Il credito dell’avvocato per l’attività di straordinaria amministrazione gode del privilegio?

Il decisum affronta la controversa questione della prededucibilità del credito vantato dai professionisti che assistono le imprese nelle procedure cosiddette minori”. Nello specifico, si tratta di stabilire se il compenso professionale, per l’attività svolta da un avvocato successivamente all’ammissione ad un’amministrazione controllata di una società in crisi, debba essere considerato, o meno, concordatario e privilegiato, ex art. 2751-bis c.c

I Supremi Giudici della Seconda Sezione Civile di piazza Cavour, con l’ordinanza n. 22992/19, depositata il 16 settembre, conformandosi al prevalente indirizzo giurisprudenziale di legittimità ex multis , Cass. 9262/2002 , chiariscono che resta di ordinaria amministrazione l’atto finalizzato al recupero dell’impresa, capace di migliorare la capacità produttiva e reddituale. Nella specie, invece, l’attività svolta dall’avvocato andava considerata straordinaria e, come tale, soggetta alla preventiva autorizzazione scritta del giudice delegato, autorizzazione che nel caso de quo non vi era stata. Pertanto, il credito vantato dal legale aveva carattere concordatario e privilegiato solo relativamente al compenso per l’attività svolta prima dell’ammissione all’amministrazione controllata. Il fatto. Con atto di citazione del 13 giugno 2000 gli avvocati Tizio, Mevia e Sempronio convenivano in giudizio la Beta s.r.l. in liquidazione, nonché il liquidatore giudiziale, chiedendo al giudice l’accertamento del credito loro spettante nella somma di lire 1.051.600.713, quale privilegiato, ex art. 2751- bis c.c., per l’attività di assistenza prestata alla predetta società rispettivamente nella procedura di amministrazione controllata e nel concordato preventivo. Il liquidatore giudiziale, costituitosi in giudizio, contestava il carattere concordatario del credito professionale fatto valere per l’attività di assistenza prestata dalla data di apertura dell’amministrazione controllata sino all’omologazione del successivo concordato, in quanto l’accordo professionale intercorso con la società e in forza del quale era dovuto il compenso richiesto era soggetto, trattandosi di attività straordinaria, all’autorizzazione scritta del giudice il medesimo, inoltre, esponeva che gli organi della procedura concordataria avevano ritenuto opponibile e privilegiato il diritto di credito per il compenso relativo agli atti anteriori e preparatori all’istanza di ammissione all’amministrazione controllata. Il Tribunale di Cagliari, invero, accoglieva integralmente la domanda proposta dagli attori nei confronti della Beta s.r.l., accertando il credito dei legali nei confronti della società nella somma capitale di lire 1.051.600.713, oltre IVA e cpa inoltre, nei confronti del liquidatore giudiziale riconosceva carattere di credito concordatario, come tale opponibile ai creditori partecipanti al concordato e privilegiato, ex art. 2751- bis c.c., al compenso relativo all’attività svolta prima dell’ammissione all’amministrazione controllata, compenso parametrato agli onorari previsti dalla tariffa professionale in materia stragiudiziale per l’assistenza in procedure concorsuali e quantificato in euro 99.336. Contro quest’ultima decisione proponevano appello principale, Tizio, Mevia e Sempronio, lamentando il mancato riconoscimento del carattere integralmente concordatario e privilegiato del credito, l’errata qualificazione del compenso per l’attività svolta prima dell’ammissione alla procedura di amministrazione controllata e l’omessa pronuncia sulla debenza degli interessi. Il liquidatore giudiziale, a sua volta, faceva valere appello incidentale chiedendo che venisse dichiarata inammissibile, o comunque rigettata, la domanda nei suoi confronti. La Corte d’Appello cagliaritana, rigettava l’appello incidentale e accoglieva l’appello principale unicamente in relazione al riconoscimento degli interessi legali. I summenzionati tre legali ricorrono quindi in cassazione, facendo valere otto distinti motivi di gravame, tra loro strettamente connessi, che sono tutti diretti verso la parte della