Se l’atto dispositivo è anteriore al credito rivendicato, è necessaria la prova della dolosa preordinazione dell’alienante

In tema di azione revocatoria ordinaria, allorché l’atto di disposizione a titolo oneroso sia anteriore al sorgere del credito, la condizione per l’esercizio dell’azione stessa è, oltre al consilium fraudis del debitore, la partecipatio fraudis del terzo acquirente, ossia la conoscenza da parte del terzo della dolosa preordinazione della vendita ad opera del disponente rispetto al credito futuro tale elemento psicologico va provato dal soggetto che lo allega e può essere accertato anche mediante il ricorso a presunzioni, il cui apprezzamento, riservato al giudice del merito, è incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato.

Con la pronuncia n. 25658 del 4 dicembre 2014, la Cassazione definisce i confini dell’azione revocatoria, soprattutto nell’ipotesi in cui l’atto di disposizione sia anteriore al sorgere del credito. Il caso. La vicenda decisa dalla Cassazione con la pronuncia in questione prende avvio dall’azione revocatoria ordinaria avviata dalla curatela di una società. La domanda viene accolta in primo e secondo grado sulla base di una serie di presunzioni sulla conoscenza dello stato di difficoltà economica al momento dell’atto di disposizione. La Corte, invece, rilevando come l’atto di disposizione sia sorto prima dell’insorgenza del credito contestato, rimette la decisione alla corte territoriale affinché verifichi tale profilo. Nel primo grado, infatti, la curatela aveva evidenziato questo aspetto solo nella comparsa conclusionale mentre il S.C., ravvisando nell’anteriorità o meno dell’atto dispositivo rispetto al credito una diversa causa petendi , ritiene necessario che la Corte territoriale compia un ulteriore accertamento in merito. Azione revocatoria come e perché. Qualora il debitore abbia compiuto un atto di disposizione che rechi pregiudizio alle ragioni del creditore, questi può promuovere l’azione revocatoria art. 2901 c.c. al fine di ottenere che l’atto di disposizione in questione sia dichiarato inefficace nei suoi confronti. Presupposto dell’azione è, in particolare, il c.d. eventus damni , ossia la sussistenza di un pregiudizio alle ragioni del creditore derivante direttamente dall’atto di disposizione. Eventus damni prima e dopo l’atto di disposizione. L’atto pregiudizievole può essere revocato se posto in essere prima o dopo l’insorgenza del credito che si ritiene leso. Se l’atto è compiuto dopo, è sufficiente provare che il debitore fosse consapevole del pregiudizio procurato dall’atto al suo creditore. Se, per contro, come nel caso di specie, l’atto è anteriore al sorgere del credito del credito, l’azione revocatoria sarà esperibile solo se il creditore riuscirà a dimostrare la dolosa preordinazione consilium fraudis , ossia non la semplice consapevolezza ma la volontà di arrecargli pregiudizio e, se l’atto è a titolo oneroso, anche da parte del terzo partecipatio fraudis . Azione revocatoria quando il patrimonio del debitore è compromesso. A fondamento dell’azione revocatoria ordinaria non è richiesta la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito, che può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una modificazione qualitativa di esso a titolo di esempio, la sostituzione di un immobile con il denaro derivante dalla compravendita comporta di per sé una rilevante modifica qualitativa della garanzia patrimoniale, in considerazione della maggiore facilità di cessione del denaro. Il credito alla base dell’azione revocatoria da intendersi in senso ampio. L’art. 2901 c.c. ha accolto una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità ne consegue che anche il credito eventuale, nella veste di credito litigioso, è idoneo a determinare - sia che si tratti di un credito di fonte contrattuale oggetto di contestazione in separato giudizio sia che si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito - l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria avverso l’atto di disposizione compiuto dal debitore. Azione revocatoria e doppia alienazione immobiliare. Nel caso di due alienazioni consecutive del medesimo immobile, l’accoglimento dell’azione revocatoria proposta con riferimento alla prima alienazione è inopponibile al secondo acquirente, quand’anche in mala fede, se questi abbia trascritto il proprio acquisto prima della trascrizione della domanda di revocazione in tal caso il creditore, ove assuma che anche la seconda vendita sia stata eseguita in frode del suo diritto, dovrà promuovere una nuova azione revocatoria nei confronti del secondo acquirente, oppure proporre tale azione in via riconvenzionale, nell’eventuale giudizio di opposizione all’esecuzione proposto dal subacquirente. Accoglimento dell’azione revocatoria quali effetti per il creditore? L’accoglimento dell’azione revocatoria, ai sensi degli artt. 2901 e 2902 c.c., non comporta l’invalidità dell’atto di disposizione sui beni e il rientro di questi nel patrimonio del debitore alienante, bensì l’inefficacia dell’atto soltanto nei confronti del creditore che agisce per ottenerla, con conseguente possibilità per quest’ultimo, e solo per lui, di promuovere azioni esecutive o conservative su quei beni contro i terzi acquirenti, pur divenuti validamente proprietari.