Concorrenza è abuso di posizione dominante la condotta dell’Amministrazione finanziaria che impedisca il libero riutilizzo dei dati risultanti dai pubblici registri.
Lo ha stabilito la Corte d’appello di Milano con sentenza depositata il 7 gennaio 2016. Il caso. La controversia nasce su iniziativa di una s.r.l. operante nel mercato dei rapporti informativi a professionisti e banche sulla situazione economica e finanziaria di persone fisiche e giuridiche. L’attività, erogata dalla società attrice dietro il pagamento di un corrispettivo, consiste non soltanto nella distribuzione di dati tratti da archivi e registri pubblici, ma anche nella loro interpretazione ed elaborazione. Secondo la società attrice tale mercato sarebbe stato gravemente alterato da illeciti anticoncorrenziali posti in essere dall’Agenzia del Territorio ora Agenzia delle Entrate in ottemperanza alla disciplina legislativa introdotta tra il 2005 e il 2007 l’Amministrazione finanziaria non soltanto è entrata sul mercato delle informazioni economiche e finanziarie, ma ha altresì aumentato i costi per l’accesso a tali informazioni da parte dei concorrenti privati. All’esito di una favorevole consulenza tecnica di ufficio la società attrice ha ottenuto la condanna dell’Amministrazione finanziaria ex articolo 186-quater c.p.c. al ristoro del danno per circa 350.000 euro. Nella sentenza del 7 gennaio 2016 la Corte d’appello di Milano accerta che la condotta de qua costituisce un illecito concorrenziale, ne inibisce la continuazione e condanna l’Amministrazione finanziaria al risarcimento del danno per quasi 390.000 euro. L’Amministrazione finanziaria abuso della propria posizione dominante. Il Collegio si allinea ai principi di diritto enunciati dalla Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza numero 30175 del 2011 Cass., sez. unite civ., 30 dicembre 2011, in CED Cass., Rv. 620676 , in forza dei quali è stato accertato che costituisce abuso di posizione dominante la condotta dell’Amministrazione finanziaria che impedisca il libero riutilizzo dei dati risultanti dai pubblici registri. Secondo tale esegesi, nell’ambito della disciplina nazionale l. 10 ottobre 1990, numero 287 ed europea articolo 106 TUE direttiva 2003/98/CE del 17 novembre 2003 della concorrenza la nozione d’impresa ricomprende qualsiasi entità, la quale eserciti in modo organizzato e durevole un’attività economica sul mercato, al di là del suo status giuridico e della definizione che di essa diano i singoli ordinamenti nazionali. Da ciò consegue che l’Agenzia del Territorio ora Agenzia delle Entrate , sebbene sia un ente pubblico affidatario di compiti d’interesse generale relativi alla formazione, conservazione e gestione dei pubblici registri ipotecari e catastali – è soggetta alla disciplina antimonopolistica in ordine al mercato dell’utilizzazione economica delle informazioni commerciali, tratte dalla consultazione di detti registri, che l’Agenzia stessa è abilitata, in base allo statuto, a consentire ad altri soggetti, previa stipula di convenzioni, alle condizioni da essa stabilite e dietro pagamento di tributi e tasse. Né tale attività rientra fra i servizi di interesse economico generale, esclusi dall’ambito di applicazione di tale disciplina dall’articolo 8, l. 10 ottobre 1990, numero 287, da intendersi come quelli strettamente connessi all’adempimento di specifici obblighi affidati all’impresa, connessione che deve essere allegata e provata dall’impresa medesima. L’illecito anticoncorrenziale riguarda soltanto l’attività di utilizzazione commerciale mediante interpretazione ed elaborazione dei dati ricavati dalla consultazione dei registri. La Corte d’appello di Milano osserva che la funzione istituzionale che svolge l’Agenzia del Territorio ora Agenzia delle Entrate è quella della formazione, conservazione e gestione dei pubblici registri ipotecari e catastali, mentre l’abuso di posizione dominante riguarda le diverse attività di utilizzazione commerciale mediante