Atto dispositivo successivo al sorgere del credito: è necessaria la consapevolezza del terzo sul pregiudizio arrecato al debitore

In tema di azione revocatoria ordinaria, allorché l'atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, l'unica condizione per l'esercizio della stessa è che il debitore fosse a conoscenza del pregiudizio delle ragioni del creditore e, trattandosi di atto a titolo oneroso, che di esso fosse consapevole il terzo, la cui posizione - per quanto riguarda i presupposti soggettivi dell'azione - è sostanzialmente analoga a quella del debitore la prova del predetto atteggiamento soggettivo può essere fornita tramite presunzioni il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove congruamente motivato.

Con la pronuncia del 30 dicembre 2014, n. 27546, la Corte di Cassazione conferma il proprio pregresso orientamento in tema di azione revocatoria precisando che, qualora l’atto dispositivo sia successivo al credito, la posizione del debitore e del terzo sono sostanzialmente analoghe, in ordine alla conoscenza del pregiudizio delle ragioni dei creditori. Il caso. La vicenda decisa dalla Cassazione con la sentenza in commento prende la mosse dall’azione revocatoria avviata da una società in liquidazione relativa la compravendita di un immobile effettuata dalla società prima della liquidazione ed un altro società. Accolta in primo grado, tale domanda viene rigettata in appello sul rilievo che non risultava provata la consapevolezza del terzo acquirente circa il pregiudizio derivante alla società alienante dalla compravendita stessa, posto che tale consapevolezza era stata riferita alla figura del socio di maggioranza e non a quella del legale rappresentante. Il S.C., esaminata la vicenda e preso atto, tra l’altro, del fatto che il socio di maggioranza era l’effettivo regista dell’operazione e che la società acquirente era stata costituita il giorno stesso dell’operazione contestata, richiamando la massima di cui sopra, cassa la sentenza di appello e rimette la causa innanzi alla corte di appello per un nuovo esame. Azione revocatoria come e perché. Secondo la previsione dell’art. 2901 c.c., il creditore può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi riguardi gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni quando, trattandosi di atto a titolo oneroso successivo alla nascita del credito, il terzo fosse consapevole del pregiudizio che l'atto arrecava alle sue ragioni. Quindi, quando l'atto dispositivo è successivo al sorgere del credito, è sufficiente la consapevolezza del terzo di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore. In particolare, la consapevolezza dell'evento dannoso da parte del terzo contraente richiesta ai sensi dell'art. 2901 del codice civile consiste nella conoscenza generica, fornita anche a mezzo di presunzioni, del pregiudizio che l'atto di disposizione posto in essere dal debitore, diminuendo la garanzia patrimoniale, può arrecare alle ragioni dei creditori e, nel caso vi sia un rapporto di parentela e convivenza fra le parti la convinzione del giudice di merito è logica e congrua. Se il credito è litigioso? Secondo la giurisprudenza, la natura litigiosa del credito e la pendenza della relativa controversia non costituiscono circostanze ostative all'utile esperimento dell'azione revocatoria. Tra il giudizio afferente tale azione e quello sulla esistenza del credito non è, infatti, configurabile alcuna pregiudizialità logico-giuridica, non potendo i due accertamenti portare ad un contrasto di giudicati. Azione revocatoria e depauperamento del debitore L'esperimento dell'azione revocatoria ordinatoria non richiede la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito, che può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una modificazione qualitativa di esso. Tale rilevanza quantitativa e qualitativa dell'atto di disposizione deve essere provata dal creditore che agisce in revocatoria, essendo onere del debitore, per sottrarsi agli effetti di tale azione, provocare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore. La consapevolezza del terzo dolo generico o dolo specifico? Per il fruttuoso esperimento dell'azione revocatoria occorre dimostrare il dolo generico e, cioè, la mera consapevolezza da parte del debitore e del terzo del danno derivane dall'atto dispositivo allorquando quest'ultimo è posteriore rispetto alla costituzione del credito, viceversa, nel caso in cui l'atto dispositivo è anteriore all'insorgere del credito occorrerà invece dimostrare un dolo specifico consistente nella consapevole volontà del debitore e del terzo di pregiudicare le ragioni del creditore futuro. Da tale strutturale differenza ed in aderenza al principio della domanda consegue che in ambito procedurale non potrà aversi conversione dell'una azione revocatoria a dolo generico nell'altra a dolo specifico, in assenza di apposita ed esplicita domanda nell'atto introduttivo. Nel caso di specie, come illustrato nella sentenza, il socio di maggioranza della società acquirente aveva fornito la provvista per l’operazione senza che