L’amministratore delegato va risarcito per la revoca delle deleghe?

In tema di società di capitali, la revoca della delega all’amministratore delegato, decisa dal consiglio di amministrazione, deve essere assistita da giusta causa , anche in applicazione analogica dell’art. 2383, comma 3, c.c., sussistendo, in caso contrario, il diritto del revocato al risarcimento dei danni eventualmente patiti.

La fattispecie oggetto di esame da parte del giudice della legittimità riguarda la revoca delle deleghe conferite ad un amministratore da parte del consiglio di amministrazione, nella disciplina ante 2003 riforma del diritto societario . Nello specifico, si tratta di stabilire se il delegato possa invocare il principio, dettato per tutti gli amministratori, ai sensi dell’art. 2383 c.c., per il quale la revoca da parte dell’assemblea, senza giusta causa, dà diritto al risarcimento del danno. E, i giudici della Prima sezione civile di piazza Cavour, con la sentenza n. 7587, depositata il 15 aprile 2016, chiariscono che in tema di società di capitali, la revoca della delega all’amministratore delegato, decisa dal consiglio di amministrazione, deve essere assistita da giusta causa , anche in applicazione analogica dell’art. 2383, comma 3, c.c., sussistendo, in caso contrario, il diritto del revocato al risarcimento dei danni eventualmente patiti. Il caso. Un amministratore di società consortile a responsabilità limitata, riconfermato nel suo incarico per il triennio 1998-2000, da parte del consiglio di amministrazione, vedeva revocarsi nell’aprile 2000 le deleghe comprensive del potere di rappresentanza e di firma sociale, sulla base di dissonanze tra il medesimo e la restante parte del c.d.a L’amministratore stesso adiva quindi il Tribunale di Bergamo chiedendo il risarcimento dei danni patiti, che gli venivano riconosciuti dal giudice di prime cure, in un somma di denaro corrispondente al pregiudizio sofferto e in misura pari agli emolumenti non percepiti per l’anticipata interruzione del rapporto. Invero, ad avviso della Corte d’appello di Brescia, cui aveva fatto ricorso la società, l’amministratore non avrebbe avuto diritto ad alcun risarcimento, poiché la delega sarebbe sempre revocabile ad nutum , da parte del c.d.a., ai sensi dell’art. 2381, c.c Secondo la Corte territoriale, difatti, la libertà di revoche all’amministratore delegato sarebbe connessa al dovere di vigilanza cui sono tenuti gli amministratori ed essa si connetterebbe non già ad un rapporto di mandato ma ad una ipotesi tipica di autorizzazione all’esercizio singolare dei poteri amministrativi, che spetterebbero naturaliter all’intero collegio, e che potrebbero cessare in ogni tempo, per vicende di vario genere. Avverso quest’ultima decisione gli eredi dell’amministratore ricorrevano per cassazione con un unico motivo di gravame lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2381, 2383 c.c E, gli Ermellini, confermando, peraltro, un indirizzo già espresso dal Tribunale di Milano a partire dal 2004, v. da ultimo, Trib. Milano, VIII, sez. civ., n. 6137/2010 , premesso che la vicenda de qua è anteriore alla riforma del diritto societario, precisano, che, ante 2003, la dottrina prevalente riteneva sussistente il diritto al risarcimento del danno da parte dell’amministratore delegato a cui fosse stata tolta la delega. Inoltre – proseguono i supremi giudici – contrariamente a quanto opina la Corte distrettuale, l’unica disposizione positiva che viene in considerazione è l’art. 2383, comma 3, c.c., il quale – nel testo rimasto immutato, sia prima che dopo la riforma – stabilisce il principio della risarcibilità dell’amministratore che abbia subito la revoca da parte dell’assemblea, senza che questa sia stata data con giusta causa”. Peraltro, tra la vicenda della revoca dell’amministratore da parte dell’assemblea ex art. 2383 c.c. e quella della revoca delle deleghe, affidate ai propri delegati dal consiglio di amministrazione ex art. 2381 c.c. vi è quella identità di ratio che, in difetto di una disciplina positiva, giustifica il ricorso analogico alla disposizione richiamata, con il ricorso alla previsione astratta della risarcibilità del danno, anche in caso di revoca della delega in difetto di giusta causa. Gli Ermellini cassano dunque la sentenza e rinviano alla Corte d’appello di Brescia in diversa composizione. La giusta causa” nella revoca dell’amministratore da parte dell’assemblea. Ai sensi dell’art. 2383, comma 3, c.c., l’assemblea dei soci può revocare gli amministratori in qualunque momento, salvo