato alla CTU nulla ha detto in ordine al nesso di causalità e nulla, aggiunge il giudice d’appello, potrebbe dire la nuova CTU richiesta dal C., considerato il tempo trascorso e la totale assenza di idonea documentazione medica prossima all’epoca del sinistro relativa ai danni in esame. Conclusivamente, quindi, va accolto il primo motivo del ricorso e, nei limiti del motivo accolto, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione rigetto nel resto. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e, nei limiti del motivo accolto,. cassa la sentenza impugnata con rinvio alla corte di appello di Firenze, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione rigetta nel resto. Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio del 29 novembre 2011.