Quale azione è esperibile dal socio per il danno da perdita di valore della sua quota sociale?

Ove il socio agisca in giudizio per ottenere il risarcimento di danni, come la perdita di valore della sua quota di partecipazione sociale, quale riflesso patrimoniale ascrivibile al comportamento colposo dell’amministratore, indipendentemente dalla fondatezza della richiesta, non può formularsi domanda ai sensi dell’art. 2476, comma 6, c.c., poiché tale rimedio è esperibile solo ove sia stata dedotta l’esistenza di un danno direttamente subito e non anche di un danno patrimoniale indiretto.

La XVI sezione civile del Tribunale di Roma, specializzata in materia d’impresa, con la pronuncia n. 20164/18, depositata in cancelleria il 20 ottobre, si è occupata della domanda di risarcimento danni avanzata da un socio di minoranza di una s.r.l., il quale deduceva di aver subito un pregiudizio economico riconducibile al comportamento posto in essere dall’amministratore unico della società di capitali. Il fatto. La vicenda da cui è stata originata la pronuncia in trattazione vede un socio al 20% di una s.r.l. richiedere il risarcimento del danno derivante da una serie di violazioni ascritte al comportamento posto in essere dall’amministratore unico della società. In particolare sosteneva l’attore che, fonti di danno risarcibile fossero 1. la mancata convocazione dell’assemblea dei soci, pur se richiesta dal medesimo socio di minoranza 2. il mancato accesso alla documentazione sociale, richiesta solo in parte adempiuta dal socio 3. la prestazione di garanzie personali dal parte del socio verso istituti di credito 4. lo svolgimento da parte dell’amministratore di attività lavorative concorrenziali ed in conflitto d’interessi con quelle svolte dalla società di cui aveva la rappresentanza. L’attore riteneva che le citate attività e/o inadempimenti gli avessero provocato un pregiudizio economico risarcibile, dal momento che la sua quota di partecipazione sociale aveva perso il suo valore, proprio in ragione dell’attività posta in essere dall’amministratore in conflitto d’interesse con la società e dell’inadempimento dei doveri sullo stesso gravanti, in termine di gestione con pregiudizio dei diritti di controllo ed informazione del socio. La misura del danno era quantificata in termini di perdita di valore della quota sociale e di ulteriori danni personali subiti, con richiesta di liquidazione del danno formulata in subordine secondo i principi equitativi. Chiedeva quindi l’attore l’accertamento dell’illiceità della condotta posta in essere dall’amministratore oltre alla condanna al risarcimento del danno. Costituitosi in giudizio l’amministratore, nel negare l’esistenza dei fatti e dei danni lamentati dal socio, chiedeva il rigetto della richiesta sostenendo, in ogni caso, che il danno di cui si doleva l’attore non fosse direttamente individuabile, essendo al più un pregiudizio di natura riflessa, con la conseguenza che, rispetto a quanto rivendicato, non potessero ritenersi integrati i presupposti per l’esercizio dell’azione di responsabilità promossa ai sensi e per gli effetti dell’art. 2476 c.c L’azione ex art. 2476, comma 6, c.c. e l’azione ex art. 2395 c.c. presuppongono l’esistenza di un danno patrimoniale diretto. In materia, la riforma del diritto societario, oltre ad aver introdotto una particolare forma di responsabilità degli amministratori rispetto alle condotte dallo stesso poste in essere, ha disciplinato l’azione sociale di responsabilità, esperibile dal singolo socio e, secondo parte della giurisprudenza anche dalla società stessa Trib. Napoli, 28 aprile 2004 Trib. Roma, 22 maggio 2007 Trib. Roma, 19 ottobre 2015 in danno dell’amministratore colpevole di una gestione irregolare, colposa e dannosa. Del pari l’art. 2395 c.c. tutela direttamente i soci ovvero i terzi, e dunque non la società, nella misura in cui contempla l’azione esperibile per coloro i quali sostengano di essere stati danneggiati direttamente dal comportamento doloso o colposo degli amministratori. In buona sostanza la norma in parola, così come quella di cui all’art. 2476, comma 6, c.c. esclude espressamente la risarcibilità di quei danni che abbia invece subito il patrimonio sociale con riflessi solo indiretti sulla sfera patrimoniale del socio o del terzo. E’ dunque richiesto che i danni di cui si chiede il risarcimento siano stati direttamente