interpretazione ed elaborazione dei dati ricavati dalla consultazione dei registri. Tale mercato è “rilevante” giacché è «“distinto” da quello in cui i dati grezzi vengono generati e si caratterizza per essere da quelle informazioni dipendente, in quanto «non sostituibili» con dati provenienti da altre fonti». Non vi è quindi sovrapposizione tra il servizio pubblico, reso con la messa a disposizione dei dati “grezzi”, ed i servizi “a valore aggiunto”, prodotti e commercializzati dalle imprese del settore. Nel caso di specie le condotte illecite sono rappresentate dall’aumento abnorme delle tariffe per il rilascio dell’elenco soggetti in forma cartacea e l’avvio del servizio di «trasmissione telematica dell’elenco dei soggetti presenti nelle formalità di un determinato giorno». Il Collegio rileva in particolare che il servizio “elenco soggetti” istituito con la circolare numero 29 del 18 aprile 1988 il Ministero delle Finanze con la denominazione “stampa dei soggetti indicati sulle note presentate nel giorno”, al fine di soddisfare l’esigenza delle banche avere un quotidiano controllo delle vicende ipotecarie dei propri clienti non rientra tra quelli di interesse generale istituzionalmente forniti dall’Agenzia delle Entrate, giacché «non viene né richiesto né fornito alla generalità degli utenti, come le ordinarie “visure” o certificazioni, ma [] interessa gli operatori commerciali, costituendo la base essenziale per l’elaborazione del monitoraggio, in quanto consiste in un elenco in cui si trovano evidenziati i nominativi di tutti i soggetti “a favore” o “contro” i quali sono state effettuate, nella giornata, trascrizioni, iscrizioni o annotamenti, con l’indicazione della tipologia della formalità effettuata». Il servizio “elenco soggetti” non rientra nella funzione propria delle ispezioni dei registri ex 2673 c.c., ma costituisce un servizio “a valore aggiunto” che esula dall’ambito dei compiti di servizio pubblico.
Corte d’appello di Milano, sez. I Civile, sentenza 16 dicembre 2015 – 7 gennaio 2016 Presidente Santosuosso - Relatore Fontanella Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato in data 28 aprile 2009, la S.r.l. St.Ga. conveniva in causa l'Agenzia del Territorio al fine di ottenerne la condanna al risarcimento del danno conseguente alle condotte anticoncorrenziali della stessa, nonché inibirla dal porre sul mercato il servizio di ricerca continuativa in via telematica con modalità diverse da quelle prescritte dalla L. numero 287/1990. L'attrice St.Ga. S.r.l. specificava di operare da tempo nel settore delle informazioni economiche e finanziarie, dove la clientela servita è rappresentata, in prevalenza, da Studi professionali notai, avvocati, commercialisti, ecc. e da banche, che richiedono rapporti informativi sulla consistenza patrimoniale di persone fisiche e giuridiche. Tali rapporti informativi vengono realizzati anche attraverso la consultazione di vari archivi e registri pubblici, in particolare le Conservatorie dei registri immobiliari ed il Catasto terreni e fabbricati, il cui accesso è libero e non richiede l'autorizzazione ed il consenso della persona alle quali le informazioni si riferiscono. L'attività svolta, aggiungeva l'attrice, non è rappresentata dalla semplice distribuzione dei dati, ma necessita di interpretazione ed elaborazione derivante dal confronto di vari archivi oltreché dall'apporto interpretativo le prestazioni vengono offerte dietro pagamento di un corrispettivo, né vi è sovrapposizione tra il servizio pubblico reso dall'Agenzia del Territorio con la messa a disposizione dei dati grezzi , e l'elaborazione di servizi prodotti e commercializzati dalle imprese del settore. Ciò premesso, l'attrice lamentava che il mercato delle informazioni economiche e finanziarie era stato gravemente alterato ad opera delle disposizioni contenute nelle Leggi Finanziarie del 2005 e 2007 e delle conseguenti condotte dell'Agenzia del Territorio, la quale in ottemperanza alle suddette