Titoli di credito “astratti”, ma non nei rapporti interni tradens-accipiens

Nei rapporti interni, il tradens può sempre eccepire la mancanza, originaria o sopraggiunta, della causa del trasferimento, come ad esempio l’acquisto in malafede della disponibilità del titolo.

Il caso. Il possessore di un libretto di deposito al portatore si opponeva alla procedura di ammortamento del titolo di credito introdotta dal curatore dell’eredità giacente del tradens originario. Nel corso del giudizio si costituiva poi il Comune in sostituzione del curatore dell’eredità giacente avendo accettato con beneficio di inventario l’eredità in questione. In primo grado il Tribunale accoglieva l’opposizione dell’ accipiens sposando la tesi dello stesso che riteneva irrilevante le questioni relative al rapporto sottostante il titolo di credito. In secondo grado la Corte d’Appello, invece, ribaltava la decisione poiché riteneva dimostrato dal Comune il fatto che il titolo di credito era stato consegnato a mero titolo di custodia escludendo l’attribuzione all’ accipiens del potere di disporne. Iefficacia giuridica del titolo di credito. In tema di titoli di credito, il diritto del portatore che abbia il possesso del documento viene meno se lo stesso perde efficacia di titolo di credito nel caso previsto dall’art. 9, legge n. 948/1951 che ricorre quando, al termine della procedura di ammortamento promossa a seguito di smarrimento, distruzione o sottrazione, sia pronunciata l’inefficacia giuridica del titolo con decreto contro il quale è possibile introdurre un giudizio di opposizione che tende a far risolvere la questione se il documento e quindi la legittimazione spetti all’ammortante o all’opponente detentore. Quest’ultimo è tenuto a provare soltanto di aver acquistato la titolarità del credito dimostrando di aver posseduto il documento prima dell’ammortamento, mentre l’ammortante ha l’onere di provare che l’acquisto del possesso era avvenuto in mala fede o che il credito era stato successivamente trasferito dal detentore. La prima questione valutata dalla Corte in relazione alle censure mosse dal ricorrente riguarda la qualificazione del litisconsorzio che ha visto come protagonista” il Comune di Varazze. Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello aveva erroneamente qualificato la situazione come intervento di terzo iussu iudicis ex art. 107 c.p.c., mentre invece essa doveva essere considerata come litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c. poiché così è previsto dall’art. 12, legge n. 948/1951. Norma in bianco”. In particolare, l’art. 102 c.p.c. è tradizionalmente definito come norma in bianco” perché si limita a stabilire che, quando la decisione non può pronunciarsi se non nei confronti di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo, lasciando però ampio spazio all’interprete nell’individuazione delle singole ipotesi effettive di litisconsorzio. Generalmente si ritiene che l’art. 102 c.p.c. ricorre nei giudizi con rapporti plurisoggettivi e che l’indispensabilità della presenza di tutte le parti sussiste affinché non venga emessa una sentenza inutiliter data , bensì, al contrario, idonea a realizzare tutti gli effetti in funzione dei quali è stata proposta la domanda. In particolare, al di là dei casi espressamente previsti dalla legge, il litisconsorzio necessario ricorre solo quando, per la particolare natura o configurazione del rapporto dedotto in giudizio, la decisione non può conseguire il proprio scopo se non è resa nei confronti di tutti i soggetti necessari” litisconsorzio sostanziale . Quando il giudice dispone l’integrazione del contraddittorio ravvisando un litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c. le parti devono provvedere entro il termine perentorio stabilito, pena l’estinzione del giudizio. L’art. 107 c.p.c. prevede invece la diversa fattispecie nella quale il giudice ritiene opportuna la partecipazione al processo di un terzo al quale la causa è comune. Pertanto dispone l’integrazione del contraddittorio nei suoi confronti se nessuna parte provvede a citare il terzo, la causa viene cancellata dal ruolo con successiva estinzione in mancanza di riassunzione. Nel caso di