Gli atti costitutivi di diritti di prelazione per debiti contestualmente creati sono revocabili?

Il decisum in commento affronta la vexata quaestio delle garanzie per debiti contestualmente creati. Nello specifico, si tratta di stabilire se, in tema di revocatoria fallimentare, gli atti costitutivi di titoli di prelazione per debiti preesistenti non scaduti siano inefficaci, o meno, anche in presenza di debiti contestualmente creati nei confronti del titolare della garanzia.

E, i Giudici della I sez. Civile di piazza Cavour, con la sentenza n. 27830/17, depositata il 22 novembre, conformandosi ad un consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità v., tra le ultime Cass., 1745/08 , precisano che in tema di revocatoria fallimentare, gli atti costitutivi di titoli di prelazione per debiti preesistenti non scaduti, sono inefficaci ai sensi dell’art. 67, comma 1, n. 3 , l. fall., anche in presenza di altri debiti preesistenti e già scaduti ovvero contestualmente creati nei confronti del titolare della garanzia, restando l’atto pregiudizievole comunque inopponibile alla massa dei creditori per l’intera esposizione debitoria garantita. Il fatto. La Corte d’Appello di Catania, con sentenza depositata il 22 dicembre 2011, accogliendo l’appello della Beta s.r.l., in amministrazione straordinaria, nel giudizio di opposizione allo stato passivo della stessa procedura proposto dall’istituto di credito Gamma s.p.a., in liquidazione coatta amministrativa, dichiarò inefficace, ai sensi dell’art. 67, comma 1, n. 3 , l. fall., l’ipoteca concessa dalla società poi ammessa all’amministrazione straordinaria, ammettendo la banca al concorso con il grado chirografario per i crediti vantati in forza dei mutui fondiari erogati compensò poi nella misura della metà le spese del primo grado, condannando la Gamma s.p.a. alla rifusione della restante metà di quelle ivi sostenute da Beta e per intero delle spese dell’appello. In particolare, la Corte territoriale, ritenuta l’esistenza di debiti preesistenti non scaduti della mutuataria e non dimostrata la inscentia decoctionis della Gamma, dichiarò inefficace l’ipoteca iscritta a suo favore. Avverso la detta sentenza della Corte d’Appello di Catania l’istituto di credito de quo ha proposto ricorso in Cassazione, facendo valere cinque distinti motivi di gravame, cui ha resistito la Beta s.r.l. con controricorso. In particolare, per quanto qui ci occupa, – osservano gli Ermellini – l’ipoteca oggetto di lite fu costituita a garanzia delle esposizioni debitorie analiticamente elencate nella convenzione interbancaria stipulata il 9 febbraio 1995 tra un pool di banche compresa la Gamma e le società che costituivano il c.d. gruppo Alfa – tra le quali rientrava anche la Beta -, in forza della quale venne prevista non solo l’erogazione in favore delle società del detto gruppo di nuove linee di credito ma anche il consolidamento delle esposizioni debitorie già in essere per mutui e scoperti di conto corrente. La circostanza che l’ipoteca iscritta fosse riferita anche ad eventuali debiti scaduti ed immediatamente esigibili, ovvero contestualmente creati, non esclude allora che quella medesima garanzia sia stata accesa anche per i debiti preesistenti, ancorché al momento della sua costituzione non più immediatamente esigibili. Pertanto, una volta che l’atto astrattamente pregiudizievole nella specie consistente nella costituzione di ipoteca volontaria , risulti intervenuto nel biennio sospetto in presenza di una pluralità di debiti, tra i quali solo taluni preesistenti e non esigibili da parte del creditore garantito, ne discende la sua integrale inefficacia nei confronti della massa dei creditori fallimentari, non essendo consentita nell’ambito del sistema concorsuale una inopponibilità alla massa dell’atto che viola la par condicio creditorum solo parziale, in relazione cioè a taluni tra i crediti concorrenti e non ad altri. E, dunque, la Suprema Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità. La revocatoria fallimentare delle garanzie nella disciplina ante riforma l. 80/2005 . Il comma 1 dell’art. 67 ai numeri 3 e 4 ante novella assoggetta a revocatoria, rispettivamente, i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti elencazione, peraltro, ritenuta