Eccezione al principio della par condicio creditorum: in caso di fallimento, sono prededucibili tutti i crediti sorti in funzione di precedenti procedure concorsuali

I crediti sorti a seguito delle prestazioni rese in favore dell'imprenditore, per la redazione della domanda di concordato preventivo e la relativa assistenza, rientrano tra quelli da soddisfare in prededuzione.

Il giudice delegato al fallimento di una società in liquidazione ammetteva al passivo della procedura il credito vantato dal professionista che aveva curato la predisposizione della relazione ex art. 161, comma 3, legge fall. in privilegio ex art. 2751- bis , n. 2, c.c. rispetto a onorari ed oneri previdenziali e, per il resto in chirografo, escludendo la natura prededucibile dello stesso. Successivamente, il tribunale competente, in riforma della statuizione del giudice delegato, disponeva l'ammissione del credito del ricorrente in prededuzione ex art. 182 i della legge fall., dopo aver sottolineato che la relazione dell'attestatore, imprescindibile per l'apertura del concordato, era stata valutata come idonea e conforme ai princìpi di legge al momento dell'apertura della procedura stessa. Una simile valutazione rendeva poi irrilevante, ai fini della collocazione in prededuzione del credito, il fatto che l’ammissione fosse stata in seguito revocata a causa del mancato versamento della cauzione fissata all'interno del decreto di apertura. Proponeva, pertanto, ricorso in Cassazione contro tale procedura il fallimento della società in liquidazione con diversi motivi di impugnazione, tra cui quella di violazione e falsa applicazione della legge fallimentare sia con riferimento al fatto che il decreto di apertura nulla prevedeva in ordine alla collocazione in prededuzione delle spese dell'attestatore, sia perché la funzionalità alla procedura si identificava nel concetto di effettiva utilità” per la massa concorsuale e non con l'imprescindibilità dell'attestazione per l'apertura del procedimento. Inoltre, il Tribunale, secondo la tesi di parte ricorrente, aveva erroneamente ritenuto che la valutazione di ammissibilità della domanda si fondasse anche sulla idoneità e sulla conformità ai princìpi di legge della relazione attestatrice, perché la verifica cui quel tribunale era chiamato in sede di apertura della procedura consisteva in una mera valutazione di non manifesta inadeguatezza della relazione del professionista e non si estendeva di certo alla sua utilità per la massa dei creditori, aspetto che solo lo sviluppo della procedura avrebbe consentito di apprezzare. Ma la Cassazione ritiene infondati i motivi di ricorso. La giurisprudenza della Corte sui crediti prededucibili. Innanzitutto, viene fatto rilevare che il decreto impugnato attiene al credito di un professionista che aveva predisposto l'attestazione ex art. 161, comma 3, legge fall. per un concordato presentato nel vigore dell'art. 182- quater , comma 4, legge fallimentare, a mente del quale il carattere prededucibile del credito vantato dall’attestatore era condizionata ad una espressa disposizione in tal senso all'interno del provvedimento con cui era accolta la domanda di ammissione al concordato preventivo. Risulta pacifico tra le parti che questa disposizione non fosse stata adottata all'interno del concordato di apertura, il che tuttavia non significa che per questo solo fatto possa essere negata la prededucibilità del credito in questione. Infatti, mentre il provvedimento adottato ex art. 184- quater , comma 4, legge fall., ormai abrogato, costituiva un caso in cui la prededuzione era prevista espressamente dalla legge, la valutazione negativa formulata al medesimo riguardo, in sede di ammissione del concordato, ben poteva essere ridiscusso in sede di omologazione o riesaminato in caso di successivo fallimento ed alla luce dei generali princìpi previsti dal medesimo art. 111, comma 2, legge fall Il mancato riconoscimento del carattere prededucibile del credito non impediva, quindi, che la decisione venisse il riesaminate in sede di ammissione al passivo secondo i generali canoni suddetti. La Suprema Corte rileva come ormai da tempo ha intrapreso un percorso evolutivo nella propria giurisprudenza volto ad affrancare la categoria dei crediti prededucibili, in ragione del loro carattere funzionale, dal presupposto di un controllo giudiziale sulla loro utilità. In questa prospettiva interpretativa è stato sottolineato che anche ai crediti sorti anteriormente all'inizio della procedura di concordato preventivo, non occasionati dallo svolgimento della stessa procedura, può riconoscersi la prededucibilità ove sia applicabile il criterio richiamato dall'art. 111, comma 2, legge fall., cioè quello della