Liquidazione dell’attivo fallimentare senza incanto e ricorribilità in Cassazione

In caso di urgenza, il giudice delegato può autorizzare la liquidazione dell’attivo con vendita senza incanto, posto che ciò non pregiudica i diritti del comproprietario non fallito, di una quota dell’immobile indiviso.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 20386/17 depositata il 25 agosto. Il caso. Nell’ambito di una procedura fallimentare, veniva proposto reclamo avverso la vendita senza incanto di un complesso immobiliare, disposta dal giudice delegato su istanza del curatore. Il Tribunale rigettava il reclamo proposto dai terzi rivendicanti in quanto il programma di liquidazione dell’attivo era stato approvato dal giudice delegato e, in forza dell’urgenza del caso di specie, la mancanza del comitato dei creditori non aveva precluso la possibilità di procedere alla liquidazione dell’attivo. La pronuncia viene dunque impugnata in Cassazione. Urgenza. I Supremi Giudici dichiarano inammissibile il ricorso con cui viene lamentata la violazione della regola secondo cui la vendita immobiliare non può essere ordinata prima dell’esame dell’istanza di rivendica dell’immobile e della formazione dello stato passivo, in assenza del comitato dei creditori nonché della preventiva verifica del passivo e della pubblicizzazione del programma di liquidazione. Tali censure infatti non colpiscono la ratio decidendi riconducibile all’urgenza della vendita per le pericolanti condizioni in cui versava l’immobile, situazione che ne ha consentito la tempestiva liquidazione. Provvedimenti impugnabili. Osservano inoltre i Giudici che il provvedimento impugnato non ha natura decisoria e definitiva, non essendo pregiudicata l’azionabilità del diritto di proprietà dei ricorrenti. Viene dunque richiamato il consolidato orientamento che individua i provvedimenti resi in sede di reclamo ex art. 26 l. fall. e ricorribili per cassazione ex art. 111 Cost., come quei provvedimenti in cui il giudice delegato abbia provveduto all’autorizzazione alla vendita con una decisione incidente su diritti soggettivi di natura sostanziale, e non meramente processuale. Inoltre il provvedimento con cui il tribunale respinga il reclamo avverso l’ordinanza del giudice delegato di rigetto dell’istanza del comproprietario, non fallito, di sospensione della vendita di quota dell’immobile indiviso caduta nella massa fallimentare, sino alla definizione del giudizio di divisione, non è ricorribile per cassazione trattandosi di provvedimento che non pregiudica i suoi diritti di comproprietario , egli infatti non subisce in tal caso alcuna divisione del compendio comune, né una restrizione dei propri diritti di comproprietario posto che il rapporto di comunione non viene sciolto, se non con la successiva divisione. Per questi motivi, la Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 19 aprile – 25 agosto 2017, n. 20386 Presidente Aniello – Relatore Acierno Fatti di causa e ragioni della decisione C.A. e P.A.M. , in qualità di terzi rivendicanti un complesso immobiliare denominato omissis appartenente alla s.r.l. hanno proposto reclamo avverso l’ordinanza che aveva disposto la vendita senza incanto del predetto bene, emessa dal giudice delegato su istanza del curatore. Il Tribunale di Milano ha respinto il reclamo. A sostegno della decisione ha affermato che il programma di liquidazione dell’attivo veniva approvato dal giudice delegato in data 22/2/2014 e la mancanza del comitato dei creditori non precludeva la possibilità di procedere alla liquidazione delle attività, in particolare in caso di urgenza, come nella specie. La domanda di rivendica, peraltro formulata tardivamente e senza che ai sensi dell’articolo 101 legge fall. fosse stato provato che il ritardo potesse derivare da causa non imputabile ai rivendicanti, non poteva incidere sulla liquidazione in caso di urgenza. I reclamanti hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Ha resistito con controricorso la curatela fallimentare. Sono state depositate memorie da entrambe le parti. Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta. La causa viene trattata in adunanza camerale ex articolo 380 bis1 cod. proc. civ Nel primo motivo viene dedotta l’illegittimità del provvedimento impugnato perché non osservata la regola secondo la quale la vendita immobiliare non può essere ordinata prima dell’esame dell’istanza di rivendica dell’immobile e della formazione dello stato passivo perché non si è provveduto alla nomina del comitato dei creditori perché la vendita è stata disposta senza la verifica preventiva del passivo e senza che fosse reso pubblico ed approvato il programma di liquidazione. Nel secondo motivo viene dedotta la violazione del diritto di proprietà e di difesa del terzo rivendicante. Le censure prospettate sono inammissibili perché non colpiscono la ratio decidendi costituita dall’urgenza dovuta alle condizioni del complesso immobiliare stato di dissesto e pericolo imminente di crollo cfr. provvedimento impugnato , posta a base della tempestiva liquidazione dell’attivo anche mediante la vendita contestato. Peraltro, deve osservarsi che il provvedimento impugnato non ha natura decisoria e definitiva in quanto per un verso non incide su diritti soggettivi ma si fonda su dedotti impedimenti formali, per l’altro non è definitivo, non essendo pregiudicate le ragioni relativa all’azionata titolarità del diritto di proprietà. Al riguardo è fermo l’orientamento di questa Corte in ordine alla demarcazione tra provvedimenti resi in sede di reclamo ex articolo 26 legge fall. ricorribili ex articolo 111 Cost., in tema di liquidazione dell’attivo così precisati Perché il decreto del tribunale fallimentare reso in sede di reclamo avverso il provvedimento del giudice delegato di autorizzazione alla vendita abbia carattere decisorio e sia suscettibile di ricorso per Cassazione ex articolo 111 Cost., occorre che esso provveda su contestazioni in ordine alla legittimità di provvedimenti del giudice delegato incidenti su diritti soggettivi di natura sostanziale nella specie, attinenti all’accertamento di proprietà ostative alla vendita , e non meramente processuale. Cass. 8768 del 2011 . In tema di liquidazione dell’attivo fallimentare, il provvedimento con cui il tribunale respinga il reclamo avverso l’ordinanza del giudice delegato di rigetto dell’istanza del comproprietario, non fallito, di sospensione della vendita di quota dell’immobile indiviso caduta nella massa fallimentare, sino alla definizione del giudizio di divisione, non è ricorribile per cassazione, trattandosi di provvedimento che non pregiudica i suoi diritti di comproprietario, atteso che la vendita di quota indivisa, a differenza della separazione in natura, non determina alcuna divisione del compendio comune, né comporta restrizione nei diritti degli altri comproprietari, poiché il rapporto di comunione non viene sciolto e la successiva divisione investe necessariamente anche la quota espropriata. Cass. 26519 del 2011 . In conclusione il ricorso è inammissibile con conseguente applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese processuali del presente giudizio. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio in favore della parte controricorrente da liquidarsi in E 8000 per compensi ed E 200 per esborsi oltre accessori di legge. Ricorrono le condizioni per l’applicazione dell’articolo 13, comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002.