leggi, aveva posto in essere condotte incompatibili con la normativa comunitaria. Così la tariffa richiesta per il rilascio dell'elenco soggetti era stata elevata dai precedenti 7 Euro per pagina a 4 Euro per nominativo, provocando un aumento di oltre il 500% assolutamente ingiustificato, se non con la volontà di far transitare i clienti delle Società al servizio di monitoraggio reso dalla stessa Agenzia con l'introduzione del servizio ricerca continuativa offerto agli utenti. L'aumento del costo dell'elenco soggetti e le conseguenti condotte dell'Agenzia del Territorio volte a mettere fuori mercato le imprese private ed offrire direttamente i servizi in questione, avevano indotto lo St.Ga. S.r.l. ad interrompere il servizio di monitoraggio e l'aggiornamento della propria banca dati doc. nnumero 12/13/14 , con ripercussioni estremamente negative sulla redditività dell'azienda. Si costituiva l'Agenzia delle Entrate contestando tutti gli addebiti nonché il preteso danno. La disposta CTU affidata al prof. Fe.Ma. cfr. Relazione Finale, depositata in data 11 aprile 2011 riconosceva la sussistenza di un pregiudizio economico da concorrenza sleale imputabile alle condotte dell'Agenzia delle Entrate per il periodo 2006 - 2007, per un complessivo importo indicato prudenziamente in Euro 385,698,00. All'esito della CTU l'attrice ha proposto ricorso ex 186 quater c.p.c., per ottenere il pagamento del risarcimento nell'importo emerso dalla relazione peritale. Con ordinanza numero 1976 del 20 maggio 2013 la Corte ha condannato la convenuta Agenzia del Territorio a pagare all'attrice St.Ga. S.r.l. la somma di Euro 358.698,00, oltre alla rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT e agli interessi legali sulla somma medesima, nonché a rifondere all'attrice le spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 12.780,00 oltre CPA ed IVA e della CTU. L'Amministrazione ha chiesto alla Corte d'Appello di Milano la prosecuzione del giudizio e la decisione della causa con sentenza. All'udienza di precisazione delle conclusioni, tenutasi il giorno 29 settembre 2015, parte attrice ha chiesto, previa conferma dell'ordinanza ex articolo 186 - quater c.p.c. del 20 maggio 2015 e l'accertamento che la lamentata condotta dell'Agenzia costituisce abuso di posizione dominante e come tale illecito concorrenziale, la condanna della stessa al risarcimento del danno per l'importo determinato in corso di causa dalla espletata CTU o, in subordine, in via equitativa ex articolo 1126 c.c. nonché l'inibizione di porre sul mercato il servizio di ricerca continuativa in via telematica con modalità diverse da quelle prescritte dalla legge numero 287/90. L'Amministrazione ha invece concluso chiedendo la revoca dell'ordinanza ex articolo 186 quater c.p.c. ed il rigetto di tutte le domande attoree. Motivi della decisione Come già anticipato con l'ordinanza ex articolo 186 quater c.p.c., il thema decidendum ha formato oggetto di esame e valutazione da parte del giudice di legittimità che con la sentenza Cass. S.U. numero 30175/2011, cui ha fatto seguito la sentenza Cass. numero 17164/12, entrambe rese in giudizi che vedevano convenuta l'Agenzia del Territorio ha affermato i seguenti principi - la nozione di impresa ricomprende qualsiasi soggetto esercitante in modo organizzato e durevole un'attività economica sul mercato, al di là del proprio status giuridico - l'Agenzia del Territorio è soggetta alla disciplina antimonopolistica in ordine al mercato della utilizzazione economica delle informazioni commerciali, tratte dalla consultazione di detti registri - tale attività è altra e diversa da quella istituzionale di carattere pubblicistico di tenuta e pubblicità dei dati di tale ente - siffatta attività non rientra fra i servizi di interesse economico generale, da intendersi come quelli strettamente connessi all'adempimento di specifici obblighi affidati all'impresa - non risulta dimostrato il necessario nesso funzionale, nel rispetto del criterio di