cagionati dagli amministratori ai soci o ai terzi, come conseguenza del loro comportamento, con fattispecie sussumibile nell’alveo della responsabilità extracontrattuale. Non è un danno patrimoniale diretto la perdita di valore della quota sociale. La giurisprudenza di legittimità, non considera effetto diretto del comportamento dell’amministratore la mancata percezione degli utili e la diminuzione di valore della quota di partecipazione, statuendo che gli utili fanno parte del patrimonio sociale fino all'eventuale delibera assembleare di distribuzione Cass. n. 22573/2014 Cass. n. 27733/2013 Cass. n. 4548/2012 Cass. n. 8358/2007 . Passando alla disamina particolare delle violazioni addebitate all’amministratore, il Tribunale ha evidenziato che non integrasse alcuna violazione dell’amministratore l’aver mancato di convocare l’assemblea ancorché richiesto dal socio, poiché il socio era detentore di una quota del 20%, quindi, insufficiente al raggiungimento della soglia di 1/3 richiesta per la richiesta di convocazione dell’organo deliberativo. Con specifico riferimento poi alla diminuzione di valore del capitale sociale i Giudici, in accordo con l’orientamento giurisprudenziale sopra ricordato, hanno evidenziato che il pregiudizio prospettato, ove effettivamente provato, rientrerebbe nel novero dei danni indiretti, aventi incidenza diretta sul patrimonio sociale comportando effetti solo riflessi sul patrimonio del socio pertanto, tale posta di danno, anche ove provata, non risulterebbe comunque azionabile con il particolare giudizio promosso dal socio. Anche sotto il profilo del dedotto pregiudizio relativo alla omessa consegna della documentazione sociale, l’attore, a giudizio del Tribunale, non avrebbe fornito alcuna prova concreta. Neppure la domanda subordinata di condanna al risarcimento del danno, da liquidarsi in via equitativa, trovava accoglimento sulla scorta dell’argomentazione, pienamente condivisibile, secondo cui debba essere anche in tali casi comunque fornita la prova del danno subito, prova che evidentemente nel caso di specie risulta mancare. Per queste ragioni la domanda era rigettata con conseguente condanna alle spese del giudizio.

Tribunale di Roma, sez. Impresa, sentenza 4 settembre – 22 ottobre 2018, n. 20164 Presidente Cardinali – Relatore Libri Ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato, omissis Gabriele, premessa la propria qualità di socio della omissis Service S.r.l. dal giorno 1 aprile 2011, con partecipazione rappresentativa del 20% del capitale sociale e di dipendente della stessa società, amministrata, sin dalla costituzione, da omissis , esponeva di aver ricevuto in data 14 febbraio 2013 comunicazione di licenziamento, dallo stesso impugnata innanzi al Tribunale di Roma, con l’instaurazione di un giudizio concluso con conciliazione in sede giudiziale il 9 luglio 2014 che, in tale contesto, essendosi compromesso il rapporto con gli altri soci e avendo deciso di uscire dalla compagine sociale, fin dal marzo 2013, aveva chiesto, senza utile esito, all’amministratore omissis , di convocare l’assemblea dei soci e di poter accedere alla documentazione sociale, richiesta evasa solo parzialmente che aveva prestato garanzia relativamente alle obbligazioni della società, verso Istituti di credito che nonostante fosse ancora partecipe del rischio di impresa e tenuto a rispondere, nei limiti della propria quota di partecipazione al capitale sociale, delle obbligazioni assunte dalla società verso l’Erario e verso terzi, non gli erano state fornite le informazioni più volte richieste in ordine all’andamento sociale e alla gestione della società che dopo aver rinegoziato gli accordi di fornitura e commercializzazione con il principale fornitore della società – Team System omissis – omissis – i nuovi target previsti dall’accordo non venivano raggiunti, con il pagamento della penale da parte della società che riportava perdita e procedeva a tagli di personale e di costi per ripianare la situazione ecomica che l’amministratore svolgeva attività di responsabile commerciale presso altra società – Team System omissis - operante nel medesimo settore di attività della omissis Service S.r.l., costituente fino a qualche tempo prima uno dei principali fornitori della medesima omissis e che tale attività era svolta in situazione di palese conflitto di interessi con la società