Gli atti del fascicolo fallimentare sono consultabili solo su specifica istanza

Gli Ermellini escludono la possibilità di configurare un diritto illimitato dei soggetti coinvolti nella procedura fallimentare fallito, creditori e terzi alla consultazione di tutti gli atti della procedura stessa.

Così l’ordinanza n. 212/19, depositata l’8 gennaio. Il caso. Due soggetti imputati in un procedimento penale per bancarotta fraudolenta e documentale chiedevano al giudice delegato al fallimento di poter accedere ai fascicoli fallimentari per acquisire la documentazione specificamente elencata ai fini del processo penale. A seguito del rigetto della richiesta, proponevano reclamo ex art. 26 l. fall. che veniva accolto dal Tribunale di Chieti. Gli organi della procedura fallimentare ricorrono in Cassazione. Impugnabilità del decreto. Il Collegio ritiene inammissibile il ricorso nella parte in cui censura l’ordine, rivolto dal Tribunale agli organi della procedura, di consentire l’accesso e l’estrazione di copie come richiesto dagli istanti, posto che i provvedimenti emessi dal tribunale fallimentare su reclamo avverso i decreti del giudice delegato al fallimento sono impugnabili per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., soltanto quando hanno carattere decisorio e definitivo . La giurisprudenza ammette infatti il rimedio del ricorso ex art. 111 Cost. avverso i provvedimenti che, pur avendo forma diversa dalla sentenza, sono comunque caratterizzati da decisorietà e definitività, dove per decisorietà si intende l’attitudine del provvedimento ad incidere sui diritti soggettivi delle parti con efficacia del giudicato, mentre la nozione di definitività si riferisce al fatto che il provvedimento non sia soggetto ad un diverso mezzo d’impugnazione. Consultazione degli atti della procedura. La Corte richiama dunque l’art. 90, comma 2 e 3, l. fall. secondo il quale il comitato dei creditori e ciascun componente hanno diritto di prendere visione di ogni atto o documento contenuto nel fascicolo fallimentare, diritto che spetta anche al fallito con eccezione della relazione del curatore e degli atti eventualmente riservati. Gli altri creditori ed i terzi hanno diritto di prendere visione ed estrarre copia degli atti e documenti per i quali sussiste un loro specifico ed attuale interesse, previa autorizzazione del giudice delegato e sentito il curatore. In tale contesto normativo, nasce la necessità di contemperare le esigenze di riservatezza della procedura concorsuale con le esigenze difensive dei soggetti interessati alla consultazione degli atti. Ne consegue dunque che anche i soggetti coinvolti nella procedura fallimentare non possono avere il diritto di consultare liberamente il fascicolo in parola, essendo l’accesso comunque subordinato ad un’istanza che deve essere formulata in modo specifico per consentire sia l’individuazione dell’istante, che dei documenti richiesti e del concreto interesse su cui si fonda l’istanza stessa. Ciò posto e dunque escludendo la possibilità di configurare un diritto illimitato dei soggetti coinvolti nella procedura fallimentare alla consultazione di tutti gli atti del fascicolo, la Corte ritiene insussistente il requisito della decisorietà del decreto impugnato con conseguente inammissibilità del ricorso ex art. 111 Cost

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 21 novembre 2018 – 8 gennaio 2019, n. 212 Presidente Di Virgilio – Relatore Campese Ragioni di fatto e di diritto della decisione 1. A.V.M. e A.C. , premettendo di essere imputati nel processo penale n. 3422/2009 r.g.n.r., pendente innanzi al Tribunale di Chieti, per i delitti di bancarotta fraudolenta e documentale in relazione a tutte le società del Gruppo omissis , chiesero congiuntamente, il 19 marzo 2014 ed il 21 maggio 2014, al giudice delegato ai fallimenti delle Società del Gruppo omissis di accedere ai relativi fascicoli fallimentare per acquisire la documentazione specificamente elencata nella loro istanza. 