funzionalità o strumentalità delle attività professionali da cui i crediti hanno origine rispetto alla procedura concorsuale. Ciò in ragione della evidente ratio della norma, individuabile nell'intento di favorire il ricorso alla procedura di concordato preventivo, nel quadro della riforma di tale procedura, diretta a predisporre un possibile strumento di composizione della crisi. D'altro canto in altre pronunce la Suprema Corte ha precisato che il disposto dell'art. 111, comma 2, legge fall. deve essere inteso, tenuto conto della ratio della riforma suddetta, a favorire la conservazione dei valori aziendali nel senso che il credito sorto in funzione di una procedura concorsuale, senza dubbio anche quello sorto per ottenere la prestazione di servizi strumentali all'accesso alle procedure concorsuali, qual è l'attività prestata in favore dell'imprenditore poi dichiarato fallito in funzione della ammissione del medesimo alla procedura di concordato preventivo, non rilevando la natura concorsuale del credito stesso, per essere sorto in un periodo anteriore al fallimento. Prova di tale ragionamento è che l'art. 182- quater , comma 2, legge fall. individua come crediti prededucibili anche i crediti sorti prima dell'apertura della procedura in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, rimanendo così confermato il significato dell'enunciato che richiama il concetto di servizi strumentali” all'accesso alle procedure concorsuali e della possibilità di intendere l'enunciato strumentale a” come sinonimo di funzionale”. In conclusione. La verifica del nesso di funzionalità e/o strumentalità deve essere compiuta controllando se l'attività professionale prestata possa essere ricondotta nell'alveo della procedura concorsuale minore e delle finalità dalla stessa perseguite secondo un giudizio ex ante , non potendo l'evoluzione fallimentare della vicenda concorsuale, di per sé sola e pena la frustrazione dell'obiettivo della norma, escludere il ricorso all'istituto. E, secondo l'esemplificazione della Suprema Corte in altri casi, la funzionalità si deve ravvisare quando le prestazioni compiute dal terzo, per il momento ed il modo con cui sono state assunte in un rapporto obbligatorio con il debitore, confluiscono nel disegno di risanamento da quest'ultimo predisposto in modo da rientrare in una complessiva causa economico-organizzativa, almeno preparatoria, di una procedura concorsuale, a meno che non risulti dimostrato il carattere sovrabbondante oppure superfluo rispetto all'iniziativa assunta. Nessuna verifica deve, invece, essere compiuta, ove alla procedura minore consegue il fallimento, in ordine al conseguimento di una utilità in concreto per la massa dei creditori, concetto che non può essere confuso o sovrapposto a quello di funzionalità. Dunque, la collocazione in prededuzione ex art. 111, comma 2, legge fall. costituisce una eccezione al principio della par condicio che intende favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi di impresa e rimane soggetta alla verifica delle sole condizioni previste dalla norma in parola. L'utilità concreta per la massa dei creditori, a prescindere dal fatto che l'accesso alla procedura di concordato preventivo costituisce di per sé un vantaggio per i creditori ove si tenga conto degli effetti della consecuzione delle procedure, tra cui la cristallizzazione della massa e la retrodatazione del periodo sospetto ai fini dell'esperimento della revocatoria fallimentare, non rientra invece nei requisiti richiesti né nelle finalità perseguite dalla norma in questione e, quindi, non deve essere in alcun modo indagata. Per questo, non vi è alcun dubbio che il credito del professionista che abbia predisposto la attestazione ex art. 161, comma 3, legge fall. rientri tra i crediti sorti in funzione di quest'ultima procedura e, come tale, a norma dell'art. 111, comma 2, legge fall. vada soddisfatti in prededuzione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 27 febbraio – 16 maggio 2018, n. 12017 Presidente Didone – Relatore Pazzi Fatto e diritto Rilevato che 1. il Giudice delegato al fallimento di sr.l. in liquidazione, con provvedimento del 3 agosto 2012, ammetteva al passivo della procedura il credito vantato dal Dott. P.M. , il quale aveva curato la predisposizione della relazione di cui all’art. 161, comma 3, legge fall., in privilegio ex art. 2751 bis n. 2 cod. civ. rispetto a onorari e oneri previdenziali e per il resto in chirografo, escludendo la natura prededucibile dello stesso. 