sentenza d’appello che ha negato carattere concordatario all’intero credito di Tizio. Gli Ermellini, tuttavia, rigettano in toto il ricorso riconoscendo il carattere concordatario solo al compenso professionale relativo all’attività svolta dall’avvocato Tizio prima dell’ammissione all’amministrazione controllata. Ai sensi dell’art. 2571-bis c.c., n. 2 , c.c., il credito del professionista relativo alle retribuzioni dovute per gli ultimi due anni di prestazione gode del privilegio generale mobiliare. Vi è contrasto giurisprudenziale sul computo a ritroso del biennio cui la legge limita il privilegio del credito del professionista nel senso che il privilegio spetta all’avvocato per i compensi maturati nel biennio anteriore alla data di cessazione dell’incarico e non dal momento della dichiarazione di fallimento. Si è specificato, ex multis , Cass., 28876/2005 , che in riferimento ai compensi dovuti per le prestazioni professionali rese dall’avvocato, il limite temporale stabilito dall’art. 2571- bis , n. 2, c.c., va interpretato nel senso che mentre per gli onorari deve tenersi conto del momento in cui la prestazione professionale, unitariamente considerata, è stata portata a termine, nonostante alcune attività siano state svolte in epoca anteriore al biennio, per i diritti, che maturano con il compimento delle singole prestazioni, deve tenersi conto soltanto di quelle poste in essere nel periodo in questione. Il privilegio generale sui beni mobili del debitore, previsto dall’art. 2751- bis c.c., per le retribuzioni dei professionisti, trova applicazione anche nel caso in cui il creditore sia inserito in un’associazione professionale, costituita con altri professionisti per dividere le spese e gestire congiuntamente i proventi della propria attività, come nell’ipotesi in rassegna di uno studio legale associato, a condizione che il rapporto di prestazione d’opera si instauri tra il singolo professionista e il cliente, soltanto in tal caso potendosi ritenere che il credito abbia per oggetto prevalente la remunerazione di un’attività lavorativa, ancorché comprensiva delle spese organizzative essenziali al suo autonomo svolgimento. Nel caso di associazione tra professionisti, però, è escluso il privilegio per i crediti dello studio associato. Sicché l’associazione professionale non ha diritto all’ammissione al rango privilegiato, non essendo assimilabile al soggetto individuale favorito dall’art. 2571- bis c.c L’incarico conferito dall’impresa ad un professionista che non sia funzionale alle necessità risanatorie dell’impresa” è di straordinaria amministrazione. Nel caso che qui ci occupa l’attività svolta dall’avvocato successivamente all’ammissione all’amministrazione controllata andava considerata di straordinaria amministrazione, come tale soggetta alla preventiva autorizzazione scritta del giudice delegato. L’attività era da ritenersi straordinaria perché la concreta finalizzazione della medesima al risanamento dell’impresa, mediante il miglioramento della sua capacità produttiva, non era stata dimostrata dai ricorrenti de quibus . Peraltro, come ribadito da costante giurisprudenza di legittimità, v. Cass. 23796/06 , ai fini della opponibilità alla massa del credito del professionista, l'incarico conferito ad avvocato dall'imprenditore in concordato preventivo non è da annoverare automaticamente nella categoria degli atti di straordinaria amministrazione e dunque da autorizzarsi dal giudice delegato, ma vanno applicati i seguenti principi a escluso che criterio discretivo utile sia quello del rapporto proporzionale tra spese e condizioni dell'impresa, viene in evidenza il solo criterio per cui è atto di ordinaria amministrazione quello connotato dalla pertinenza e idoneità dell'incarico stesso - anche se di costo elevato - allo scopo di conservare e/o risanare l'impresa b il criterio di proporzionalità, che pertanto non va ridotto al vaglio della crisi aziendale ché, anzi, a grave crisi ben può correlarsi, come necessario, un radicale intervento disegnato da elevata competenza tecnico-legale , deve invece riferirsi al merito della prestazione, in termini di rapporto di adeguatezza