non tassativa, potendo essere assoggettate a revocatoria anche garanzie atipiche. La graduazione dell'incisività della tutela dei creditori garantiti è correlata esclusivamente al momento in cui viene costituita la garanzia rispetto al credito garantito maggiore tutela a chi ha ricevuto la garanzia contestualmente al sorgere del credito, con onere della prova della scientia decoctionis a carico del curatore minore tutela a chi ha ricevuto la garanzia per un credito preesistente scaduto, con onere della prova della inscientia decoctionis a carico del creditore art. 67, comma 1, n. 4 minore ancora a chi ha ricevuto la garanzia per un debito preesistente non ancora scaduto, nel qual caso vige lo stesso criterio presuntivo probatorio ma il periodo sospetto si estende al biennio e non all'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento art. 67, comma 1, n. 3 . In realtà, anche in tema di garanzie, il motivo che ha spinto il legislatore ad attuare una maggiore o minore tutela al creditore garantito è quello comune in tema di revocatoria, e cioè la maggiore o minore normalità” dell'atto compiuto oggetto di revoca, quale rilevatore della sussistenza e della conoscenza dello stato di insolvenza. E' questo principio che spiega perché la concessione della garanzia contestualmente alla concessione del credito subisca un trattamento più rigoroso sotto il profilo revocatorio perché essa è indice di una normalità operativa, nell'ambito della normale cautela di chi intenda adeguare le condizioni di rischio alle situazioni personali e patrimoniali del debitore. Dalla normalità di tale operazione non può, quindi, derivare alcuna presunzione di conoscenza da parte del creditore della situazione di insolvenza del debitore che, pertanto, deve essere oggetto dell'onere probatorio posto a carico del curatore, giusto il disposto del comma 2 dell'art. 67. Una consolidata giurisprudenza v. Cass. 264/1968 , richiamata nel decisum in rassegna, già aveva evidenziato che la richiesta di una garanzia per un debito contestuale rientra nella normale prudenza e non costituisce indice di quella conoscenza dello stato di insolvenza, sulla quale si fonda invece la presunzione di frode posta dal comma 1 dell’art. 67 l. fall La richiesta del creditore di un rafforzamento della garanzia generica nel corso del rapporto di credito già precostituito. È sintomatica di una situazione di crisi e della conoscenza della stessa perché significa che le originarie condizioni di rischio, liberamente accettate nel concedere il credito, hanno subito un peggioramento, tanto che il creditore è disposto a continuare il rapporto solo a fronte di una copertura del rischio. La sistematicità dell'insolvenza espressa dalla richiesta di garanzia per crediti preesistenti alla garanzia stessa, giustifica la presunzione agevolativa della prova inerente alle fattispecie revocatorie del comma 1 dell'art. 67. Nell'ambito di queste fattispecie, già individuate dalla non contestualità della garanzia, è ancora la rilevanza sintomatica del comportamento che giustifica la diversa regolamentazione dei num. 3 e 4, perché diverso è il valore che assume l'acquisizione della garanzia a seconda che avvenga in presenza dell'inadempimento del debitore o no in questo traducendosi il riferimento all'avvenuta scadenza o non dei crediti preesistenti al momento della costituzione della garanzia, che distingue le due ipotesi normative richiamate . E' indubbia, infatti, la maggiore sospettabilità del comportamento del creditore che richieda la garanzia per un credito preesistente non ancora scaduto, prima, cioè, che si manifesti l'inadempimento, perché vuol dire che vi sono stati dei segnali di allarme sulla realizzabilità del credito e questa situazione di maggior sfavore per il creditore si è tradotta, sul piano normativo, nell'estensione a due anni del periodo sospetto. Gli atti costitutivi di un diritto di prelazione per debiti contestualmente creati sono assoggettati a revocatoria. Va ricordato che la contestualità non è intesa in senso meramente cronologico formale, ma in senso logico. L'espressione adoperata dall'art. 67, comma 2, l. fall. secondo cui sono revocabili, fra l'altro, gli atti costitutivi di un diritto di prelazione per debiti