2. Con decreto in data 20 dicembre 2012 il Tribunale di Casale Monferrato, in riforma della statuizione del Giudice delegato, disponeva l’ammissione del credito del ricorrente in prededuzione ex art. 182-quater legge fall. dopo aver sottolineato che la relazione dell’attestatore, imprescindibile per l’apertura del concordato, era stata valutata come idonea e conforme ai principi di legge al momento dell’apertura della procedura concordataria una simile valutazione rendeva poi irrilevante, ai fini della collocazione in prededuzione del credito, il fatto che l’ammissione fosse stata in seguito revocata a causa del mancato versamento della cauzione fissata all’interno del decreto di apertura. 3. Ha proposto ricorso per cassazione contro tale pronuncia il fallimento s.r.l. in liquidazione, onde far valere tre motivi di impugnazione. Ha resistito con controricorso il Dott. P.M. proponendo anche ricorso incidentale. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, ex art. 380 bis.1 c.p.c., con cui ha sollecitato il rigetto del ricorso principale. Considerato che 3. il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 111, comma 2, e 182-quater legge fall. con riferimento all’art. 12 delle preleggi e all’art. 161, comma 3, legge fall., sia perché il decreto di apertura nulla prevedeva in ordine alla collocazione in prededuzione delle spese dell’attestatore, sia perché la funzionalità alla procedura si identificava nel concetto di effettiva utilità per la massa concorsuale e non con l’imprescindibilità dell’attestazione per l’apertura del procedimento. Il secondo mezzo lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 161, comma 3, 162 e 163 legge fall. con riferimento agli artt. 111, comma 2, e 182-quater legge fall. e 12 delle preleggi in tesi di parte ricorrente il Tribunale aveva erroneamente ritenuto che la valutazione di ammissibilità della domanda si fondasse anche sull’idoneità e sulla conformità ai principi di legge della relazione attestatrice, in quanto la verifica a cui il Tribunale era chiamato in sede di apertura della procedura consisteva in una mera valutazione di non manifesta inadeguatezza prima facie della relazione del professionista e non si estendeva certo alla sua utilità per la massa dei creditori, aspetto che solo lo sviluppo della procedura avrebbe consentito di apprezzare. Con il terzo motivo la sentenza impugnata è censurata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., poiché il collegio dell’opposizione aveva omesso di esaminare fatti e documenti decisivi al fine del disconoscimento della prededucibilità, costituiti dalla relazione dell’attestatore, dalla relazione ex art. 173 l. fall. dei commissari giudiziali, dalla relazione ex art. 33 l. fall. dei curatori fallimentari e dalla successiva integrazione, dalla scheda elenco clienti della compagine fallita, dalle risultanze di apertura del bilancio 2008 e dalle chiusure dei bilanci 2008 e 2009 questi documenti, ove esaminati, avrebbero evidenziato l’errata attestazione effettuata dal Dott. P. in ordine alle rimanenze aziendali e ai crediti, dimostrando così l’assenza di alcuna utilità della prestazione per la massa dei creditori e la sua evidente inidoneità rispetto allo scopo che la stessa doveva perseguire. 4. Il controricorrente ha denunciato in via incidentale, per quanto occorrer possa, la violazione dell’art. 111 legge fall. e la falsa applicazione dell’art. 182-quater legge fall. in quanto il Tribunale aveva disposto l’ammissione al passivo del suo credito ai sensi di quest’ ultima norma anziché, come da lui richiesto, ex art. 111, comma 2, legge fall 5. I primi due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, sono infondati. 5.1 Il decreto impugnato attiene al credito di un professionista che aveva predisposto l’attestazione di cui all’art. 161, comma 3, legge fall. per un concordato presentato nel vigore dell’art. 182-quater, comma 4, l. fall., a mente del quale il carattere prededucibile del credito vantato dall’attestatore era condizionato a una espressa disposizione in tal senso all’interno del provvedimento con cui era accolta la domanda di ammissione al concordato preventivo. È pacifico fra le parti che questa disposizione non fosse stata adottata all’interno del concordato di apertura il che tuttavia non significa che per questo solo fatto possa essere negata la prededucibilità del credito in questione. Infatti, mentre il provvedimento adottato ai sensi dell’art. 184-quater, comma 4, legge fall. oramai abrogato costituiva un caso in cui la prededuzione era prevista espressamente dalla legge ai sensi dell’art. 111, comma 2, legge fall., la valutazione negativa formulata al medesimo riguardo in sede di ammissione del concordato ben poteva essere ridiscussa in sede di omologazione o riesaminata in caso di successivo fallimento alla luce dei generali principi previsti dal medesimo art. 111, comma 2, legge fall Il