Come determinare gli onorari del professionista che ha redatto l’istanza di fallimento

Al centro dell’attenzione la determinazione degli onorari spettanti al professionista nel caso di predisposizione e redazione di un’istanza di fallimento.

Nello specifico, la pronuncia in commento costituisce occasione per alcune considerazioni in ordine all’analisi di due distinte norme, gli artt. 26 e 44 della Tariffa d.p.r. n. 645/1994 , applicabile ai dottori commercialisti. I giudici di legittimità precisano che nel caso di prestazione, consistita nella preparazione e redazione di un’istanza di fallimento, correttamente è stato ritenuto applicabile l’art. 26 della Tariffa, atteso che è pur vero che l’art. 44, secondo comma, prevede la spettanza degli onorari di cui all’art. 43, con la riduzione ivi prevista, per le prestazioni svolte per l’assistenza del debitore nella proposizione della procedura fallimentare , ma detta previsione, come esplicitamente viene indicato al quarto comma, riguarda le prestazioni nel loro aspetto unitario e comprendono tutte le fasi della pratica, dall’esame e studio della situazione aziendale all’ammissione alla procedura, mentre l’ottavo comma del medesimo articolo dispone che nel caso in cui l’assistenza del debitore abbia avuto per oggetto soltanto l’espletamento di singole fasi della pratica gli onorari si determinano in base all’art. 26 ovvero ad altri articoli della presente tariffa, che specificamente prevedano le prestazioni svolte . Il fatto. Si antepone, per chiarezza di disamina, una rapida descrizione del fatto concreto. Un professionista proponeva opposizione allo stato passivo di un Fallimento, lamentando l’esclusione, in sede di verifica, di un credito pari a duecentomila euro in via privilegiata, vantato in relazione all’attività professionale svolta a favore della società fallita per la presentazione della domanda di fallimento. Il Tribunale di Milano respingeva la predetta opposizione, ritenendo satisfattiva di ogni ragione di credito la cifra di cinquantamila euro ricevuta dal professionista stesso per l’espletamento del precedente incarico di verifica della sussistenza dei presupposti per l’ammissione al concordato preventivo della predetta società. Parimenti, la Corte d’appello del capoluogo lombardo confermava la decisione del Primo Giudice rilevando, in particolare, l’effettiva mancanza di riscontro documentale delle prestazioni addotte dal professionista. Quest’ultimo proponeva, quindi, ricorso per cassazione, denunciando, nel primo motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 26 e 44, d.p.r. n. 645/1994, nel secondo, contraddittorietà ed illogicità della motivazione della pronuncia. Gli Ermellini, invero, respingono in toto il ricorso e, a conclusione del decisum in commento, i Giudici della Sesta Sezione evidenziano come la predisposizione e redazione dell’istanza di fallimento costituisca una specifica e circoscritta fase della procedura, che come tale, non prevista da altra specifica disposizione, è da ritenersi liquidabile alla stregua dell’art. 26 della Tariffa. Fonte normativa per la determinazione del compenso. La tariffa professionale è la fonte normativa che fissa le modalità per la determinazione del compenso dovuto al libero professionista per la sua attività, attraverso l’indicazione di criteri generali o della misura in concreto da percepire per ogni singola prestazione. Tale fonte è dotata di efficacia diversa in relazione al soggetto che la emana e alla forma con cui è stata emanata. La tariffa professionale è nata per fissare linee e criteri generali di indirizzo per la liquidazione dei compensi, intendendo, da un lato, tutelare l’interesse collettivo della categoria professionale, e, dall’altro, evitare comportamenti di concorrenza fra i singoli appartenenti ad essa, che potessero andare a discapito della dignità, del prestigio professionale e dell’indipendenza economica dei professionisti. In un secondo momento, alla tariffa professionale è stata attribuita anche la funzione di garanzia nei confronti del destinatario della prestazione professionale, che può conoscere a priori a quali compensi, in linea generale, è soggetta la sua richiesta. La Tariffa . La Tariffa d.p.r. n. 645/1994 regola i compensi spettanti per le prestazioni di carattere professionale tipicamente svolte dagli iscritti nell’Albo dei Dottori Commercialisti. Non sono comprese nella regolamentazione tariffaria quelle prestazioni professionali, pur previste dall’Ordinamento professionale, per cui i compensi sono regolati da altre disposizioni legislative speciali, di rango superiore alla norma regolamentare, ovvero quelle che sono da considerare più tipiche di altre professioni. Assistenza al debitore solo in singole fasi. Nel caso che sia stata prestata assistenza al debitore soltanto in singole fasi, cioè la pratica non sia stata svolta nella sua interezza dalla fase iniziale dello studio alla fase conclusiva della presentazione dell’istanza di ammissione della procedura a prescindere dall'esito favorevole o sfavorevole della stessa , si rendono applicabili gli onorari graduali previsti dall'articolo 26 della Tariffa. Peraltro si ritiene, per ragioni di interpretazione sistematica e analogica, che i compensi comunque determinati non possano essere superiori a quelli minimi che sarebbero stati applicabili nel caso che si fosse proceduto all'espletamento dell'intera pratica. Onorari graduali. Gli onorari graduali sono quantificabili in misura determinata con riferimento al valore della pratica senza limitazioni in tutti i casi in cui non sono applicabili in cumulo con gli onorari specifici. La Nuova Tariffa dei Dottori Commercialisti. Infine, è opportuno precisare che la Nuova Tariffa , decreto del Ministro della Giustizia n. 169 del 2 settembre 2010 , entrata in vigore il 30 ottobre 2010, si applica per determinare gli onorari specifici quelli determinati unitariamente in relazione all’esecuzione dell’incarico mentre continua ad applicarsi la Vecchia Tariffa d.p.r. n. 645/1994 per quantificare gli onorari graduali quelli determinati con riferimento al costo delle singole prestazioni svolte per l’adempimento dell’incarico , i rimborsi spese di cui al titolo II e le indennità di cui al titolo III essendosi verificato il presupposto prima dell’entrata in vigore della Nuova Tariffa .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 27 gennaio – 27 marzo 2012, numero 4916 Presidente Plenteda – Relatore Di Virgilio Fatto e diritto Il relatore designato ex articolo 377 c.p.c, ha osservato quanto segue Il Dott. S D. proponeva opposizione allo stato passivo del Fallimento Data Base s.p.a., lamentando l'esclusione, in sede di verifica, del credito di Euro 200,000,00 in via privilegiata ex articolo 2751 bis numero 2 c.c., vantato in relazione all'attività professionale svolta a favore della fallita per la presentazione della domanda di fallimento in proprio. Il Fallimento si costituiva, chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale di Milano respingeva l'opposizione, reputando carente la prova della natura ed entità delle prestazioni rese in relazione al corrispettivo richiesto, ritenendo satisfattiva di ogni ragione di credito, per la redazione e presentazione del ricorso ex arto L.F., la somma di Euro 50.000,00, ricevuta dal professionista per l'espletamento del precedente incarico di verifica della sussistenza dei presupposti per l'ammissione al concordato preventivo. La Corte d'appello, con sentenza del 20/10/09 - 19/5/2010, ha respinto l'impugnazione avanzata dal D. . La Corte del merito, nello specifico, ha evidenziato che la sentenza di primo grado era basata sulla carenza probatoria dello svolgimento di attività professionale, consistita in tesi nello studio della pratica, nella diagnosi e nella predisposizione di quanto necessario per raggiungere lo scopo della dichiarazione di fallimento e dunque, nell'esame della situazione economico patrimoniale e finanziaria della società fallita , per cui, avuto riguardo alla mera attività di redazione e presentazione del ricorso per la dichiarazione di fallimento, il 1^ Giudice aveva concluso per l’applicazione dell'articolo 26 della tariffa professionale, in rapporto al quale aveva ritenuto satisfattivo l'importo di Euro 50.000,00, ricevuto dal professionista per lo studio di fattibilità della proposta di concordato. Ciò posto, la Corte milanese ha rilevato l'effettiva mancanza di riscontro documentale delle prestazioni indicate, stante l'inammissibilità dei capi di prova per testi. Avverso detta pronuncia ricorre il D. , facendo valere due motivi di ricorso. Il Fallimento ha depositato controricorso. Rileva quanto segue. Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione degli articolo 26 e 44 del d.p.r. 645/1994, deducendo di avere chiesto in sede di insinuazione solo il compenso per l'assistenza prestata per la redazione e presentazione della domanda di fallimento in proprio, invocando l'articolo 44, 20 comma della Tariffa secondo il ricorrente, erroneamente il Tribunale prima e la Corte del merito dopo, hanno inteso che il compenso fosse stato richiesto per lo studio di fattibilità della proposta di concordato e che all'opera prestata per la redazione e presentazione della domanda di fallimento andasse applicato l'articolo 26 della Tariffa. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia vizio di contraddittorietà ed illogicità della motivazione, atteso che la sentenza conferma l'applicazione dell'articolo 26, fondandola sulla carenza probatoria dell'attività di studio di fattibilità della proposta concordataria, mentre tale attività, così come l'eventuale esame della situazione economico patrimoniale della società, non costituivano oggetto del petitum infine, la sentenza, pur avendo accertato la prestazione professionale consistita nella redazione e presentazione del ricorso ex articolo 6 L.F., non ha riconosciuto alcun compenso per tale attività. I due motivi del ricorso appaiono manifestamente infondati. Sostiene il ricorrente che la Corte del merito sarebbe incorsa in errore ed in violazione di legge, ritenendo richiesto dal professionista il compenso per lo studio di fattibilità della proposta di concordato, e per avere applicato l'articolo 26 della Tariffa, in luogo dell'articolo 44, all'attività di redazione e presentazione della dichiarazione di fallimento. Tale doglianza è sostanzialmente riproposta dal ricorrente anche sotto il profilo del vizio di motivazione. È agevole replicare che diverso è l'iter motivazionale della Corte milanese, che, dopo avere indicato le prestazioni sulle cui basi il D. fondava il credito vantato pag. 7 della sentenza , ha individuato e circoscritto la prestazione resa dal D. nella redazione e presentazione dell'istanza ex articolo 6 L.F., per poi confermare la valutazione di carenza probatoria delle prestazioni indicate in relazione al corrispettivo richiesto ed in relazione a tale statuizione il ricorrente non muove alcuna censura , concludendo per la conferma della decisione del Tribunale, e quindi per ritenere soddisfatto il credito del professionista, da riconoscersi ex articolo 26 della Tariffa, con la percezione dell'importo di Euro 50.000,00, ricevuto dal professionista per lo studio di fattibilità della proposta di concordato. Non può pertanto ritenersi che la Corte del merito abbia inteso il compenso richiesto dal D. come correlato allo studio di fattibilità del concordato,e nel resto, il Giudice del merito ha svolto un accertamento in fatto, nel ritenere applicabile l’articolo 26 della Tariffa all'attività resa dal professionista preparazione e redazione della domanda di fallimento , e nel concludere che l'importo così riconoscibile dovesse ritenersi ricompreso nella somma già percepita. Né infine è riscontrabile il vizio di motivazione fatto valere quale contraddittorietà-illogicità delle argomentazioni addotte dalla Corte del merito, atteso che le ragioni poste a base della decisione non sono contrastanti né inconciliabili, né difettano di logicità ed invero, la Corte milanese, circoscritta la prestazione del professionista alla redazione e presentazione della domanda di fallimento, ha ritenuto l'importo già versato satisfattivo, e non già ha concluso per la non debenza di alcun compenso, come sostiene il ricorrente. Il ricorso può pertanto essere deciso in camera di consiglio”. Tali osservazioni sono state contrastate dal ricorrente nella memoria depositata, sul rilievo che, fermo restando quanto accertato dal Tribunale e dalla Corte d'appello, ovvero che la prestazione resa sia consistita nella redazione e presentazione del ricorso per la dichiarazione di fallimento in proprio, alla stessa devono essere applicati gli artt. 44 e 43 della Tariffa professionale e non già l’articolo 26, applicato dal Giudice del merito. Il Collegio, nel condividere sostanzialmente la relazione, sullo specifico punto evidenziato in memoria, rileva che correttamente è stato ritenuto applicabile l'articolo 26 della Tariffa alla prestazione, consistita nella preparazione e redazione dell'istanza di fallimento in proprio della Data Base, atteso che è pur vero che l'articolo 44, 2 comma prevede la spettanza degli onorari di cui all'articolo 43, con la riduzione ivi prevista, per le prestazioni svolte per l'assistenza del debitore nella proposizione della procedura fallimentare , ma detta previsione, come esplicitamente viene indicato al 4 comma, riguarda le prestazioni nel loro aspetto unitario e comprendono tutte le fasi della pratica, dall'esame e studio della situazione aziendale all'ammissione alla procedura , mentre l’8 comma del medesimo articolo dispone che nel caso in cui l'assistenza del debitore abbia avuto per oggetto soltanto l'espletamento di singole fasi della pratica gli onorari si determinano in base all'articolo 26 ovvero ad altri articoli della presente tariffa, che specificamente prevedano le prestazioni svolte . È di palese evidenza come la predisposizione e redazione dell'istanza costituisca una specifica e circoscritta fase della procedura, che come tale, non prevista da altra specifica disposizione, è da ritenersi liquidabile alla stregua dell'articolo 26 della tariffa, che richiama la Tabella 1, di cui è applicabile nel caso la previsione sub II, lett. b predisposizione di atti, istanze, . Il ricorso va quindi respinto. Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 4200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.