La curatela fallimentare rivuole indietro 3 immobili: è sufficiente che l’acquirente abbia conosciuto il pregiudizio

La Corte d’Appello, pur rilevando l’assenza di simulazione, ha concesso la revoca ex art. 2901 c.c., poiché l’acquirente era a conoscenza del pregiudizio non è necessario un animus nocendi . Il ricorrente in Cassazione può censurare l’accertamento in fatto, istituzionalmente riservato al giudice del merito, soltanto per violazione di precisi canoni legali, oltre che per vizi di motivazione nell’applicazione di essi, mentre non può essere considerata idonea la mera manifestazione di dissenso in ordine al convincimento del giudice.

Muovendo da tali premesse, la Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, con sentenza n. 10232, depositata il 2 maggio 2013, ha rigettato il ricorso promosso da un acquirente di tre immobili, dichiarando inammissibile il quesito sottoposto ad esame. I fatti. Con atto del 23 febbraio 2000 la Curatela fallimentare citava innanzi al Tribunale di Genova la società che si era resa acquirente di tre immobili, per sentir dichiarare simulati e, comunque, nulli, detti atti di acquisto, stipulati dalla fallita prima dell’accertamento dell’insolvenza. In subordine, ne domandava la revocazione ai sensi dell’art. 2901 c.c., con dichiarazione di inefficacia nei confronti della procedura e condanna dell’acquirente alla restituzione dei beni ed al risarcimento dei danni ciò perché, a parere del fallimento, gli atti de quibus risultavano effettuati in pregiudizio ai creditori. Nonostante le eccezioni formulate dalla società resistente, ritualmente costituitasi in giudizio, il Tribunale accoglieva la domanda principale avanzata dalla Curatela, avverso la quale veniva interposto appello dall’acquirente. All’esito del giudizio di gravame, la Corte di Appello di Genova, in parziale accoglimento delle doglianze attoree, con sentenza n. 263/2006 dichiarava l’inefficacia nei confronti del fallimento dei tre atti di compravendita, rilevando la mancanza dei prescritti elementi presunti gravi, precisi e concordanti per l’accoglimento della domanda di simulazione. Ma i beni erano già da tempo dismessi! Avverso la sentenza n. 263/2006 veniva formulato ricorso in Cassazione dalla società acquirente, affidato ad un unico, articolato, motivo, con il quale si censurava l’illogicità, l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione, la violazione dei principi e delle norme in tema di prove, nonché dell’art. 2901 c.c., trattandosi di beni da tempo dismessi. Resisteva con controricorso incidentale condizionato la Curatela, eccependo la tardività del ricorso principale. Non necessario l’animus nocendi. La Suprema Corte, disattesa l’eccezione di tardività, ha rigettato anche il ricorso principale, rilevando come gli elementi valorizzati nell’atto introduttivo apparivano funzionali alla censura della sentenza di primo grado, piuttosto che a quella di appello. In diritto, aggiungeva che, rispetto alle articolate motivazioni contenute nella sentenza di gravame, che ha analiticamente indicato le condizioni per l'accoglimento della domanda ex art. 2901 c.c., evidenziando come, oltre alla conoscenza del pregiudizio, non occorra uno specifico animus nocendi , il ricorso si traduceva in una mera manifestazione di dissenso in ordine ad un sostanziale accertamento in fatto che, per legge, è riservato al giudice del merito. Riproposizione di questioni di merito. In conseguenza, la doglianza era da ritenere inammissibile, atteso che in sede di legittimità non è consentito il riesame nel merito della vicenda ed il ricorrente che intenda far valere il cennato profilo, deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in essi contenute ma, soprattutto, precisare ove il giudice del merito si sia discostato da detti canoni legali. In mancanza di ciò, il ricorso non può essere accolto, così come occorso nel caso di specie, ove la Suprema Corte ha altresì condannato il ricorrente alla refusione delle spese di lite, liquidate in euro 3.200,00.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 27 febbraio – 2 maggio 2013, n. 10232 Presidente Piccialli – Relatore Correnti Svolgimento del processo Con citazione del 23.2.2000 il Fallimento della Colonia della Salute Carlo Araldi srl conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Genova la IREA srl e, con riferimento a tre atti di acquisto stipulati tra la Colonia della Salute allora in bonis quale venditrice e la IREA quale acquirente in notar Grifoni del 27.9.1995 n. 169856, n. 169857 e quale atto di rettifica del 22.3.1996 n. 172610, sulla premessa che le alienazioni fossero fittizie per pregiudicare i creditori, chiedeva accertare e dichiarare simulati e nulli e comunque privi di effetto i contratti ed in subordine revocare ex art. 2901 cc gli atti dichiarandoli privi di effetti nei confronti del fallimento, con condanna della IREA alla