funzionale o non eccedenza della stessa alle necessità risanatorie dell'azienda e con giudizio da formulare ex ante c si deve escludere comunque l'ammissione tra le passività concorsuali le volte in cui l'incarico sia conferito per esigenze personali e dilatorie dell'impresa auspicante il mero allontanamento della dichiarazione di fallimento . In conclusione. L’incarico conferito dall’impresa ad un professionista che non sia funzionale alle necessità risanatorie dell’impresa” risulta essere di straordinaria amministrazione e, nella specie, l’avvenuta ammissione dell’impresa al concordato preventivo non rileva ai fini della dimostrazione dell’utilità dell’attività svolta dal legale in funzione di risanamento dell’impresa. Pertanto, non l’intero credito spettante all’avvocato ha natura concordataria, ma solo il compenso riconosciuto per l’attività svolta prima della ammissione all’amministrazione controllata.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 23 gennaio – 16 settembre 2019, n. 22992 Presidente Gorjan – Relatore Marcheis Premesso che 1. Con atto di citazione del 13/6/2000 gli avvocati G. , Ga. e M.A. convenivano in giudizio la società CO.GE.PI. s.r.l. in liquidazione, nonché il liquidatore giudiziale D.C. , esponendo che - nel gennaio 1993 l’avv. M.B. di cui gli attori erano cessionari, quali componenti dello studio legale associato, del credito per prestazioni professionali era stato incaricato dalla società convenuta di assisterla legalmente - l’avv. M.B. aveva predisposto istanza per l’ammissione alla procedura di amministrazione controllata, cui la società, assistita dell’avv. M. , veniva ammessa il 7 giugno 1993 in seguito all’aggravarsi delle condizioni della società, negli ultimi mesi del 1994 l’avvocato aveva predisposto istanza di ammissione al concordato preventivo, cui la società era stata ammessa con cessione dei beni ai creditori - richiesto dal liquidatore, l’avv. M. aveva comunicato che il suo credito ammontava a Lire 348.683.778 per l’attività di assistenza nella procedura di amministrazione controllata e a lire 671.316.870 per l’assistenza nella procedura di concordato preventivo, crediti risultanti da due lettere di incarico rilasciate dalla CO.GE.PI. in data 5 agosto e 26 ottobre 1994 e comunque dovuti in base alle norme della tariffa forense applicabili all’attività di assistenza nelle procedure concorsuali - il liquidatore giudiziale, ritenuto il credito inopponibile alla procedura, aveva riconosciuta come dovuta la sola somma di Lire 90.977.713. Gli attori chiedevano quindi al giudice l’accertamento del credito dello studio legale M. nella somma di Lire 1.051.600.713, credito privilegiato ex art. 2751-bis c.c., con conseguente condanna dei convenuti al pagamento di tale somma. Il liquidatore giudiziale, costituitosi in giudizio, contestava il carattere concordatario del credito professionale fatto valere per l’attività di assistenza prestata dalla data di apertura dell’amministrazione controllata sino all’omologazione del successivo concordato, in quanto l’accordo professionale intercorso con la società e in forza del quale era dovuto il compenso richiesto era soggetto, trattandosi di attività straordinaria, all’autorizzazione scritta del giudice esponeva inoltre che gli organi della procedura concordataria avevano ritenuto opponibile e privilegiato il diritto di credito per il compenso relativo agli atti anteriori e preparatori all’istanza di ammissione all’amministrazione controllata. Il Tribunale di Cagliari - con sentenza 14 gennaio 2004, n. 104 accoglieva integralmente la domanda proposta dagli attori nei confronti della CO.GE.PI s.r.l., accertando il credito dello studio M. nei confronti della società nella somma capitale di Lire 1.051.600.713, oltre IVA e CPA nei confronti del liquidatore giudiziale riconosceva carattere di credito concordatario, come tale opponibile ai creditori partecipanti al concordato e privilegiato ex art. 2751-bis c.c., al compenso professionale relativo all’attività svolta prima dell’ammissione all’amministrazione controllata, compenso parametrato agli onorari previsti dalla tariffa professionale in materia stragiudiziale per l’assistenza in procedure concorsuali e quantificato in Euro 99.336. 