Pegno sul credito vs pegno sul titolo di credito: quando la prova della “girata” è irrilevante

La partecipazione ad un fondo comune di investimento, in assenza di un certificato individuale, autonomo e separato, costituisce non un titolo di credito nei confronti del fondo, ma solo un credito, rappresentato dall'obbligo della società di investimento di gestire il fondo e di restituirgli il valore delle quote di partecipazione.

La Sez. VI Civile della Cassazione ordinanza numero 11177/20, depositata l’11 giugno ha respinto il ricorso promosso da una Banca ove si discuteva del provvedimento di esclusione dal passivo del preteso credito con privilegio. Il tema principale è la distinzione tra pegno sul credito e pegno sul titolo di credito. Il caso il pegno su una quota di un fondo comune di investimento. In ambito fallimentare, il credito di una banca veniva ammesso al passivo in via chirografaria anziché in via privilegiata pignoratizia. Decisione che la banca stessa contestava. In particolare, la controversia riguardava un certificato rappresentativo della quota di partecipazione ad un fondo comune di investimento immobiliare intestato ad una società fusasi per incorporazione nella società poi fallita , sul quale era stato costituito il pegno in favore della banca mediante girata”. Il Tribunale esclude la sussistenza di un titolo di credito” . II Tribunale escludeva che detto certificato avesse le caratteristiche proprie del titolo di credito , ritenendo così applicabile la disciplina del pegno su credito e non già quella del pegno su titolo di credito. Su queste basi, la prelazione è stata esclusa perché il Tribunale non ha ritenuto integrata ex art. 2800 c.c. Nel pegno di crediti la prelazione non ha luogo, se non quando il pegno risulta da atto scritto e la costituzione di esso è stata notificata al debitore del credito dato in pegno ovvero è stata da questo accettata con scrittura avente data certa , la notificazione della costituzione del pegno al debitore o la sua accettazione in assenza di data certa. Il principio di atipicità dei titoli di credito. Il Tribunale aveva peraltro precisato che per i titoli di credito vige il principio della atipicità, ricavabile dall'art. 2004 c.c. con una interpretazione a contrario” , e che trattandosi di un catalogo aperto spetta all'interprete verificare se il documento che si pretende di qualificare come titolo di credito ne presenti le caratteristiche indispensabili. Ma, esaminati gli elementi concreti, il Tribunale escludeva che nella fattispecie si fosse in presenza, appunto, di un titolo di credito. Il ricorso per cassazione l’omessa valutazione della girata”. I primi due motivi di ricorso sono stati dichiarati inammissibili dalla Suprema Corte. Il terzo, invece, è stato esaminato nel merito ma con esito negativo per il ricorrente . Tale ultima censura riguardava l'omesso esame, da parte del Tribunale, di un fatto decisivo oggetto di discussione l'avvenuta apposizione della girata sul certificato nominativo in discussione, rappresentativo di numero 1 quota del fondo comune di investimento in questione, da parte di un Notaio, in una ben precisa data. Ma tale censura viene, come accennato, scartata dagli Ermellini, perché, essendo stata esclusa nel caso di specie la natura di titolo di credito del certificato in esame, l'apposizione della girata non era decisiva. La girata” in caso di pegno sul credito non è rilevante. Ciò in base al principio di diritto secondo il quale la partecipazione ad un fondo comune di investimento, in assenza di un certificato individuale, autonomo e separato, costituisce non un titolo di credito nei confronti del fondo, ma solo un credito, rappresentato dall'obbligo della società di investimento di gestire il fondo e di restituirgli il valore delle quote di partecipazione. Pertanto, secondo la Cassazione, deve ritenersi legittimo il pegno costituito sulla quota di partecipazione al fondo solo se sia stata rispettata la disciplina prevista per il pegno di crediti dall'art. 2800 c.c., cioè la notifica della costituzione del pegno al debitore ovvero la sua accettazione can atto di data certa. In questo quadro, la girata”, non è sufficiente a far ritenere integrata la notificazione della costituzione del pegno al debitore o la sua accettazione dalla comunicazione. In conclusione, il ricorso della banca è stato rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 14 febbraio – 11 giugno 2020, n. 11117 Presidente Sambito – Relatore Tricomi Ritenuto che Banco BPM SPA propone ricorso del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, ex art. 99, comma 12, L. Fall. , con tre mezzi avverso il decreto del Tribunale di Padova che ha respinto la domanda di riconoscimento della natura privilegiata pignoratizia del credito di Euro 495.563,32= ammesso in chirografo al passivo del Fallimento omissis SRL. Il Fallimento ha replicato con controricorso. La controversia riguarda il certificato n. omissis rappresentativo della quota di partecipazione al fondo comune di investimento immobiliare denominato Fondo omissis intestato ad Emmegi SPA fusa per incorporazione nella società fallita omissis SRL , su cui era stato costituito il pegno in favore della banca mediante girata. Il Tribunale ha escluso che detto certificato avesse le caratteristiche proprie del titolo di credito prodotto ed ha, conseguentemente, ritenuto applicabile la disciplina del pegno su credito e non già quella del pegno su titolo di credito su tale premessa ha escluso la riconoscibilità della prelazione, perché non ha ritenuto integrata la notificazione della costituzione del pegno al debitore o la sua accettazione dalla comunicazione del 6/7/2012 perché priva di data certa. In particolare, il Tribunale, dopo aver premesso che per i titoli di credito vige il principio della atipicità, ricavabile dall’art. 2004 c.c., e che trattandosi di un catalogo aperto spetta all’interprete verificare se il documento che si pretende di qualificare come titolo di credito ne presenti le caratteristiche indispensabili, ha ritenuto decisivo per escludere la natura di titolo di credito la mancata indicazione nel documento del tipo di quota cui corrisponde, se A o B, indicazione