Il giudizio sull’opposizione al passivo non può concludersi con l’esclusione del credito

Nel giudizio di opposizione allo stato passivo non è configurabile un’impugnazione incidentale, tardiva o tempestiva, del passivo stesso posto che, ove il termine sia ancora pendente, deve essere proposta l’impugnazione spettante, mentre, se sia ormai decorso, si è decaduti dalla possibilità di contestare autonomamente lo stato passivo.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 24829/19, depositata il 4 ottobre. Il caso. Il Tribunale di Verbania, decidendo sull’opposizione allo stato passivo proposta da un creditore al fine di ottenere l’ammissione in prededuzione, riteneva insussistente la dimostrazione circa l’esistenza del credito stesso escludendolo dal passivo. Il creditore ha proposto ricorso in Cassazione deducendo la nullità del decreto impugnato per violazione del principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c La domanda del creditore era infatti stata accolta, ad eccezione della collocazione in prededuzione, come evidenziato dal curatore fallimentare nella fase di verifica dei crediti. Ai fini dell’esclusione del credito la curatela avrebbe dunque dovuto formulare nuove eccezioni ed istanze, essendo preclusa la possibilità di proporre una vera e propria domanda riconvenzionale, come accaduto. Giudizio di opposizione al passivo. Analizzando la censura, che attiene in realtà al tema più ampio dei confini del giudizio di opposizione, il Collegio ricorda che nel giudizio di opposizione allo stato passivo non è configurabile un’impugnazione incidentale tardiva o tempestiva atteso che ove il termine sia ancora pendente, non può che essere proposta l’impugnazione spettante, mentre, se sia ormai decorso, si è decaduti dalla possibilità di contestare autonomamente lo stato passivo . Ed infatti con l’opposizione del creditore o del titolare di diritti su beni mobili o immobili viene contestato il rigetto o l’accoglimento solo parziale della propria domanda, mentre con l’impugnazione il curatore, il creditore o il titolare di diritti sui suddetti beni contestano che la domanda di un altro creditore sia stata accolta. In altre parole l’impugnazione del credito ammesso, da parte del curatore o da parte degli altri creditori, è dunque altra cosa rispetto all’opposizione del creditore escluso anche parzialmente . In conclusione, la questione circa la sussistenza del credito doveva essere oggetto di autonoma impugnazione, non potendo essere trattata all’interno del giudizio di opposizione con cui il creditore aveva contestato la collocazione del credito. Il ricorso trova quindi accoglimento e il decreto impugnato viene cassato con rinvio al Tribunale di Verbania.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 25 giugno – 4 ottobre 2019, n. 24829 Presidente/Relatore Di Virgilio Rilevato che Con decreto depositato il 20/6/2017, il Tribunale di Verbania ha respinto l’opposizione allo stato passivo del Fallimento, proposta da L.C.G. , a fronte dell’ammissione del credito in privilegio, per ottenere l’ammissione in prededuzione, disponendo l’esclusione del credito, con ciò modificando lo stato passivo. Dato atto dell’eccezione della Curatela, di inadempimento del L.C. all’incarico di analizzare e studiare un piano concordatario, il Tribunale ha ritenuto carente la richiesta ammissione al passivo, per la mancata prova dell’adempimento dell’incarico professionale, non avendo l’opponente prodotto la relazione predisposta, con ciò determinandosi l’impossibilità per il Collegio di accertare l’adempimento dell’obbligazione professionale ed il valore relativo. Ricorre avverso detta pronuncia il L.C. , con due motivi. Il Fallimento si difende con controricorso. Motivi Col primo motivo, il ricorrente lamenta la nullità del decreto impugnato per violazione del principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c Espone il ricorrente che la domanda di ammissione al passivo aveva trovato fondamento nei limiti di quanto proposto dalla curatela la domanda del creditore era stata dunque accolta, ad eccezione che per la collocazione di essa in prededuzione. Infatti il curatore fallimentare, nella fase di verifica dei crediti avanti al giudice delegato, si era limitato ad eccepire che non ricorreva la condizione di cui all’art. 111 L. Fall., per non essere il credito sorto in dipendenza della procedura di concordato preventivo. Il L.C. sottolinea, in proposito, che la natura impugnatoria del giudizio di opposizione allo stato passivo esclude che nel corso di esso possano essere proposte nuove domande, le quali, ove spiegate, debbono essere dichiarate inammissibili d’ufficio. In conseguenza, la curatela avrebbe potuto formulare nuove eccezioni e svolgere istanze istruttorie con riferimento alla natura prededucibile del credito, ma non avrebbe potuto proporre una vera e propria domanda riconvenzionale, quale quella che aveva introdotto. In tal senso - spiega il ricorrente - il Tribunale.7 Aveva confuso quella che era un’inammissibile domanda riconvenzionale con un’ammissibile