2. Contro tale sentenza proponevano appello principale G. , Ga. e M.A. , lamentando il mancato riconoscimento del carattere integralmente concordatario e privilegiato del credito, l’errata quantificazione del compenso per l’attività svolta prima dell’ammissione alla procedura di amministrazione controllata e l’omessa pronuncia sulla debenza degli interessi. Il liquidatore giudiziale, a sua volta, faceva valere appello incidentale chiedendo che venisse dichiarata inammissibile, o comunque rigettata, la domanda nei suoi confronti proposta, accertato il vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata e rideterminata la quantificazione del compenso. La Corte di appello di Cagliari - con sentenza 28 gennaio 2013, n. 63 - rigettava l’appello incidentale e accoglieva l’appello principale unicamente in relazione al riconoscimento degli interessi legali dichiarava che il credito vantato dagli attori, privilegiato ex art. 2751 bis c.c., ha carattere concordatario limitatamente alla somma di Euro 99.336, oltre il 10% di spese generali, IVA e CPA , e condannava la CO.GE.PI. s.r.l. in liquidazione a corrispondere agli attori la somma di Euro 394.396, oltre il 10% per spese generali, IVA e CPA, oltre interessi legali dalla data di notifica dell’atto di citazione in primo grado fino al saldo . 3. Contro la sentenza ricorrono per cassazione G. , Ga. e M.A. . Resiste con controricorso D.C. , quale liquidatore giudiziale della CO.GE.PI. - Impresa di Costruzioni cav. R.P. s.r.l. già s.p.a. , in concordato preventivo. L’intimata CO.GE.PI. - Impresa di Costruzioni cav. R.P. s.r.l. in liquidazione non ha proposto difese. I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis 1 c.p.c. Considerato che 1. Il ricorso è articolato in otto motivi, tra loro strettamente connessi, che sono tutti diretti verso la parte della sentenza d’appello che ha negato carattere concordatario all’intero credito dell’avv. M. , riconoscendo tale carattere solo al compenso riconosciuto per l’attività svolta prima della ammissione alla amministrazione controllata a Il primo e il secondo motivo lamentano omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e violazione o falsa applicazione del R.D. n. 267 del 1942, artt. 167 e 181 nonché dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 con essi, sotto diversi profili, i ricorrenti si dolgono del fatto che la Corte di appello - con motivazione definita carente ed autoreferenziale non abbia analizzato i documenti prodotti e, soprattutto, non abbia discusso nè valutato il fatto dell’effettiva ammissione della società assistita dall’avv. M.B. alla procedura di concordato preventivo, procedura volta a conseguire la tutela dei creditori, qualora la procedura si concluda con l’omologazione del concordato elementi, questi, dai quali si doveva dedurre che l’attività svolta da M. rientrava a pieno titolo tra quelle di ordinaria amministrazione, per le quali non è richiesta una preventiva autorizzazione da parte del giudice delegato. b Il terzo e il quarto motivo denunciano rispettivamente violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in correlazione con il R.D. n. 267 del 1942, art. 167, art. 181, comma 1, n. 1 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 2697 c.c. in correlazione con il R.D. n. 267 del 1942, art. 167 e art. 181, comma 1, n. 1 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 i ricorrenti lamentano il fatto che la Corte di appello abbia addossato agli appellanti, senza esaminare la documentazione prodotta, un onere probatorio supplementare rispetto a quello - di per sé sufficiente - di dimostrare le caratteristiche dell’attività professionale espletata dall’avv. M.B. nell’interesse della CO.GE.PI. s.r.l. nella fase compresa tra l’ammissione alla procedura di amministrazione controllata e quella di ammissione al concordato preventivo. c Il quinto ed il sesto motivo lamentano l’uno violazione o falsa applicazione dell’art. 167 c.p.c., in relazione con l’art. 183 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e l’altro nullità della