contestualmente creati , si riferisce al caso in cui il diritto di prelazione sorga come effetto giuridico di un atto negoziale diretto a crearlo e, quindi, esclusivamente come effetto di una dichiarazione di volontà delle parti e non per diretta volontà della legge, come avviene per le ipoteche ed i privilegi legali, per i quali il creditore ha diritto alla prelazione sin dal momento in cui sorge il suo credito ed in virtù di una valutazione legale relativa alla causa, mentre l'attività del creditore diretta alla trascrizione del titolo ha il solo scopo di rendere opponibile il privilegio agli altri creditori. Peraltro, come precisa la Suprema Corte v. Cass. 2610/2010 l’inserimento nel testo dell’art. 67, comma 2, da parte del d. l. n. 35/2005, art. 2, comma 1 dell’inciso anche di terzi tra le parole e quelli costitutivi di diritti di prelazione per debiti e le parole contestualmente creati che, anche per la revocatoria fallimentare ha esplicitamente equiparato agli atti a titolo oneroso le garanzie contestuali per debiti altrui []. E, come viene chiarito dal caso in rassegna, in tema di revocatoria fallimentare, gli atti costitutivi di titoli di prelazione per debiti preesistenti non scaduti sono inefficaci anche nei confronti di debiti contestualmente creati nei confronti del titolare della garanzia. La revocatoria della garanzia degrada a rango chirografario il credito a tutela del quale era stata erogata. E’ pacifico che nel periodo sospetto”, annuale o biennale, deve intervenire la costituzione della garanzia, indipendentemente dalla data, eventualmente diversa, della sua concessione posto che l'ipoteca volontaria si ha per costituita con l'iscrizione nei registri immobiliari, e non invece con l'atto di concessione, il quale ha efficacia solo inter partes e non fa sorgere la prelazione, e che al momento dell'iscrizione ipotecaria deve pure farsi riferimento per l'accertamento della scientia decoctionis nonché dalla preesistenza e scadenza del credito. La revocatoria della garanzia, che può essere esercitata anche per ottenere la declaratoria di inefficacia dei titoli di prelazione costituiti dal debitore per garantire debiti altrui, non comporta la revoca del credito a tutela del quale la garanzia stessa è stata erogata, che sarà degradato a rango chirografario. E, nel caso di specie, la banca difatti viene ammessa al concorso con il grado chirografario per i crediti vantati in forza dei mutui fondiari erogati.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 28 settembre – 22 novembre 2017, n. 27830 Presidente Ambrosio – Relatore Fichera Fatti di causa La Corte d’appello di Catania, con sentenza depositata il 22 dicembre 2011, accogliendo l’appello della Proter Produzioni Tecniche Riunite s.r.l., in amministrazione straordinaria di seguito breviter Proter , nel giudizio di opposizione allo stato passivo della stessa procedura proposto dalla Sicilcassa s.p.a., in liquidazione coatta amministrativa in prosieguo solo Sicilcassa , dichiarò inefficace, ex art. 67, primo comma, n. 3 , l.fall., l’ipoteca concessa dalla società poi ammessa all’amministrazione straordinaria, ammettendo la banca al concorso con il grado chirografario per i crediti vantati in forza dei mutui fondiari erogati compensò poi nella misura della metà le spese del primo grado, condannando Sicilcassa alla rifusione della restante metà di quelle ivi sostenute da Proter e per intero delle spese dell’appello. Ritenne il giudice di merito, anzitutto, che l’appello fosse fondato in relazione alla decisione di primo grado che aveva senz’altro respinto, per difetto di tempestiva indicazione degli elementi di fatto, la domanda riconvenzionale spiccata dalla Proter tesa ad ottenere la revocatoria dell’ipoteca volontaria pronunciando quindi sulla detta domanda riconvenzionale, la corte catanese, ritenuta l’esistenza di debiti preesistenti non scaduti della mutuataria e non dimostrata la inscentia decoctionis della Sicilcassa, dichiarò inefficace l’ipoteca iscritta in suo favore. Avverso la detta sentenza della corte d’appello, Sicilcassa ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi Proter ha depositato controricorso. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c. Ragioni della decisione 1. Preliminarmente va dato atto che Sicilcassa ha depositato, in data 17 ottobre 2016, un ricorso in riassunzione ex art. 303 c.p.c. , in seno al quale allega che con decreto del Tribunale di Catania depositato il 19 luglio 2016, la procedura di amministrazione straordinaria della Proter s.r.l. è stata convertita in fallimento, invocando in conseguenza di ciò l’adozione dei provvedimenti necessari. Osserva tuttavia la Corte che deve escludersi la necessità di adottare provvedimento alcuno, in quanto per orientamento consolidato la dichiarazione di fallimento di una delle parti non integra una causa di interruzione del giudizio in sede di legittimità, posto che in quest’ultimo opera il principio dell’impulso d’ufficio e non trovano, pertanto, applicazione le comuni cause di interruzione del processo contemplate in via generale dalla legge Cass. 23/03/2017, n. 7477 . 2. Con il primo motivo Sicilcassa deduce violazione degli artt. 112, 161, 163 e 342 c.p.c., nonché vizio di motivazione, ex art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c., poiché la corte d’appello erroneamente non ha rilevato la nullità dell’atto di appello proposto da Proter per difetto di specificità, esaminando domande ed eccezioni nuove formulate per la prima volta soltanto con la comparsa conclusionale. Con il secondo motivo lamenta violazione degli artt. 112 e 183, comma quinto, c.p.c., nonché vizio di motivazione, ex art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c., per avere il giudice di merito ritenuto ammissibile la domanda riconvenzionale spiccata dalla Proter, in violazione del sistema delle preclusioni processuali in ordine ai fatti costitutivi rilevanti della stessa. Con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 67, comma primo, n. 3 l.fall., nonché vizio di motivazione, ex art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c., avendo il giudice d’appello ritenuto i debiti della Proter nei confronti della Sicilcassa preesistenti e non scaduti, pure in difetto di idonea prova, ed erroneamente affermato che la banca non avesse dimostrato la propria inscientia decoctionis. Con il quarto motivo lamenta violazione degli artt. 2808, 2809, 2838 e 2855 c.c., degli artt. 115, 116 e 132, n. 4 c.p.c., nonché vizio di motivazione, ex art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c., poiché la corte d’appello, una volta accertato che la garanzia era stata costituita anche per debiti contestualmente creati, avrebbe dovuto escludere la revocabilità della stessa limitatamente ai detti debiti. Con il quinto mezzo eccepisce la violazione dell’art. 91 c.p.c., nonché vizio di motivazione, ex art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c., lamentando l’erronea parziale compensazione tra le parti delle spese del primo grado e la condanna al pagamento di quelle sostenute dalla Proter in appello. 3. Il primo motivo è infondato. Com’è noto, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, nel giudizio di appello - che non è un novum iudicium - la cognizione del giudice resta circoscritta alle questioni dedotte dall’appellante attraverso specifici motivi e tale specificità esige che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime, non essendo le statuizioni di una sentenza separabili dalle argomentazioni che le sorreggono. Ne consegue che, nell’atto di appello, ossia nell’atto che, fissando i limiti della controversia in sede di gravame consuma il diritto potestativo di impugnazione, alla parte volitiva deve sempre accompagnarsi, a pena di inammissibilità del gravame, rilevabile d’ufficio e non sanabile per effetto dell’attività difensiva della controparte, una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, al qual fine non è sufficiente che l’atto di appello consenta di individuare le statuizioni concretamente impugnate, ma è altresì necessario, pur quando la sentenza di primo grado sia censurata nella sua interezza, che le ragioni sulle quali si fonda il gravame siano esposte con sufficiente grado di specificità da correlare, peraltro, con la motivazione della sentenza impugnata Cass. 27/09/2016, n. 18932 Cass. 27/01/2014, n. 1651 Cass. 13/04/2010, n. 8771 Cass. 18/04/2007, n. 9244 . Nella vicenda in esame la mera lettura dell’atto di appello formulato dalla Proter, consente di addivenire alla conclusione che le ragioni di doglianza dell’appellante siano state esposte in maniera sufficientemente specifica, dovendosi escludere che attraverso la comparsa conclusionale siano stati in qualche modo integrati gli originari motivi o addirittura proposti di nuovi del resto dalla lettura della sentenza di appello non risulta che la stessa Sicilcassa ebbe mai a dolersi, nel corso del giudizio, di una presunta inammissibilità del gravame proposto. 