la stessa, a titolo di prezzo, fosse poi stata effettivamente trasferita alla società alienante, mentre la società acquirente, tra l’altro costituita innanzi al notaio il giorno dell’operazione contestata, risultava poi amministrata dal figlio del socio di maggioranza. Azione revocatoria e concessione di ipoteca. Qualora, invece, l'atto da revocare consista nella concessione di ipoteca - che è negozio di disposizione patrimoniale anch'esso suscettibile di determinare una diminuzione della garanzia patrimoniale generica del debitore ex art. 2740 c.c. - incombe al beneficiario della garanzia dedurre e provare che il patrimonio residuo del debitore è di dimensioni tali, in rapporto all'entità della sua complessiva esposizione debitoria, da non esporre ad apprezzabile rischio il soddisfacimento dei crediti chirografari. Azione revocatoria ed azione di simulazione le differenze. L'azione di simulazione e quella revocatoria sono diverse per contenuto e finalità, poiché mentre la prima mira ad accertare la esistenza di un negozio apparente, in quanto insussistente, in ipotesi di simulazione assoluta, o la declaratoria di nullità, la seconda tende ad ottenere la declaratoria di inefficacia di un contratto esistente o realmente voluto, previo accertamento dell'eventus damni, nonché, nei contratti a titolo oneroso, anche della esistenza del consilium fraudis. Tali elementi restano, invece, del tutto estranei alla simulazione, la quale non può dirsi integrata in presenza della sola prova che attraverso l'alienazione di un bene, il debitore abbia inteso sottrarlo alla garanzia generica dei creditori, in quanto, altresì, necessario dimostrare specificamente che tale alienazione sia stata soltanto apparente, nel senso che né l'alienante abbia inteso dismettere la titolarità del diritto, né l'altra parte abbia inteso acquisirla. Azione revocatoria e prescrizione. In tema di azione revocatoria, la norma dell'art. 2903 cod. civ. va coordinata con quella prevista dall'art. 2935 cod. civ., secondo cui la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. Ne consegue che, nel caso in cui sia esercitata un'azione ex art. 2901 cod. civ. per la revoca di un atto di trasferimento di un immobile, la prescrizione inizia a decorrere non già dalla data di stipulazione ma da quella di trascrizione dell'atto, necessaria affinché il trasferimento sia reso pubblico, conoscibile ai terzi ed a loro opponibile.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 5 novembre – 30 dicembre 2014, n. 27546 Presidente e Relatore Spirito Svolgimento del processo Il Tribunale di Roma dichiarò l'inefficacia, ai sensi dell'art. 2901 c.c., nei confronti della soc. MACI 95 in liquidazione del contratto di compravendita immobiliare stipulato tra le società Anphitryon e Maci 95 in data 19 dicembre 1996. La sentenza è stata riformata dalla Corte d'appello di Roma, la quale, nel respingere la domanda, ha ritenuto non provata la consapevolezza del terzo acquirente circa il pregiudizio derivante alla società alienante dalla compravendita in questione precisando, in particolare, che il primo giudice aveva errato nell'attribuire la consapevolezza del pregiudizio all'avv. A.A. all'epoca socio di maggioranza dell'Anphitryon e fornitore della provvista per l'acquisto , ma non legale rappresentante dell'acquirente. Propone ricorso per cassazione la MACI 95 in liquidazione attraverso due motivi. Rispondono con controricorso la Anphitryon in liquidazione, nonché l'Avvocatura Generale dello Stato per l'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, la quale chiede l'accoglimento del ricorso della MACI 95. Motivi della decisione Con riguardo all'azione revocatoria proposta dalla società MACI 95, la sentenza impugnata ha accertato l'esistenza del credito, riferito all'aspettativa che avevano i soci alla ripartizione degli utili, ai sensi dell'art. 2433 c.c. il pregiudizio economico subito dalla società alienante per non aver percepito il prezzo della vendita, pur essendosi spogliata della proprietà dell'immobile il versamento del prezzo della compravendita non all'amministratore della società alienante, bensì ai C. / Ci. la qualità di questi di soci di fatto, ma non formali della MACI 95, alla quale non ritrasferirono il prezzo della compravendita dopo averlo percepito. Tuttavia, il giudice d'appello ha respinto la revocatoria per mancanza del presupposto della consapevolezza da parte del terzo acquirente la soc. Anphitryon del pregiudizio derivante alla società alienante la MACI 95 , nella considerazione che tale consapevolezza non poteva essere riferita come aveva fatto il primo giudice all'avv. A.A. , il quale all'epoca era socio di maggioranza della società acquirente, ma ne non aveva la rappresentanza ed era, peraltro, rimasto estraneo al giudizio in cui non ha potuto difendersi . Nei due motivi di ricorso la MACI 95 rappresenta una serie di circostanze attraverso le quali tende a dimostrare che la sentenza impugnata sarebbe incorsa in violazione di legge e vizio della motivazione. Con la società ricorrente - come s'è visto - solidarizza l'Avvocatura dello Stato, che è presente nel giudizio per l' Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata . Il ricorso è fondato. In tema di azione revocatoria ordinaria, è consolidato il principio giurisprudenziale secondo cui, allorché l'atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, l'unica condizione per l'esercizio della stessa è che il debitore fosse a conoscenza del pregiudizio delle ragioni del creditore e, trattandosi di atto a titolo oneroso, che di esso fosse consapevole il terzo, la cui posizione per quanto riguarda i presupposti soggettivi dell'azione è sostanzialmente analoga a quella del debitore la prova del predetto atteggiamento soggettivo può essere fornita tramite presunzioni il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove congruamente motivato tra le più recenti, cfr. Cass. n. 17327/11 . Negli atti del giudizio di cassazione è incontroverso che l'atto di trasferimento in questione fu stipulato nel 1996 e la venditrice società dichiarò di aver già in precedenza ricevuto la somma di L. 150 milioni. Nel 2000, nell'ambito di un procedimento di prevenzione vennero confiscati in danno della Ci. e del C. soci di fatto ma non formali della MACI 95, come la stessa sentenza impugnata ammette mobili, immobili, quote sociali e titoli della MA-CI 95 in liquidazione, con nomina di un amministratore giudiziario il dr. P. . Quest'ultimo, con la G.d.F. accertò che nessun prezzo era stato in realtà corrisposto dall'acquirente società la Anphitryon per l'acquisto dell'appartamento. Ecco, allora, che il P. promosse la presente azione per far valere la nullità del contratto, la sua simulazione o comunque l'inefficacia, con restituzione del bene. Ciò premesso, deve rilevarsi che la sentenza, già sulla base delle sue sole considerazioni, si manifesta non soltanto eversiva rispetto al principio giuridico summenzionato, ma, soprattutto, affatto illogica nelle ragioni in base alle quali è pervenuta alle proprie conclusioni. Se è vero, infatti, che l'avv. Giovanni Abet è non solo colui il quale è socio di maggioranza della società acquirente, ma è anche colui il quale ha messo a disposizione la provvista economica attraverso la quale la Anphitryon ha acquistato e pagato il bene nelle mani dei Ci. / C. , non è comprensibile la ragione per la quale a costui non possa e debba essere attribuita la consapevolezza di ledere le ragioni del credito. La circostanza, poi, che il menzionato avvocato A.A. non sia stato presente nel giudizio non ha alcuna rilevanza, ai fini dell'accertamento relativo alla consapevolezza del pregiudizio da parte della società acquirente. A ciò deve aggiungersi che la stessa sentenza riferisce dei rapporti tra i Ci. / C. ed il menzionato professionista, pur dando come indimostrata l'affermazione della C. secondo cui l'acquisto dell'immobile era sostanzialmente da considerarsi come una permuta senza passaggio, dunque, di denaro a fronte delle prestazioni professionali svolte dall'Abet. Oltre a quelle sopra esposte, devono essere annoverate una serie di altre considerazioni svolte dalla ricorrente società, le quali, se compiutamente esaminate dal giudice, lo avrebbero portato a conseguenze logiche affatto opposte rispetto a quelle raggiunte. Dall'interrogatorio formale di A.G. , figlio del menzionato A. e legale rappresentante della società acquirente, risulta che egli, alcune settimane prima del rogito, si portò con suo padre A. presso l'abitazione dove i Ci. / C. erano sottoposti ad arresti domiciliari e dove, in mani di questi ultimi, avvenne la consegna del prezzo in contanti L. 150 milioni , senza che in cambio fosse rilasciata alcuna ricevuta la somma pagata fu tratta da un conto personale del socio di maggioranza A.A. , in mancanza di alcun conto corrente bancario intestato alla Anphitryon benché questa avesse come principale oggetto sociale l'attività immobiliare ed edilizia . I fatti, così come narrati da A.G. , risultano sostanzialmente confermati dal testimone Ar. . È rimasto, inoltre, accertato che la società acquirente era stata costituita lo stesso giorno della compravendita, innanzi allo stesso notaio. Circostanza, questa, dalla quale si deve necessariamente dedurre che, quando l'avvocato A.A. pagò, con proprio denaro, l'appartamento alcune settimane prima del rogito , la società acquirente neppure esisteva, sicché appare del tutto incomprensibile come la sentenza abbia preteso di collegare il presupposto della consapevolezza del pregiudizio alla persona di Giovanni Abet rappresentante legale della società che si costituirà solo il giorno del rogito e non a quella di A.A. che è il vero artefice dell'operazione, per avere egli stesso messo a disposizione la provvista economica necessaria per il pagamento del prezzo e per essere egli divenuto poi socio di maggioranza della società acquirente amministrata da suo figlio . La sentenza deve essere, dunque, cassata ed il giudice del rinvio provvederà a rivalutare la vicenda in base al principio di diritto sopra enunciato ed ai rilievi sopra svolti. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.