il diritto di questi ultimi al risarcimento dei danni se la revoca avviene senza giusta causa. Difatti, la revoca è un atto ad nutum , cioè una manifestazione unilaterale di volontà dei soci, che rimane valido ed efficace in ogni caso. L’interesse della società è considerato dal legislatore così prioritario rispetto a quello del singolo amministratore da consentirgli di attribuire ai soci un vero e proprio potere di recesso ad nutum . Pertanto, l’esistenza, o meno, della giusta causa rileva solo ai fini del possibile risarcimento del danno in favore dell’amministratore revocato. Invero – come specificato dai giudici di legittimità nella pronuncia in rassegna – l’art. 2383, comma 3, c.c., afferma un rilevante principio, quello dell’esistenza non già di un potere illimitato dell’assemblea, ma di una facoltà discrezionale e controllata, che è limitata, ovviamente, non già in vista del conseguimento degli interessi e degli obiettivi societari ma solo in considerazione del rispetto della posizione sociale ed economica dell’amministratore di società. Ossia in ragione della dignità e del sacrificio economico imposto alle persone che rivestono la carica amministrativa e che, in ragione dell’atto di revoca, vedono sacrificata, in una misura più o meno ampia, la loro posizione. Partendo da tale regola, dunque, si comprende che non ha valore il ragionamento sostenuto in alcune decisioni di merito, volte a sottolineare le diversità, innegabilmente esistenti, tra la vicenda della revoca dell’amministratore da parte dell’assemblea rispetto a quella della revoca delle deleghe, affidate ai propri delegati, dal consiglio di amministrazione. La revoca delle deleghe conferite agli amministratori. Nulla invece prevede la legge in merito al risarcimento dei danni in favore dell’amministratore cui sono revocate le sole deleghe e neppure è citato alcun riferimento alla giusta causa. I dubbi sulla possibilità per il delegato di azionare diritti societari nel caso in cui manchi la giusta causa risiedono proprio nel principio per cui il consiglio di amministrazione rimane sempre titolare di tutti i poteri di gestione potendo avvalersi della facoltà di delegare, a propria discrezione, le funzione non riservate e non potendo essere obbligato a conservare integra la delega conferita ai singoli consiglieri. Il dibattito sul punto è acceso sia in dottrina che il giurisprudenza. La revoca della delega può avvenire in qualsiasi momento anche in assenza di giusta causa”. Parte della giurisprudenza di merito e autorevole dottrina tende a riconoscere la piena legittimità della revoca della delega, da parte del consiglio di amministrazione, in qualsiasi momento ed anche in assenza di giusta causa, rispetto alla quale l’esplicita previsione di poteri del consiglio sovraordinati nei confronti dei delegati sembra rafforzare l’opinione della sua irrisarcibilità v., Trib. Viterbo, 4 novembre 2015 . La delega crea una competenza concorrente con quella del consiglio di amministrazione che rimane integra, cioè quella originaria. In pratica la delega finisce per risolversi in una limitazione della competenza del consiglio, invero, quest’ultimo può in ogni momento sostituirsi all’amministratore delegato o al comitato esecutivo nel compimento degli atti che rientrino nelle attribuzioni delegate. Gli organi delegati sono organi secondari e subordinati rispetto al consiglio di amministrazione, e ciò non soltanto nel senso che al consiglio spetta la costituzione dell’organo, che si attua attraverso l’atto di nomina, e al consiglio spetta altresì il potere di revocare e di ampliare o restringere la sfera di competenza dell’organo delegato, ma anche nel senso che al consiglio di amministrazione spetta un potere di direttiva e di controllo sull’operato degli organi delegati. Pertanto, anche quando viene nominato un amministratore delegato o un comitato esecutivo, incombe sempre al consiglio di vigilare sull’andamento generale della gestione e di intervenire con ogni diligenza per impedire atti pregiudizievoli o per eliminare o attenuarne le conseguenze. Per la revoca delle deleghe all’amministratore occorre la giusta causa”. Si osserva come, in senso contrario, sia orientata altra parte della giurisprudenza di merito v., Trib. Roma, ut supra , alla quale, peraltro, ha aderito la Suprema Corte con la decisione in rassegna. Difatti, in mancanza di giusta causa, l’amministratore al quale il consiglio di amministrazione ha revocato la delega può chiedere il risarcimento del danno se la stessa gli è stata conferita rispetto ad un determinato obiettivo rispetto al quale era stato reputato idoneo, e non quando essa sia il semplice frutto di una ripartizione interna tra i componenti del c.d.a Perciò, anche il mutamento delle scelte gestionali da parte dei soci di maggioranza, al pari del mutamento della compagine sociale, non configura un fatto imputabile all’amministratore ovvero un fatto grave che investa la sua persona della quale egli debba assumersi il rischio. Di conseguenza in caso di revoca dell’amministratore o di revoca delle deleghe indiscutibilmente connesse con le ragioni che hanno motivato il conferimento dell’incarico resta fermo il diritto al risarcimento del danno.