4. Il secondo motivo è infondato. Va premesso che l’art. 183 c.p.c., nel testo, applicabile ratione temporis, introdotto dalla legge 26 novembre 1990, n. 353, prima della novella risalente al d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, al quarto comma, consentiva all’attore, entro la prima udienza di trattazione, di proporre le eccezioni e le domande che siano conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni formulate dal convenuto, mentre permetteva alle parti, nel termine di cui al successivo quinto comma, solo la precisazione e la modificazione delle domande, eccezioni e conclusioni già proposte, ma non la proposizione di ulteriori e diverse eccezioni e domande. Peraltro, come di recente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 c.p.c., può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa petitum e causa petendi , sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali Cass. s.u. 15/06/2015, n. 12310 . Ne consegue la sicura ammissibilità della modifica, fino al deposito della memoria ex art. 183, ultimo comma, c.p.c. dell’originaria domanda formulata anche in relazione ad uno o più dei c.d. fatti principali , cioè di quei fatti costitutivi, modificativi, impeditivi o estintivi della pretesa dedotta in giudizio restano invece precluse quelle modificazioni della domanda e delle eccezioni già proposte, che intervengano successivamente alla scadenza dei termini per il deposito delle memorie ex art. 183 c.p.c., quando esse possano determinare in concreto, attraverso l’allegazione di nuovi fatti principali, una modifica del petitum o della causa petendi. Al contrario, per i c.d. fatti secondari , vale a dire per tutti quegli elementi fattuali dedotti in funzione di prova determinante di una circostanza principale, essendo all’evidenza inidonei a modificare il petitum o la causa petendi, non valgono le cennate preclusioni, potendo fare ingresso nel processo fino alla scadenza dei termini previsti per le istanze istruttorie e, dunque, nel regime previgente alla riforma del 2005, almeno fino al deposito delle memorie ex art. 184, primo comma, c.p.c. Nella vicenda che ci occupa, allora, come correttamente rilevato dalla corte d’appello, Proter articolò la domanda riconvenzionale nella comparsa di risposta in maniera sufficientemente chiara, deducendo sia il petitum la declaratoria di inefficacia dell’ipoteca posta a fondamento dell’invocato rango privilegiato , sia la causa petendi con l’indicazione dei fatti principali costituivi della pretesa cioè la revocabilità delle garanzie concesse per debiti preesistenti non scaduti in forza dell’art. 67, comma primo, n. 3 , l.fall., ovvero, con la consapevolezza del pregiudizio alle ragioni dei creditori, ai sensi dell’art. 2901 c.c. . Devono invece ritenersi alla stregua di fatti secondari, tesi a dimostrare i fatti principali, quelli allegati dall’attrice in riconvenzionale per dimostrare la fondatezza della domanda soltanto con la memoria ex art. 184 c.p.c. tutti sostanzialmente tesi a provare, da un lato, la presenza di debiti preesistenti non scaduti e, dall’altro, l’elemento soggettivo nella revocatoria ordinaria , come tali di certo idonei a contribuire alla formazione del thema probandum ma non ad integrare il thema decidendum, restando così sottratti alle preclusioni di cui al ridetto art. 183, ultimo comma, c.p.c 5. Il terzo e il quarto motivo, da esaminare congiuntamente attesa l’evidente connessione, sono entrambi privi di fondamento. Avuto riguardo all’eccezione sollevata nella memoria ex art. 378 c.p.c. dalla Sicilcassa, va anzitutto escluso che sui fatti oggetto dell’odierno processo sia intervenuto giudicato esterno favorevole alla predetta, per effetto del passaggio in cosa giudicata di altra sentenza resa