sentenza e del procedimento per effetto di violazione dell’art. 167 c.p.c. in correlazione con l’art. 183 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la Corte di appello ha fondato la propria decisione sulla mancata prova dell’utilità, per la massa dei creditori, dell’attività svolta dall’Avv. M.B. , utilità che non sarebbe però stata contestata dalla difesa di controparte, se non nella memoria di replica del giudizio di primo grado in cui il liquidatore dichiarò che la procedura concordataria avrebbe recato giovamento solo alla società debitrice e non ai creditori e quindi tardivamente. d Con il settimo motivo - che denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 - i ricorrenti sostengono che nel corso del giudizio il liquidatore avrebbe esplicitamente riconosciuto l’opponibilità dell’incarico dell’avv. M.B. in relazione alla fase giudiziale della procedura, sindacando le sole modalità di liquidazione del compenso. e Con l’ottavo motivo - che lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e della L. Fall., art. 167 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - i ricorrenti denunciano che per la stessa ragione di cui al precedente motivo la Corte di appello sarebbe incorsa nel vizio di ultrapetizione. I motivi non possono essere accolti. Il giudice d’appello pp. 1419 della sentenza impugnata ha condiviso la decisione del primo giudice, che ha riconosciuto carattere concordatario solo al compenso professionale relativo all’attività svolta dall’avv. M. prima della ammissione alla amministrazione controllata, in quanto - l’attività successiva andava considerata di straordinaria amministrazione, come tale soggetta alla preventiva autorizzazione scritta del giudice delegato, autorizzazione che non vi era stata nel caso di specie - l’attività era da ritenersi straordinaria perché la concreta finalizzazione della medesima al risanamento dell’impresa, mediante il miglioramento della sua capacità produttiva e reddituale, non è stata dimostrata dagli attori, attuali ricorrenti. La necessità dell’autorizzazione del giudice delegato, conseguente alla natura straordinaria dell’attività, è stata dal giudice di appello affermata facendo corretta applicazione dell’orientamento di questa Corte v. in particolare, Cass. 9262/2002, per cui resta di ordinaria amministrazione l’atto finalizzato al recupero dell’impresa, capace di migliorarne la capacità produttiva e reddituale, e Cass. 23796/2006, secondo cui criterio discretivo utile è quello in base al quale è di straordinaria, invece che di ordinaria, amministrazione l’incarico conferito dall’impresa ad un professionista che non sia funzionale alle necessità risanatorie dell’impresa . Tale funzionalità al risanamento dell’impresa è stata ritenuta non provata dal giudice d’appello, con giudizio di fatto insindacabile da questa Corte di legittimità. Nè, al riguardo, assume rilievo la denunciata primo e secondo motivo omessa considerazione dell’avvenuta ammissione dell’impresa al concordato preventivo tale ammissione non rileva ai fini della dimostrazione dell’utilità dell’attività svolta dall’avv. M. in funzione del risanamento dell’impresa nè il giudice d’appello ha in tal modo imposto un onere probatorio aggiuntivo terzo e quarto motivo , nè è in tal modo andato quinto e sesto motivo ultrapetita, sin dall’inizio il liquidatore ha infatti contestato la proponibilità stessa della domanda dei ricorrenti e radicalmente negato la natura concordataria del credito fatto valere in quanto l’accordo professionale era soggetto all’autorizzazione scritta del giudice delegato, cfr. p. 6 della sentenza impugnata e p. 5 del ricorso , non assumendo al riguardo rilievo che il liquidatore non abbia mai sostenuto che l’incarico professionale avesse la finalità di ridurre il patrimonio della CO.GE.PI o di creare vincoli in danno della massa dei creditori settimo e ottavo motivo . II. Il ricorso va quindi rigettato. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente che liquida in Euro 8.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali 15% e accessori di legge. Sussistono, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.