Restituzione dei versamenti al socio: l’annotazione sui registri contabili è sufficiente per la qualificazione dell’erogazione?

In caso di domanda del socio di una società di capitali diretta alla condanna della società a restituirgli somme da lui in precedenza versate, egli deve dimostrare che detto versamento sia stato eseguito per un titolo che giustifichi la pretesa di restituzione. Tale prova deve essere tratta non tanto dalla denominazione con la quale il versamento è stato registrato nelle scritture contabili della società, quanto soprattutto dal modo in cui concretamente è stato attuato il rapporto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che vi sono sottesi.

Così l’ordinanza della Suprema Corte n. 4261/20, depositata il 19 febbraio. Il caso. La Corte d’Appello di Lecce respingeva il gravame proposto da un S.r.l. avverso la sentenza di prime cure che l’aveva condannata al rimborso ad un socio dei versamenti effettuati a favore della società. Dai libri della società, ed in particolare dal libro giornale, era emerso infatti che alcuni dei bonifici effettuati dal socio costituivano conferimenti in società, e quindi capitale di rischio, mentre altri versamenti non collegati a specifica causale costituivano meri finanziamenti ripetibili. La società ha proposto ricorso per cassazione dolendosi della violazione degli artt. 1813 e 2697 c.c. per aver la Corte territoriale ritenuto decisive le annotazioni del libro giornale, addossando al contempo alla società stessa l’onere di provare la natura dei versamenti effettuati. Finanziamenti e versamenti in conto capitale. In tema di apporti operati dai soci attraverso strumenti di varia natura al fine di sopperire alla debolezza della struttura finanziaria dell’impresa, la giurisprudenza ha già avuto occasione di sottolineare la distinzione tra finanziamenti e versamenti in conto capitale ovvero tra erogazioni di capitale di credito” e erogazioni di capitale di rischio” Cass.Civ. n. 7692/06 . La prima categoria ricomprende i versamenti riconducibili allo schema negoziale del mutuo dove il socio assume la veste di creditore della società, la quale iscrive la posta tra i propri debiti e sarà tenuta al rimborso alla scadenza. La seconda tipologia di versamento dà invece vita ad un negozio atipico di conferimento destinato ad incrementare il patrimonio sociale, senza dar titolo alla restituzione se non a seguito di liquidazione della società. Ciò posto, per individuare la natura del versamento occorre accertare quale sia stata la reale intenzioni dei soggetti, secondo le regole interpretative della volontà negoziale, accertamento riservato al giudice di merito ed esperibile per mezzo di un apprezzamento di fatto non censurabile in cassazione, se non per violazione delle regole ermeneutiche o per vizi e carenza della motivazione. Onere della prova. Al fine di consentire al giudice di operare tale apprezzamento, aggiunge il Collegio, è onere della parte e cioè del socio che reclami la restituzione delle somme corrisposte alla società provare che i versamenti siano stati eseguiti per un titolo che ne giustifichi la pretesa di restituzione. In tal senso, può essere d’ausilio l’appostazione con cui il versamento è stato recepito in bilancio, dato che i conferimento in conto capitale concorrono a costituire una riserva di patrimonio netto, mentre i versamenti a titolo di mutuo vanno iscritti tra i debiti . L’annotazione contabile non è comunque di per sé sufficiente in difetto di specifiche indicazioni circa la natura e le condizioni di finanziamento. In conclusione, la pronuncia in commento richiama il principio secondo cui l’accoglimento della domanda con la quale il socio di una società di capitali chieda la condanna della società a restituirgli somme da lui in precedenza versate alla società medesima richiede la prova che detto versamento sia stato eseguito per un titolo che giustifichi la pretesa di restituzione prova che deve essere tratta non tanto dalla denominazione con la quale il versamento è stato registrato nelle scritture contabili della società, quanto soprattutto dal modo in cui concretamente è stato attuato il rapporto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che vi sono sottesi . In conclusione, risultando carente l’indagine condotta dalla Corte territoriale sulla natura dei versamenti, la Cassazione accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 8 novembre 2019 – 19 febbraio 2020, n. 4261 Presidente Campanile – Relatore Marulli Fatti di causa 1. La Corte