1.1. Tale richiesta fu respinta con decreto di quel giudice del 23 giugno 2014, contro il quale gli stessi proposero reclamo L. Fall., ex art. 26, accolto dal Tribunale di Chieti, in composizione collegiale, che, con provvedimento del 13 agosto 2014 1 ritenne che quanto addotto dal giudice delegato l’essere stati gli istanti già autorizzati, nel 2012, ad accedere al fascicolo fallimentare e l’avere la cancelleria già rilasciato copia dei documenti nuovamente richiesti non risulta comprovato, peraltro avendo i reclamanti evidenziato di essere assistiti da nuovo difensore in un processo penale che li vede imputati di bancarotta, che tra i documenti oggi richiesti figurano atti di formazione successiva al 2012, che non sussistono impedimenti normativi alla reiterazione di istanze di accesso ed estrazione copia di atti che possono risultare utili ai fini di difesa penale. Dette argomentazioni appaiono condivisibili 2 richiamò integralmente, per il resto, le motivazioni di cui all’ordinanza emessa da questo stesso Tribunale il 17.4.2012, allorché venne accolto analogo reclamo degli A. e venne disposto di consentire loro l’accesso e l’estrazione di copia 3 condannò la curatela fallimentare al pagamento delle spese giudiziali della fase di reclamo. 2. Avverso questa decisione, considerata munita dei caratteri della decisorietà e definitività, hanno proposto ricorso ex art. 111 Cost., affidato a due motivi, il Fallimento omissis s.r.l., il Fallimento omissis s.p.a., il Fallimento omissis s.r.l., il Fallimento omissis s.r.l., il Fallimento omissis s.r.l., il Fallimento omissis s.r.l., il Fallimento omissis s.r.l., il Fallimento omissis s.r.l. ed il Fallimento di omissis s.a.s. di omissis s.r.l., tutti in persona del loro curatore Avv. I.G. . Non hanno, invece, spiegato difese, in questa sede, A.V.M. e A.C. . 2.1. Il primo motivo, rubricato Nullità del provvedimento impugnato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per violazione della L. Fall., art. 26, comma 8, nonché violazione dei principi regolatori del giusto processo, con particolare riferimento al principio del contraddittorio ed al diritto di difesa , assume che il descritto reclamo L. Fall., ex art. 26, notificato alla curatela dei menzionati fallimenti non era accompagnato dal pedissequo decreto di fissazione di udienza, e ciò aveva impedito alla stessa di partecipare al relativo procedimento, ivi eccependo la tardività del rimedio esperito, senza che di tanto si fosse avveduto l’adito tribunale, che l’aveva anche condannata alla refusione delle spese processuali. 2.2. Il secondo motivo, recante Nullità del provvedimento impugnato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 , per violazione della L. Fall., art. 26, comma 3 , lamenta che il suddetto reclamo doveva considerarsi tardivamente proposto, risultando depositato il 18 luglio 2014 a fronte del provvedimento impugnato risalente al 23 giugno 2014, senza che alcuna prova vi fosse di un suo avvenuto ritiro il 10 luglio 2014, presso la cancelleria competente, ad opera dei reclamanti. 3. Il ricorso è inammissibile laddove investe la statuizione del tribunale recante l’ordine, agli organi delle procedure fallimentari interessate, di dare corso alle istanze di accesso ed estrazione copia presentate da A.V.M. e A.C. , atteso che i provvedimenti emessi dal tribunale fallimentare su reclamo avverso i decreti del giudice delegato al fallimento sono impugnabili per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., soltanto quando hanno carattere decisorio e definitivo. 3.1. Giova, allora, premettere che questa Corte ammette il rimedio predetto avverso i provvedimenti che, pur avendo forma diversa dalla sentenza, presentino tuttavia i requisiti della decisorietà e della definitività, il cui significato - in particolare del primo - si coglie nella fondamentale continuità della giurisprudenza sin dal primo riconoscimento del rimedio del ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., allora comma 2, con la sentenza resa da Cass., SU, n. 2953 del 1953 sul fatto che la garanzia costituzionale di cui si tratta mira a contrastare il pericolo di applicazioni non uniformi della legge con provvedimenti suscettibili di passare in giudicato, cioè con provvedimenti tipici ed esclusivi della giurisdizione contenziosa , mediante i quali il giudice, per realizzare la volontà di legge nel caso concreto, riconosce o attribuisce un diritto soggettivo, oggetto di contestazione, anche solo eventuale, nel contraddittorio delle parti così, nitidamente, tra le altre, Cass. n. 824 del 1971, in motivazione . 