I bilanci degli «ultimi tre esercizi» non costituiscono prova legale

Al centro dell’attenzione il principio dell’onere della prova della fallibilità dell’imprenditore commerciale non si deve confondere l’aspetto sostanziale della fallibilità che a norma del chiaro dettato dell’art. 1, secondo comma, l. fall. è riconnesso agli ultimi tre esercizi , con l’aspetto probatorio.

In particolare, i giudici della Sesta Sezione – con l’ordinanza n. 11007 del 28 giugno 2012 - precisano che ai fini della prova da parte dell’imprenditore della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui all’art. 1, secondo comma, l. fall., i bilanci degli ultimi tre esercizi costituiscono la base documentale imprescindibile, ma non costituiscono prova legale, per cui, ove non considerati attendibili, l’imprenditore rimane onerato della prova della sussistenza comunque dei requisiti della non fallibilità. Il fatto. Si antepone, per chiarezza di disamina, una rapida descrizione del fatto concreto. Il caso di specie origina dall'impugnazione per cassazione presentata da parte di una società fallita avverso la sentenza con la quale la Corte d’appello aveva rigettato la sua impugnazione contro la sentenza dichiarativa del fallimento della stessa. In particolare la Corte territoriale sottolineava che sebbene i bilanci societari degli ultimi tre esercizi risultavano inferiori alla soglia di legge, tuttavia gli stessi non costituivano un parametro affidabile, risultando alla stregua degli elementi evidenziati nella relazione del Curatore, ex art. 33 l. fall., macroscopiche carenze ed irregolarità nelle scritture contabili e nei bilanci degli esercizi. Peraltro, già il Tribunale aveva rilevato nella mancata restituzione del prezzo della vendita di un compendio immobiliare uno stato di insolvenza e non un mero episodio di inadempimento da parte della predetta società. Quest’ultima lamenta quindi, in uno dei tre gravami sottoposti alla Suprema Corte, la violazione o falsa applicazione del summenzionato art. 1, nonché dell’art. 15 l. fall Gli Ermellini, invero, respingono in toto la censura e, richiamando un recente precedente Cass. civ., 11309/2009 , precisando che i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi sono la base documentale imprescindibile della dimostrazione che il debitore ha l’onere di fornire per sottrarsi alla dichiarazione di fallimento, tuttavia gli stessi non hanno certamente valore di prova legale. Fonti della prova di fallibilità dell’imprenditore commerciale. La principale fonte di prova delle dimensioni dell’impresa è offerta dalle scritture contabili e fiscali relative agli ultimi tre esercizi commerciali provenienti dal debitore, in quanto è la stessa legge fallimentare che agli artt. 14 e 15 ne riconosce l’importanza, da un lato subordinando la dichiarazione di fallimento chiesta dal debitore alla produzione di dette scritture, ex art. 14, l. fall., dall’altro prevedendo che, in caso di istanza di fallimento presentata dai creditori, il tribunale ne ordini al debitore il loro deposito, ex art. 15, quarto comma, l. fall Trattasi, dunque, di dati documentali assistiti da una presunzione iuris tantum di veridicità, che potranno essere disattesi o integrati in tutti quei casi di provata inattendibilità o incompletezza. Il d.lgs. 169/2007 ha chiarito che i parametri dimensionali di cui alle lett. a e b dell’art. 1, secondo comma, l. fall., debbono essere riferiti non già agli ultimi tre anni solari, ma agli ultimi tre esercizi quindi, agli anni fiscali, scadenti al 31 dicembre , così recependo il prevalente orientamento giurisprudenziale formatosi nel regime anteriore al decreto correttivo. Bilanci relativi agli ultimi tre esercizi. Dalla previsione dell’art. 15, quarto comma, l. fall. secondo cui l’imprenditore raggiunto da istanza di fallimento deve depositare in giudizio i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, nonché una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata discende che la prova di cui il debitore è onerato del non superamento dei limiti dimensionali previsti dall’art. 1, comma secondo, l. fall. come novellato dal d.lgs. 169/2007 va desunta anzitutto dai bilanci, onde la mancata produzione di questi ultimi non può che risolversi in danno del debitore stesso, a meno che la prova della esenzione dal fallimento non possa desumersi da documenti altrettanto