dalla corte d’appello di Catania, per la decisiva ed assorbente considerazione che la detta decisione - come affermato dalla medesima ricorrente -, risulta essere stata pronunciata tra la Sicilcassa e altro soggetto giuridico la FIN.IT. s.p.a. diverso dalla odierna controricorrente. Orbene, la corte d’appello ha ritenuto revocabile ex art. 67, comma primo, n 3 , l.fall. - nel testo applicabile ratione temporis precedente alla riforma introdotta dal cennato d.l. 14 marzo 2005, n. 35 - il rogito concluso in data 1.3.1995, in forza del quale la Proter in bonis concesse ipoteca volontaria sui propri beni in favore della Sicilcassa, trattandosi di garanzia costituita nel biennio anteriore alla dichiarazione dello stato di insolvenza della debitrice. Al riguardo, va osservato che nel caso di atti costitutivi di garanzie reali, ai sensi dell’originaria disciplina della legge fallimentare del 42, la revocatoria delle ipoteche iscritte nel biennio anteriore alla dichiarazione di fallimento, restava consentita purché esse fossero state costituite per debiti preesistenti non scaduti quando invece si fosse trattato di debiti scaduti , ai sensi dell’art. 67, primo comma, n 4 , l.fall., l’inefficacia restava astretta soltanto alle garanzie rilasciate entro l’arco temporale di un anno precedente la dichiarazione di fallimento, come pure nel caso di debiti contestualmente creati , per i quali veniva meno, altresì, ai sensi dell’art. 67, comma secondo, l.fall., la presunzione di conoscenza dello stato di insolvenza in capo al beneficiario della garanzia. Ora, la distinzione, ancora oggi presente nella legge fallimentare riformata, fra debiti preesistenti e debiti contestuali , ai fini della diversa disciplina stabilita, rispettivamente, nel primo e nel secondo comma dell’art. 67 l.fall., trova la sua ratio nel dato di comune esperienza in forza del quale la richiesta di una garanzia per un debito contestuale rientra nella normale prudenza e non costituisce indice di quella conoscenza dello stato di insolvenza, sulla quale si fonda invece la presunzione di frode posta dal primo comma del citato art. 67 l.fall. così già Cass. 27/01/1968, n. 264 . Come bene ha osservato la corte d’appello, nella vicenda che ci occupa l’ipoteca oggetto di lite fu costituita a garanzia delle esposizioni debitorie analiticamente elencate nella convenzione interbancaria stipulata il 9.2.1995 tra un pool di banche compresa la Sicilcassa e le società che costituivano il c.d. gruppo Costanzo tra le quali rientrava anche la Proter -, in forza della quale venne prevista non solo l’erogazione in favore delle società del detto gruppo di nuove linee di credito - riconducibili nell’ambito dei debiti contestualmente creati - ma anche il consolidamento delle esposizioni debitorie già in essere per mutui e scoperti di conto corrente, mediante la cristallizzazione del saldo debitorio complessivo alla data del 30.9.1994 - oltre interessi calcolati a decorrere dal 1.1.1994 -, e l’espressa previsione di un termine ultimo per il rimborso del detto saldo consolidato, oltre interessi convenzionali, entro la data del 31.12.1999. Dunque, non v’è da dubitare che accanto a debiti contestualmente creati , nella convenzione del 9.2.1995 vennero ricompresi anche debiti preesistenti e, tuttavia, per patto espresso, non ancora scaduti rectius esigibili alla data della stipula dell’ipoteca impugnata, essendo stata prevista una precisa dilazione dei tempi del programmato rimborso, alla stregua di quello che può definirsi un vero e proprio pactum de non petendo. La circostanza che l’ipoteca iscritta fosse riferita anche ad eventuali debiti scaduti ed immediatamente esigibili, ovvero contestualmente creati, non esclude allora che quella medesima garanzia sia stata accesa anche per debiti preesistenti, ancorché al momento della sua costituzione non più immediatamente esigibili, essendo stati assoggettati alle descritte operazioni di consolidamento . Né può dirsi che l’esistenza di una pluralità di debiti aventi diversa natura - taluni scaduti, altri non scaduti, altri ancora contestuali - garantiti dalla medesima garanzia reale, costituisca ostacolo alla sua revocabilità ai sensi del richiamato comma primo, n. 3 , dell’art. 67 l.fall., ove ne ricorrano