Rifiuto del vaccino COVID-19 da parte del personale infermieristico: tutela assicurativa INAIL

L'infermiere che, successivamente al rifiuto del vaccino anti COVID-19, contrae il virus sul luogo di lavoro ha diritto all'indennizzo INAIL previsto in caso di infortunio? Istruz. Operativa INAIL 1° marzo 2021

L'INAIL risponde ad uno specifico quesito di un ospedale di Genova relativo al riconoscimento dell'infortunio sul lavoro e al relativo indennizzo INAIL nei confronti del personale ospedaliero che, dopo aver rifiutato il vaccino anti COVID-19, ha contratto il virus sul luogo di lavoro . La mancata adesione al piano vaccinale nazionale potrebbe, da un lato, comportare la responsabilità del datore di lavoro in materia di protezione dell'ambiente di lavoro e, dall'altro, esporre lo stesso personale infermieristico a richieste di risarcimento del danno? Occorre premettere innanzitutto che il DL Cura Italia” ha previsto che l'accertata infezione da COVID-19 sul luogo di lavoro è riconosciuta come infortunio sul lavoro, con la relativa tutela per l'infortunato art. 42, comma 2, DL 18/2020 conv. in L. 27/2020 Circomma INAIL 3 aprile 2020 n. 13 . L'INAIL precisa che la tutela assicurativa opera indipendentemente dall'eventuale inadempimento dell'obbligo assicurativo da parte del soggetto assicurante art. 67 DPR 1124/65 il lavoratore, quindi, è tutelato contro tutti gli infortuni compresi quelli derivanti da sua colpa , con la sola esclusione degli infortuni dolosi . Sotto il profilo assicurativo, per giurisprudenza consolidata, il comportamento colposo del lavoratore - tra cui rientra anche la violazione dell'obbligo di utilizzare i dispositivi di protezione individuale il vaccino in questo caso - non comporta di per sé l'esclusione dell'operatività della tutela prevista dall'assicurazione gestita dall'INAIL. Il comportamento colposo del lavoratore può invece ridurre oppure escludere la responsabilità del datore di lavoro , facendo venir meno il diritto dell'infortunato al risarcimento del danno nei suoi confronti, così come il diritto dell'INAIL ad esercitare l'azione di regresso nei confronti del datore di lavoro. Non appare nemmeno ipotizzabile, nel caso del rifiuto di vaccinarsi, l'applicazione del concetto di rischio elettivo ” che ricorre quando, per libera scelta, il lavoratore si pone in una situazione di fatto che lo induce ad affrontare un rischio diverso da quello inerente l'attività lavorativa il rischio di contagio non è certamente voluto dal lavoratore e la tutela assicurativa opera se e in quanto il contagio è riconducibile all'occasione di lavoro. Non si rileva poi, allo stato dell' attuale legislazione in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, un obbligo specifico di aderire alla vaccinazione da parte del lavoratore infatti il TU stabilisce solamente che il datore di lavoro può sottoporre a vaccino i lavoratori contro l'agente biologico presente nella lavorazione art. 279 D.Lgs. 81/2008 , ma non prevede un obbligo della vaccinazione . Giova tra l'altro ricordare che in materia di trattamenti sanitari opera la riserva assoluta di legge art. 32 Cost. . Pertanto il rifiuto di vaccinarsi, configurandosi come esercizio della libertà di scelta del singolo individuo rispetto ad un trattamento sanitario, non può costituire un'ulteriore condizione a cui subordinare la tutela assicurativa dell'infortunato. Fonte mementopiu.it

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