I soci che garantiscono la società, sapendo che era destinata a fallire, devono rispondere al creditore

Il creditore può proporre azioni autonome nei confronti di più obbligati in solido, anche nel caso in cui uno di essi sia fallito. Conseguentemente l’azione verso il fallito prosegue con il ricorso alla procedura speciale di insinuazione del credito nel passivo, essendo improcedibile la domanda ordinaria nei suoi confronti, mentre si ha la prosecuzione dell’azione con rito ordinario nei confronti del coobbligato in bonis.

Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3119/15, depositata il 17 febbraio. Il caso. La Corte d’appello di Firenze accoglieva in parte l’opposizione proposta congiuntamente da due fideiussori di una s.r.l. nei confronti del decreto con cui il Tribunale aveva ingiunto a loro e alla società garantita il pagamento di un debito bancario insorto a seguito dell’ottenimento di dieci finanziamenti. La circostanza del fallimento della società in corso di causa rendeva improcedibile la domanda nei confronti della stessa, mentre poteva proseguire quella nei confronti dei condebitori in bonis . Inoltre il comportamento della banca, che aveva continuato a fare credito alla società anche quando era evidente il suo stato di difficoltà economica, non aveva determinato, sempre secondo i giudici di seconde cure, l’estinzione della fideiussione, poiché i fideiussori erano a conoscenza della critica situazione della garantita, in quanto soci della stessa. I due fideiussori impugnano la sentenza in Cassazione, lamentando la mancata pronuncia di improcedibilità della domanda anche nei loro confronti, come conseguenza del fallimento della società garantita, oltre al fatto che i giudici di merito erroneamente avevano dato rilievo alla loro consapevolezza circa le condizioni di difficoltà economica della società. Il fallimento di un condebitore in solido. Il primo motivo di ricorso è infondato. I giudici di legittimità richiamano in merito un principio ormai consolidato, secondo il quale l’autonomia delle azioni proponibili dal creditore nei confronti di più soggetti solidalmente obbligati nei suoi confronti, opera anche ove uno di essi sia dichiarato fallito. Di conseguenza, l’azione nei suoi confronti dovrà proseguire tramite la procedura speciale di insinuazione nel passivo, essendo improcedibile la domanda proposta con rito ordinario, la quale proseguirà invece nei confronti del coobbligato in bonis Corte di Cassazione, ordinanza n. 2411/10 . Il fideiussore che è socio della società garantita. Gli ulteriori motivi di impugnazione sono allo stesso modo dichiarati infondati. In tal senso assume rilevanza la costante affermazione giurisprudenziale per cui, ove il fideiussore sia anche amministratore della società garantita, la richiesta di ulteriore credito a favore della stessa comporta l’autorizzazione alla concessione dello stesso. Mentre nel momento in cui il fideiussore sia soltanto socio della società si ha comunanza di interesse tra i due soggetti, per cui si presume che il fideiussore – socio sia a conoscenza dell’andamento della gestione economica societaria, soprattutto ove questa abbia dimensione familiare, come nel caso di specie. Ne consegue la legittimità della presunzione dei giudici di merito relativa al fatto che i fideiussori, con il loro comportamento omissivo in termini di dovere informativo nei confronti della banca, abbiano inteso condividere il comportamento del creditore. Per questi motivi la Suprema Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 15 gennaio – 17 febbraio 2015, n. 3119 Presidente Forte – Relatore Di Amato Ritenuto in fatto e in diritto - che, con sentenza del 18 giugno 2009, la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza in data 20 giugno 2003 del Tribunale di Pistoia, accoglieva in parte l'opposizione proposta da M.F.P. e da G.P., fideiussori della s.r.l. S., avverso il decreto con cui il Presidente dello stesso Tribunale aveva ingiunto ad essi ed alla predetta società il pagamento alla s.p.a. Cassa di risparmio di Pistoia e Pescia della somma di lire 309.246.380= più precisamente la Corte di appello escludeva il debito quanto al saldo debitore di un conto corrente intrattenuto dalla società garantita, mentre lo confermava quanto al debito derivante da dieci finanziamenti ricevuti dalla S In particolare, per quanto ancora interessa, la Corte di appello osservava che 1 il fallimento della società garantita, intervenuto in corso di causa, rendeva improcedibile la domanda nei confronti della stessa mentre poteva proseguire l'azione promossa nei confronti dei condebitori in bonis 2 il fatto che la banca avesse continuato a fare credito alla s.r.l. S. quando questa si trovava in evidenti e note condizioni di precarietà economico-patrimoniale non aveva determinato l'estinzione della fideiussione ai sensi