3.1.1. La decisorietà, dunque, - come ancora recentemente ribadito da Cass. SU, n. 27073 del 2016 - consiste nell’attitudine del provvedimento del giudice non solo ad incidere su diritti soggettivi delle parti, ma a farlo con la particolare efficacia del giudicato nel che risiede appunto la differenza tra il semplice incidere e il decidere . Cfr., per tutte, Cass. n. 10254 del 1994 , il quale, a sua volta, è effetto tipico della giurisdizione contenziosa, di quella, cioè, che si esprime su una controversia, anche solo potenziale, fra parti contrapposte, chiamate perciò a confrontarsi in contraddittorio nel processo. 3.2. Affinché, peraltro, un provvedimento non avente veste di sentenza sia impugnabile in Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, non è sufficiente che abbia carattere decisorio, occorre anche che non sia soggetto ad un diverso mezzo d’impugnazione, dovendosi, altrimenti, esperire anzitutto tale mezzo - appello, reclamo o quant’altro - sicché il ricorso per cassazione riguarderà il successivo provvedimento emesso all’esito. In ciò consiste il requisito della definitività. 3.3. Su tali principi vi è sostanziale uniformità giurisprudenziale al di là di differenze, più che altro terminologiche, allorché si inserisce l’attitudine al giudicato nel requisito della definitività, intesa come immodificabilità del provvedimento, piuttosto che nel requisito della decisorietà , attestata, di recente oltre che dalla già citata Cass. SU, n. 27073 del 2016 , anche da Cass., SU, n. 1914 del 2016, in cui si ribadisce che un provvedimento, ancorché emesso in forma di ordinanza o di decreto, assume carattere decisorio - requisito necessario per proporre ricorso ex art. 111 Cost. - quando pronuncia o, comunque, incide con efficacia di giudicato su diritti soggettivi, con la conseguenza che ogni provvedimento giudiziario che abbia i caratteri della decisorietà nei termini sopra esposti, nonché della definitività - in quanto non altrimenti modificabile - può essere oggetto di ricorso ai sensi dell’art. 111 Cost. e si aggiunge che se il provvedimento al quale il processo è preordinato non ha carattere decisorio perché, non costituendo espressione del potere-dovere del giudice di decidere controversie tra parti contrapposte, in cui ciascuna tende all’accertamento di un proprio diritto soggettivo nei confronti dell’altra, non ha contenuto sostanziale di sentenza richiamando, sul punto, i precedenti delle medesime Sezioni Unite nn. 3073 e 11026 del 2003 e che quando si tratta di provvedimenti per i quali non è prevista alcuna forma di impugnazione ordinaria si realizza il presupposto della definitività intesa come non modificabilità in relazione al rimedio straordinario previsto dall’art. 111 Cost . 3.4. Fermo quanto precede, nella specie, come si è visto, l’istanza congiunta di A.V.M. e A.C. volta ad accedere ai fascicoli degli indicati fallimenti delle Società del Gruppo omissis per acquisire la documentazione in essa specificamente elencata, e giustificata dal fatto di essere i richiedenti imputati nel processo penale n. 3422/2009 r.g.n.r., pendente innanzi al Tribunale di Chieti, per i delitti di bancarotta fraudolenta e documentale in relazione a tutte le società suddette, venne respinta dal giudice delegato, ma poi accolta dal Tribunale fallimentare di Chieti, per le ragioni in precedenza esposte, in sede di reclamo ex art. 26 avverso detto provvedimento. 