significativi. La previsione che il debitore depositi, oltre ai bilanci degli ultimi tre esercizi, una relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria della sua impresa, non significa che potrebbero aver rilevanza le variazioni intervenute poco prima dell’istanza di fallimento tali variazioni non possono estendere l’esercizio contabile oltre la sua scadenza . La relazione aggiornata potrebbe, semmai, essere utilizzata, oltre che per verificare lo stato d’insolvenza o l’eventuale fattibilità dell’esercizio provvisorio, per vagliare aliunde l’attendibilità dei dati degli ultimi 3 esercizi. Relazione del curatore, ex art. 33 l. fall La funzione essenziale della relazione è quella di inquadrare, in un documento, l’evolversi delle vicende dell’impresa fallita nel periodo antecedente la dichiarazione di fallimento, soprattutto sotto il profilo patologico, e dare una prima visione delle prospettive di liquidazione della procedura coattiva la relazione particolareggiata è infatti anche diretta ad esplicitare le prospettive della procedura e gli atti che il curatore ritiene di porre in essere. Ed è proprio questo aspetto che viene in evidenza nel decisum che qui ci occupa, laddove si sottolinea l’inattendibilità degli ultimi bilanci comparati con gli elementi desunti dalla relazione del Curatore, dai quali risultavano carenze ed irregolarità nelle scritture contabili e nei bilanci, approvati per riferita mancanza del quorum assembleare e soprattutto nei quali non veniva riportata una notevole esposizione debitoria di circa seicentomila euro, comprovata, peraltro, sia pure attraverso accertamento incidentale da una sentenza del Tribunale di Roma. Bilanci base documentale imprescindibile ma non prova legale. Il debitore che vuole sottrarsi alla dichiarazione di fallimento ha l’onere di provare che non sono state superate le soglie previste dalla legge, ex art. 1 l. fall. Concludendo, la base documentale imprescindibile per fornire tale prova è data dai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, redatti conformemente alla legge, tuttavia tali bilanci non costituiscono prova legale, per cui, ove non considerati attendibili, l’imprenditore rimane comunque onerato della prova per sottrarsi al fallimento.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 19 aprile – 28 giugno 2012, n. 11007 Presidente Plenteda – Relatore Di Virgilio Fatto e diritto Il relatore ha depositato la relazione del seguente tenore Premesso Con sentenza 27 luglio - 28 settembre 2010, la Corte d'appello di Roma ha respinto il reclamo proposto da Fanni 2000 s.r.l. avverso la sentenza di fallimento n. 348/2009 del Tribunale di Roma, condannando la reclamante alle spese del giudizio, rilevando la sussistenza del credito azionato dalla società istante, Zeta 2000, derivante dalla pronuncia giudiziale che, accogliendo la domanda della stessa soc. Fanni 2000, di nullità della compravendita di compendio immobiliare, ha condannato l'acquirente Zeta 2000 alla restituzione e,in accoglimento della riconvenzionale, la venditrice Fanni 2000 alla restituzione del prezzo, né poteva ritenersi sussistente tra le due obbligazioni rapporto di corrispettività che le attività desunte dai bilanci societari degli ultimi tre esercizi risultavano inferiori alla soglia di legge, ma che i bilanci non costituivano un parametro affidabile,risultando alla stregua degli elementi evidenziati nella relazione del Curatore,ex articolo 33 L.F., macroscopiche carenze ed irregolarità nelle scritture contabili e nei bilanci degli esercizi dal 2002 al 2007, tutti approvati il 31/10/2008, per riferita mancanza del quorum assembleare, pur essendo due i soci dal 1996, che unitamente alla mancata approvazione del bilancio per il 2008, non consentivano un quadro completo ed attendibile dei conti societari che in particolare, la pesante esposizione con tal P.V. non risultava riportata nei bilanci, ma era comprovata sia pure attraverso accertamento incidentale, dalla sentenza 1593/05 del Tribunale di Roma, ed ammessa dalla stessa reclamante là dove asserisce che il debito si sarebbe estinto per rimessione, anche se smentita dal Curatore nella relazione, ove si da atto della insinuazione al passivo per la somma di Euro 570.829,45, in data 18/9/2009. Il Tribunale aveva rilevato che la mancata restituzione del prezzo della vendita è da farsi risalire a stato di insolvenza e non solo ad un episodio isolato di inadempimento, alla stregua dei dati evidenziati irreperibilità della Fanni, come constatato in sede di pignoramento, ricorso per dichiarazione di fallimento notificato non presso la sede, inesistente, ma nel luogo di residenza dell'amministratrice, esito negativo del pignoramento, esposizione verso il P. , decennale inattività, copertura delle perdite con riserve in conto capitale . Ricorrono Fanni 2000 s.r.l. e G.C. , sulla base di tre motivi. Si difende con controricorso Zeta 2000 il Fallimento non ha svolto difese. 