mancato riconoscimento del carattere prededucibile del credito non impediva quindi che la decisione venisse riesaminata in sede di ammissione al passivo secondo i generali canoni di cui all’art. 111, comma 2, l. fall 5.2 La giurisprudenza di questa Corte ha oramai da tempo intrapreso un percorso evolutivo volto ad affrancare la categoria dei crediti prededucibili in ragione del loro carattere funzionale dal presupposto di un controllo giudiziale sulla loro utilità. In questa prospettiva interpretativa è stato dapprima sottolineato Cass. n. 5098/2014 che anche ai crediti sorti anteriormente all’inizio della procedura di concordato preventivo, non occasionati dallo svolgimento della medesima procedura, può riconoscersi la prededucibilità ove sia applicabile il secondo criterio richiamato dall’art. 111, comma 2, legge fall., quello cioè della funzionalità, o strumentalità, delle attività professionali da cui i crediti hanno origine rispetto alla procedura concorsuale ciò in ragione della evidente ratio della norma, individuabile nell’intento di favorire il ricorso alla procedura di concordato preventivo, nel quadro della riforma di tale procedura, diretta a predisporre un possibile strumento di composizione della crisi idonea a favorire la conservazione dei valori aziendali. Atteso che la medesima ratio sta alla base del disposto dell’art. 67, lett. g , legge fall. che sottrae alla revocatoria fallimentare i pagamenti dei debiti liquidi ed esigibili eseguiti dall’imprenditore per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso alla procedura di concordato preventivo , si è di conseguenza ritenuto che il nesso funzionale che, in caso di mancato pagamento, giustifica la prededucibilità dei crediti derivanti dalle prestazioni stesse, pur se sorti prima dell’inizio della procedura, sia ravvisabile nella strumentalità di queste prestazioni rispetto all’accesso alla procedura concorsuale minore. È stato in seguito precisato Cass. n. 6031/2014 che il disposto dell’art. 111, comma 2, legge fall. deve essere inteso, tenuto conto della ratio della riforma volta a incentivare gli strumenti di composizione della crisi e a favorire la conservazione dei valori aziendali, nel senso che il credito sorto in funzione di una procedura concorsuale è senza dubbio anche quello sorto per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali ex art. 67, lett. g , legge fall., quale l’attività prestata in favore dell’imprenditore poi dichiarato fallito in funzione dell’ammissione del medesimo alla procedura di concordato preventivo, non rilevando la natura concorsuale del credito stesso, per essere sorto in periodo anteriore al fallimento prova ne sia che l’art. 182-quater, comma 2, legge fall. individua come crediti prededucibili anche i crediti sorti prima dell’apertura della procedura in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo , rimanendo così confermato il significato dell’enunciato in funzione , che richiama il concetto di servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali utilizzato dall’art. 67, lett. g , legge fall., e della possibilità di intendere l’enunciato strumentale a come sinonimo di funzionale valutazione condivisa da Cass. n. 19013/2014 . Dunque secondo l’orientamento sopra riassunto i crediti sorti a seguito delle prestazioni rese in favore dell’imprenditore per la redazione della domanda di concordato preventivo e per la relativa assistenza rientrano fra quelli da soddisfarsi in prededuzione ai sensi dell’art. 111, comma 2, legge fall. poiché questa norma individua un precetto di carattere generale, privo di restrizioni, che, per favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d’impresa, introduce un’ eccezione al principio della par condicio creditorum, estendendo in caso di fallimento la preducibilità a tutti i crediti sorti in funzione di precedenti procedure concorsuali Cass. n. 1765/2015 . In altri termini la verifica del nesso di funzionalità/strumentalità deve essere compiuta controllando se l’attività professionale prestata possa essere ricondotta nell’alveo della procedura concorsuale minore e delle finalità dalla stessa perseguite secondo un giudizio ex ante, non potendo l’evoluzione fallimentare della vicenda concorsuale, di per sé sola e pena la frustrazione dell’obiettivo della norma, escludere il ricorso all’istituto. Dunque - secondo l’esemplificazione fatta da Cass. n. 280/2017 - la funzionalità è ravvisabile quando le prestazioni compiute dal terzo, per il momento ed il modo con cui sono state assunte in un rapporto obbligatorio con il debitore, confluiscano nel disegno di risanamento da quest’ ultimo predisposto in modo da rientrare in una complessiva causa economico-organizzativa