proporzionalità del sacrificio delle esigenze concorrenziali, tra il servizio di formazione, conservazione e gestione dei registri pubblici, da un lato, e dall'altro le limitazioni che l'Agenzia del Territorio è abilitata a porre nella successiva utilizzazione economica dei dati da parte di altri soggetti. I suddetti approdi giurisprudenziali si sono formati in relazione alla contestazione di abuso di posizione dominante mossa all'Agenzia delle Entrate, che, in applicazione dell'articolo 1 commi 367 e ss. L. 311/2004 e della L. 286/2006, aveva assunto iniziative che, di fatto, avevano impedito il libero riutilizzo dei dati risultanti dai pubblici registri. Com'è noto la funzione istituzionale che svolge l'Agenzia del Territorio è quella della formazione, conservazione e gestione dei pubblici registri ipotecari e catastali l'abuso di posizione dominante ad essa contestato riguarda invece le diverse attività di utilizzazione commerciale mediante interpretazione ed elaborazione dei dati ricavati dalla consultazione dei registri. Il mercato in questione assume la qualifica di rilevante , ai fini dell'applicazione della disciplina anti concorrenziale, dal momento che trattasi di un mercato distinto da quello in cui i dati grezzi vengono generati e che si caratterizza per essere da quelle informazioni dipendente, in quanto non sostituibili con dati provenienti da altre fonti. Pertanto, ritiene la Corte, non vi è sovrapposizione tra il servizio pubblico, reso dall'Agenzia del territorio con la messa a disposizione dei dati grezzi , ed i servizi - che appunto si definiscono a valore aggiunto - prodotti e commercializzati dalle imprese del settore. Nella fattispecie le specifiche condotte illecite contestate dall'attrice all'Agenzia delle Entrate sono l'aumento abnorme delle tariffe per il rilascio dell'elenco soggetti in forma cartacea e l'avvio del servizio di trasmissione telematica dell'elenco dei soggetti presenti nelle formalità di un determinato giorno . Il servizio elenco soggetti istituito con la circolare numero 29 del 18 aprile 1988 il Ministero delle Finanze con la denominazione stampa dei soggetti indicati sulle note presentate nel giorno che si proponeva di venire incontro alle esigenze palesate dagli Istituti di credito di avere un quotidiano controllo delle vicende ipotecarie dei propri clienti non rientra certamente tra quelli di interesse generale istituzionalmente forniti dall'Agenzia delle Entrate. Si tratta infatti - come si desume dalla circolare istitutiva - di un servizio che non viene né richiesto né fornito alla generalità degli utenti, come le ordinarie visure o certificazioni, ma che interessa gli operatori commerciali, costituendo la base essenziale per l'elaborazione del monitoraggio, in quanto consiste in un elenco in cui si trovano evidenziati i nominativi di tutti i soggetti a favore o contro i quali sono state effettuate, nella giornata, trascrizioni, iscrizioni o annotamenti, con l'indicazione della tipologia della formalità effettuata. Date queste caratteristiche, deve escludersi che tale servizio rientri nell'ambito della funzione propria delle ispezioni dei registri di cui all'articolo 2673 c.c., trattandosi piuttosto di un servizio a valore aggiunto realizzato attraverso il riutilizzo dei dati ricavati dalla consultazione di detti registri che esulano dall'ambito dei compiti di servizio pubblico articolo 10, par. 2, Direttiva 2003/98/CE , e come tale soggetto ai principi ed ai limiti proconcorrenziali nazionali e comunitari. In relazione alla qualifica dell'Agenzia del Territorio come impresa e alla valutazione in termini di posizione dominante , secondo il diritto della concorrenza, la Corte richiama la già citata sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione Civile cfr. sentenza numero 30175/2011, che ha riconosciuto che l'Agenzia del Territorio - proprio in considerazione delle funzioni in concreto ad essa affidate - svolge tra i suoi compiti anche attività d'impresa, intesa