Anche l'amministratore giudiziario di beni sottoposti a sequestro è legittimato a proporre reclamo

Con la pronuncia n. 22800 del 3 novembre scorso la Suprema Corte afferma la legittimazione dell’amministratore giudiziario, nominato in sede di sequestro assunto ai sensi dell’art. 321, comma 2, c.p.p., a proporre reclamo avverso la sentenza dichiarativa del fallimento della società i cui beni siano stati affidati da quel provvedimento alla sua gestione.

Il caso. La controversia che ha dato luogo al decisum trae origine dal reclamo, proposto avverso la sentenza del Tribunale di Roma dichiarativa del fallimento di una s.p.a. da parte dell’ amministratore giudiziario delle quote azionarie e dei beni della società stessa, sottoposta a sequestro preventivo da parte del Tribunale di Napoli ex art. 321, comma 2, c.p.p La Corte territoriale, affermata la legittimazione processuale dell’amministratore giudiziario, ne accoglieva le censure, revocando il fallimento. Avverso quest’ultima decisione, il curatore fallimentare e una banca sammarinese, unico creditore istante, ricorrevano in cassazione censurando, appunto, la presunta mancata legittimazione processuale dell’amministratore giudiziario medesimo e l’errata valutazione dello stato d’insolvenza da parte della Corte distrettuale. I giudici della Cassazione, da un lato, rigettano il primo gravame, affermando la legittimazione dell’amministratore giudiziario, dall’altro, accolgono il secondo motivo del ricorso, rilevando come la motivazione della Corte d’appello di Roma non esaurisca l’esigenza di una necessaria completa indagine sulla condizione di solvibilità della società debitrice. Il sequestro preventivo funzionale alla confisca è un mezzo cautelare atipico e specifico. Il sequestro preventivo funzionale alla confisca, ex art. 321, comma 2, c.p.p., costituisce figura autonoma e specifica, distinto rimedio rispetto a quello regolato dal primo comma. La particolarità di tale mezzo cautelare risiede nel fatto che per la sua applicabilità non occorre necessariamente la sussistenza dei presupposti previsti dal primo comma per il sequestro preventivo tipico pericolo che la libera disponibilità della cosa possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato, ovvero, agevolare la commissione di altri reati , ma basta il requisito della confiscabilità, la quale non è subordinata alla pericolosità sociale dell'agente. In altri termini, questa figura di sequestro non sottende alcuna prognosi di pericolosità connessa alla libera disponibilità delle cose medesime le quali, proprio perché confiscabili sono di per sé oggettivamente pericolose, indipendentemente dal fatto che si versi in materia di confisca obbligatoria o facoltativa. Il reclamo contro la sentenza di fallimento può essere proposto da qualunque interessato. Il reclamo contro la sentenza dichiarativa di fallimento può essere proposto da un amministratore giudiziario, in considerazione della generica ed ampia dizione di legge che riconosce la legittimazione a qualunque interessato, come stabilito dall’art. 6 l. fall L’amministratore dei beni sottoposti a sequestro preventivo funzionale alla confisca, difatti, ha interesse a sottrarre tali beni alla liquidazione concorsuale. L’amministratore giudiziario ha poteri di vera e propria gestione dei beni in sequestro. Peraltro, come richiamato nel decisum in commento, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 104 bis disp. att. c.p.p., inserito nel codice di rito dall'art. 2, comma 9, lett. b , legge 15 luglio 2009, n. 94, in forza del quale nel caso in cui il sequestro preventivo abbia per oggetto aziende, società ovvero beni di cui sia necessario assicurare l'amministrazione . l'autorità giudiziaria nomina un amministratore giudiziario . , nulla osta al fatto che l'attività produttiva continui anche in pendenza di un provvedimento di sequestro preventivo che abbia ad oggetto beni per i quali si ponga un'esigenza di utile gestione. Se di norma, quindi, i poteri che competono al custode sono attinenti alla mera custodia a fini conservativi delle cose in sequestro, la cui disponibilità è opportuno che sia sottratta alla persona sottoposta alle indagini, nulla vieta - ed anzi ora l'art. 104 bis disp. att. c.p.p. espressamente consente - che nella sfera dei poteri del custode rientri anche l'amministrazione dei beni in sequestro, con esercizio di poteri di vera e propria gestione. Più in particolare, quanto alla legittimazione a resistere alla richiesta di fallimento da parte dell’amministratore giudiziario, la S. C. evidenzia come la gestione del patrimonio sociale finalizzata alla sua conservazione in vista del conclusivo provvedimento ablativo interferisca con la finalità della procedura concorsuale, legittimando, pertanto, ex se l’amministratore giudiziario ad agire in giudizio al fine di garantire le finalità sottese all’adozione della misura, al pari di ogni altro interessato, ed anzi a maggior ragione. Il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione rapporti con le procedure concorsuali dei beni sequestrati. A tutt’oggi, invero, precisano gli Ermellini, i beni assoggettati a sequestro o confisca al momento della dichiarazione di fallimento sono esclusi dalla massa attiva fallimentare, ex art. 63, quarto comma, d. lgs. n. 159 del 2011. Norma che tuttavia non trova applicazione nel caso de quo , che resta governato dal regime normativo vigente all’epoca del provvedimento di sequestro.

di Alessandro Villa * La cognizione del giudice del reclamo deve essere limitata, nella valutazione di eventuali vizi nei quali possa essere incorso il giudice di prime cure, alle sole domande cautelari originariamente proposte, sono queste le uniche su cui è consentito al Collegio pronunciarsi. Ne consegue che delle conclusioni formulate dalla reclamante in via principale, è consentito al Tribunale esaminare in questa sede la sola domanda cautelare originariamente proposta. Il doppio grado di giudizio garantisce un riesame della controversia. Il divieto dello ius novorum in sede di giudizio di gravame ha la pretesa di tutelare un principio fondamentale del nostro Ordinamento, ovverosia il doppio grado di giudizio è il principio secondo il quale, dopo la decisione di primo grado in un giudizio civile, penale, amministrativo, tributario , e prima dell'intervento di legittimità della Corte di Cassazione, è ammessa la possibilità di un riesame della questione da parte di un diverso organo giudicante. Il gravame ha effetto devolutivo. In altre parole il Magistrato di appello può sì entrare nel merito delle domande già proposte in primo grado effetto devolutivo dell'appello , ma non può, in alcun modo, valutare nuove istanze che non sono già state oggetto del giudizio di prima istanza. Ciò vale anche per i procedimenti cautelari. La fattispecie. Nel caso in esame la parte reclamante oltre a riproporre la domanda tesa a ottenere la reimmissione nel possesso dell'immobile e quella subordinata di sequestro giudiziario dell'azienda ha richiesto, per la prima volta nella fase di gravame, la reimmissione nel possesso dell'azienda. Anche per il reclamo, nei procedimenti cautelari, vale il divieto di proporre nuove domande. Ciò ha dato modo all'Autorità di giustizia di gravame di osservare che l'articolo 669 terdecies, comma 4, c.p.c., statuisce chiaramente che, all'esito del procedimento, il Collegio con ordinanza conferma, modifica o revoca il provvedimento cautelare . E' chiaro e inconfutabile l'intento del Legislatore di conferire al Giudice del reclamo gli stessi poteri di quello di prima istanza riconoscendo, in tal modo, un pieno effetto devolutivo al gravame. Solo in tali limiti il reclamo, quale mezzo di impugnazione non rescindente, consente di far valere vizi di merito in ordine alla sussistenza ed alla valutazione dei presupposti fondamentali della tutela cautelare invocata ossia del fumus boni iuris e del periculum in mora. * Avvocato del Foro di Monza