almeno preparatoria di una procedura concorsuale, a meno che non ne risulti dimostrato il carattere sovrabbondante o superfluo rispetto all’iniziativa assunta. Nessuna verifica deve invece essere compiuta, ove alla procedura minore consegua il fallimento, in ordine al conseguimento di un’ utilità in concreto per la massa dei creditori, concetto che non può essere confuso o sovrapposto a quello di funzionalità. La collocazione in prededuzione prevista dall’art. 111, comma 2, legge fall. costituisce infatti, come detto, un’eccezione al principio della par condicio che intende favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d’impresa e rimane soggetta alla verifica delle sole condizioni previste dalla norma in parola. L’utilità concreta per la massa dei creditori - a prescindere dal fatto che l’accesso alla procedura di concordato preventivo costituisce di per sé un vantaggio per i creditori ove si tenga conto degli effetti della consecuzione delle procedure, tra cui la cristallizzazione della massa e la retrodatazione del periodo sospetto ai fini dell’esperimento della revocatoria fallimentare, come ha ricordato Cass. n. 6031/2014 - non rientra invece nei requisiti richiesti e nelle finalità perseguite dalla norma in questione e non deve perciò essere in alcun modo indagata Cass. n. 1182/2018 . Non vi è dubbio quindi che il credito del professionista che abbia predisposto l’attestazione prevista dall’art. 161, comma 3, legge fall. rientri tra i crediti sorti in funzione di quest’ ultima procedura e, come tale, a norma dell’art. 111, comma 2, legge fall., vada soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento, senza che, ai fini di tale collocazione, debba essere accertato, con valutazione ex post, che la prestazione resa sia stata concretamente utile per la massa in ragione dei risultati raggiunti. A questi principi si è correttamente ispirato il Tribunale laddove ha ritenuto - in sostanziale applicazione del disposto dell’art. 111 l. fall. malgrado l’erroneo richiamo all’art. 182-quater l. fall. contenuto nel dispositivo - che l’attività professionale prestata dall’odierno controricorrente avesse fornito un supporto imprescindibile per l’apertura della procedura e potesse quindi essere ricondotta, secondo una valutazione ex ante, nell’alveo della procedura concorsuale minore e delle finalità dalla stessa perseguite, a prescindere dal successivo esito della stessa. 6. L’ultimo motivo di ricorso risulta inammissibile stante il carattere non decisivo del fatto storico di cui si denuncia il mancato esame. La doglianza è tesa a lamentare la mancata valutazione di un fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dall’erroneità dell’attestazione effettuata dal Dott. P. in ordine a rimanenze aziendali e ai crediti esigibili. Una simile valutazione tuttavia non è affatto funzionale alla collocazione in prededuzione del credito in questione, da riconoscersi, come detto in precedenza, in ragione della funzionalità dell’opera professionale prestata agli intenti risanatori perseguiti dall’imprenditore. Rimaneva invece preclusa al giudice di merito ogni valutazione circa le concrete modalità con cui il mandato professionale era stato adempiuto. In vero il curatore, ove avesse inteso eccepire l’inesatto adempimento della prestazione compiuta dall’attestatore, era tenuto a proporre impugnazione nel termine di rito avverso l’ammissione al passivo disposta dal G.D., seppur in parziale accoglimento della domanda di insinuazione risultano perciò irrilevanti le deduzioni che avrebbero giustificato un’ eccezione di adempimento, che peraltro nel caso di specie non era stata neppure sollevata. 7. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto respinto. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. 8. Il ricorso incidentale non deve invece essere esaminato, risultando assorbito dalla reiezione del ricorso principale. Il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito che investa questioni preliminari di merito o pregiudiziali di rito quale, nella specie, l’inesatta qualificazione della domanda ha infatti natura di ricorso condizionato all’accoglimento del ricorso principale, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, sicché, laddove le medesime questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito siano state oggetto di decisione implicita stante la sostanziale applicazione del disposto dell’art. 111 legge fall. da parte del giudice di merito, tale ricorso incidentale deve esaminato dalla Corte solo in presenza dell’attualità dell’interesse, ovvero unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale Cass., Sez. U, n. 7381/2013 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.