1 Con il primo motivo, i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione degli artt. 1 e 15 L.F. la Fanni ha depositato i bilanci degli ultimi tre esercizi con i quali ha provato il rispetto dei requisiti, non ha fatto formale deposito della situazione economica, patrimoniale e finanziaria aggiornata ex articolo 15, 4 comma L.F., stante l'inattività la Corte d'appello, pur ritenendo l'idoneità della documentazione prodotta a provare il possesso dei requisiti congiunti di non fallibilità, inopinatamente ha introdotto altri e diversi parametri extra bilancio, ovvero, la relazione del Curatore, di formazione successiva alla stessa sentenza di fallimento, la presunta esistenza del debito di circa 500.000,00 a favore del P. , che comunque era di Euro 310.000,00 circa, quindi sotto la soglia di legge. 2 Col secondo motivo, i ricorrenti denunciano omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punto controverso e decisivo per il giudizio la Corte del merito ha erroneamente valutato la questione P. la Fanni nel reclamo aveva precisato che il debito era stato rimesso in data antecedente al fallimento, riservandosi la produzione della quietanza dell'11/6/09 alla successiva udienza, ma dopo l'udienza del 15 luglio 2009, vi era stata la declaratoria di fallimento, e la produzione era stata effettuata in sede di reclamo il legale che aveva difeso il P. , che si era insinuato al passivo del Fallimento, aveva poi rinunciato al ricorso ed il P. aveva presentato esposto contro il Curatore, che era stato revocato dall'incarico nello stato passivo dichiarato esecutivo non vi era la domanda di ammissione del P. vi erano tutte le evidenze documentali per escludere l'esistenza del debito verso il P. , ma tutti questi fatti non sono stati considerati dalla Corte del merito. 3 Col terzo motivo, i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell'articolo 5 L.F. alla data dell'istanza di fallimento, la Fanni aveva impugnato in appello la sentenza di nullità contrattuale, presentato due inibitorie ed aveva proposto opposizione ex articolo 615 e.p.e. il titolo della Zeta, costituente l'unico credito, era comunque contestato, e la società non aveva protesti né procedure esecutive in corso. Il primo motivo è infondato, atteso che la Corte d'appello ha valutato l'inattendibilità degli ultimi bilanci da intendersi relativi agli esercizi 2006 e 2007 , rilevando che, alla stregua degli elementi desunti dalla relazione del Curatore, risultavano carenze ed irregolarità nelle scritture contabili e nei bilanci, approvati, insieme a quelli degli esercizi anteriori a partire da quello relativo al 2002, tutti il 31 ottobre 2008, per riferita mancanza del quorum assembleare, nonostante fossero i soci due a partire dal 1996, evidenziando la mancata approvazione del bilancio per il 2008, e che la conferma della inattendibilità dei conti societari era data dalla esistenza della notevole esposizione debitoria verso il P.V. , non riportata nei bilanci. Ciò posto, si deve rilevare che la Corte d'appello, nella valutazione propria del merito, ha ritenuto inattendibili i dati dei bilanci, l'ultimo dei quali neppure approvato e tale rilievo non è stato in alcun modo censurato dai ricorrenti . Né la pronuncia di questa Corte 11309/2009 conforta la tesi dei ricorrenti, atteso che è stato affermato nella pronuncia citata che Secondo quanto prevede la L. Fall., articolo 1, gli imprenditori che esercitano un'attività commerciale non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, quando dimostrino il possesso congiunto di determinati requisiti patrimoniali ed economici, che vanno desunti comunque almeno dai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, al cui deposito il debitore è tenuto a norma della L.fall., articolo 15, 40 comma, ai fini appunto della decisione sulla richiesta di fallimento E benché non abbiano certamente valore di prova legale, i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi sono la base documentale imprescindibile della dimostrazione che il debitore ha l'onere di fornire per sottrarsi alla dichiarazione di fallimento . Base documentale che la Corte d'appello ha nel caso valutato inattendibile per le ragioni riportate e la questione del debito verso il P. è stata rilevata dalla Corte d'appello al fine di motivare l'inattendibilità dei bilanci, e non è stata posta a base della declaratoria di fallimento . Varrebbe in ogni caso il rilievo che, comunque, è stato accertato dalla Corte romana il superamento del limite di non fallibilità di cui alla lett. c dell'articolo 1 L.F.,vista l'entità del credito azionato dalla Zeta 2000. Il secondo motivo è inammissibile, per mancanza di decisività della questione P. , e degli altri fatti dedotti dai ricorrenti remissione del debito, rinuncia all'insinuazione, esposto contro gli Organi della procedura, revoca del Curatore , che, per come esposti ed avuto riguardo alle ragioni della sentenza impugnata, sono irrilevanti, avendo la Corte d'appello accertato lo stato di insolvenza e l'ammontare dell'indebitamento verso la Zeta 2000 s.r.l., superiore al limite di legge. Il terzo motivo è inammissibile. La Corte d'appello ha ritenuto sussistente lo stato di insolvenza della Fanni 2000 sulla base di una complessiva valutazione, affidata ad una serie di gravi elementi, indicati a p.8 della sentenza, che hanno motivatamente indotto il Giudice del merito a valutare la mancata restituzione del corrispettivo della vendita non come mero inadempimento, ma come incapacità definitiva dell'impresa di far fronte ai propri debiti. È agevole rilevare che la censura dei ricorrenti non coglie la ratio decidendi della pronuncia impugnata, che, inoltre, ha motivato in fatto le ragioni del ritenuto stato di insolvenza. Il ricorso può essere quindi deciso in camera di consiglio . I ricorrenti, che non hanno depositato la memoria ex articolo 380 bis, 2 comma, c.p.c., all'udienza in camera di consiglio hanno sostanzialmente riproposto le censure e le argomentazioni fatte valere in ricorso, evidenziando in particolare il procedimento disciplinare a carico del Giudice delegato e l'avvenuta revoca del Curatore. Il Collegio, visti il ricorso ed il controricorso, valutati i rilievi avanzati dal relatore, nel prestare sostanziale adesione agli argomenti ed alle valutazioni di cui alla relazione, di contro alle deduzioni ulteriormente precisate ed argomentate in sede di udienza camerale dalla difesa dei ricorrenti, rileva ed evidenzia 1 l'ininfluenza del comportamento in tesi riferibile al Giudice delegato nella fase prefallimentare, atteso che il presente giudizio ha ad oggetto la sentenza della Corte d'appello, che ha respinto il reclamo avverso la sentenza del Tribunale dichiarativa di fallimento 2 che, ai fini della prova da parte dell'imprenditore della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui all'articolo 1, 2 comma, l.f., i bilanci degli ultimi tre esercizi costituiscono la base documentale imprescindibile, ma non costituiscono prova legale, per cui, ove non considerati attendibili, l'imprenditore rimane onerato della prova della sussistenza comunque dei requisiti della non fallibilità 3 che nel caso, la Corte d'appello ha concluso per la non attendibilità dei bilanci degli ultimi esercizi non solo considerando i rilievi del Curatore nella relazione ex articolo 33 l.f., ma l'approvazione dei bilanci degli esercizi dal 2002 al 2007 il bilancio dell'esercizio 2008 non risulta neppure approvato nella stessa assemblea, per riferita mancanza del quorum assembleare, pur essendo solo due i soci dal 1996, e la mancata inclusione nei bilanci della forte esposizione debitoria verso P.V. , accertata sia pure incidentalmente, nella sentenza del Tribunale di Roma 1593/05, e sostanzialmente riconosciuta dalla parte,sostenendone l'estinzione prima della dichiarazione di fallimento. Nel resto, le censure ed i rilievi dei ricorrenti hanno trovato adeguata considerazione nella relazione. Ne consegue la reiezione del ricorso, con condanna dei ricorrenti alle spese del giudizio, come liquidate in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 2700,00, di cui Euro 200,00 per spese oltre spese generali ed accessori di legge.