rappresentata e in concorrenza con la stessa che la quota di partecipazione al capitale sociale aveva perduto il suo valore per effetto dell’attività posta in essere dall’amministratore in concorrenza con la società amministrata e della perdita del principale dei suoi fornitori, presso il quale lo stesso amministratore prestava ormai la sua attività che l’amministratore era stato inadempiente ai propri obblighi di gestione, utilizzando le risorse della società per assicurarsi una personale sistemazione ed aveva altresì pregiudicato i diritti di controllo e di informazione spettanti al socio che i danni subiti dal socio erano di carattere patrimoniale, consistenti nella perdita di valore della quota, nella misura di Euro. 34.000,00, e di carattere personale, determinati nella somma di Euro. 18.000,00 e in ogni caso, subordinatamente, andavano quantificati in via equitativa, ai sensi dell’articolo 1226 cod. civ. . Sulla scorta di tali premesse, l’attore chiedeva al Tribunale di accertare l’illiceità della condotta gestoria tenuta da omissis ed il conseguente danno a lui derivatone, e di pronunziare la condanna del convenuto a risarcire il danno patito in via diretta, quantificato nella misura di Euro. 52.000,00, dei quali Euro 34.000,00 quale valore patrimoniale delle quote di partecipazione alla omissis Services srl ed Euro 18.000,00 quale indennizzo per gli ulteriori danni personali subiti e meglio specificati in atti. Instaurato il contraddittorio, si costituiva omissis il quale contestava integralmente le prospettazioni e richieste di parte attrice. Deduceva che il danno rivendicato da omissis non poteva costituire un danno diretto, ma integrava, semmai, un pregiudizio riflesso e indiretto rispetto a quello eventualmente subito dalla società e dal patrimonio sociale, dunque non risarcibile, secondo quanto previsto dall’articolo 2476, VI comma, cod. civ Negava in ogni caso la sussistenza dei prospettati inadempimenti dell’amministratore e dei danni dei quali era stato domandato il risarcimento. Il convenuto, quindi, nel contestare partitamente le circostanze allegate dall’attore a fondamento delle pretese risarcitorie azionate, concludeva chiedendo l'integrale rigetto delle domande, con vittoria di spese e compensi di lite. Acquisita documentazione conferente ed omessa ogni ulteriore attività istruttoria, la causa era rimessa al Collegio per la decisione, con la concessione dei termini di cui all’articolo 190 cod. proc. civ. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. In apertura di motivazione è opportuno premettere brevi cenni in ordine alla portata del rimedio nella specie esperito dal socio nei confronti dell’amministratore. A seguito dell’entrata in vigore delle disposizioni di riforma di cui al D.Lgs. n. 6/2003, la responsabilità dell’amministratore di società a responsabilità limitata per condotte che siano direttamente lesive del patrimonio dei singoli soci o dei terzi trova specifica previsione nell’art. 2476 c.c. che, dopo aver disciplinato l’azione sociale di responsabilità, al sesto comma, con una norma del medesimo tenore di quella trasfusa nell’art. 2395 c.c. in tema di società per azioni, testualmente prevede che le disposizioni di cui ai precedenti commi non pregiudicano il diritto al risarcimento dei danni spettante al singolo socio o al terzo che sono stati direttamente danneggiati da atti dolosi o colposi degli amministratori”. Orbene, come già evidenziato da costante giurisprudenza con riferimento all’analogo disposto dell’articolo 2395 cod. civ., l’azione individuale spettante ai soci o ai terzi per il risarcimento dei danni ad essi derivati per effetto di atti dolosi o colposi degli amministratori rientra nello schema della responsabilità aquiliana con quanto ne consegue in tema di riparto dell’onere della prova e presuppone che i danni stessi non siano solo il riflesso di quelli arrecati eventualmente al patrimonio sociale, ma siano stati direttamente cagionati ai soci o terzi, come conseguenza immediata del comportamento degli amministratori medesimi tale azione individuale, pertanto, è rimedio utilmente esperibile solo quando la violazione del diritto individuale del socio o del terzo sia in rapporto causale diretto con l’azione degli amministratori. Va precisato, poi, che l’azione contemplata dall’articolo 2476, VI co., c.c. – al pari di quella prevista dall’articolo 2395 