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 16 marzo – 15 aprile 2016, n. 7587 Presidente Forte – Relatore Genovese Svolgimento del processo 1. La Corte d’Appello di Brescia ha accolto l’impugnazione proposta da scarl ora omissis scarl avverso la sentenza del Tribunale di Bergamo che, in accoglimento della domanda proposta da F.E. , amministratore delegato in carica della società, aveva condannato quest’ultima al risarcimento dei danni in suo favore. 1.1. La Corte territoriale, in particolare, ha respinto tutte le domande proposte dall’Amministratore Delegato o A.D. , il cui incarico oneroso era stato rinnovato anche per il triennio 1998-2000, ma al quale le deleghe comprensive del potere di rappresentanza e di firma sociale erano state revocate in data 11 aprile 2000, sulla base di dissonanze intervenute tra il medesimo e la restante parte del Consiglio di Amministrazione della società. 1.2 . Mentre per il Tribunale di Bergamo, al F. sarebbe spettata, a titolo risarcitorio, una somma di danaro corrispondente al pregiudizio sofferto e in misura pari gli emolumenti non percepiti per l’anticipata interruzione del rapporto , ad avviso della Corte territoriale tale diritto sarebbe insussistente così in questo come nei casi similari, poiché la delega sarebbe sempre revocabile, ad nutum , da parte del C.d.A., ai sensi dell’art. 2381 c.c., senza che il delegato possa invocare il principio, dettato per tutti gli amministratori, ai sensi dell’art. 2383 c.c., per il quale la revoca da parte dell’assemblea, senza giusta causa, dà diritto al risarcimento del danno. 1.3. Secondo la Corte territoriale, infatti, la libertà di revoca delle deleghe all’A.D. diversamente da quella dell’assemblea verso gli amministratori sarebbe connessa al dovere di vigilanza cui sono tenuti gli amministratori ed essa si connetterebbe non già ad un rapporto di mandato ma ad una ipotesi tipica di autorizzazione all’esercizio singolare dei poteri amministrativi, che spetterebbero naturaliter all’intero collegio, e che potrebbero cessare in ogni tempo, per vicende di vario genere. 2. Avverso tale decisione gli eredi del defunto sig. F. Claudio e Ombretta F. hanno proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico, complesso ed articolato mezzo, contro cui resiste la società omissis scarl, con controricorso. Motivi della decisione 1. Con l’unico motivo di ricorso principale violazione e falsa applicazione degli artt. 2381 e 2383 c.c. art. 360 n. 3 c.p.c. i ricorrenti eredi dell’ex A.D. premettono che l’orientamento espresso dalla Corte territoriale non sarebbe condivisibile perché smentito sia dalle unanimi decisioni di merito Tribunale Milano 14 febbraio 2004, 16 ottobre 2006 e 12 maggio 2010 n. 6137 sia dalla più autorevole dottrina. 1.1. Secondo i ricorrenti, in estrema sintesi, il giudice distrettuale avrebbe affermato un principio di diritto non corretto, sulla premessa della libertà di revoca delle deleghe da parte del Consiglio, in quanto non avrebbe spiegato le ragioni per le quali una tale revoca dovrebbe esonerare la società dal pagamento del compenso già pattuito, fino alla naturale scadenza del mandato. 1.2. Ove tale risarcibilità fosse ammessa, come dovrebbe, il giudice del rinvio non potrebbe non rilevare la mancanza di una giusta causa di revoca delle deleghe all’amministratore, odierno ricorrente nelle persone dei suoi eredi . 2. La Corte territoriale ha accolto l’appello della società sulla base della considerazione che il potere fiduciario che unisce, e deve unire, il Consiglio di amministrazione al singolo amministratore, a cui sono conferiti i poteri delegati, sarebbe tale da giustificare anche quello di revocare in qualsiasi momento nel che si può individuare un regime parallelo a quello della revoca assembleare senza che e qui sta la differenza ne scaturiscano pretese al risarcimento, se ciò sia avvenuto senza giusta causa. 