eccezione riconvenzionale . Col secondo motivo, il ricorrente denuncia la conseguente nullità della sentenza per violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ex art. 112 c.p.c Rileva l’istante che il Tribunale di Verbania, incorrendo in error in procedendo, aveva ritenuto che oggetto del giudizio fosse non già la qualità che assisteva il credito, ma la sussistenza dello stesso e la sua ammissibilità al passivo fallimentare. Ne era disceso un vizio di omessa pronuncia con riguardo al tema della natura prededucibile del credito tema che, per l’appunto, il ricorrente aveva fatto valere con la proposta opposizione. Come già sostenuto da questa Corte in casi analoghi vedi le pronunce 21582 e 21581 del 2018 , deve ritenersi fondato il primo motivo, da cui l’assorbimento del secondo mezzo. Occorre premettere che il nominato primo motivo ha un oggetto più ampio rispetto a quello desumibile dalla sua rubrica nell’articolazione svolta la censura investe, infatti, non soltanto il tema del rilievo che assume, nella presente vicenda, la mancata contestazione del credito da parte della curatela nella fase di ammissione al passivo, ma pure la materia dei confini del giudizio di opposizione confini che, nella specie, secondo L.C. , sarebbero stati illegittimamente valicati. Il ricorrente ha infatti sostenuto che nel giudizio ex art. 99 L. Fall. la curatela convenuta non potesse far valere la questione relativa alla sussistenza del credito tale questione, secondo l’istante, costituiva oggetto di una vera e propria domanda che ampliava, in modo per lui inammissibile, il thema decidendum dell’interposto gravame. Su tale doglianza il Collegio si deve sicuramente misurare va ricordato, infatti, in termini generali, che l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per gfj,cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nè determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato Cass. 20 febbraio 2014, n. 4036 in senso conforme Cass. 27 ottobre 2017, n. 25557 Cass. 7 novembre 2017, n. 26310 allo stesso modo, ai fini della ammissibilità del ricorso per cassazione, non è necessaria l’esatta indicazione delle norme di legge delle quali si lamenta l’inosservanza, essendo necessario, invece, che si faccia valere un vizio astrattamente idoneo ad inficiare la pronuncia Cass. 29 agosto 2013, n. 19882 Cass. 3 agosto 2012, n. 14026 . Ciò detto, è incontestabile che con la contestazione del credito, già ammesso dal giudice delegato in parte in via privilegiata e in parte in via chirografaria, la curatela abbia introdotto, di fatto, una impugnazione L. Fall., ex art. 98, comma 3. Va allora data continuità al principio secondo cui nel giudizio di opposizione allo stato passivo è inconfigurabile un’impugnazione incidentale, tardiva o tempestiva, atteso che, ove il termine sia ancora pendente, non può che essere proposta l’impugnazione spettante, mentre, se sia ormai decorso, si è decaduti dalla possibilità di contestare autonomamente lo stato passivo Cass. 11 maggio 2016, n. 9617 Cass. 30 novembre 2016, n. 24489 . Come osservato da questa Corte, mentre con l’opposizione il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contestano che la propria domanda sia stata accolta in parte o sia stata respinta, con l’impugnazione il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contestano che la domanda di un creditore o di altro concorrente sia stata accolta l’impugnazione del credito ammesso, da parte del curatore o da parte degli altri creditori, è dunque altra cosa rispetto all’opposizione del creditore escluso anche parzialmente essa è una domanda che va proposta nel termine di cui all’art. 99 L. Fall. Cass. 11 maggio 2016, n. 9617 . La questione relativa alla sussistenza del credito doveva essere dunque oggetto di autonoma impugnazione e non poteva essere trattata all’interno del giudizio di opposizione con cui il creditore aveva contestato la collocazione del credito, che era stato ammesso, nei ranghi del privilegio e del chirografo piuttosto che in quello della prededuzione . Si osserva, del resto, che, secondo quanto precisato dal ricorrente, la comunicazione della dichiarazione di esecutività dello stato passivo risale al 28 dicembre 2016, mentre la costituzione in giudizio della curatela deve essere necessariamente successiva al 10 febbraio 2017, data in cui fu notificato al fallimento il ricorso in opposizione L. Fall., ex art. 98 in conseguenza, l’eccezione di inadempimento è stata sollevata allorquando, scaduto il termine di trenta giorni per proporre l’impugnazione L. Fall., art. 99, comma 1 , risultava essersi già formato il giudicato endofallimentare sulla spettanza del diritto al compenso. L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo sarà il Tribunale, in sede di rinvio, a doversi pronunciare sul tema della prededucibilità del credito, fatto valere con l’opposizione. Il decreto è dunque cassato, con rinvio della causa al Tribunale di Verbania che, in altra composizione, pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Verbania in diversa composizione.