cod.civ. – riguarda fatti che siano addebitabili esclusivamente agli amministratori e non riversabili sulla società, onde anche sotto tale profilo differisce dall’azione che può essere proposta direttamente nei confronti della società per violazione del rapporto sociale ovvero di specifici obblighi contrattuali o extracontrattuali su di essa gravanti. Segnatamente, l'avverbio direttamente circoscrive l'ambito di esperibilità dell'azione ex articolo 2395 c.c. o ex articolo 2476, VI co., cod. civ., rispetto alla cd. azione sociale di responsabilità, rendendo palese che il discrimentra le stesse non va individuato nei presupposti stabiliti dalla legge per il sorgere di tali forme di responsabilità che consistono pur sempre nella violazione, dolosa o colposa, da parte degli amministratori, dei doveri ad essi imposti dalla legge o dall'atto costitutivo , bensì nelle conseguenze che il comportamento illegittimo degli amministratori ha determinato nel patrimonio del socio o del terzo. Se il danno allegato costituisce solo il riflesso di quello cagionato al patrimonio sociale, si è al di fuori dell'ambito di applicazione dell'articolo 2395 cod. civ. e dell’articolo 2476, VI co., cod. civ., in quanto tali norme richiedono che il danno abbia investito direttamente il patrimonio del socio o del terzo Cass. 25/07/2007, n. 16416 Cass. n. 8359 del 03/04/2007 Cass. 05/08/2008, n. 21130 . Per quanto, poi, di interesse nella fattispecie all’attenzione, la riconducibilità della responsabilità ex articolo 2476, VI co., cod. civ. allo schema della responsabilità aquiliana comporta che è sul socio che agisce che grava l’onere di allegare in maniera specifica e di provare a la addebitabilità, agli amministratori, di omissioni e condotte in violazione degli obblighi specifici e dei doveri connessi alla carica rivestita b i pregiudizi patrimoniali diretti asseritamente subiti e, non ultimo, c il nesso eziologico tra gli addebiti formulati ed i danni prospettati. Fatte tali considerazioni di ordine generale e passando all’esame della fattispecie all’attenzione, va osservato che, a fondamento delle pretese azionate, omissis ha, innanzitutto, allegato che omissis , in qualità di amministratore unico della omissis Service S.r.l., non avrebbe convocato l’assemblea dei soci nonostante le richieste in tal senso avanzate da esso attore. L’omessa convocazione dell’assemblea non dà luogo ad alcuna violazione da parte dell’amministratore, considerato che l’articolo 2479, comma I, cod. civ., prevede la convocazione dell’organo deliberativo in caso di richiesta da parte di soci che rappresentino almeno un terzo del capitale sociale, situazione nel caso di specie da escludere tenuto conto che il è titolare di una quota rappresentativa del 20% del capitale della società. In ogni caso, in difetto di più precise allegazioni, tale omissione non è in sé stessa idonea a cagionare un danno diretto alla sfera patrimoniale del socio, secondo quanto innanzi precisato. L’attore, dopo aver indicato nel dettaglio le omissioni e condotte inadempienti addebitabili all’amministratore ed i risvolti delle stesse, in termini di rinegoziazione delle condizioni economiche con la società fornitrice, di svolgimento di attività concorrenziale e in conflitto di interessi da parte dell’amministratore, al fine di evidenziare il pregiudizio patrimoniale diretto in concreto sofferto ed il nesso eziologico tra lo stesso e le condotte addebitabili all’amministratore convenuto, ha dedotto che il valore della quota di cui è titolare aveva subito una notevole riduzione. Tali essendo, in sintesi, le doglianze svolte dal socio va osservato che, astrattamente considerato – e prescindendo, dunque, da ogni apprezzamento circa la fondatezza delle condotte di mala gestio ascritte al convenuto – il pregiudizio prospettato dall’odierno istante rientra nel novero dei danni patrimoniali indiretti, non passibili di ristoro ex articolo 2476, VI co., cod. civ Infatti, con riguardo a ciascuno degli addebiti sui quali parte attrice fonda la pretesa risarcitoria, appare certo che, anche ove dimostrata la relativa sussistenza e provato il pregiudizio patrimoniale dai medesimi derivato, il danno avrebbe comunque incidenza diretta sulla società e comporterebbe il depauperamento del patrimonio dell’attore solo quale conseguenza della compromissione patrimoniale riferita alla società. Tali conclusioni