3. Va premesso, in modo da evitare equivoci, che la vicenda storica di cui la Corte è chiamata ad occuparsi è anteriore al 2003 e, quindi, alla riforma del diritto societario anche se occorre riconoscere che - in assenza di un espresso nuovo dato normativo posteriore, introdotto nel sistema dalla riforma delle società di capitali - la giurisprudenza di merito e la dottrina si presentino da tempo, al riguardo, divisi non già sul problema dei rapporti tra il Consiglio di amministrazione e i delegati non apparendo dubbio che il primo possa revocare i secondi, dato il carattere sopraordinato del Consiglio ma sulle conseguenze delle revoca, in mancanza di una giusta causa, ed in particolare sul diritto dell’amministratore delegato a far valere il suo ipotizzato diritto al risarcimento del danno. 4. A tale riguardo, il ragionamento del giudice distrettuale che ritenendo non legittima la richiesta risarcitoria ha conseguentemente omesso ogni valutazione del fatto relativo alla sussistenza, in concreto, della giusta causa di revoca delle deleghe , non appare condivisibile. 4.1 . E ciò non solo perché, anteriormente alla riforma societaria, in casi siffatti, la dottrina prevalente riteneva sussistente il diritto a risarcimento del danno da parte dell’amministratore delegato a cui fosse stata tolta la delega. 4.2. Infatti, contrariamente a quanto opina la Corte distrettuale che, peraltro, sembra non distinguere tra la disciplina applicabile ratione temporis e quella successiva alla riforma societaria e sembra argomentare in una dimensione atemporale l’unica disposizione positiva che viene in considerazione è proprio l’art. 2383, 3 co., c.c., il quale - nel testo rimasto immutato, sia prima che dopo la riforma stabilisce il principio della risarcibilità dell’amministratore che abbia subito la revoca da parte dell’assemblea, senza che questa sia stata data con giusta causa . 4.3. In sostanza, questa disposizione detta una norma che afferma un rilevante principio, quello dell’esistenza non già di un potere illimitato dell’assemblea, ma di una facoltà discrezionale e controllata, che è limitata, ovviamente, non già in vista del conseguimento degli interessi e degli obiettivi societari ma solo in considerazione de rispetto della posizione sociale ed economica dell’amministratore di società. Ossia in ragione della dignità e del sacrificio economico imposto alle persone che rivestono la carica amministrativa e che, in ragione dell’atto di revoca, vedono sacrificata, in una misura più o meno ampia, la propria posizione. 4.4. Partendo da tale regola, si comprenderà che non ha valore il ragionamento svolto in alcune decisioni di merito, volte a sottolineare come pure fa la sentenza impugnata in questa sede le diversità, innegabilmente esistenti, tra la vicenda della revoca dell’amministratore da parte dell’assemblea 2383 c.c. rispetto a quella della revoca delle deleghe, affidate ai propri delegati, dal consiglio di amministrazione 2381 c.c. . Tanto più quando tali deleghe comportino un’attività amministrativa a termine, impegnativa e remunerata, suscettibile di valutazioni e considerazioni professionali in un ambito riconducibile al mercato dei manager. 4.5. Sotto tali profili, pertanto, vi è - tra i due casi quella identità di ratio che, in difetto di una disciplina positiva, giustifica il ricorso analogico alla disposizione richiamata, con il ricorso alla previsione astratta l’art. 2383, 3 co. c.c. della risarcibilità del danno, anche in caso di revoca della delega non solo della qualità di amministratore in difetto di giusta casua” la cui sussistenza deve, ovviamente, essere valutata in concreto dal giudice di merito . 5. In conclusione il ricorso deve essere accolto in applicazione del principio di diritto secondo cui In tema di società di capitali, la revoca della delega all’amministratore delegato, decisa dal consiglio di amministrazione, deve essere assistita da giusta causa , anche in applicazione analogica dell’art. 2383, terzo comma, cod. civ., sussistendo, in caso contrario, il diritto del revocato al risarcimento dei danni eventualmente patiti . 5.1. Di conseguenza, la sentenza deve essere cassata in relazione al ricorso accolto e la causa rinviata, per un nuovo esame, alla Corte d’appello di Brescia che, in diversa composizione, farà applicazione del principio enunciato e regolerà le spese anche di questa fase del giudizio. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese di questa fase, alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione.