Anche il promotore finanziario può essere dichiarato fallito

Ai fini dell’assunzione della qualità di imprenditore, è sufficiente che il promotore finanziario svolga la sua attività sulla base di un’autonoma organizzazione di mezzi e a proprio rischio.

Gli altri elementi che caratterizzano l’attività di impresa, infatti, sono già presenti per definizione nell’attività del promotore finanziario. Lo ha affermato la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 23384/12, depositata il 18 dicembre. Il caso. Un promotore finanziario viene dichiarato fallito dopo aver svolto professionalmente in forma organizzata detta attività in modo irregolare l’avvenuta cessazione dell’attività non risulta dimostrata, così come l’esistenza di comunicazioni in materia ai creditori. La sentenza di primo grado è confermata dai giudici di appello e avverso tale pronuncia il fallito propone ricorso per cassazione. La legge fallimentare è stata male applicata? Con un primo motivo il ricorrente denuncia una supposta violazione dell’art. 10, l. fallimentare, ma a giudizio degli Ermellini i giudici di merito hanno correttamente applicato il principio secondo il quale anche per gli imprenditori mai iscritti nel registro sussiste la possibilità di dimostrare la data di conoscenza da parte dei terzi dell’effettiva cessazione dell’attività, restando pur sempre necessario, in assenza di forme di pubblicità legale, contemperare l’affidamento dei terzi e la necessità di dare stabilità ai rapporti giuridici. Nel caso di specie non sussiste alcuna violazione della norma, dal momento che il ricorrente non ha neppure chiesto di provare di aver reso nota la cessazione dell’attività ai terzi. Quando il promotore finanziario diventa imprenditore. Quanto alla configurabilità dell’esercizio di un’impresa da parte del promotore finanziario, la S.C. premette che lo stesso è definito come colui che esercita professionalmente, in qualità di dipendente, agente o mandatario, l’attività di offerta fuori sede di servizi finanziari. Ai fini dell’assunzione della qualità di imprenditore, è sufficiente che il soggetto svolga la sua attività sulla base di un’autonoma organizzazione di mezzi e a proprio rischio, considerato che gli altri elementi caratterizzanti l’attività di impresa sono già presenti per definizione nell’attività del promotore finanziario, la quale rientra tra le attività ausiliarie previste dall’art. 2195, n. 5, c.c. essa costituisce pertanto impresa commerciale ed è conseguentemente assoggettabile a fallimento. Per questi motivi la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 29 novembre – 18 dicembre 2012, n. 23384 Presidente Vitrone – Relatore Didone Ritenuto in fatto e in diritto p.1.- La relazione depositata ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. è del seguente tenore 1.- P.A. ha proposto ricorso per cassazione - affidato a tre motivi contro la sentenza della Corte di appello di L'Aquila che ha confermato la sentenza dichiarativa di fallimento emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Sulmona in quanto aveva professionalmente svolto in forma organizzata attività di intermediazione finanziaria, in maniera irregolare e in violazione dell'art. 11 d.l.vo n. 385/1993 non aveva dimostrato l'affettiva cessazione dell'attività da oltre un anno né aveva provato di avere comunicato ai creditori istanti tale eventuale cessazione sussistevano, oltre allo stato di insolvenza, i requisiti di cui all'art. 1 l. fall., di cui l'appellante non aveva provato la mancanza, risultando, peraltro, positivamente accertato un ammontare di debiti superiore a Euro 500.000,00. Gli intimati non hanno svolto difese. 2.- Il ricorso può essere deciso in camera di consiglio perché proposto per motivi manifestamente infondati o inammissibili. 2.1.- La corte di merito ha correttamente applicato il principio per il quale ai sensi del secondo comma dell'art. 10 legge fallimentare, come modificato dal d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, anche per gli imprenditori mai iscritti nel registro sussiste la possibilità di dimostrare la data di conoscenza da parte dei terzi della effettiva cessazione dell'attività, restando pur sempre necessario, in difetto di forme di pubblicità legale, contemperare l'affidamento dei terzi e la necessità di dare stabilità ai rapporti giuridici e di evitare di lasciare sine die aperta la possibilità di dichiarazione di fallimento di una impresa in realtà cessata Sez. 6-1, Ordinanza n. 15428 del 13/07/2011 . Con il primo motivo il ricorrente non ha specificamente impugnato tale ratio decidendi non avendo neppure dedotto di avere dimostrato o chiesto di provare di avere reso nota la cessazione dell'attività ai terzi. La corte di merito ha accertato che i creditori mai hanno dichiarato nelle istanze di fallimento di avere appreso della cessazione nel 2004 sebbene di avere appreso in tale anno della illecita attività svolta dal P. . Non sussiste, dunque, la denunciata violazione dell'art. 10 l. fall 2.2.- Il secondo motivo è inammissibile perché, ai fini della dichiarazione di fallimento, è sufficiente la mancanza di uno solo dei requisiti di cui all'art. 1 l. fall., e il ricorrente non ha neppure genericamente impugnato l'accertamento in ordine all'ammontare dei debiti. 2.3.- Il terzo motivo - con il quale il ricorrente denuncia violazione degli artt. 1 l. fall. e 2082 c.c. - è manifestamente infondato, nella parte in cui non è inammissibile perché con esso sono formulate censure in fatto. Ai fini della configurabilità dell'esercizio di un'impresa da parte del promotore finanziario figura disciplinata prima dall'art. 5 della legge n. 1/1991, poi dall'art. 23 D.Lgs. n. 415/1996 e quindi dall'art. 31 D.Lgs. n. 58/1998 è irrilevante che quest'ultimo agisca sulla base di un mandato con rappresentanza o senza rappresentanza. Lo stesso, infatti, è definito, dalle disposizioni citate, come colui che esercita professionalmente, in qualità di dipendente, agente o mandatario, l'attività di offerta fuori sede di servizi finanziari pertanto, affinché assuma la qualità di imprenditore è sufficiente che svolga la sua attività sulla base di una propria autonoma organizzazione di mezzi e a proprio rischio, considerato che gli altri elementi che caratterizzano l'attività di impresa già sono presenti, per definizione, nell'attività del promotore finanziario, la quale rientra, quando è svolta da un imprenditore, tra le attività ausiliarie previste dall'art. 2195, n. 5, cod. civ. e costituisce, dunque, impresa commerciale con conseguente assoggettabilità, tra l'altro, a fallimento Sez. 1, Sentenza n. 18135 del 20/12/2002 . I giudici del merito hanno accertato che il ricorrente - abusivamente - raccoglieva fondi per poi investirli in strumenti finanziari ad alto rendimento e hanno correttamente applicato la giurisprudenza di questa Corte v. sentenza impugnata pag. 7-8 . La relazione, con il decreto di fissazione dell'adunanza, è stata notificata ai difensori e comunicata al pubblico ministero”. p.2.- Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano e che conducono al rigetto del ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.