3.5. Orbene, osserva il Collegio, che, ai sensi della L. Fall., art. 90, commi 2 e 3, il comitato dei creditori e ciascun suo componente hanno diritto di prendere visione di qualunque atto o documento contenuto nel fascicolo fallimentare. Analogo diritto, con la sola eccezione della relazione del curatore e degli atti eventualmente riservati su disposizione del giudice delegato, spetta anche al fallito. Gli altri creditori ed i terzi hanno diritto di prendere visione e di estrarre copia degli atti e dei documenti per i quali sussiste un loro specifico ed attuale interesse, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il curatore . 3.5.1. Il necessario contemperamento delle esigenze di riservatezza proprie della procedura concorsuale, le cui vicende sono documentate dal fascicolo fallimentare, con le esigenze difensive dei soggetti interessati alla consultazione degli atti inseriti in detto fascicolo, porta, dunque, ad escludere che i soggetti fallito, creditori e terzi comunque coinvolti dallo svolgimento della procedura fallimentare abbiano il diritto di consultare liberamente il fascicolo in questione ed a ritenere che la consultazione degli atti e dei documenti in esso inseriti è subordinata alla presentazione di una specifica istanza, la quale deve essere formulata in modo da consentire non solo l’identificazione dell’istante e degli atti che si intendano visionare, ma anche la valutazione del concreto interesse che ne giustifica la consultazione cfr., Cass., SU, n. 181 del 2001, richiamato, in motivazione, dalla successiva Cass. n. 19509 del 2005 . 3.6. Alla luce di questo principio, qui pienamente condiviso, deve ritenersi insussistente un illimitato diritto di quegli stessi soggetti fallito, creditori, terzi alla consultazione di tutti gli atti della procedura concorsuale, e ciò porta ad escludere la configurabilità del requisito della decisorietà del decreto impugnato cfr. Cass. n. 1032 del 2017 Cass. n. 19509 del 2005 , con conseguente inammissibilità dell’odierno ricorso ex art. 111 Cost., proposto avverso il decreto impugnato. 4. Un siffatto ricorso, invece, sarebbe stato ammissibile soltanto avverso la statuizione ivi adottata quanto al pagamento delle spese giudiziali dovendosi, qui, ricordare che l’art. 91 c.p.c., trova applicazione anche ai provvedimenti resi in esito al reclamo, L. Fall., ex art. 26, avverso il provvedimento del giudice delegato al fallimento, benché la disposizione da ultimo richiamata manchi di una espressa indicazione circa il governo delle spese. Cfr. Cass. n. 19979 del 2008 , concernendo posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo. 4.1. Essa, pertanto, è sicuramente destinata ad incidere su una posizione di diritto soggettivo della parte a carico della quale risulta assunta, ed è dotata del carattere di definitività, non essendo contro di essa dato alcun mezzo d’impugnazione cfr., sostanzialmente in tal senso, Cass. n. 9348 del 2017 Cass. n. 4610 del 2017 Cass. n. 21756 del 2015 Cass. n. 2986 del 2012 Cass. n. 14524 del 2011 Cass., SU, n. 20957 del 2004 . 4.1.1. Nessuna specifica censura, tuttavia, risulta, proposta dagli odierni ricorrenti avverso la statuizione suddetta. 5. Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile, senza necessità di pronuncia sulle spese, essendo le controparti rimaste solo intimate, e dandosi atto, altresì, - in assenza di ogni discrezionalità al riguardo cfr. Cass. n. 5955 del 2014 Cass., S.U., n. 24245 del 2015 Cass., S.U., n. 15279 del 2017 - della sussistenza dei presupposti per l’applicazione, a carico dei ricorrenti, in solido tra loro, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 applicabile ratione temporis, essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013 , in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione norma in forza della quale il giudice dell’impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che definisce quest’ultima, a dare atto della sussistenza dei presupposti rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione per il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, in soldo tra loro, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, comma 1-bis.