come qualsiasi entità economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle modalità di finanziamento , specificando che ciò che conta è che si tratti di un'attività economica consistente nell'offerta di beni o servizi sul mercato da cui esuli l'esercizio di un potere d'imperio . Ciò chiarito, il giudice di legittimità ha escluso che l'attività dell'Agenzia possa rientrare nel novero di quei servizi d interesse economico generale che, per disposizione tanto dell'articolo 8, Il comma, della Legge numero 28/1990 quanto dell'articolo 86, comma 2, del Trattato CE ora articolo 106 TFUE si sottraggono all'applicazione delle norme sulla concorrenza. La deroga, infatti, ha una funzione di bilanciamento tra il richiamato interesse economico generale e le esigenze cui è ispirata la normativa sulla concorrenza, sicché essa opera solo entro i limiti in cui il sacrificio richiesto su un versante non risulti sproporzionato rispetto al vantaggio perseguito sull'altro . Il fatto che l'impresa eserciti la gestione di servizi di interesse generale non è ragione sufficiente ai fini dell'esenzione dall'osservanza delle norme in tema di concorrenza come ha già rilevato questa Corte d'Appello con la sentenza numero 3374/2015, la nozione di impresa in senso comunitario, è per certi versi più economica che giuridica, o almeno non giuridico - formale, nel senso che la sua essenziale connotazione risiede nell'esercizio organizzato e durevole di un'attività economica sul mercato, a prescindere dal modo in cui i singoli ordinamenti nazionali definiscono l'ente o la persona fisica alla quale la suddetta attività economica fa capo . Il che comporta l'irrilevanza della qualifica di ente pubblico attribuito dall'ordinamento italiano all'Agenzia del Territorio, il cui assoggettamento alla disciplina antimonopolistica dipende unicamente dal tipo di attività che essa svolge e dal modo in cui siffatta attività si esplica sul mercato. Affinché, allora, non si venga a costituire abuso di posizione dominante è necessario che il comportamento denunciato si ponga come strettamente connesso all'adempimento degli specifici compiti affidati all'impresa. A tal proposito, è onere dell'Ente quello di allegare gli elementi in forza dei quali possa ritenersi dimostrata la suindicata connessione con la specifica missione istituzionale, cosa che nella fattispecie non è assolutamente avvenuta. L'abuso di posizione dominante, quindi, riguarda le ulteriori e diverse attività afferenti al trattamento commerciale dei dati desunti dalla consultazione dei registri e si concretizza nell'indebito sfruttamento della posizione previlegiata di cui l'Agenzia gode sul collegato mercato dell'informazione commerciale, condizionando la riutilizzazione dei dati contenuti in detti registri ad un regime convenzionale da essa predisposto ed all'imposizione di ulteriori oneri per i riutilizzatori . La qualificazione come abusiva , dal punto di vista concorrenziale, delle lamentate condotte dell'Agenzia, non trova giustificazione nel fatto che il nuovo assetto delle funzioni e degli obiettivi da perseguire da parte dell'Agenzia delle Entrate siano stati determinati dal legislatore ordinario, giacché nella materia della concorrenza le norme comunitarie hanno prevalenza qualora incompatibili con la norma interna cfr. Cass. numero 29736 del 29 dicembre 2011 Cass Sez. 1, numero 20695 del 10/09/2013 L'obbligatorietà della disciplina comunitaria antitrust impone agli organi giurisdizionali o amministrativi, tenuti a dare attuazione nell'ordinamento nazionale alle leggi ed agli atti aventi forza di legge, di non applicare le norme interne incompatibili con la prima, senza che per essi sia configurabile l'esimente dell'ignoranza incolpevole della gerarchia delle fonti in subiecta materia , altrimenti vanificandosi la tutela offerta ai privati dalla menzionata disciplina contro gli abusi anticoncorrenziali realizzati altresì dalla P.A. con la giustificazione della doverosa osservanza