dell'art. 1956 c.c. poiché i fideiussori avevano conoscenza delle difficoltà economiche della debitrice principale, come poteva desumersi dal fatto che la società aveva una dimensione familiare, che entrambi i fideiussori ne erano soci ed -uno ne era anche l'amministratore unico 3 l'esito della lite giustificava la compensazione nella misura di un terzo delle spese dell'intero giudizio che per i restanti due terzi dovevano fare carico ai P. - che avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione M.F.P. e G.P., deducendo 1 la violazione degli artt. 52 e 93 l. fall. in quanto erroneamente la Corte territoriale non aveva fatto discendere dal fallimento del debitore principale l'improcedibilità della domanda anche nei confronti dei fideiussori 2 la violazione dell'art. 1956 c.c. in quanto erroneamente la sentenza impugnata aveva dato rilievo alla conoscenza da parte dei fideiussori del mutamento delle condizioni patrimoniali del garantito 3 il vizio di motivazione quanto alla ritenuta conoscenza in capo ad entrambi i fideiussori del predetto mutamento 4 la violazione degli artt. 91, 92 e 336 c.p.c. in quanto il giudice di appello, pur avendo accolto parzialmente il gravame, aveva dato una disciplina delle spese del giudizio di primo grado più sfavorevole per gli appellanti di quella data dal Tribunale che aveva compensato per metà le spese di lite che la s.p.a. Cassa di risparmio di Pistoia e Pescia resiste con controricorso - che il fallimento della s.r.l. S. non ha svolto attività difensiva ~ che entrambe le parti costituite hanno presentato memoria - che il primo motivo è infondato è, infatti, principio consolidato quello secondo cui l'autonomia delle azioni proponibili da un creditore nei confronti di più soggetti solidalmente obbligati nei suoi confronti, opera anche nel caso del fallimento di uno di essi, con la conseguenza che l'azione verso il fallito comporta il ricorso alla procedura speciale dell'insinuazione al passivo del credito, quindi l'improcedibilità della domanda, mentre l'azione nei confronti del coobbligato in bonis può procedere con il rito ordinario Cass. ord. 2 febbraio 2010, n. 2411 Cass. 9 luglio 2005, n. 14468 Cass. 15~ aprile 1.995, n. 4300 - che il secondo ed il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, e sono infondati. Invero, quanto al fideiussore che sia anche amministratore della società garantita è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui la richiesta di ulteriore credito implica l'autorizzazione alla concessione dello stesso Cass. 21 febbraio 2006, n. 3761 Cass. 5 giugno 2001, n. 7587 Cass. 1° luglio 1998, n. 6414 Cass. 9 dicembre 1997, n. 12456 . Quanto al fideiussore che sia soltanto socio è stata affermata una comunanza di interessi tra la società garantita ed il fideiussore, per cui non solo non esiste il pericolo che quest'ultimo sia all'oscuro dell'andamento della gestione economica dell'impresa, tanto più se la società ha una dimensione familiare, ma non è configurabile neppure una estraneità del fideiussore agli interessi del garantito che richieda una lettura della norma contenuta nell'art. 1956 cod. civ. nel senso che essa è predisposta ad assicurare una speciale tutela dell'altra parte nell'ambito del rapporto creato dal contratto di fideiussione e ad imporre uno speciale dovere di informazione da parte della banca Cass. 3 agosto 1995, n. 8486 Cass. 6 aprile 1992, n. 4208 con riferimento all'ipotesi di società garantita e società fideiubente Cass. 7 luglio 1971, n. 2130 ne consegue, nella specie, la legittimità della presunzione operata dal giudice di merito quanto al fatto che il fideiussore, con il suo comportamento passivo, ha inteso condividere il comportamento del creditore che il quarto motivo è infondato invero, è principio pacifico quello secondo cui il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d'ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, dato che l'onere di esse va attribuito e ripartito tenendo presente l'esito complessivo della lite e plurimis Cass. 30 agosto 2010, n. 18837 Cass. ord. 18 marzo 2014, n. 6259 . Si deve, pertanto, escludere che la rideterminazione delle spese del giudizio di primo grado sia avvenuta senza che la Corte territoriale ne avesse il potere il giudice d'appello, infatti, anche senza impugnazione sul punto da parte della Cassa di risparmio di Pistoia e Pescia, rimasta vittoriosa in primo grado, una volta caduta la statuizione sulle spese resa dal giudice di primo grado, doveva procedere ali nuovo regolamento delle spese, senza che dal precedente rege amento derivasse alcun limite alla sua discrezionalità - che le spese seguono la socquenza e si liquidano come in dispositivo, P.Q.M. rigetta il ricorso condanna riccorrenti in solido al rimborso delle spese di lite liquidate di euro 8.200,00 di cui 200 per esborsi, oltre spese generali, IVA e CP.