Impugnazione del provvedimento che accoglie il reclamo avverso il decreto di rigetto dell’istanza di fallimento

La decisione assunta dalla Corte d’Appello ex art. 22, comma 4, l.fall. non ha carattere decisorio né definitivo e quindi non è impugnabile in Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., posto che l’incidenza sui diritti delle parti non deriva direttamente dal decreto di accoglimento del reclamo ma dalla successiva sentenza dichiarativa di fallimento.

Così la Cassazione con sentenza n. 30202/19, depositata il 20 novembre. Il caso. Il Tribunale respingeva la domanda proposta dalla curatela del fallimento di una s.r.l. volta a sentir dichiarare il fallimento di un’azienda immobiliare. La Corte d’Appello, adita in secondo grado, sosteneva che il reclamo della curatela istante fosse stato regolarmente e tempestivamente proposto, anche se solo in forma cartacea. La società immobiliare ricorre per la cassazione di tale decreto. La sesta sezione della Suprema Corte ha ritenuto insussistenti i presupposti per la trattazione del ricorso in camera di consiglio, pertanto poteva essere approfondita la questione della immediata ricorribilità in Cassazione della decisione di secondo grado ex art. 22, comma 4, l.fall Gravami contro il provvedimento che accoglie l’istanza di fallimento. Secondo un orientamento ormai condiviso dalla giurisprudenza di legittimità, il provvedimento con cui la Corte d’Appello, ai sensi dell’art. 22, comma 4, l.fall., accoglie il reclamo avverso il decreto di rigetto dell’istanza di fallimento, disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale per la dichiarazione di fallimento, non è impugnabile con il ricorso in Cassazione ex art. 111, comma 7, Cost., poiché mancano i requisiti della definitività e della decisorietà, intendendosi per decisorietà l’attitudine del provvedimento a incidere su diritti soggettivi con la particolare efficacia del giudicato quale effetto tipico della giurisdizione contenziosa e per definitività l’insuscettibilità di quella decisione di essere revocata o riformata dal medesimo giudice che l’ha emessa. Pertanto, bisogna ribadire che la decisione assunta dalla Corte d’Appello ex art. 22, comma 4, l.fall. non ha carattere decisorio né definitivo e quindi non è impugnabile in Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., posto che l’incidenza sui diritti delle parti non deriva direttamente dal decreto di accoglimento del reclamo ma dalla successiva sentenza dichiarativa di fallimento, che è impugnabile in maniera autonoma ai sensi dell’art. 18 l.fall., di cui il provvedimento della Corte territoriale costituisce un momento del relativo procedimento. A ciò si aggiunge che gli eventuali vizi in procedendo relativi al procedimento di reclamo di cui all’art. 22, comma 4, l.fall. potranno essere fatti valere nel processo di impugnazione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento. Da qui l’inammissibilità del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 29 ottobre – 20 novembre 2019, n. 30202 Presidente Didone – Relatore Pazzi Fatti di causa 1. Il Tribunale di Chieti respingeva l’istanza proposta dalla curatela del fallimento omissis s.r.l. volta a sentir dichiarare il fallimento di Immobiliare Pegaso s.r.l 2. La Corte d’appello di L’Aquila, con decreto in data 1 dicembre 2017, riteneva che il reclamo della curatela istante fosse stato regolarmente e tempestivamente proposto, anche se soltanto in forma cartacea, e rigettava così l’eccezione di inammissibilità del gravame presentata in via preliminare da Immobiliare Pegaso s.r.l Nel merito la corte territoriale riteneva convincenti i dati indicati dal creditore reclamante ai fini dell’individuazione di uno stato di insolvenza in capo alla società debitrice, accoglieva di conseguenza il reclamo proposto dalla curatela del fallimento omissis s.r.l. e rimetteva gli atti al primo giudice per gli incombenti previsti dalla L. Fall., art. 22, comma 4. 3. Per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso ex art. 111 Cost., comma 7, Immobiliare Pegaso s.r.l., affidandosi a un unico motivo di ricorso. L’intimato fallimento omissis s.r.l. non ha svolto alcuna difesa. La sesta sezione di questa Corte, originariamente investita della decisione della controversia, con ordinanza interlocutoria del 7 maggio 2019 ha ritenuto insussistenti i presupposti per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., apparendo necessario approfondire la questione relativa all’immediata ricorribilità per cassazione della decisione assunta dalla Corte d’appello L. Fall., ex art. 22, comma 4, rispetto a problematiche di contenuto meramente preliminare al merito e attinenti a presunti vizi di inammissibilità/improcedibilità del reclamo, onde stabilire se in questi casi il debitore possa denunciare il vizio procedurale che non consentiva la pronuncia pregiudicante prima della sua dichiarazione di fallimento. A tal fine la causa è stata rimessa alla pubblica udienza di questa sezione. Ragioni della decisione 4. Occorre preliminarmente rilevare l’inammissibilità del ricorso presentato. 