La costituzione del fondo patrimoniale è un atto a titolo gratuito suscettibile di revocatoria

La costituzione del fondo patrimoniale per fronteggiare i bisogni della famiglia configura un atto a titolo gratuito ed è suscettibile di revocatoria, a norma dell’art. 64 l. fall., salvo che si dimostri l’esistenza di una situazione tale da integrare, nella sua oggettività, gli estremi del dovere morale ed il proposito del solvens di adempiere unicamente a quel dovere mediante l’atto in questione.

Lo ha chiarito la Suprema Corte con ordinanza n. 2077/20 depositata il 30 gennaio. Il caso. La Corte d’Appello confermava la decisione del Tribunale che dichiarava inefficacie l’atto notarile con cui l’odierna ricorrente, dichiarata fallita, aveva costituito, con il consenso del marito, un fondo patrimoniale nel quale aveva conferito un fabbricato ad uso abitativo. Avverso tale pronuncia, la ricorrente ricorre per cassazione lamentando la non ritenuta destinazione ai bisogni della famiglia del bene conferito nel fondo patrimoniale. Tale bene, afferma la ricorrente, era infatti residuale rispetto al patrimonio immobiliare complessivo messo a disposizione per le pretese dei creditori e non aveva attitudine a produrre reddito, pertanto, non poteva ritenersi integrato il requisito della sproporzionalità tra istituzione del fondo e patrimonio della fallita e dunque non motivata l’esclusione dell’adempimento del dovere morale. Fondo patrimoniale. Sul tema la Cassazione richiama il principio secondo cui la costituzione del fondo patrimoniale per fronteggiare i bisogni della famiglia, anche qualora effettuata da entrambi i coniugi, non integra di per sé, adempimento di un dovere giuridico, non essendo obbligatoria per legge, ma configura un atto a titolo gratuito, non trovando contropartita in un’attribuzione in favore dei disponenti. Esso, pertanto, è suscettibile di revocatoria, a norma dell’art. 64 l. fall., salvo che si dimostri l’esistenza, in concreto, di una situazione tale da integrare, nella sua oggettività, gli estremi del dovere morale ed il proposito del solvens di adempiere unicamente a quel dovere mediante l’atto in questione . Nella fattispecie, posta la manifesta infondatezza del motivo di ricorso per difetto di specificità e la sua inammissibilità in relazione all’onere della prova che grava sul fallito in sede di azione revocatoria per sottrarre alla massa il bene sul quale è stato costituito il fondo, la Cassazione conclude per il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 2 ottobre 2019 – 30 gennaio 2020, n. 2077 Presidente Scaldaferri – Relatore Acierno Fatto e diritto La Corte d’Appello di Firenze, confermando la pronuncia di primo grado/ ha dichiarato inefficace l’atto per notaio M.d.P. con il quale F.P. , dichiarata successivamente fallita aveva costituito, con il consenso del marito, un fondo patrimoniale nel quale aveva conferito un fabbricato ad uso civile abitazione sito in Comune di Vasto, omissis . Il Tribunale aveva affermato che il fondo patrimoniale era stato costituito nel biennio ed aveva natura di atto a titolo gratuito che non ricorreva l’ipotesi dell’adempimento di un obbligo giuridico non comportando quello di contribuire ai bisogni della famiglia ex art. 143 c.c. il dovere di vincolare parte del patrimonio a tali bisogni sottraendoli alla garanzia dei creditori, salva ipotesi eccezionali non sussistenti nella specie. La Corte d’Appello ha condiviso tale motivazione precisando che non sussiste nella specie la causa di esclusione della revocatoria costituita dall’adempimento di un debito morale, dal momento che il bene costituito nel fondo patrimoniale è una residenza di vacanza e, conseguentemente, non si ravvisa una situazione tale da integrare, nella sua oggettività, gli estremi del dovere morale e il proposito del solvens di adempiere unicamente a quel dovere mediante l’atto in questione. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione F.P. . Ha resistito con controricorso la curatela. Nell’unico motivo di ricorso viene dedotto il vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 sulla non ritenuta destinazione ai bisogni della famiglia del bene conferito nel fondo patrimoniale. Il bene in questione era residuale rispetto al patrimonio immobiliare complessivo messo a disposizione per le pretese dei creditori, non aveva attitudine a produrre reddito perché modestissimo ed in precarie condizioni manutentive e strutturali. Non può, pertanto ritenersi integrato il requisito della sproporzionalità tra istituzione del fondo e patrimonio della fallita e, conseguentemente rimane priva di motivazione l’esclusione dell’adempimento del dovere morale. La censura è manifestamente infondata. La destinazione del fondo all’adempimento di un dovere morale è meramente affermata senza alcuna indicazione in ordine alla avvenuta allegazione e prova di tale finalità liberale nel giudizio di merito e senza alcuna concreta valutazione comparativa della dedotta proporzionalità tra la destinazione del bene al fondo patrimoniale ed il patrimonio della fallita. In ricorso sono stati soltanto genericamente enunciati alcuni elementi di fatto quali la non attitudine del bene alla redditualità per dedurne la natura di presidio familiare, ma, a parte l’intrinseca equivocità della circostanza, in relazione alla corrispondente indicazione dell’esistenza di altri immobili, anche per questo elemento fattuale non è stato indicato se e dove nel giudizio di merito fosse stata evidenziata tale peculiare caratteristica. Il motivo difetta pertanto di specificità e presenta, di conseguenza, un profilo d’inammissibilità, specie in relazione al rigoroso onere della prova che grava sul fallito in sede di azione revocatoria per sottrarre il bene sul quale è stato costituito il fondo patrimoniale alla massa. Al riguardo si richiama la recente pronuncia n. 29298 del 2017, così massimata La costituzione del fondo patrimoniale per fronteggiare i bisogni della famiglia, anche qualora effettuata da entrambi i coniugi, non integra, di per sé, adempimento di un dovere giuridico, non essendo obbligatoria per legge, ma configura un atto a titolo gratuito, non trovando contropartita in un’attribuzione in favore dei disponenti Esso, pertanto, è suscettibile di revocatoria, a norma dell’art. 64 L. Fall., salvo che si dimostri l’esistenza, in concreto, di una situazione tale da integrare, nella sua oggettività, gli estremi del dovere morale ed il proposito del solvens di adempiere unicamente a quel dovere mediante l’atto in questione. In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Si applica il principio della soccombenza in relazione alle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della parte contro ricorrente da liquidarsi in E 4000 per compensi ed E 100 per esborsi oltre accessori di legge. Ricorrono i presupposti processuali per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, in relazione all’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso principale, ove dovuto.