invece fondamentale per individuare il diritto incorporato nel documento e che dà diritto alla prestazione ex art. 1992 c.c., fol. 3 del decr. imp. , ritenendo decisiva tale circostanza perché dal Regolamento del Fondo par. 2 si evinceva tale distinzione a cui erano riconnessa l’attribuzione di diritti diversi secondo le condizioni stabilite dallo stesso Regolamento inoltre ha rimarcato che al Reg., par. 14, era previsto un diverso ordine di distribuzione dei proventi del Fondo tra i possessori dei due tipi di quota e che, in assenza dell’indicazione sul documento, non era possibile stabilire quale era il diritto di credito in concreto portato dallo stesso. Ha evidenziato anche che dalla lettura del Regolamento emergevano limiti alla circolazione delle quote non richiamati nel certificato. Sono stati ritenuti sussistenti i presupposti per la trattazione camerale ex art. 380 bis c.p.c Considerato che 1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2800, 1997 e 2786 c.c. La ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto statuito dal Tribunale, la fattispecie in esame rientrava in quella del pegno di titoli di credito artt. 1997 e 2786 c.c. , e non in quella del pegno di crediti art. 2800 c.c. , poiché era stato dimostrato che il privilegio era stato richiesto in virtù di un atto costituivo del vincolo su di un certificato nominativo rappresentativo di una specifica quota di partecipazione ad un fondo comune di investimento immobiliare speculativo, che rispondeva ai tre requisiti i della individualità, ii dell’autonomia, iii della separatezza e richiama all’uopo i principi espressi da Cass. n. 28900 del 27/12/2011. Il motivo è inammissibile perché non intercetta la ratio decidendi La decisione impugnata, in linea con gli anzidetti principi, non ha negato la ricorrenza dei tre requisiti innanzi indicati, ma ha chiarito che, nel caso concreto, ciò non era sufficiente a far ritenere integrato un titolo di credito, poiché erano assenti le specifiche indicazioni necessarie nel caso concreto per individuare il diritto incorporato. 2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 1992 c.c Secondo la ricorrente erroneamente il Tribunale aveva escluso che il certificato potesse considerarsi titolo di credito, sulla scorta della mancata indicazione sullo stesso della classe di appartenenza - A o B - della quota di partecipazione, attributiva di diritti diversi ai possessori, giacché la previsione di classi di quote era stata desunta da un Regolamento del 2015, successivo all’emissione del certificato, senza che il Fallimento avesse dimostrato che era applicabile alla fattispecie, e perché la distinzione in classi era assolutamente ininfluente atteso che il certificato consentiva di stabilire il contenuto del diritto incorporato, e cioè la partecipazione al fondo in proporzione al controvalore di n. 1 quota, incorporato dal certificato medesimo. Il motivo è inammissibile perché sotto la veste del vizio per violazione di legge, la ricorrente sollecita un riesame di quanto considerato dal Tribunale, senza che la doglianza - sostanzialmente critica rispetto all’accertamento in fatto compiuto dal giudice del merito - evidenzi quale fosse il contenuto specifico del documento in questione che avrebbe dovuto confermare la qualificazione dello stesso nei termini dalla banca indicati, e, quindi di quali fatti, rilevanti ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sia stato omesso l’esame inoltre, si limita ad insinuare dubbi circa il Regolamento applicabile ratione temporis ed il suo contenuto, nonché circa gli effetti della distinzione in classi delle quote, contrapponendo la propria interpretazione a quella del Tribunale, laddove sarebbe stato suo onere fornire compiuta prova in merito al contenuto del Regolamento applicabile ed alle caratteristiche specifiche del certificato azionato dinanzi al giudice di merito adito, senza che possa ritenersi esaustivo quanto apoditticamente dedotto nella censura. 3. Con il terzo motivo si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione, costituito dall’avvenuta apposizione della girata sul certificato nominativo n. 75, intestato a Emmegibi SPA fusa per incorporazione nella società fallita omissis SRL , rappresentativo di n. 1 quota del Fondo Comune di Investimento in questione da parte del Notaio M. di . in data . . Infine la ricorrente, ove dovesse essere riconosciuto il grado privilegiato pignoratizio chiede anche il conseguente l’ammissione degli interessi successivi al tasso contrattuale fino al 31/12/2013 e degli ulteriori interessi di legge L. Fall., ex artt. 54-55, e art. 2855 c.c Il motivo è infondato, atteso che - essendo stata esclusa nel caso di specie la natura di titolo di credito del certificato in esame - l’apposizione della girata è priva di decisività. Trova applicazione il principio secondo il quale La partecipazione ad un fondo comune di investimento, in assenza di un certificato individuale, autonomo e separato, costituisce non un titolo di credito nei confronti del fondo, ma solo un credito, rappresentato dall’obbligo della società di investimento di gestire il fondo e di restituirgli il valore delle quote di partecipazione deve, pertanto, ritenersi legittimo il pegno costituito sulla quota di partecipazione al fondo solo se sia stata rispettata la disciplina prevista per il pegno di crediti dall’art. 2800 c.c., cioè la notifica della costituzione del pegno al debitore ovvero la sua accettazione con atto di data certa. Cass. n. 28900 del 27/12/2011 di guisa che la girata, come esattamente ritenuto dal Tribunale, non era sufficiente a far ritenere integrata la notificazione della costituzione del pegno al debitore o la sua accettazione dalla comunicazione. 3. In conclusione il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo a favore del Fallimento costituito. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019 . P.Q.M. - Rigetta il ricorso - Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in favore del Fallimento controricorrente in Euro 4.000,00=, oltre Euro 100,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge - Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del art. 13, comma 1 bis.