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 31 ottobre – 4 dicembre 2014, n. 25658 Presidente Forte – Relatore Di Amato Ritenuto in fatto e in diritto - che, con sentenza del 4 aprile 2007, la Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, confermava la sentenza in data 17 gennaio 2001 con la quale il Tribunale di quest'ultima città aveva accolto la domanda proposta dal curatore del fallimento della s.r.l. Montusal Service dichiarato il 19 luglio 1997 intesa ad ottenere la revoca, ai sensi dell'art. 2901 c.c. dell'atto, risalente ai primi mesi del 1994, con cui la società poi fallita aveva venduto alla s.r.l. Centrauto un autoveicolo - che, in particolare, la Corte di appello osservava quanto segue 1 lo stato di insolvenza della s.r.l. Montusal risultava dal fatto che la società alla data del 31 marzo 1994 era debitrice della Banca Popolare di Taranto per un importo di oltre un miliardo di lire, rimasto pressoché invariato sino alla dichiarazione di fallimento, mentre non risultava l'esistenza di suoi crediti verso terzi ed il capitale sociale ammontava a lire 95.000.000= 2 nella specie non era necessaria la prova dell'esistenza e dell'ammontare di crediti preesistenti alla vendita né la prova che dopo di essa il patrimonio del debitore era divenuto insufficiente a soddisfare tali crediti nella specie, infatti, ricorreva una ipotesi di dolosa preordinazione diretta a pregiudicare la garanzia generica del credito. In tal senso deponeva sia la parziale coincidenza della compagine sociale della s.r.l. Montusal Service e della s.r.l. Centrauto, sia il fatto che quest'ultima era socia della prima, sia la mancata risposta della convenuta all'interrogatorio formale, sia infine il suo complessivo comportamento processuale caratterizzato dal disinteresse per il giudizio di primo grado nel quale era rimasta contumace e non era comparsa neppure per rendere l'interrogatorio formale - che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la s.r.l. Centrauto, deducendo 1 la violazione degli artt. 183, 184, 345, 324 o 346, 112 c.p.c. poiché la Corte di appello aveva accolto una domanda che era stata formulata soltanto nella comparsa conclusionale e nella memoria di replica del giudizio di appello solo in quella sede, infatti, il fallimento aveva prospettato per la prima volta che la vendita impugnata era stata dolosamente preordinata a frodare i futuri creditori, mentre sino ad allora aveva prospettato soltanto il pregiudizio arrecato alle ragioni dei creditori da una vendita posta in essere, quando la società era già insolvente, con la consapevolezza del pregiudizio da parte tanto del debitore quanto del terzo 2 violazione degli artt. 2697, 2901 c.c. e dell'art. 116 c.p.c. nonché vizio di motivazione poiché la Corte di appello aveva accolto la domanda malgrado il curatore non avesse offerto non solo la prova dell'esistenza di creditori anteriori all'atto impugnato, ma neppure di creditori successivi e neppure dell'evolversi in peggio del patrimonio del debitore, non valutato nella sua effettiva consistenza, ma solo sotto l'irrilevante profilo del rapporto tra il capitale sociale e l'ammontare di un debito 3 violazione degli artt. 2697 c.c. e 116 c.p.c. nonché vizio di motivazione poiché il carattere pregiudizievole dell'atto era stato desunto dal fatto che la vendita era intercorsa tra società aventi base sociale e amministrazione collegate, senza che l'attore avesse offerto la prova dell'effettiva portata pregiudizievole, da valutare tenendo conto anche dei possibili vantaggi infragruppo 4 violazione degli artt. 116 e 232 c.p.c. poiché erroneamente la Corte di appello aveva ritenuto rilevante la mancata risposta all'interrogatorio formale, considerato che lo stesso era stato deferito al legale rappresentante di altra società la s.r.l. EMMETI e verteva su circostanze estranee alla causa inoltre, erroneamente la sentenza impugnata aveva dato rilievo alla contumacia della s.r.l. Centrauto nel giudizio di primo grado, mentre aveva trascurato di considerare il comportamento della curatela che aveva deferito interrogatorio formale a soggetti estranei alla lite, aveva inammissibilmente esibito in appello documenti nuovi ed aveva mutato linea difensiva - che il fallimento resiste con controricorso, illustrato anche con memoria - che il primo motivo è fondato invero, se l'azione revocatoria ha per oggetto atti posteriori al sorgere del credito, ad integrare l'elemento soggettivo del consilium fraudis è sufficiente la semplice conoscenza nel debitore e nel terzo acquirente del pregiudizio che l'atto arreca alle ragioni del creditore, laddove, se essa ha per oggetto atti anteriori al sorgere del credito, è richiesta, quale condizione per l'esercizio dell'azione medesima, oltre all'eventus damni, la dolosa preordinazione dell'atto da parte del debitore al fine di compromettere il soddisfacimento del credito futuro e, in caso di atto a titolo oneroso, la partecipazione del terzo a tale pregiudizievole programma v. e plurimis Cass. 9 maggio 2008, n. 11577 Cass. 21 settembre 2001, n. 11916 . Ciò comporta che la prospettazione dell'anteriorità, ovvero della posteriorità del credito, rispetto all'atto dispositivo, muta radicalmente il thema decidendum ed il thema probandum della proposta azione revocatoria, dovendosi nell'un caso allegare e provare il dolo generico, e cioè la mera consapevolezza, da parte del debitore e del terzo, del danno che derivava dall'atto dispositivo, e nell'altro, invece, la ricorrenza del dolo specifico, e cioè la consapevole volontà del debitore e del terzo di pregiudicare le ragioni del creditore futuro. Ne consegue l'inammissibilità del mutamento di domanda Cass. 29 maggio 2013, n. 13446 - che gli altri motivi sono assorbiti P.Q.M . accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Lecce - sezione distaccata di Taranto in diversa composizione.