4.1 Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte formatasi prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 5 del 2006, il decreto di rinvio previsto dalla L. Fall., art. 22, comma 3, nel testo all’epoca in vigore, costituiva un provvedimento interlocutorio e non definitivo, in quanto l’incidenza sui diritti delle parti non derivava direttamente ed unicamente da esso, ma soltanto dalla sentenza dichiarativa di fallimento del Tribunale Cass. 8924/1994 . Il decreto in questione assolveva quindi una funzione meramente processuale propedeutica alla sentenza che dichiara il fallimento, dato che la decisione assunta dal collegio del reclamo confluiva e veniva assorbita nella sentenza del Tribunale Cass. 6261/1994 . Dalla constatazione di una simile natura si faceva discendere che i decreti pronunciati dalla Corte d’appello a norma della L. Fall., art. 22, comma 3, non erano assoggettabili a ricorso per Cassazione, neppure ai sensi dell’art. 111 Cost., trattandosi di provvedimenti ad effetti meramente processuali, destinati per legge a lasciare del tutto impregiudicati i diritti delle parti sul piano del diritto sostanziale ed insuscettibili di passaggio in giudicato Cass. 1502/1968, Cass. 426/1965 e Cass. 1912/1963 . Di talché in caso di accoglimento del reclamo con remissione degli atti al primo giudice per la dichiarazione di fallimento i vizi in procedendo attinenti al procedimento di detto reclamo potevano essere fatti valere nel giudizio di opposizione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento Cass. 8008/1990, Cass. 1985/1984, Cass. 2443/1980 . 4.2 Un simile orientamento è stato condiviso anche dalla giurisprudenza successiva all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 5 del 2006, la quale ha ribadito che il provvedimento con cui la Corte d’appello, ai sensi della L. Fall., art. 22, comma 4, accoglie il reclamo avverso il decreto di rigetto dell’istanza di fallimento, disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale per la dichiarazione di fallimento, non è impugnabile con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, difettando i requisiti, pur sempre necessari, della definitività e della decisorietà, in quanto l’incidenza sui diritti soggettivi delle parti coinvolte deriva dalla successiva dichiarazione di fallimento, di cui il provvedimento della Corte d’appello costituisce un momento del relativo complesso procedimento Cass. 19096/2007, Cass. 21193/2006 . 4.3 Questi principi sono certamente da ribadire rispetto a qualsiasi statuizione, procedurale o di merito, posta dalla Corte d’appello a fondamento della propria decisione di accoglimento del reclamo L. Fall., ex art. 22, comma 4, statuizione che in ogni caso manca dei profili di decisività e definitività necessari per la proponibilità del ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7. Siffatto rimedio è infatti esperibile avverso i provvedimenti che presentino i requisiti della decisorietà e della definitività, intendendosi per decisorietà l’attitudine del provvedimento a incidere su diritti soggettivi con la particolare efficacia del giudicato quale effetto tipico della giurisdizione contenziosa Cfr. Cass., Sez. U., 27073/2016 e per definitività l’insuscettibilità di quella decisione di essere revocata, modificata o riformata dal medesimo giudice che l’ha emessa o da altro giudice chiamato a provvedere in grado successivo Cass. 13287/2006 . La decisione assunta dalla corte territoriale ai sensi della L. Fall., art. 22, comma 4, tuttavia non ha carattere decisorio perché non incide direttamente su diritti soggettivi ma permette che gli stessi possano essere in seguito incisi, salvo che si accerti l’intervenuto venir meno dei presupposti necessari e neppure definitivo non potendo essere intesa come provvedimento che riconosce la sussistenza di un diritto al fallimento del proprio debitore, di per sé non configurabile astrattamente Cass. 19446/2011 . E questa mancanza di decisività e definitività investe ogni questione agitata in sede di reclamo, sia essa di carattere processuale o sostanziale, dato che il tipo di vizio denunciato non influisce mai sull’impugnabilità di un provvedimento. Ne discende che l’incidenza sui diritti delle parti non deriva direttamente dal decreto di accoglimento del reclamo, qualsiasi natura abbiano assunto le questioni sollevate avanti alla Corte d’appello, ma dalla successiva sentenza dichiarativa di fallimento, autonomamente impugnabile L. Fall., ex art. 18, di cui il provvedimento della Corte d’appello costituisce un momento del relativo, complesso, procedimento. Eventuali vizi in procedendo attinenti al procedimento di reclamo L. Fall., ex art. 22, comma 4, refluiranno quindi nel procedimento di impugnazione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento. Sul punto andrà dunque ribadito il seguente principio la decisione assunta dalla Corte d’appello ai sensi della L. Fall., art. 22, comma 4, non ha carattere decisorio nè definitivo e non è quindi impugnabile con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., dato che l’incidenza sui diritti delle parti non deriva direttamente dal decreto di accoglimento del reclamo, qualsiasi natura abbiano assunto le questioni sollevate in quella sede, ma dalla successiva sentenza dichiarativa di fallimento, autonomamente impugnabile L. Fall., ex art. 18, di cui il provvedimento della corte distrettuale costituisce un momento del relativo complesso procedimento eventuali vizi in procedendo attinenti al procedimento di reclamo L. Fall., ex art. 22, comma 4, potranno quindi essere fatti valere nel procedimento di impugnazione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento. 5. I superiori argomenti hanno carattere assorbente e rendono superfluo l’esame del motivo presentato dal ricorrente. 6. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. La mancata costituzione in questa sede del creditore istante esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.