d’Appello di Lecce, respingendo con sentenza 1044/2015 del 23 dicembre 2015 il gravame proposto dalla CIZA s.r.l., ha confermato la decisione che in primo grado su istanza di C.S. , già socio di CIZA, aveva condannato la medesima CIZA a rimborsare all’istante, sulla maggior somma di Euro 86.700,00 reclamata in citazione, la minor somma di Euro 50.500,00, e ciò a fronte dei versamenti effettuati dal C. in favore della società nel corso dell’anno 2003 e del fatto, condiviso da entrambe le pronunce di merito e non oggetto di censura in sede di gravame, che dai libri della società, segnatamente dal libro giornale, emergeva che i bonifici per complessivi Euro 36.200,00 effettuati dal socio C. costituivano conferimenti in società e, quindi capitale di rischio, mentre i restanti versamenti per Euro 50.500,00, non collegati a specifica causale, costituivano meri finanziamenti ripetibili . La CIZA impetra ora la cassazione della sentenza qui impugnata sulla base di tre motivi di ricorso, cui replica il C. con controricorso. Ragioni della decisione 2. Con il primo motivo di ricorso la CIZA lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1813 e 2697 c.c., giacché la Corte d’Appello, nel ritenere decisive, insieme al difetto di contestazione al riguardo, le annotazioni riportate nel libro giornale e regolando in tal modo la fattispecie sulla base di una presunzione, avrebbe addossato ad essa ricorrente l’onere di provare la natura dei versamenti effettuati, astenendosi, in particolare, dal condurre una indagine completa, non limitata al solo uso dei termini utilizzati per le annotazioni nel libro giornale evidentemente atecnici e quindi non indicativi della reale volontà delle parti, ma estesa anche al modo in cui concretamente è stato attuato il rapporto, alle finalità pratiche cui esso appariva essere diretto e agli interessi che vi erano sottesi . 3. Il motivo è fondato e la sua fondatezza, riflettendosi su un accertamento di fatto logicamente preordinato all’interpretazione della volontà delle parti e alla qualificazione giuridica della specie in argomento, solleva dal prendere in esame gli ulteriori motivi di ricorso, insistenti su questi profili, che restano perciò assorbiti. 4. Questa Corte, a fronte della crescente diffusione nella prassi societaria di fenomeni intesi a sopperire alla debolezza della struttura finanziaria delle imprese mediante il ricorso a strumenti di varia natura, ha da tempo messo in luce, in relazione agli apporti operati in tal senso dai soci, la distinzione tra finanziamenti e versamenti in conto capitale Cass., Sez. I, 03/12/1980, n. 6315 o, come pure si è precisato rimarcando la diversa fonte causale di ciascuna operazione, tra erogazioni di capitale di credito ed erogazioni di capitale di rischio Cass., Sez. I, 31/03/2006, n. 7692 . Le prime sono di regola ricondotte allo schema negoziale del mutuo, di guisa che, mentre il socio assume la veste di creditore della società, questa iscrive la relativa posta tra i propri debiti e sarà tenuta al suo rimborso alla scadenza Cass., Sez. I, 21/05/2002, n. 7427 le seconde danno, invece, vita ad un negozio atipico di conferimento, che è destinato ad incrementare il patrimonio sociale, mettendo a disposizione della società i mezzi finanziari che questa potrà utilizzare in funzione di deliberare future operazioni di aumento del capitale sociale e che non danno titolo alla restituzione se non a seguito della sua liquidazione e nei soli limiti dei residui attivi Cass., Sez. I, 24/07/2007, n. 16393 . Più in dettaglio, i versamenti effettuati dai soci in conto capitale, sebbene non diano luogo ad un immediato incremento del capitale sociale e non attribuiscano alle relative somme la condizione giuridica propria del capitale, hanno tuttavia una causa che, di regola, è diversa da quella del mutuo ed è assimilabile a quella del capitale di rischio. Siffatti versamenti, variamente denominati, sono connotati dalla comune caratteristica di essere destinati ad incrementare il patrimonio della società, senza riflettersi sul capitale nominale della società, non danno luogo a crediti esigibili nel corso della vita della società e possono essere chiesti dai soci in restituzione soltanto per effetto dello scioglimento della società, nei limiti dell’eventuale residuo attivo del bilancio di liquidazione. Tuttavia, tra la società ed i soci può anche essere convenuta l’erogazione di capitale di credito quindi, i soci possono effettuare versamenti in favore della società a titolo di mutuo con o senza interessi , riservandosi il diritto alla restituzione anche durante la vita della società. Cass., Sez. I, 30/03/2007, n. 7980 . 5. Per stabilire, poi, se un determinato versamento tragga origine da un mutuo o se invece sia stato effettuato quale apporto del socio al patrimonio della società o, meglio, se il versamento del socio alla società possa ritenersi effettuato per un titolo che ne giustifichi la restituzione al di fuori dell’ipotesi di liquidazione, occorre accertare quale sia stata la reale intenzione dei soggetti tra i quali il rapporto si è instaurato, verificando, secondo le regole interpretative della volontà negoziale, se tra socio e società sia intercorso un rapporto di finanziamento inquadrabile nello schema del mutuo o se sia intervenuto un contratto atipico di conferimento di capitale diretto unicamente ad incrementare il patrimonio sociale Cass., Sez. I, 19/07/2000, n. 9471 . È questa una tipica attività di interpretazione della volontà negoziale delle parti che si esprime nell’operazione da essi realizzata, che compete esclusivamente al giudice del merito esperire per mezzo di un apprezzamento di fatto che non è censurabile in cassazione, se non per violazione delle regole ermeneutiche o per eventuali carenze o vizi logici della motivazione che quell’accertamento sorregge Cass., Sez. I, 31/03/2006, n. 7692 . 6. Onde però consentire al giudice di operare siffatto apprezzamento, è onere della parte, che reclami anzitempo la restituzione delle somme corrisposte alla società, provare che i detti versamenti siano stati eseguiti per un titolo che ne giustifichi la pretesa di restituzione Cass., Sez. I, 19/03/1996, n. 2314 . Eppur vero che in ciò può essere d’ausilio l’appostazione con cui il versamento è stato recepito in bilancio Cass., Sez. I, 13/08/2008, n. 21563 , dato che i conferimenti in conto capitale concorrono a costituire una riserva di patrimonio netto, mentre i versamenti a titolo di mutuo vanno iscritti tra i debiti, sicché la circostanza che nel bilancio della società quei versamenti risultino collocati in una voce di debito può costituire un utile elemento per qualificare la natura dell’operazione finanziaria Cass., Sez. I, 31/03/2006, n. 7692 . Ma la denominazione con cui gli stessi sono stati annotati nella contabilità sociale non è di per sé sufficiente, in difetto di più specifiche indicazioni circa la natura e le condizioni del finanziamento, per attribuire all’apporto una natura piuttosto che un’altra Cass., Sez. I, 30/03/2007, n. 7980 , stante anche la varietà e la relativa imprecisione che sovente caratterizzano tali denominazioni ed annotazioni contabili Cass., Sez. I, 31/03/2006, n. 7692 . Da qui appunto la massima secondo cui l’accoglimento della domanda con la quale il socio di una società di capitali chieda la condanna della società a restituirgli somme da lui in precedenza versate alla società medesima richiede la prova che detto versamento sia stato eseguito per un titolo che giustifichi la pretesa di restituzione prova che deve essere tratta non tanto dalla denominazione con la quale il versamento è stato registrato nelle scritture contabili della società, quanto soprattutto dal modo in cui concretamente è stato attuato il rapporto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che vi sono sottesi Cass., Sez. I, 19/03/1996, n. 2314 . 7. Così compendiato il quadro di riferimento, l’impugnata decisione non mostra di coltivarne una nitida percezione laddove, ai fini di qualificare la natura dei versamenti effettuati dal C. in favore della società, reputa che l’onere della prova gravante sul socio sia stato nella specie convenientemente soddisfatto per mezzo delle sole annotazioni presenti nel libro giornale, ancorché viga l’insegnamento che le annotazioni in parola non siano di regola sufficienti e che l’indagine del giudice richiesto della restituzione debba estendersi anche ad altri elementi di valutazione che è compito della parte rendere disponibili assolvendo il corrispondente onere probatorio. Non avendo, dunque, la Corte d’Appello indagato rettamente se nella specie il C. abbia dato la prova che i predetti versamenti effettivamente costituissero un finanziamento in favore della società piuttosto che un conferimento in conto capitale, la decisione da essa assunta viola la norma richiamata in rubrica e merita perciò di essere cassata, con rinvio della causa al giudice a quo. P.Q.M. Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Lecce che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.