specie, la Corte non esamina nel dettaglio se l’art. 12 legge n. 948/1951 prevede o meno un’ipotesi di litisconsorzio necessario. Il motivo sollevato dal ricorrente è infatti giudicato non decisivo poiché era irrilevante capire se il terzo era intervenuto ai sensi dell’art. 107 c.p.c. o ai sensi dell’art. 102 c.p.c., dato che il Comune si era regolarmente costituito in entrambi i gradi di giudizio. Infatti, anche l’art. 107 c.p.c. dà comunque luogo a un litisconsorzio necessario, seppur di carattere processuale, e affinché la parte possa dolersi della presunta errata qualificazione della fattispecie processuale, deve avere un interesse concreto e diretto che però non era stato neppure prospettato dal ricorrente. Il secondo punto cardine della sentenza è relativo invece all’ammortamento del titolo di credito. Il trasferimento del libretto al portatore si realizza con la mera consegna. Gli Ermellini ricordano che in tema di titoli di credito, il trasferimento del libretto al portatore si realizza con la mera consegna dello stesso dal tradens all’ accipiens . In tal modo quest’ultimo acquisisce la titolarità e la legittimazione all’esercizio del diritto incorporato nel documento, indipendentemente dalla sussistenza di una iusta causa traditionis , stante l’astrattezza tipica dei titoli di credito. Così sosteneva il ricorrente in Cassazione. Essendo entrato nella disponibilità materiale del libretto per via della consegna eseguita in suo favore dal tradens , l’ accipiens sosteneva infatti l’irrilevanza dei motivi e delle questioni relative al rapporto sottostante. Tuttavia, spiega la Suprema Corte, nei rapporti interni, il tradens può sempre eccepire la mancanza, originaria o sopraggiunta, della causa del trasferimento, come ad esempio l’acquisto in malafede della disponibilità del titolo. Infatti l’astrattezza del trasferimento riguarda lo strumento di circolazione del titolo, ma non contrasta con l’efficacia causale che è generalmente allo stesso riconosciuta. Nella fattispecie in esame il Comune aveva avviato la procedura di ammortamento del titolo, facendo venir meno ex art. 9 legge 948/1951 l’efficacia del libretto ed era riuscito a dimostrare l’esistenza di un diritto alla restituzione del libretto ancorché consegnato all’ accipiens . Tale consegna infatti era avvenuta solo a titolo di custodia, per evitare rischi di smarrimento, e così l’ammortante aveva dimostrato l’assenza di buona fede dell’ accipiens del titolo. La decisione della Corte d’Appello veniva dunque confermata.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 1 aprile – 15 maggio 2015, n. 10022 Presidente Forte – Relatore Lamorgese Svolgimento del processo 1.- In data 16.11.1992, su ricorso di M.B. , nella qualità di curatore dell'eredità giacente di V.G. , il Presidente del Tribunale di Savona ha emesso un decreto di ammortamento del certificato di deposito al portatore n. omissis di L. 60milioni, acceso presso l'Agenzia di Varazze della Carige, avverso il quale ha proposto opposizione V.E. , il quale ha affermato di averne il possesso in modo pacifico e legittimo sin dal momento dell'emissione. Nel giudizio la Carige non si è costituita e il M. ha riferito di non essere più curatore dell'eredità giacente, essendo la relativa procedura stata dichiarata cessata, poiché l'eredità era stata accettata con beneficio di inventario dall'ente Casa del Nonno, amministrato dal Comune di Varazze, al quale aveva trasmesso i documenti relativi alla procedura di ammortamento. Il Comune di Varazze, evocato in giudizio su disposizione del giudice, si è costituito deducendo la propria estraneità al rapporto processuale pendente tra il M. e il V. e la inammissibilità e infondatezza dell'opposizione. 2.- Il Tribunale ha accolto l'opposizione del V. e revocato il decreto di ammortamento. 3.- Il gravame del Comune è stato accolto dalla Corte d'appello di Genova, con sentenza 8.3.2008, che ha ritenuto integro il contraddittorio nei confronti del medesimo Comune, costituitosi nel giudizio, e ha rigettato l'opposizione del V. . Ad avviso della Corte, l'opponente non aveva dimostrato di avere ricevuto dalla titolare il possesso del certificato di deposito, inteso come potere di disporne, mentre il Comune aveva dimostrato che la consegna da parte della titolare V.G. aveva avuto luogo in base a un titolo di custodia che escludeva l'attribuzione al V. del potere dispositivo intrinseco alla nozione di possesso. 