riconsegna ed ai danni. Resisteva la IREA e, nel corso del giudizio, gli immobili, a seguito di procedura di espropriazione immobiliare promossa dalla BNL a carico della IREA, venivano venduti all'incanto ed aggiudicati alla società Ambri. Con sentenza 1636/2004 il Tribunale dichiarava nulli gli atti per simulazione assoluta, mentre la Corte di appello di Genova, con sentenza n. 263/2006, in parziale accoglimento dell'appello della IREA ed in accoglimento della domanda subordinata della curatela, dichiarava l'inefficacia nei confronti del fallimento degli atti, con compensazione parziale delle spese, dando atto della mancanza degli elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti per l'accoglimento della domanda principale, della reiterazione in appello di quella subordinata, non esaminata dal Tribunale in quanto implicitamente assorbita e dell'esistenza delle condizioni di cui all'art. 2901 cc quali il pregiudizio oggettivo, la conoscenza del debitore, la consapevolezza del pregiudizio, la lesione della garanzia generica. Ricorre IREA con unico motivo, variamente articolato, e relativo quesito, illustrato da memoria, resiste il Fallimento, proponendo ricorso incidentale condizionato ed eccependo la tardività del ricorso, con ulteriore controricorso della IREA. Motivi della decisione È preliminare l'esame dell'eccezione di tardività del ricorso, che va respinta risultando dagli atti che la notifica è stata tempestivamente tentata nel domicilio eletto il 19.1.2007 e perfezionata il 23.1.2007 S.U. 17352/09 Si denunziano illogicità, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, violazione dei principi e delle norme in tema di prove, anche presuntive, artt. 2697, 2727, 2729 cc, 116 cpc, violazione dell'art. 2901 cc, trattandosi di immobili da tempo dismessi, in sostanziale abbandono. Vi era l'oggettiva inverosimiglianza della dolosa preordinazione in danno dei creditori, gli immobili erano soggetti ad ipoteca volontaria, era provato il pagamento. La censura, come articolata, non può essere accolta. A prescindere dalla contestuale denunzia di vizi di motivazione e di una pluralità di disposizioni di diritto sostanziale e procedurale, in violazione della necessaria specificità dei motivi, gli elementi valorizzati dal ricorso sembrano funzionali alla censura della sentenza di primo grado, che aveva dichiarato la nullità per simulazione, anziché a quella di appello, che, invece, aveva dichiarato l'inefficacia. La Corte di appello ha ricordato che il Tribunale aveva ravvisato un coacervo di elementi presuntivamente rilevanti nel senso della simulazione assoluta, il breve intervallo di tempo tra la costituzione della società acquirente ed il trasferimento, il rapporto di parentela tra gli amministratori delle due società, la sproporzione tra la modesta entità del capitale sociale ed il corrispettivo convenuto, la differenza tra la valutazione del ctu e quello incaricato dal giudice dell'esecuzione, ma tali elementi non giustificavano la nullità per simulazione assoluta. Alle pagine dieci e seguenti la sentenza ha analiticamente indicato le condizioni per l'accoglimento della domanda ex art. 2901, evidenziando, a pagina undici, come, oltre alla conoscenza del pregiudizio, non occorra uno specifico animus nocendi. Rispetto a questa articolata motivazione il ricorso si traduce in una mera manifestazione di dissenso in ordine ad un sostanziale accertamento in fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione di precisi canoni legali, oltre che per vizi di motivazione nell'applicazione di essi pertanto, onde far valere una violazione sotto entrambi i due cennati profili, il ricorrente per cassazione deve, non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d'interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito siasi discostato dai canoni legali assuntivamente violati o questi abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti. Di conseguenza, ai fini dell'ammissibilità del motivo di ricorso sotto tale profilo prospettato, non può essere considerata idonea - anche ammesso ma non concesso lo si possa fare implicitamente - la mera critica del convincimento, cui quel giudice sia pervenuto, operata, come nella specie, mediante la mera ed apodittica contrapposizione d'una difforme interpretazione a quella desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata, trattandosi d'argomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia, il cui riesame non è consentito in sede di legittimità e pluribus, Cass. 9.8.04 n. 15381, 23.7.04 n. 13839, 21.7.04 n. 13579, 16.3.04 n. 5359, 19.1.04 n. 753 . In definitiva il ricorso va rigettato, con la conseguente condanna alle spese, con assorbimento dell'incidentale condizionato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese liquidate in Euro 3200, di cui 3000 per compensi. Dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato.