Indennizzo per danni da vaccinazione antipolio: il termine di decadenza decorre dalla conoscenza del danno e dal nesso causale

Anche in relazione alle domande di indennizzo proposte dai soggetti danneggiati da vaccinazione non obbligatoria antipolio, il termine di decadenza previsto dalla legge per richiedere la relativa prestazione decorre non dalla sola conoscenza della patologia, ma dalla conoscenza del danno e del relativo nesso eziologico.

È quanto affermato dalla Suprema Corte con l’ordinanza n. 12036/21, depositata il 6 maggio. La Corte d’Appello di Potenza, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede, rigettava l’istanza da parte di un lavoratore volta ad ottenere un indennizzo ex art. 1, l. n. 210/1992 per decorso del termine quadriennale di decadenza previsto dall’art. 3, comma 3, l. n. 362/1999 in materia di vaccinazione antipolio non obbligatoria e comunque per la non riconducibilità a quest’ultima della patologia sofferta, essendo subentrata successivamente. Il lavoratore ricorre in Cassazione poiché ritiene che la sentenza impugnata abbia trascurato che, all’esito di pronuncia costituzionale n. 27/1998, ai soggetti danneggiati da vaccinazione non obbligatoria antipolio compete lo stesso trattamento previsto per gli emotrasfusi e gli assistiti obbligatoriamente vaccinati dalla l. n. 210/1992, con conseguente decorrenza del termine decadenziale dalla conoscenza del danno e del relativo nesso causale. Egli sottolinea che la conoscenza del danno e del nesso causale era intervenuta solo nel 2005 e che quindi il termine non era ancora decorso . Il ricorrente sostiene inoltre che la sentenza si sia fondata sulle risultanze della cartella clinica del 1969 dalla quale emergeva il tardivo insorgere della patologia rispetto alla vaccinazione . La Corte di Cassazione ha già applicato il principio che fa decorrere il termine decadenziale per richiedere la prestazione non dalla sola conoscenza della patologia, ma da quella del danno e del relativo nesso eziologico ad altre fattispecie. Di conseguenza afferma il principio secondo il quale anche in relazione alle domande di indennizzo proposte dai soggetti danneggiati da vaccinazione non obbligatoria antipolio, il termine di decadenza previsto dalla legge per richiedere la relativa prestazione decorre non dalla sola conoscenza della patologia , ma dalla conoscenza del danno e del relativo nesso eziologico . Nel caso di specie la Corte territoriale ha valutato correttamente le prove raccolte ed ha attribuito rilevanza alle risultanze della cartella clinica del 1969, considerata anche dal ctu nominato dalla stessa. Per questi motivi la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 15 dicembre 2020 – 6 maggio 2021, n. 12036 Presidente Manna – Relatore Buffa Rilevato che Con sentenza del 3.4.15, la Corte d’Appello di Potenza, in riforma della sentenza del tribunale della stessa sede del 2.2.14, ha rigettato la domanda del sig. C. volta alla corresponsione dell’indennizzo L. n. 210 del 1992, ex art. 1 per decorso del termine quadriennale di decadenza previsto dalla L. n. 362 del 1999, art. 3, comma 3, in materia di vaccinazione antipolio non obbligatoria, e comunque per non riconducibilità della patologia sofferta alla vaccinazione antipolio, essendo la prima insorta diverso tempo dopo la seconda. Avverso tale sentenza ricorre l’assistito per tre motivi, illustrati da memoria, cui resiste il Ministero con controricorso. Considerato che Con il primo motivo di ricorso si deduce - ex art. 360 c.p.p., comma 1, n. 3 - violazione della L. n. 362 del 1999, art. 3, comma 3 e L. n. 210 del 1992, per avere la sentenza impugnata trascurato che -all’esito di pronuncia costituzionale n. 27/98 - ai soggetti danneggiati da vaccinazione non obbligatoria antipolio compete lo stesso trattamento previsto per gli emotrasfusi ed gli assistiti obbligatoriamente vaccinati dalla L. n. 210 del 1992, con conseguente decorrenza del termine decadenziale dalla conoscenza del danno e del relativo nesso causale, dovendo così interpretarsi l’art. 3, comma 3, in modo costituzionalmente compatibile con il diritto alla salute aggiunge il motivo che nella specie la conoscenza del danno e del nesso causale era intervenuta solo nel XXXX sicché il termine non era decorso in subordine si chiede comunque sollevarsi questione di legittimità costituzionale della norma ove diversamente interpretata. Con il secondo motivo si deduce - ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. - violazione dell’art. 437 c.p.c., comma 2, art. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per avere la sentenza impugnata fondato la decisione sulle risultanze della cartella clinica del 1969, richiamata solo in appello dal ministero, dalle quali emergeva il tardivo insorgere della patologia rispetto alla vaccinazione e dunque la sua non riconducibilità causale alla stessa. Con il terzo motivo si deduce - ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - violazione dell’art. 2700 c.c., per avere la corte territoriale attribuito fede privilegiata ad annotazione della cartella clinica predetta, sebbene non riguardante attività espletata durante l’intervento. I motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione. L’estensione, disposta con legge, ai danneggiati da vaccinazione non obbligatoria antipolio delle tutele previste dalla L. n. 210 del 1992 per gli emotrasfusi ed gli assistiti obbligatoriamente vaccinati, implica l’applicazione dei principi giurisprudenziali affermati per questi ultimi in ordine alle prestazioni assistenziali previste, ivi incluso il principio che fa decorrere il termine decadenziale per richiedere la prestazione non dalla sola conoscenza della patologia, ma dalla conoscenza del danno e del relativo nesso eziologico cfr. Cass. Sez. L, Sentenza n. 7240 del 27/03/2014, Rv. 630481 - 01 Sez. 6 - L, Ordinanza n. 7304 del 30/03/2011, Rv. 616435 - 01 . Questa Corte, peraltro, Cassazione Sez. L, Sentenza n. 27101 del 25/10/2018, Rv. 651254 - 01 , in fattispecie simile a quella oggetto del presente giudizio, ha già applicato tale principio, dando rilievo espressamente para. 38 della sentenza alla conoscenza del danno e del relativo nesso causale, osservando che il termine triennale alla stregua delle modifiche introdotte con L. n. 238 del 1997, art. 1, comma 9, al testo della L. n. 210, art. 3, comma 1 decorre dal momento in cui, sulla base della documentazione prescritta nella norma, l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno, in tal senso richiedendosi la consapevolezza dell’esistenza di una patologia ascrivibile causalmente alla vaccinazione, dalla quale sia derivato un danno irreversibile che possa essere inquadrato - pur alla stregua di un mero canone di equivalenza e non già secondo un criterio di rigida corrispondenza tabellare - in una delle infermità classificate in una delle otto categorie di cui alla tabella 13 annessa al testo unico approvato con D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, come sostituita dalla tabella A allegata al D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834 nel medesimo senso anche Cass. Sez. L, sentenza n. 22078 dell’11/9/18 e 11339 del 10/5/18 . Può dunque affermarsi il principio secondo il quale, anche in relazione alle domande di indennizzo proposte dai soggetti danneggiati da vaccinazione non obbligatoria antipolio, il termine di decadenziale previsto dalla legge per richiedere la relativa prestazione decorre non dalla sola conoscenza della patologia, ma dalla conoscenza del danno e del relativo nesso eziologico. Tanto premesso in linea generale, deve rilevarsi che la corte territoriale ha valutatt le prove offerte dalle parti ed ha attribuito rilevanza - ritenuta preponderante rispetto alle dichiarazioni testimoniali dei genitori dell’assistito - alle risultanze di cartella clinica del XXXX, nella quale è indicato l’insorgere della patologia diversi mesi dopo la vaccinazione, con la conseguente non riconducibilità causale della patologia che ha un periodo di incubazione di non più di 14 giorni alla vaccinazione. Deve rilevarsi in proposito che la cartella clinica è stata ritualmente prodotta in primo grado e considerata dal ctu nominato dal giudice in quel grado, come risulta espressamente dalla sentenza impugnata il ricorrente lamenta solo la tardività della contestazione effettuata solo in appello da parte del ministero circa la consapevolezza dell’assistito desumibile dalla detta cartella clinica. La deduzione è però irrilevante, non essendovi tanto questione di conoscenza dell’origine della patologia ai fini del decorso del termine decadenziale, quanto - più a monte - questione dell’assenza di derivazione causale della patologia dalla vaccinazione, come rilevato dalla corte territoriale. Infine, va rilevato che la corte territoriale ha valutato correttamente le prove raccolte, dando maggiore credibilità alla cartella clinica in ragione della sua obiettività rispetto alle dichiarazioni testimoniali dei genitori dell’assistito, e non ha attribuito alcuna fede privilegiata alle risultanze della cartella, limitando ad effettuare una valutazione - tipica dell’attività del giudice di merito, censurabile in cassazione nei soli limiti oggi esigui di deducibilità del vizio di motivazione - del materiale probatorio raccolto. Ne deriva il rigetto del ricorso. Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500 per compensi, oltre S.P.A.D. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.