In caso di sinistro gli eredi risarciscono secondo le quote ereditarie

La fattispecie. Il caso è quello di un sinistro stradale in cui il responsabile sia deceduto prima della causa civile, intrapresa quindi nei confronti degli eredi. Sia il Tribunale che la corte d'Appello hanno condannato i predetti eredi al risarcimento in favore degli attori con la consueta formula di solidarietà con la Compagnia Assicurativa. Tra i sei motivi di ricorso in Cassazione tre dei quali accolti uno è proprio relativo a questo aspetto ovverosia gli eredi contestano il fatto che sia stato un errore la condanna in via solidale nei loro confronti, quando invece avrebbero semmai dovuto essere condannati, data appunto la loro qualità di eredi, solo entro il limite delle rispettive quote ereditarie. Gli eredi sono tenuti al risarcimento in base alle quote, non solidalmente. La Terza Sezione della Cassazione Civile nella sentenza n. 20983 ricorda, anzitutto ai giudici dei primi due gradi di giudizio, che è risalente e consolidato l'orientamento secondo cui gli eredi del responsabile civile di un incidente stradale sono tenuti a soddisfare il debito ereditario in ragione delle rispettive quote attive cui succedono, e non solidalmente . Sul punto vengono richiamate le sentenze n. 4155/89, 5066/87. Peraltro il principio non è solo di natura giurisprudenziale, ma trova fondamento negli articoli 752 I coeredi contribuiscono tra loro al pagamento dei debiti e pesi ereditari in proporzione delle loro quote ereditarie, salvo che il testatore abbia altrimenti disposto e 754 Gli eredi sono tenuti verso i creditori al pagamento dei debiti e pesi ereditari personalmente in proporzione della loro quota ereditaria del Codice civile. L'intervenuto decesso, infatti, comporta un frazionamento del debito del de cuius, causandone quindi un rapporto né unico né inscindibile. Tanto è vero che in caso di giudizio instaurato per ottenere il pagamento non si verifica alcun litisconsorzio necessario tra gli eredi del debitore defunto . Attenzione alla formulazione del quesito di diritto. La sentenza in commento è interessante anche dal punto di vista processual-civilistico, per quel che concerne la formulazione del quesito di diritto previsto dall'art. 366 bis c.p.c. Ricordiamo, infatti, che Nei casi previsti dall'articolo 360, primo comma, numeri 1 , 2 , 3 e 4 , l'illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto. Nel caso previsto dall'articolo 360, primo comma, n. 5 , l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione . In particolare la Terza Sezione sottolinea il fatto che per quanto concerne il quesito di diritto, lo stesso deve comprendere sia la regula iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia il diverso principio assunto come corretto dal ricorrente e la mancanza anche di uno dei due rende il ricorso inammissibile.