4.- Il V. ricorre per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati da memoria, cui si oppone il Comune di Varazze il M. ha depositato un controricorso nel quale si è rimesso a giustizia la Banca Carige non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione 1.- Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 102 c.p.c. e 12 della legge 30.7.1951 n. 948, imputando ai giudici di merito di avere erroneamente qualificato la posizione processuale del Comune di Varazze come di interveniente iussu iudicis ex art. 107 c.p.c, anziché di litisconsorte necessario. Il quesito di diritto è volto ad accertare che l'art. 12 cit. prevede un'ipotesi di litisconsorzio necessario e conseguentemente [a dichiarare] nella presente fattispecie applicabile così come riconosciuto dal Giudice di primo grado l'art. 102 c.p.c. e non, come invece ritenuto dal Giudice d'appello, l'art. 107 c.p.c. . 1.1.- Il motivo è inammissibile per difetto di interesse del proponente, essendosi il predetto Comune costituito in entrambi i gradi del giudizio di merito, e non rileva evidentemente che la sua partecipazione sia avvenuta a seguito di un ordine d'intervento in causa disposto dal giudice ai sensi dell'art. 107 c.p.c., oppure ai sensi dell'art. 102 c.p.c., nella qualità di litisconsorte necessario. Infatti, l'ordine d'intervento in causa del terzo ex art. 107 c.p.c. da sempre luogo ad un litisconsorzio necessario di carattere processuale. Pure ammettendo che esso non sia di per sé sufficiente a far ritenere anche il carattere sostanziale del litisconsorzio necessario medesimo v. Cass. n. 3894/1989 , che può derivare soltanto dall'esistenza di un rapporto giuridico plurilaterale unico ed indivisibile per sua stessa natura, tuttavia, perché la parte sia legittimata a dolersi dell'errore nella scelta dello strumento processuale utilizzato per realizzare la partecipazione al giudizio del terzo litisconsorte necessario, è necessario che ricorra un interesse concreto e diretto che, nella situazione in esame, non è stato neppure prospettato. 2.- Il secondo e il quarto motivo sono inammissibili, perché privi dei necessari momenti di sintesi, ex art. 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis , adeguati ai vizi motivazionali dedotti la sintesi deve concretizzarsi in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso -in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria - ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza renda inidonea la motivazione a giustificare la decisione, v. Cass. n. 12248/2013, s.u. n. 3698/2012, n. 4556/2009 . 3.- Nel terzo motivo il V. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2003 e 1994 c.c., per avere la Corte territoriale rigettato l'opposizione al decreto di ammortamento, nonostante che egli avesse il legittimo possesso del certificato, acquisito in buona fede, che gli era stato consegnato dalla titolare, V.G. , tramite sua moglie, ipotizzando erroneamente che la consegna fosse avvenuta a titolo di mera custodia, sulla base di un ingiustificato rilievo dato alle dichiarazioni generiche e interessate di una testimone G.E. . Il motivo si conclude con un quesito di diritto che chiede di stabilire che la mera consegna di un titolo di credito al portatore o di un documento rappresentativo del credito costituisce atto idoneo a trasferire la titolarità del credito incorporato nel titolo ai sensi di quanto disposto dagli artt. 1994 2003 c.c. . Il motivo è infondato. 3.1.