degli atti normativi nazionali . Ciò premesso, vanno valutate le eccezioni dell'Agenzia delle Entrate relative alle modalità di determinazione del danno e del risarcimento. Secondo Cass. numero 3205 del 2.2.2007, l'azione risarcitoria promossa ai sensi dell'articolo 33, comma 2, della legge numero 287/90 tende alla tutela dell'interesse giuridicamente protetto dalla normativa comunitaria, dalla Costituzione e dalla legislazione nazionale a godere dei benefici della libera competizione commerciale interesse che può essere direttamente leso da comportamenti anticompetitivi posti in essere a monte dalle imprese nonché alla riparazione del danno ingiusto L'onere probatorio, rileva la Corte, ben può essere soddisfatto con ricorso alla consulenza tecnica cfr. Cass. S.U. 30175/11 e l'esistenza del nesso causale tra la condotta abusiva e il danno lamentato può essere desunta anche attraverso criteri di alta probabilità logica o per il tramite di presunzioni Cass. 3205/2007 . L'attrice ha qualificato il pregiudizio subito come perdita di opportunità conseguente alla fuoriuscita dal mercato per effetto dell'avvio della commercializzazione sperimentale del servizio di elaborazione dati da parte dell'Agenzia e correlativa perdita di valore e di redditività della banca dati costituita a causa dei maggiori costi delle interrogazioni sui nominativi già in banca dati e alla impossibilità di procedere in via sistematica ed in tempo reale all'aggiornamento dell'archivio. Il CTU prof. Ma. ha pertanto ritenuto che il metodo idoneo per riflettere le conseguenze del c.d. evento esterno entrata in vigore del D.L. numero 262/2006 rispetto alla prospettazione di parte attrice dovesse essere individuato in un margine perdita economica differenziale = differenza fra il margine effettivo conseguito dall'impresa in presenza dell'evento causativo del danno e il margine teorico conseguibile dall'impresa in assenza dell'evento causativo del danno calcolato nel biennio 2006 - 2007, giacché, ha rilevato il CTU, negli esercizi successivi al 2007 non vi sono sufficienti elementi comprovanti un condizionamento dell'evento esterno condotta dell'Agenzia rispetto alle scelte gestionali della S.r.l. Ga. Il CTU ha quindi preliminarmente analizzato i bilanci relativi agli esercizi 2006 e 2007 e, pur notando un complessivo peggioramento dei risultati economici, ha rilevato l'impossibilità di distinguere l'andamento dei ricavi e dei costi con riferimento ai diversi servizi d'impresa forniti dalla società ed in particolare con riferimento al servizio di visure immobiliari. Ha pertanto proceduto individuando un margine differenziale complessivo, ossia riferito a tutti i servizi d'impresa, ottenuto sottraendo il margine operativo lordo conseguito nell'esercizio 2006 da quello conseguito nell'esercizio 2007, ed ipotizzando che il differenziale così ottenuto possa rappresentare una stima sintetica degli effetti causati dall'evento esterno. Ne è risultato l'importo di Euro 385.698,00 corrispondente alla maggior perdita subita dalla S.r.l. Ga. nel passaggio dall'esercizio 2006 all'esercizio 2007. L'Agenzia delle Entrate ha contestato il suddetto risultato per i seguenti motivi - assenza di prova rigorosa del danno, desunto da una ipotesi convenzionale formulata dal CTU e non da elementi concreti che lo St.Ga. avrebbe dovuto dimostrare, considerato che delle condotte lesive lamentate, una, il servizio di ricerca continuativa non è mai stato attivato e dunque non può avere determinato concreta lesività, mentre il sevizio elenco soggetti rientra tra quelli di interesse generale istituzionalmente conferiti all'Agenzia del Territorio ora Agenzia delle Entrate e il solo aumento tariffario ex DL 262/06 non assume autonome efficacia abusiva - la metodologia seguita dal CTU che utilizza il margine differenziale complessivo, invece del margine differenziale limitato al servizio di visure immobiliari, ha il solo scopo di sopperire all'inadempienza dell'onere probatorio da parte dell'attrice - applicando il medesimo calcolo differenziale riferito all'anno 2005 quindi precedente all'evento esterno asseritamente causativo del pregiudizio emerge che il margine operativo lordo è addirittura incrementato - utilizzare il margine complessivo lordo equivale a presumere che l'intero andamento gestionale della S.r.l. Ga. negli esercizi 2006-2007 sia stato condizionato esclusivamente dal comportamento concorrenziale dell'Agenzia e di tale circostanza l'attrice non ha fornito prova. Rileva la Corte che la giurisprudenza ha reiteratamente riconosciuto che In tema di risarcimento del danno derivante da paventate violazioni agli articolo 2 e seguenti della legge 10 ottobre 1990, numero 287, il giudice non può decidere la causa applicando meccanicamente il principio dell'onere della prova, ma è chiamato a rendere effettiva la tutela dei privati che agiscono in giudizio .. fermo restando l'onere dell'attore di indicare in modo sufficientemente plausibile seri indizi dimostrativi della fattispecie denunciata come idonea ad alterare la libertà di concorrenza e a ledere il suo diritto di godere del beneficio della competizione commerciale, il giudice è tenuto a valorizzare in modo opportuno gli strumenti di indagine e conoscenza che le norme processuali già prevedono, interpretando estensivamente le condizioni stabilite dal codice di procedura civile in tema di esibizione di documenti, richiesta di informazioni e consulenza tecnica d'ufficio, al fine di esercitare, anche officiosamente, quei poteri d'indagine, acquisizione e valutazione di dati e informazioni utili per ricostruire la fattispecie anticoncorrenziale denunciata . Cass. Sez. 1 numero 11564 del 04/06/2015 Benché le parti non possano sottrarsi all'onere probatorio a loro carico invocando, per l'accertamento dei propri diritti, una consulenza tecnico di ufficio, non essendo la stessa un mezzo di prova in senso stretto, è tuttavia consentito al giudice fare ricorso a quest'ultima per acquisire dati la cui valutazione sia poi rimessa allo stesso ausiliario c.d. consulenza percipiente purché la parte, entro i termini di decadenza propri dell'istruzione probatoria, abbia allegato i corrispondenti fatti, ponendoli a fondamento della sua domanda, ed il loro accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche Così statuendo, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva respinto, ritenendola carente di prova, una domanda risarcitoria per danni cagionati da abuso di posizione dominante, benché l'attore avesse ab initio allegato l'insieme delle ripercussioni negative derivategli dall'applicazione di una normativa nazionale contrastante con l'ordinamento comunitario, al cui accertamento aveva altresì tempestivamente chiesto darsi seguito con un'istanza non accolta di c.t.u. finalizzata alla quantificazione di tali danni Cass. Sez. 1, numero 20695 del 10/09/2013 . Ai fini dell'accertamento del danno derivante da abuso di posizione dominante, suscettibile di traslazione sulla clientela per effetto della conseguente maggiorazione delle tariffe, costituisce principio di economia di comune esperienza quello secondo cui l'aumento del corrispettivo della prestazione determina una riduzione della domanda, salva la prova contraria della rigidità dei consumi Cass. Sez. 1 numero 21033 del 13/09/2013 . Dunque, sulla base della giurisprudenza succitata, deve riconoscersi che - l'attrice ha adempiuto al suo onere probatorio, avendo prodotto i bilanci 2005-2008 tutte le fatture clienti 2004-2006 suddivise per periodo e servizio relazione tecnica di parte sul volume d'affari relativo all'attività di visure immobiliari cfr. memoria autorizzata ex articolo 183, VI comma, numero 2, c.p.c., i dati risultanti da tali documenti non sono stati contestati dall'Amministrazione convenuta - al CTU è stato correttamente richiesto di effettuare una stima del pregiudizio fondata su un'ipotesi di ragionevole correlazione tra le condotte pacificamente anticoncorrenziali