le condizioni anche con riferimento ad uno solo dei debiti garantiti, perché com’è noto la garanzia opera per intero con riguardo a ciascuno dei debiti per cui è costituita Cass. 25/01/2008, n. 1745 . In altre parole, una volta che l’atto astrattamente pregiudizievole nella specie consistente nella costituzione di ipoteca volontaria , risulti intervenuto nel biennio sospetto in presenza di una pluralità di debiti, tra i quali solo taluni preesistenti e non esigibili da parte del creditore garantito, ne discende la sua integrale inefficacia nei confronti della massa dei creditori fallimentari, non essendo consentita nell’ambito del sistema concorsuale una inopponibilità alla massa dell’atto che viola la par condicio creditorum solo parziale, in relazione cioè a taluni tra i crediti concorrenti e non ad altri. Va allora affermato il seguente principio di diritto In tema di revocatoria fallimentare, gli atti costitutivi di titoli di prelazione per debiti preesistenti non scaduti, sono inefficaci ai sensi dell’art. 67, comma primo, n. 3 , l.fall., anche in presenza di altri debiti preesistenti e già scaduti ovvero contestualmente creati nei confronti del titolare della garanzia, restando l’atto pregiudizievole comunque inopponibile alla massa dei creditori per l’intera esposizione debitoria garantita . Inammissibili, infine, si mostrano tutte le doglianze avanzate da Sicilcassa in relazione all’elemento soggettivo della dichiarata revocatoria. Com’è noto, in tema di revocatoria fallimentare, alla luce della presunzione iuris tantum stabilita dall’art. 67, comma primo, l.fall., non spetta alla curatela dimostrare la conoscenza dello stato di insolvenza, ma spetta al convenuto in revocatoria fornire la prova della inscientia decoctionis, dimostrando la insussistenza, al momento dell’atto, di elementi rivelatori dello stato di insolvenza, ovvero la prova della ricorrenza di circostanze tali da indurre una persona di normale prudenza e avvedutezza a ritenere che l’impresa si trovasse in situazione di normale esercizio. È chiaro poi che la effettiva mancanza di conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo contraente può essere provata anche con indizi e fondata su elementi di fatto, purché idonei a fornire la prova per presunzioni di tale condizione soggettiva. Tuttavia la scelta degli elementi che costituiscono la base della presunzione ed il giudizio logico con cui dagli stessi si deduce l’esistenza del fatto ignoto costituiscono un apprezzamento di fatto che, se adeguatamente motivato, sfugge al controllo di legittimità Cass. 19/02/2015, n. 3336 . Orbene, assumendo che la corte d’appello abbia motivato in maniera insufficiente e contraddittoria gli elementi indiziari in atti, in realtà la ricorrente intende sollecitare a questa Corte una inammissibile rivalutazione di tutte le risultanze istruttorie che hanno condotto il giudice del gravame a ritenere, da un lato, insuperata la presunzione di conoscenza dello stato di insolvenza in capo alla banca e, dall’altro lato, accertata la sua piena consapevolezza della effettiva lesività dell’atto costitutivo dell’ipoteca rispetto alle ragioni del restante ceto creditorio. 6. Il quinto motivo è inammissibile. Invero in tema di compensazione delle spese processuali ai sensi dell’art. 92 c.p.c. - nel testo, qui applicabile ratione temporis, come novellato alla legge 28 dicembre 2005, n. 263 e prima dell’ulteriore modifica introdotta dalla legge 18 giugno 2009, n. 69 -, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi Cass. 31/03/2017, n. 8421 Cass. 19/06/2013, n. 15317 Cass. 06/10/2011, n. 20457 . Nel caso a mano, allora, la corte d’appello nel regolare le spese del grado di appello ha fatto applicazione del principio della soccombenza, atteso che Proter risultava interamente vittoriosa, con decisione che si sottrae a censure di sorta, mentre ha ritenuto di compensare in ragione della metà le spese del primo grado, in ragione del parziale accoglimento dell’opposizione allo stato passivo proposta da Sicilcassa, ponendo la restante metà di quelle sostenute da Proter a carico della prima, rimasta evidentemente soccombente rispetto alla riconvenzionale spiccata dalla seconda. 7. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.