- Si deve premettere che - il trasferimento del libretto al portatore si realizza con la consegna art. 2003 c.c. , la quale, da un lato, investe l' accipiens della titolarità e della legittimazione all'esercizio del diritto in esso incorporato, indipendentemente dalla prova di una iusta causa traditionis , e, dall'altro, si configura nel rapporto con il debitore , rispetto alla causa dell'attribuzione cosiddetto rapporto sottostante o iusta causa traditionis , come negozio astratto, ossia svincolato, quanto alla sua validità ed efficacia immediata, dalla effettiva esistenza di una causa siffatta ad esso esterna . Si spiega perché non incomba sul possessore la prova del processo acquisitivo del titolo, spettando alla controparte, cioè al tradens o ai suoi eredi, che pretendano la restituzione del titolo e il riconoscimento dell'esistenza di un titolo alla restituzione, di dedurre ope exceptionis o in via di azione la mancanza originaria o sopravvenuta della causa del trasferimento e dimostrare l'esistenza di una valida ragione giustificativa della propria pretesa, come, ad esempio, l'acquisto in mala fede da parte del portatore attuale, e ciò al fine di neutralizzare o rimuovere gli effetti del negozio attributivo v. Cass. n. 19329/2013, n. 22328/2007, n. 18435/2003 . È necessario, infatti, precisare che l'astrattezza del trasferimento attiene allo strumento di circolazione del titolo, ma non contrasta con la natura causale che è ad esso generalmente attribuita, sicché l'attribuzione al consegnatario del titolo dei poteri relativi alla proprietà può trovare ragioni di limitazione nel rapporto sottostante intercorso fra le parti - potendo il libretto essere trasmesso all' accipiens per l'incasso o per procura o dato in pegno o, come nel caso in esame, a scopo di custodia - ed è per questo che, nei rapporti tra tradens ed accipiens , nonché dei relativi eredi, è ammessa l'opponibilità delle eccezioni fondate sul rapporto causale sottostante v. Cass. n. 7075/1990, n. 5618/1986, n. 527/1973, n. 5949/1982, n. 3824 e 2074/1968 . In altri termini, la traditio del titolo al portatore legittima il possessore del titolo stesso all'esercizio del diritto in esso menzionato, ma nei rapporti interni tra il tradens e i suoi eredi e l' accipiens , l'appartenenza della titolarità del diritto è condizionata all'esistenza e validità del rapporto sottostante tra essi intercorso. Il diritto del portatore che abbia il possesso del documento viene meno se il libretto perda l'efficacia di titolo di credito, nel caso previsto dall'art. 9 della legge n. 948/1951, che ricorre quando, al termine della procedura di ammortamento promossa a seguito di smarrimento, distruzione o sottrazione, sia pronunciata l'inefficacia giuridica del libretto con decreto contro il quale è possibile introdurre un giudizio d'opposizione che tende a far risolvere la questione se il documento e quindi la legittimazione spetti all'ammortante o all'opponente detentore quest'ultimo, come s'è detto, è tenuto a provare soltanto di avere acquistato la titolarità del credito da esso portato anteriormente all'ammortamento, onere che - nel caso di libretto al portatore - può essere assolto dimostrando di aver posseduto quest'ultimo prima dell'ammortamento, spettando quindi all'ammortante dare la prova contraria attesa la presunzione di buona fede ex art. 1147 c.c. che l'acquisto del possesso sia avvenuto in mala fede, ovvero stante la presunzione di possesso intermedio ex art. 1142 c.c. che il credito sia stato successivamente trasferito dal detentore v. Cass. n. 15126/2014, n. 15496/2005 . 3.2.- Nell'ambito dei sopra ricordati principi si colloca la sentenza impugnata la quale, dopo avere premesso che incombeva al Comune di Varazze l'onere di provare l'esistenza di un titolo alla restituzione del libretto, ancorché consegnato e, quindi, trasferito al V. , ha ritenuto che detta prova fosse stata fornita nel giudizio. Infatti, il libretto era stato consegnato dalla titolare alla moglie del V. a titolo di custodia, stante l'esigenza di porre i risparmi al riparo da rischi di smarrimento e, di conseguenza, l'ammortante aveva, in sostanza, dato prova dell'assenza della buona fede del consegnatario del titolo. La censura in esame è volta a una rivalutazione della prova testimoniale svolta nel giudizio di merito che, evidentemente, non è consentita in sede di legittimità e, in particolare, non lo è con il mezzo proposto ex art. 360 n. 3 c.p.c 4.- In conclusione, il ricorso è rigettato. Sussistono giusti motivi per compensare le spese del grado, in considerazione della novità della fattispecie concreta. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso compensa le spese del grado.