dell'Agenzia aumento di oltre il 500% delle tariffe richieste per l'elenco soggetti e attivazione del servizio di ricerca continuativa e le ripercussioni sui bilanci della società attrice, da stimare con giudizio di probabilità collegato all'esame dei risultati economici dei diversi esercizi sociali. Circa il metodo d'indagine utilizzato, la scelta del margine operativo lordo complessivo - nell'impossibilità evidenziata dal CTU di calcolare il margine complessivo relativo allo specifico servizio visure immobiliari - non appare idoneo ad alterare i risultati dell'indagine, atteso che la S.r.l. St.Ga. ha dedotto fin dall'atto di citazione di operare nel settore delle informazioni economiche e finanziarie e che, ancor oggi, ha rilevato il CTU, l'attività descritta sul sito web è quella della offerta di indagini ipocatastali, pertanto può legittimamente ritenersi che questa attività, in assenza di prova contraria che l'Agenzia avrebbe dovuto fornire, costituisce verosimilmente quella principale svolta dalla società, il che giustifica la qualificazione operata dal CTU di core business e l'attendibilità del calcolo con il criterio del margine differenziale complessivo. Si rileva altresì che l'Agenzia ha negato in comparsa conclusionale di avere attivato il servizio di ricerca continuativa , mentre aveva ammesso in sede di operazioni peritali di averlo attivato e poi prudenzialmente interrotto a seguito delle intervenute pronunce cautelari sfavorevoli . Come questa Corte d'Appello ha già valutato il pregiudizio temuto dalle ricorrenti ben può coincidere anche con iniziative di introduzione di nuovi servizi non generalizzate ma sperimentali ovvero con l'annuncio e la presentazione di tali iniziative Cfr. Corte App. Milano, sez. I civile, Ord. del 14.06.2007 emessa nel giudizio RG. 1274/2007 . Ha anche spiegato il CTU che nella quantificazione degli effetti pregiudizievoli non sono proponibili confronti desumibili dall'applicazione del calcolo differenziale al biennio 2004 - 2005, il cui andamento è stato condizionato da un'altra legge finanziaria numero 311/2004 che pure ha inciso nel settore in cui opera la S.r.l. Ga. A tutto ciò va infine aggiunto che l'importo determinato a titolo di risarcimento - peraltro qualificato dal CTU come prudenziale - appare proporzionato in rapporto alla dimensione aziendale desumibile dai bilanci e dal fatturato e ai presumibili costi del ripristino dell'archivio della banca dati necessario alla società per lo svolgimento del servizio. In definitiva, accertati gli atti di concorrenza illecita, le conclusioni della consulenza tecnica varino condivise in quanto immuni da vizi logici e sono idonee a fornire la prova del pregiudizio, necessariamente presuntiva, trattandosi di lucro cessante, quindi di danno futuro. L'Agenzia convenuta va condannata al risarcimento del danno in favore dell'attrice nella misura di Euro 385.698,00 oltre rivalutazione secondo gli indici Istat decorrente dal 1/1/2008 essendo stato calcolato il pregiudizio con riferimento agli anni 2006 - 2007 ed interessi legali sulla somma annualmente rivalutata, oltre spese di CTU e processuali liquidate come in dispositivo. Ai sensi dell''articolo 2599 c.c. va inibita la continuazione degli atti illeciti lamentati. P.Q.M. La Corte, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta dalla S.r.l. St.Ga., accertato che la condotta dedotta costituisce illecito concorrenziale, ne inibisce la continuazione e condanna l'Agenzia delle Entrate e del Territorio al risarcimento del danno in favore dell'attrice che liquida in Euro 385.698,00, oltre rivalutazione secondo gli indici Istat decorrente dal 1/1/2008 ed interessi legali sulla somma annualmente rivalutata, oltre spese di CTU nella misura già liquidata e spese processuali liquidate in Euro 15.000,00 complessive, oltre IVA.CPA e spese generali da cui va detratto quanto già eventualmente corrisposto a tale titolo in ottemperanza dell'ordinanza ex articolo 186 quater c.p.c. del 20/5/13 .