valgono relativamente all’esercizio di attività in conflitto di interesse con la società e in concorrenza con la stessa, e alla rinegoziazione di condizioni economiche non vantaggiose per la società con la fornitrice. Rispetto a siffatte condotte, a prescindere da ogni considerazione circa l’astratta ipotizzabilità di una responsabilità dell’amministratore e di una violazione dei doveri incombenti sull’organo gestorio, l’attore non ha sostanzialmente dedotto e provato alcun danno direttamente subito, essendosi limitato ad attribuire alle stesse una potenzialità dannosa riferibile direttamente alla società dal medesimo gestita e solo indirettamente ad esso attore in quanto socio della medesima e titolare di una partecipazione al capitale sociale. Inoltre, essendo il presupposto dell’azione che compete al singolo socio danneggiato da atti degli amministratori costituito da un pregiudizio diretto sul patrimonio del singolo provocato da comportamenti dell’amministratore e non dall’eventuale riflesso derivante dal danno incidente sul patrimonio della società, il riferimento alla diminuzione di valore della quota di partecipazione dovuta ad una condotta posta in essere in violazione dei doveri di gestione da parte dell’amministratore, non può costituisce danno diretto del singolo socio poiché la quota di partecipazione è un bene distinto dal patrimonio sociale, la cui diminuzione di valore è conseguenza soltanto indiretta ed eventuale della condotta dell'amministratore Cass. Civ., Sez. III, n. 4548 del 22/03/2012 Sez. I, n. 22573 del 23/10/2014 . Anche rispetto alla domanda fondata sulle garanzie assunte dall’attore riguardo alle obbligazioni della società verso gli istituti di credito, vale il medesimo ragionamento sin qui svolto, tendendo l’attore a conseguire il pagamento di somme e la reintegrazione del suo patrimonio personale, compromesso per effetto del pregiudizio arrecato, dalla condotta illecita del convenuto, al patrimonio sociale. Le considerazioni innanzi svolte con riguardo all’azione risarcitoria valgono pertanto anche rispetto a tale domanda, risultando evidente che il danno lamentato è una conseguenza indiretta del prospettato depauperamento del patrimonio della società. In ogni caso, la documentazione allegata dall’attore doc. n. 9 allegato alla citazione e doc. n. 7 allegato alla memoria ex articolo 183, VI comma, n. 2, cod. proc. civ. non contiene alcun riferimento all’assunzione di garanzie personale da parte del socio, riguardando esclusivamente la società e il suo amministratore. Nessun danno specifico risulta poi concretamente allegato e dimostrato con riguardo alla pretesa compromissione del diritto di accesso alla documentazione sociale, ai sensi dell’articolo 2476, II comma, cod. civ., considerato peraltro che, alla luce della documentazione in atti, le richieste di accesso appaiono, in parte, soddisfatte doc. n. 8 dalla società che ha invitato l’attore a prendere visione dell’estratto del conto corrente intestato alla società e del nuovo accordo di distribuzione siglato con la omissis secondo le modalità indicate dalla missiva del 7 maggio 2014. Neppure può, infine, invocarsi da parte dell’attore una liquidazione del danno in via equitativa, ai sensi dell’articolo 1226 cod. civ., considerato che anche la liquidazione in via equitativa presuppone comunque la specifica allegazione e la prova concreto del pregiudizio patito. In definitiva, dunque, alla luce delle considerazioni sopra svolte deve pervenirsi al rigetto della domanda formulata da omissis nei confronti dell’amministratore della società omissis Service S.r.l Ritiene, infine, il Tribunale che vada disposta la condanna di parte attrice al pagamento delle spese del presente giudizio in favore del convenuto, nella misura liquidata in dispositivo, tenuto conto della natura e del valore della controversia, del numero e della complessità delle questioni trattate, in applicazione dei parametri di cui al D.M. n. 55/2014. P.Q.M. Il Tribunale di Roma – Sezione specializzata in materia d’impresa, come sopra composto, definitivamente pronunciando nel giudizio iscritto al N. 34592 R.G. 2015 così provvede - Rigetta le domande. - Condanna omissis al pagamento delle spese del giudizio, liquidate nella misura di Euro. 5.355,00 per compensi professionali, oltre Iva, Cpa e rimborso spese generali come per legge, in favore del convenuto omissis .